[BLOG] Minute of Islands, un viaggio dentro sé stessi da provare a ogni costo
03/10/2021
Ripensate ai giochi che avete giocato e finito. Ora concentratevi su quanti di questi, una volta passati i titoli di coda, vi hanno lasciati davanti lo schermo, col joypad in mano e lo sguardo fisso verso il televisore senza mettere a fuoco niente in particolare. Secondi, minuti spesi ad assaporare quello che l’avventura appena conclusa vi ha lasciato addosso.
È quello che succede nel portare a termine Minute of Islands, un gioco dei tedeschi Fizbin che è difficile raccontare, perché ogni tentativo banalizzerebbe quella che è un’opera d’arte sotto molti punti di vista. Il primo è la narrazione. Mo, la ragazzina protagonista dell’avventura, non parla. Sente però una voce, che a volte parla a lei direttamente, altre volte è narrante. Parla poco, con delle brevi frasi, che raccontano man mano che prosegue l’avventura un contesto, fatto di isole sperdute chissà dove, e una situazione familiare complicata. Mo si è chiusa nei sotterranei di una di queste isole e si risveglia in una situazione d’emergenza: i depuratori sono fermi e i giganti si sono addormentati. Se non fa qualcosa l’aria si riempirà di spore e tutti i suoi cari – la sorella Miri, il nonno e la nonna – rischieranno la vita.
Sta a lei salvare la vita di tutti e il mondo intero dal diffondersi del veleno che infesta l’aria. Lei dovrà ristabilire l’attività dei depuratori e svegliare i quattro giganti che instancabilmente manovrano l’argano che alimenta i depuratori. Strutture tecnologiche, composte per la maggior parte di materiale organico, che vanno guidate con l’Omnichiave, di cui Mo è unica depositaria.
Da qui parte il gioco, il cui svolgimento è basato sui quattro obiettivi legati al risveglio dei quattro giganti, ma che in realtà ha un’altra finalità; che è quella, per Mo, di affrontare i suoi demoni, che si manifestano attraverso le visioni da cui sarà sempre più complicato uscire. Che si materializzeranno attraverso una voce che tenterà di convincerla che non è buona a nulla e che è per questo che i suoi familiari la detestano.
Un’avventura tra piattaforme e enigmi che diventa per Mo, man mano che si procede tra i capitoli della storia, una ricerca della verità e di sé stessa. Una lotta contro la propria ossessione per il farsi carico dei problemi del mondo e per risolverli tutti da sola. Finché non scopre l’ovvio, cioè che nessuno è un’isola.
Un’opera d’arte per gli occhi e per le orecchie. E per il cuore.
Ad accompagnare un racconto così profondo, c’è la traduzione in immagini di un gruppo di grandi artisti dell’animazione. Immagini disegnate a mano, animate in modo eccezionale, che hanno saputo tradurre una trama difficile in un perfetto contrasto di colori accesi e rappresentazioni disturbanti. Uno stile quasi da cartone animato, molti lo hanno accostato non senza ragioni allo stile di Adventure Time, che diventa aspro quando rappresenta i cadaveri straziati di pesci e mammiferi, o strutture abbandonate un tempo meta di turismo, divertimento e spensieratezza.
Le immagini, non poteva essere diversamente, vanno a braccetto con le musiche di Thomas Höhl, da riascoltare immediatamente in cuffia (trovate qui sotto il link di Spotify). Brani in parte di ambientazione e in parte fortemente caratterizzanti per i momenti che vive Mo: la gioia per il successo iniziale nel riattivare i depuratori lascia presto il posto alla discesa nell’oscurità della propria mente. Un tema principale fa da filo conduttore per l’intera avventura. Una melodia che rimarrà impressa senza troppa difficoltà e che ritornerà anche nei giorni successivi al termine dell’avvenuta. Ottima anche l’orchestrazione e l’uso sapiente di chitarre acustiche, percussioni e sintetizzatori. Un’opera nell’opera che da sola vale l’esperienza di gioco.
Questi tre ingredienti, ovvero immagini, narrazione e musica, fanno di Minute of Island una perla che non può essere in alcun modo lasciata sugli scaffali virtuali. C’è praticamente per qualsiasi dispositivo esistente e non esiste un motivo valido per cui non debba essere vissuta. Potrà capitare di pensare che l’azione sia ripetitiva, può essere, ma si capisce fin dall’inizio che lo scopo del gioco (fatico a chiamarlo così) non è certo quello di farci trovare il percorso tra le piattaforme. Bensì quello di affrontare sé stessi e i propri limiti, le proprie fissazioni, i propri modi caparbi e cocciuti di vedere un’unica realtà, che raramente è quella giusta. Perché, citando il gioco, “nessuno di noi è un’isola e nessuno deve farsi carico di tutti i problemi del mondo“.