Bill Gates, il controllo delle nascite e le fake news
Perché abbiamo eletto Bill Gates a responsabile di tutti i mali e dei complotti del mondo? Cosa fa realmente la Gates Foundation? Cosa centrano con i vaccini, il 5G e l'eugenetica?
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La parola di oggi: Clickbait (o acchiappaclic in italiano), è un termine che indica un contenuto web la cui principale funzione è di attirare il maggior numero possibile di internauti, per generare rendite pubblicitarie online (da Wikipedia).
» PENSIERI FRANCHI: Meglio l’informazione libera o quella gratis?
Stamattina, sabato 13 gennaio, mi sono svegliato con la brutta notizia che Artifact chiuderà. Ho citato diverse volte questa applicazione creata dai fondatori di Instagram qui su Insalata Mista. È di base un social network, che però non fa altro che offrire agli utenti notizie, scelte in base ai gusti del lettore.
L’app sembra banale, molto simile apparentemente a molte altre app che aggregano contenuti. Eppure no, Artifact è molto differente, sia per la scelta molto sofisticata delle notizie (usando come al solito un bel po’ di machine learning), sia perché ha come scopo quello di rendere onesto e trasparente il mondo dell’informazione.
In particolar modo, di recente avevano introdotto una funzione in grado di modificare il titolo di una notizia se quest’ultimo appariva troppo sensazionalistico e clickbait. Una funzione importantissima, lanciata da una piccola app di cui parlai diversi mesi fa, poi arrivata appunto in Artifact, in grado di togliere quel velo di fastidioso e inutile sensazionalismo dai titoli di molte testate.
Da quello che scrive Kevin Systrom, CEO di Artifact, l’app chiuderà per mancanza di opportunità di business. L’informazione, in altre parole, riscuote poco interesse. Pur avendo Artifact una struttura molto sexy, non molto differente da un Instagram o un Thread in cui leggere, condividere e commentare notizie, l’app non ha sfondato tra gli utenti. Il motivo? Forse agli utenti non interessa l’informazione, bensì quello che dell’informazione è socializzabile1.
Prima o poi, quindi, dovremo fare i conti con quello che vogliamo fare dell’informazione. La trattiamo sempre come una cosa scomoda, per la quale non vale mai la pena spendere qualche euro. Eppure una volta si diceva che l’informazione rende liberi. Conoscere i fatti per poi prendere decisioni consapevoli è alla base della nostra libertà, del nostro vivere in un contesto democratico. Se oggi viviamo in paesi in cui si può dire e scrivere di tutto, è perché qualcuno prima di noi ha lottato per questo, rimettendoci persino la vita. Dunque, come siamo arrivati a non voler sacrificare per tutto questo nemmeno qualche euro?
La domanda è ovviamente da inquadrare alla luce della crisi dell’editoria. Crisi che in Italia è particolarmente forte e sentita. In Italia, probabilmente come in tante altre nazioni occidentali, l’informazione con la “I” maiuscola è un passatempo per i salotti buoni, per quell’intelligentia che ama parlarsi addosso e discutere esclusivamente di quello che succede nella propria bolla. Al popolo rimangono i social, con la loro visione distorta di quello che può essere diffuso e quello che no.
L’unica cosa che conta, per gli algoritmi social, è quanto un’informazione può diventare virale. Nulla è lasciato all’utente che, inerme spettatore di fatti la cui selezione ha deciso qualcun altro (o qualcos’altro), vedrà passarsi davanti agli occhi soltanto fatti eclatanti, che suscitano reazioni altrettanto eclatanti e che lo esorteranno a reagire, a commentare indignato, a condividere la notizia. Nulla importa che poi questa sia vera, riportata correttamente con tutti i dettagli; conta solo il titolo e l’effetto che avrà sugli utenti che, con pochi minuti da dedicare a ogni singolo post e pochissima voglia di approfondire fatti di cui, in fondo, poco interessa, riterranno di aver fatto il loro dovere rilanciando e dando visibilità a qualcosa che poi, nove volte su dieci, si rivelerà falso.
Tutta colpa dei social quindi? No, non solo. Se i social non ricevessero continuamente riconoscimenti ufficiali da parte della politica, che ben presto ha capito come sfruttare l’ondata di indignazione a proprio vantaggio, rimarrebbero quello che sono (dal punto di vista dell’informazione): accumulatori di spazzatura mediatica. E invece no, quando la politica più becera e senza scrupoli decide che parte di quella indignazione si può trasformare in consenso elettorale, non si fa problemi nel cavalcare l’onda e indirettamente dare credito a quel sottobosco di informazioni false, di viralità tossica di cui ormai siamo tutti avvelenati.
Si può ovviare a tutto questo? Certo, una soluzione poteva essere un social che sceglie in maniera più trasparente le notizie e quando queste tentano di titillare gli appetiti rabbiosi di certe masse, corregge il tiro modificandone i titoli. Quell’applicazione, però, oggi ha annunciato la chiusura. E noi saremo tutti un po’ più vittime di quei meccanismi virali che non potranno che renderci meno liberi.
Buona lettura.
Franco A.
» BILL GATES, IL MALE INCARNATO IN UNA SOLA PERSONA
Chi legge questa pubblicazione, sa bene quanto spesso citi Bill Gates e le sue pubblicazioni. Secondo il mio personale parere, si tratta di uno dei più grandi luminari dei nostri tempi, ma questo giudizio non riguarda la persona, che ovviamente non conosco. Non so se sia o meno una brava persona nella vita privata. Anzi, diciamola tutta, me ne frega relativamente poco.
Purtroppo è diffusa abitudine quella di voler idealizzare certe persone e renderle quello che non sono (lo facciamo spesso anche con le aziende), andando ben oltre quello che fanno o che hanno fatto concretamente nella vita. Anzi, se azzardassimo a dire che queste grandi personalità sono in realtà delle pessime persone nella vita di tutti i giorni, probabilmente ci azzeccheremmo quasi sempre.
C’è ancora chi ci rimane male quando, leggendo qualche biografia, scopre le pessime persone che erano grandi geni come Steve Jobs, per fare un esempio. Eppure la storia è piena di grandi geni che nella vita dovevano essere persone terribili, quando non apertamente dei criminali. È difficile scindere la persona da quello che la sua mente ha prodotto, me ne rendo conto, ma in qualche modo bisognerebbe evitare di cedere alla tentazione opposta, cioè di vedere nella persona che ha fatto grandi cose, anche una personalità retta e giusta. È una cosa che non capita, quasi mai.
Questo per dirvi che non lo so, non conosco Bill Gates e non so cosa faccia nel suo privato, ma pur stimandolo per la sua visione del futuro, della tecnologia e anche per come affronta i temi umanitari con la sua fondazione, non mi aspetto che sia questo gran stinco di santo. Anzi, non me ne frega proprio niente. Ma come si è arrivati da qui alla teoria complottistica secondo cui, all’origine di tutti i mali dell’umanità, dal Covid al controllo delle nascite, c’è sempre e solo lui?
C’entrano qualcosa, ovviamente, le due cose di cui parlavo nell’editoriale: i social, la maledetta viralità di temi facilmente socializzabili (condivisibili) e l’investitura di ufficialità da parte della politica.
I commenti di YouTube alla base delle teorie cospirazioniste
Quando attribuisco una parte delle responsabilità ai social network, dovrei dividere la responsabilità al 50%: da una parte i social, da una parte le azioni degli utenti. Se gli utenti non commentassero e non condividessero, le notizie rimarrebbero lì, nei meandri dei feed, completamente ignorate dagli algoritmi. Eppure la scelta editoriale del social stesso ha una responsabilità forte in tutto questo perché, ci piaccia o no, le masse possono essere guidate. E anche facilmente, se si guarda alla storia soprattutto dell’ultimo secolo (secolo e un quarto, per essere precisi).
Lo studio "Where conspiracy theories flourish: A study of YouTube comments and Bill Gates conspiracy theories" ha esaminato i commenti di YouTube su video riguardanti Bill Gates e il COVID-19, scoprendo che questi, i commenti, sono dominati da varie teorie del complotto. I ricercatori hanno analizzato 38,564 commenti da video di Fox News, Vox e CGTN, trovandoci all’interno la peggiore immondizia del web: dalla presunta agenda nascosta di Gates, alle connessioni con Jeffrey Epstein; dai danni presunti della rete 5G ai microchip umani impiantati tramite vaccini, mascherine e chissà cos’altro.
Gli stessi ricercatori suggeriscono che i commenti su YouTube possano aver svolto un ruolo sottovalutato nella diffusione delle teorie del complotto durante la pandemia e che YouTube stessa, nonostante si sia impegnata, proprio durante la pandemia, a rivedere l’algoritmo di selezione dei video, abbia trascurato in maniera colpevole proprio la sezione dei commenti, che sono diventati poi un vettore di notizie false e teorie complottiste.
Non è un caso se, al primo posto tra le citazioni dei siti che sono alla base della diffusione di queste teorie, ci siano quasi sempre dei video ospitati da YouTube. Questo succede anche perché il video è più facilmente fruibile di un articolo da leggere, quindi arriva più facilmente a platee più ampie (anche a chi è analfabeta o scarsamente alfabetizzato). E in ogni caso, le immagini e i suoni hanno una potenza ineguagliabile, soprattutto se alla base c’è anche l’uso di una regia attenta.
Chi è davvero Bill Gates, secondo “The Bill Gates Problem”
Ho trovato molto interessante un articolo che David Enrich, giornalista investigativo del NYTimes, ha dedicato a “The Bill Gates Problem”, ultimo libro del giornalista Tim Schwab in cui, tralasciando per un attimo le folli teorie “complottare” a cui non voglio dedicare nemmeno più un secondo, si evidenziano i lati oscuri nella condotta di Bill Gates e della Gates Foundation. I presunti lati scuri.
Secondo Schwab, Bill Gates rimarrebbe “[…] un maniaco del controllo narcisista e affamato di potere, e la tentacolare Bill and Melinda Gates Foundation è poco più di un veicolo per lui per accumulare e distribuire influenza su una scala molto più grande di quanto potrebbe fare come semplice magnate miliardario del software. È profondamente antidemocratico e radica la disuguaglianza”.
Il giornalista, pur attraverso alcune contraddizioni e giudizi altalenanti, che in qualche modo sconfessano la sua stessa teoria, argomenta comunque queste dichiarazioni. Tutto cominciò nel 2000, anno in cui Bill e Melinda Gates crearono la Fondazione Gates, dotandola di un patrimonio talmente grande da rendere ogni altra iniziativa di questo genere semplicemente ridicola. Si parla di 67 miliardi di dollari.
Secondo Schwab, all’origine di tutti i problemi ci sarebbe il fatto che Gates non si limiterebbe a mettere soldi su cause meritevoli, ma le userebbe per esercitare un controllo ulteriore. Schwab lo accusa di avere una “autostima inflessibile” che lo porta a credere di conoscere sempre la soluzione a problemi complessi, spesso prendendo strade che agli esperti non piacciono, come le tecniche per aumentare la resa agricola o il modo in cui si è prefisso di sradicare la poliomielite.
Il controllo delle nascite e altre iniziative discusse
Una delle sezioni più importanti del libro riguarda la “pianificazione delle nascite” che la Fondazione avrebbe adottato, il cui metodo primario riguarderebbe un impianto ormonale che funge da contraccettivo e che viene iniettato nelle braccia delle donne, impedendo la gravidanza per un massimo di cinque anni.
La Fondazione avrebbe raggiunto diversi accordi con aziende farmaceutiche per vendere decine di milioni di questi impianti a un prezzo fortemente scontato e le cliniche sanitarie di paesi come il Malawi e l’Uganda avrebbero “imposto” questi impianti, forzando in qualche modo le donne ad accettarlo contro il proprio volere, in un contesto che Schwab descrive come una forma di coercizione ispirata, tremo a scriverlo, all’eugenetica.
Schwab si riferisce probabilmente a un piano ampiamente descritto sul sito della fondazione. Si legge dal comunicato:”Lo scarso accesso ai contraccettivi rappresenta un onere significativo per le donne che vivono in paesi a basso e medio reddito. Secondo uno studio del 2022, una donna su 14 in tutto il mondo che vuole usare i contraccettivi non può accedervi. Ciò equivale a un bisogno insoddisfatto di 162 milioni di donne, la maggior parte delle quali vive nell'Africa sub-sahariana e nell'Asia meridionale”.
C’è poi un virgolettato di Fannie Kachale, direttore dei servizi di salute riproduttiva presso il Ministero della Salute del Malawi (e donna):«DMPA-SC è un prodotto unico con benefici sfaccettati. Noi, come Ministero della Salute del Malawi, siamo lieti di far parte del lancio. Oltre a tutti i vantaggi per le donne, sta anche aiutando il programma nazionale di pianificazione familiare nei suoi sforzi per raggiungere l'obiettivo di pianificazione familiare 2030 di raggiungere il moderno tasso di prevalenza contraccettiva del 60%». Perché ci piaccia o meno l’argomento, e io ho ancora le idee poco chiare in merito, una cosa sono i piani di controllo delle nascite, un’altra cosa (orrore) è l’eugenetica.
E comunque - questo proprio non riesco a tenerlo per me - quando facciamo lo screening con amniocentesi e correlati per scoprire se il bambino che aspettiamo ha qualche forma di sindrome nota, esattamente cosa stiamo facendo se non una grossa selezione alla fonte? Boccaccia mia…
Chi avrà ragione? Le autorità del Malawi avranno realmente imposto questo contraccettivo alle donne? Non lo sapremo mai, ma alla fine, davvero stiamo incolpando Bill Gates di questo?
Continua l’articolo del New York Times: «[Schwab, l’autore del libro] se la prende con la Fondazione perché una volta spende troppi soldi e un’altra perché è troppo avara. Si lamenta della sua imperiosità con lo sviluppo del vaccino, poi si lamenta che non ha fatto di più per creare impianti di produzione di vaccini nei paesi più poveri. Sostiene che i miliardi della fondazione sarebbero meglio gestiti da governi democraticamente eletti - e poi critica la fondazione per aver donato ingenti somme ai governi nazionali e locali. In India, abbiamo saputo dell'approccio della Fondazione per combattere l'H.I.V. e l'AIDS, tra le altre cose, distribuendo preservativi. Schwab lo dipinge come destinato a fallire perché non cambia il comportamento di fondo delle persone e non affronta le cause profonde della crisi. Ma cita a malincuore i funzionari della sanità pubblica dicendo che il lavoro della Fondazione ha salvato vite umane. Schwab ricade allora su un’argomentazione più debole, sostenendo che la Fondazione potrebbe "sostituire il governo”».
Insomma, la teoria è questa: comunque vada, se pure le intenzioni e i fatti dovessero rivelarsi buoni, Gates è comunque il male, perché con i soldi e la rete d’influenza che possiede, è troppo potente. Mi chiedo: l’alternativa qual è? Vogliamo impedire alle persone troppo ricche di fare della filantropia? Sarebbe un bell’esempio di cupio dissolvi in cui, per evitare che una persona come Bill Gates acquisisca troppo potere aiutando i paesi più poveri, si arriverebbe a togliere a questi ultimi qualsiasi speranza.
Libertà di parola, libertà di nazismo
Lasciatemi aggiungere un ultimo paragrafo a questa newsletter. Seppur non collegati, i due fatti hanno diverse analogie. Abbiamo parlato infatti di come gruppi di complottisti hanno inquinato i social con notizie false e dannose. Viene spontaneo pensare che le piattaforme dovrebbero adottare un controllo più attento e arrivare con la censura (che chiamiamo un po’ per comodità e un po’ per ipocrisia “moderazione”) lì dove si dovessero trovare commenti, profili e gruppi che hanno l’unico scopo di diffondere teorie false.
È notizia di fine novembre che proprio qui su Substack, dove state leggendo questa newsletter, vengono diffusi contenuti con fortissimi richiami al nazismo. Non solo, Substack permette infatti di monetizzare le newsletter grazie agli abbonamenti (Insalata Mista è gratuita, ricordatelo), di cui trattiene una percentuale, il 10%. Quindi, il concetto è: se alcune di queste newsletter hanno degli abbonati, allora Substack guadagna dalle newsletter filonaziste.
A un certo punto è arrivata all’azienda pure una lettera firmata da 200 autori di contenuti su Substack, dove si parlava di migliaia di abbonati paganti alle newsletter che trattano apertamente temi come il suprematismo bianco e il nazismo, e che chiedeva di prendere provvedimenti. Cito un passaggio della lettera: ”Dal nostro punto di vista, come autori di Substack, è inaccettabile che a qualcuno con una svastica nell’avatar, che scrive de "la questione ebraica" o che promuove la grande teoria della sostituzione, possano essere dati gli strumenti per avere successo sulla tua piattaforma”.
In risposta, il cofondatore di Substack, Hamish McKenzie, rilasciò una dichiarazione, dove disse sinteticamente che rimuovere tali newsletter significherebbe limitare la libertà di parola e che comunque non risolverebbe il problema a monte. Che poi è una logica che sposo anche, perché anche io penso che certe cose non vadano combattute con la censura, piuttosto con la cultura e con i fatti.
Però non so, è una questione simile ai recenti fatti accaduti in Italia, mi riferisco alla commemorazione di Acca Larenzia, dove un gruppo di nostalgici del fascismo - li chiameremo così (boccaccia mia…) - hanno inscenato il rito del “presente!”. In molti invocano la chiusura di questi gruppi, molti altri invocano la libertà di manifestazione.
Nella newsletter di oggi abbiamo visto come il dilagare di certe teorie può essere dannosa, non certo per la reputazione di Bill Gates, quanto perché poi alla fine le cose succedono. Succede pure che certe teorie si mischino con le istituzioni e che tutto questo poi porti a fatti come l’assalto di Capitol Hill, provocato dal reiterare di teorie cospirazioniste da parte di diversi politici americani, tra cui Donald Trump (all’epoca la massima espressione politica della nazione) e Rudolph Giuliani.
Insomma, ok la libertà di parola, ok la libertà di manifestazione, ma non è che poi, quando avvengono i fatti gravi, ci si rende conto che è troppo tardi per dire “forse ci saremmo dovuti muovere prima”? Chiedo eh, io una risposta non ce l’ho.
Nel frattempo, però, Substack ha fatto sapere che procederà con la chiusura di 5 (!!!) newsletter. Lo ha fatto sapere Casey Newton, fondatore di Substack, aggiungendo che nessuna delle newsletter rimosse aveva abbonati e che, in totale, queste newsletter avevano circa 100 lettori attivi. Sarà, altre testate giornalistiche hanno evidenziato una situazione leggermente differente, ma tant’è.
Una cosa è certa: alle piattaforme, la moderazione dei contenuti costa e, soprattutto, non piace per niente.
» COSE MOLTO UTILINK 🔗
Gli articoli più interessanti che ho letto in settimana, insieme ai link utili o semplicemente curiosi che ho trovato in giro per internet.
» La malnutrizione non c’entra col cibo, ma con l’intestino
E quindi, secondo voi, quale articolo potevo suggerirvi oggi se non l’ultimo di Bill Gates sul suo blog Gates Notes? In questo caso vi consiglio vivamente di leggerlo perché parla di malnutrizione e soprattutto del fatto che, a dispetto di quanto si possa pensare, la malnutrizione c’entra spesso con un problema di microbioma dell’intestino. Problema per il quale sarebbe stata trovata una soluzione.
» CONSIGLI PER L’ASCOLTO 🎧
È uscita la puntata n.17 di Chiacchiere, lo spin-off del podcast Insert Coin dell’amico e collega Massimiliano Di Marco in cui partecipo anche io, da fastidioso co-conduttore.
Questa volta parliamo dei giochi che hanno una data di uscita nel 2024 e di quello che ci aspetterà in questo anno videoludico. Un anno che, lo sappiamo già, vedrà delle novità importantissime.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?2
» Arriva Rabbit R1, il dispositivo che ucciderà gli smartphone?
Al CES di Las Vegas, la più importante fiera della tecnologia, è stato presentato un nuovo dispositivo chiamato Rabbit R1. Si tratta di un dispositivo potenzialmente rivoluzionario perché incarna una nuova categoria di dispositivi. “Un altro?”, si ma uno che, come l’anello di Frodo, li controlla tutti. In pratica si tratta di una saponetta con un display da 2,88 pollici, una rotella e una telecamerina. Il suo scopo è quello di interagire con le app, quindi con smartphone e altri dispositivi, utilizzando l’intelligenza artificiale per rispondere a qualsiasi nostra domanda. In pratica un assistente virtuale che fa da cappello a qualsiasi altro assistente presente sui vostri smartphone.
È l’inizio di una rivoluzione? Chissà…
» Il passaporto più potente del mondo
Anche quest’anno l’Indipendent ha fatto la classifica dei passaporti più potenti del mondo. Chi c’è al primo posto? L’Italia, ovviamente, insieme a Giappone, Francia, Germania, Spagna e Singapore.
Col passaporto italiano infatti si può accedere a 194 paesi nel mondo su 227. Chi lasciamo al secondo posto? Corea del Sud, Finlandia e Svezia.
» Microsoft supera Apple, ma entrambe scendono sotto i 3.000 miliardi
Nella guerra della capitalizzazione, ovvero dell’azienda col più alto valore in borsa (per capitalizzazione si intende il valore complessivo delle azioni), capita spesso che le prime posizioni si alternino.
Apple, la prima a superare i 3 trilioni, è da sempre l’azienda che passa più tempo alla guida. Stavolta però, il sorpasso di Microsoft sembra destinato a durare, visto che alla base ci sono questioni strutturali. Il mercato infatti sembra aver premiato la lungimiranza di Microsoft nello sposare OpenAi e integrare così velocemente gli assistenti basati su intelligenza artificiale nei suoi strumenti più popolari, come Windows e Office.
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
Se hai apprezzato la newsletter Insalata Mista ti chiedo un favore: lascia un commento, una recensione, condividi la newsletter e più in generale parlane. Per me sarà la più grande ricompensa, oltre al fatto di sapere che hai gradito quello che ho scritto.
Franco Aquini
Dal Dizionario “Il Nuovo De Mauro”: che può essere trasferito alla comunità, alla collettività: attività socializzabili.
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
"Non so se sia o meno una brava persona nella vita privata. Anzi, diciamola tutta, me ne frega relativamente poco."
esordisci con questa frase... che influisce ovviamente su tutto quello che dici, filantropia e imprenditoria!
Quale sarebbe il senso del post!?
Sono un informatico e conosco bene la storia di Gates. Su molte cose mi sono dovuto ricredere.
Aldilà delle credenze sui vaccini gli investimenti sull'oms è un conflitto di interessi galattico, e questo dovrebbe gia dare una prudenza nell'argomentazione del tema.
Ciao Gabriele. Ti spiego la frase che hai citato: penso che se dovessimo valutare le persone che hanno ricoperto un ruolo nella storia (compositori, pittori, scultori, ecc…), dal punto di vista personale e umano, dovremmo buttare al rogo montagne di libri.
Io ho cercato semplicemente di inquadrare il personaggio citando, nei limiti nel mezzo che uso, alcuni brani di un libro scritto proprio per criticarne l’operato.
La figura è complessa da analizzare e noi ne sappiamo sicuramente troppo poco per giudicare. Quello che volevo era solo aggiungere qualcosa, tutto qua.
Grazie per il tuo commento e per leggere le mie insalate, lo apprezzo molto (anche se non sei d’accordo, chiaro).