Gli smartphone ci ascoltano (e non solo loro)
Sembrava una leggenda metropolitana e invece la possibilità che quello che diciamo venga utilizzato per proporci annunci pubblicitari è non solo reale, ma addirittura probabile.
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La parola di oggi: profilazione, l'insieme di attività di raccolta ed elaborazione dei dati inerenti agli utenti di servizi per suddividere l'utenza in gruppi di comportamento. In ambito commerciale, la profilazione dell'utente è uno strumento del cosiddetto marketing mirato, che fa ampio uso di questa e altre tecniche per ottenere accurate analisi dei potenziali clienti, operando spesso al limite del legalmente consentito, quando non oltre (da Wikipedia).
» PENSIERI FRANCHI: I bilanci dell’anno passato e i buoni propositi sul nuovo
Questa Insalata uscirà il primo giorno del 2024 e ogni cambio d’anno, praticamente da sempre, si è portati a fare un bilancio su quello appena passato. Negli ultimi anni, poi, si è aggiunta questa moda dei “wrapped”, cominciata con Spotify e proseguita ormai con quasi tutti i servizi di musica e streaming in generale. Servono a dirti “guarda cosa hai fatto nell’anno appena trascorso”. E ok, mi sta bene. Fare bilanci però serve a guardare al passato, mentre ci viene detto spesso che bisogna guardare al futuro.
Sapete chi guarda sempre al futuro? Chi soffre d’ansia. L’ansia è la malattia di chi guarda sempre e solamente al futuro, di chi ha paura del futuro. “E se mi succedesse questo? E se questa cosa che sto facendo portasse a quest’altra cosa? E se quella telefonata non risposta fosse stata di quello o di quell’altro?”. L’ansioso vive così, in un perenne stato di paura di quello che potrebbe essere e che poi, quasi sempre, difficilmente sarà. Chi vi scrive è, ovviamente, un ansioso cronico, altrimenti non conoscerei così bene cosa si prova. Ma perché vi sto parlando d’ansia?
Lo faccio perché l’inizio dell’anno è sempre un momento di programmi per l’anno che sta iniziando. “Quest’anno devo assolutamente rimettermi a fare sport”, “quest’anno devo perdere peso”, “quest’anno devo leggere di più”, etc. etc. Chi non si riconosce in uno di questi buoni propositi?
Ci dice però la scienza che crearsi degli obiettivi è sano, soprattutto per chi vive d’ansia. Soprattutto fare dei programmi e prevederne da subito le possibili cadute negative, perché questo, in qualche modo, funziona da antidoto contro i pensieri ansiosi o ansiogeni.
Se voglio buttarmi in una nuova attività e faccio già un elenco di cose che potrebbero accadere o andare male, difficilmente mi coglierà di sorpresa il pensiero ansioso su quello che potrebbe succedere, perché in qualche modo era già previsto e “maturato”.
Gli stessi psichiatri ci mettono però in guardia anche su un’altra cosa: attenzione a fare programmi irrealizzabili, troppo grandi. In questo caso, il fallimento potrebbe funzionare da demolitore dell’autostima, che di solito non va d’accordo con l’ansia, ma in generale direi che non fa bene a nessuno.
Certo, mi rendo conto che a parlare di questo è una persona che ha appena iniziato un’attività, il podcast di Insalata Mista, che da subito sapeva non avrebbe avuto il tempo di portare avanti, ma che vi devo dire? A volte serve anche un po’ di sana incoscienza.
Forse l’unico buon proposito che mi sento di condividere con voi per questo nuovo anno è proprio questo: donatevi un po’ di sana incoscienza, ma con moderazione, mi raccomando.
Buona lettura.
Franco A.
» LA DOMANDA NON È SE CI ASCOLTANO, MA SE CI CAPISCONO
Gli smartphone ci ascoltano? A una domanda posta in questo modo, se uno volesse essere onesto, dovrebbe rispondere in un modo solo: «Certo che si». Non solo lo smartphone, siamo circondati da dispositivi che ci ascoltano. Provate soltanto a pensare a tutti i dispositivi che vi rispondono quando pronunciate «Ehi Siri» oppure «Alexa». Per rispondervi, significa che sono in ascolto. E ad ascoltarvi non ci sono solo gli smartphone, ma anche tablet, smartwatch, computer, assistenti vocali, diffusori audio, TV. Un sacco di dispositivi e un sacco di software diversi.
Chi pone questa domanda però, di solito, sottintende un’altra cosa, cioè che gli smartphone ci ascoltano per poi proporci della pubblicità ritagliata su quello che diciamo o facciamo. E qui la cosa si fa un pochino più complicata. Questa sensazione, o per meglio dire questa paura, serpeggia da un po’ di tempo tra la gente e l’internet più in generale. Siamo pieni di gente che dice «Ho parlato di questo formaggio e il giorno dopo mi sono ritrovato la pubblicità su Instagram, com’è possibile se non mi ascolta lo smartphone?».
Del fatto che questa correlazione sia impossibile, ne ho già parlato in una precedente Insalata che vi linko qui sopra. Per farla breve, sostenevo che spesso il produttore dello smartphone e/o del sistema operativo non ha interesse nel permettere che un’app faccia questa cosa. Per parlare semplice: Apple non vende pubblicità (o meglio lo fa, ma non nel contesto di cui stiamo parlando), per cui perché dovrebbe permettere a Meta di ascoltare le conversazioni dei propri utenti, rischiando peraltro un danno d’immagine enorme, quando a ricavarne un vantaggio sarebbe solo quest’ultima? Lo stesso vale per Google (Alphabet) che, seppur basi la maggior parte dei propri ricavi sulla pubblicità, a maggior ragione, perché dovrebbe favorire i concorrenti?
Ecco, se si escludono ovviamente le più disparate teorie del complotto (cosa che noi, qui, ovviamente facciamo sempre), c’è una sorta di conflitto d’interesse tra il produttore dello smartphone, il produttore del sistema operativo e il produttore dell’app che fa sì che questa cosa non stia in piedi.
Tuttavia, recentemente mi sono ritrovato a ripensare un po’ sulla questione. Un mio amico, che non è né un complottista, né una persona che prende le cose con leggerezza, mi ha raccontato di aver parlato di un prodotto stravagante, di piatti realizzati da un’azienda che non fa piatti. Un prodotto quindi che mai aveva cercato prima su internet o sui social, proprio perché ne ignorava l’esistenza, e di essersi trovato il giorno dopo la pubblicità su Facebook. Lì per lì ho bollato la cosa come ennesimo caso di suggestione, ma poi mi sono trovato a fare un ragionamento che voglio condividere con voi.
Ascolto o profilazione? La vera domanda è questa
Ho iniziato scrivendo che alla domanda «gli smartphone ci ascoltano?» dovremmo solo rispondere che si, lo fanno. E ne siamo certi perché ce lo dicono. Sia Google che Amazon, per esempio, ci mettono a disposizione anche degli strumenti per cancellare le registrazioni che fanno dei nostri audio, quindi su questo non c’è alcun dubbio.
Quello che non ci dicono chiaramente è il passaggio successivo, cioè se usano o meno questi audio anche per la nostra profilazione e se poi eventualmente cedono questi dati a terzi. Perché c’è un intelligente sistema utilizzato da queste mega corporation dell’advertising che ci frega sempre, ed è il termine “anonimo”.
Queste aziende infatti dichiarano di utilizzare i nostri dati in maniera anonima, il che significa che quando ci profilano e ci mettono in un cluster di persone interessate a una determinata cosa, probabilmente non includono riferimenti a noi come persone con un nome e un cognome, d’accordo, ma questo non significa che non faranno in modo che poi noi, in quanto possessori di un dispositivo con un certo identificativo, vedremo un inserzione che è legata a quello che abbiamo cercato, fatto o magari detto.
Quando Google dice “guarda come tratto i tuoi dati, puoi cancellare tutto in ogni momento”, ci sta confermando innanzitutto che tratta, e quindi utilizza, i nostri dati. «E grazie al caxxo» dirà qualcuno tra di voi (tra i più schietti, evidentemente), ma quando poi ci dice “scegli la tipologia di annunci che vuoi vedere di più o di meno”, cosa che chiunque abbia un account Google può fare andando su myaccount.google.com, cosa ci sta dicendo realmente?
È sicuramente lodevole che Google abbia fatto questa enorme operazione di trasparenza, permettendoci di sapere quello che Google sa sul nostro conto e permettendoci pure di variare in qualche modo questi dati (in qualche modo, quindi, chiedendo a noi stessi di rifinire ulteriormente la profilazione. Comodo eh?).
Viene però da chiedersi: «Ma perché devo aiutarti a propormi degli annunci più mirati a me stesso, migliorando quindi le tue metriche di efficienza dei tuoi annunci, che quindi potrai rivendere a un costo più alto e in definitiva aumentando i tuoi introiti, quando alla fine la tua merce sono io, che però da tutto questo non guadagno niente?».
Oh, ve lo dico, in alto a destra c’è un grosso tasto per disattivare gli “annunci personalizzati”, quindi va bene frignare, ma non più di tanto, la possibilità di annullare tutto questo c’è… forse, perché poi non è detto che non verremmo targettizzati in altro modo. In ogni caso, stavamo parlando però della targettizzazione tramite ascolto di quello che diciamo.
E se invece di ascoltare, semplicemente trascrivessero l’audio?
Ecco un altro aspetto a cui non avevo mai pensato. Fino a qui abbiamo parlato di “ascolto”. Ho letto tante pagine in cui sia Google che Amazon dichiarano esplicitamente che non memorizzano le conversazioni. Primo dettaglio da notare: chi è pratico di legalese (io no, ma ho imparato che i dettagli e le parole possono fare la differenza), sa che “registrazione” non ha lo stesso significato di “conversazione”. Infatti questi servizi non ci stanno dicendo che non memorizzano le nostre registrazioni, ci stanno dicendo che non memorizzano le nostre “conversazioni”, il che è molto diverso.
Soprattutto, però, ci dicono che questi audio vengono analizzati da personale addestrato e trascritti, sempre allo scopo di migliorare la nostra esperienza. Ma quindi, se l’audio registrato viene trascritto e poi quello che diciamo va ad alimentare tutto il calderone dei dati che viene ricollegato a noi (o al nostro profilo), sarebbe corretto dire che né Google né Amazon utilizzano le registrazioni per fini pubblicitari? Presumo di si, infatti usano quello che deducono dalle trascrizioni degli audio, e dunque non direttamente dagli audio.
Provate a pensare a quanti messaggi vocali inviamo ogni giorno su Whatsapp. Chi di voi ha provato Threads, il nuovo social network di Meta che fa un po’ il verso a Twitter, sa che si possono condividere degli audio che vengono istantaneamente trascritti. Ecco, se a contribuire alla profilazione dell’utente fossero le trascrizioni e non direttamente gli audio, sarebbe perfettamente vera l’affermazione che “nessun audio viene utilizzato per la profilazione dell’utente”, giusto?
Ho trovato un interessante articolo di Bloomberg su questo fatto. Nel 2014 la persona di cui racconta l’articolo, è stata assunta da un’agenzia per trascrivere degli audio. All’epoca il progetto di Amazon era ancora segreto, ma chi ha lavorato a quel progetto, il cui compito era trascrivere degli audio, parla di registrazioni molto molto riservate. Riporto qui alcuni passaggi:
“Le registrazioni che lei e i suoi colleghi stavano ascoltando erano spesso intense, imbarazzanti o intensamente imbarazzanti. Persone che confessano segreti e paure intime: un ragazzo che esprime il desiderio di stupro; uomini che colpiscono Alexa come una versione cruda di Joaquin Phoenix in Her. E man mano che il programma di trascrizione cresceva insieme alla popolarità di Alexa, crescevano anche le informazioni private rivelate nelle registrazioni.”(Silicon Valley Is Listening to Your Most Intimate Moments, bloomberg.com)
Attenzione, ovunque è scritto che gli assistenti vocali registrano solo quello che segue l’attivazione dell’assistente e nient’altro. Come dire, se non pronunci “Alexa” o parole simili, niente verrà registrato. C’è un però. Riprendo l’articolo di Bloomberg:
“[…] le aziende tecnologiche dicono che i loro altoparlanti intelligenti registrano l'audio solo quando gli utenti li attivano, ma stanno introducendo microfoni always-on nelle cucine e nelle camere da letto, che potrebbero inavvertitamente catturare suoni che gli utenti non hanno mai voluto condividere. “Avere microfoni che ascoltano tutto il tempo è preoccupante. Abbiamo scoperto che gli utenti di questi dispositivi chiudono gli occhi e si fidano che le aziende non faranno nulla di male con i loro dati registrati", afferma Florian Schaub, un professore dell'Università del Michigan che studia il comportamento umano attorno al software di comando vocale. “C'è questa strisciante erosione della privacy che continua ad andare avanti. Le persone non sanno come proteggersi.”
Esiste un collegamento tra assistenti vocali e pubblicità?
Torniamo per un attimo alla questione iniziale: il collegamento tra parole pronunciate e pubblicità. Su questo devo dirvi che continuo a conservare un po’ di dubbi, perché sarebbe troppo pericoloso per queste aziende dichiarare apertamente il falso.
Ascoltare le persone segretamente poi riguarderebbe anche altre aziende, i cui interessi non sono condivisi. I produttori di smartphone, come dicevo all’inizio, che magari non concentrano nemmeno il proprio business sulla pubblicità.
Quello che però porto a casa, di tutta questa chiacchierata, è un dettaglio, un piccolo gioco di parole, se volete. Riporto qui una dichiarazione di Facebook riportata dal New York Post:
“Facebook ha ripetutamente e fortemente negato di utilizzare le registrazioni del microfono per indirizzare gli annunci. In una dichiarazione precedente, un portavoce ha detto: "Facebook non usa il microfono del tuo telefono per informare gli annunci o per cambiare ciò che vedi nel News Feed. Alcuni articoli recenti hanno suggerito che dobbiamo ascoltare le conversazioni delle persone per mostrare loro annunci pertinenti. Questo non è vero. Mostriamo annunci basati sugli interessi delle persone e altre informazioni sul profilo, non su ciò di cui stai parlando ad alta voce.”
“Altre informazioni sul profilo” è la frase chiave, perché se a queste informazioni contribuissero le trascrizioni degli audio, la dichiarazione rimarrebbe perfettamente valida e reale. Forse basterebbe modulare in questo modo la domanda: “le registrazioni audio contribuiscono in qualche modo alla profilazione degli utenti?”. Ecco, se qualcuno avesse la possibilità di porre questa domanda a un portavoce di Meta, sarebbe utile conoscerne la risposta.
Dunque gli smartphone ci ascoltano? Indubbiamente si. “Le registrazioni vengono memorizzate, trasferite altrove, ascoltate?”. Per Amazon esistono delle evidenze, come riportato da Bloomberg. Che poi questo sia frutto di “incidenti” di sviluppo o meno, non è dato saperlo. “Le registrazioni vengono utilizzate per profilarci?”. Probabilmente no, ma se poi queste registrazioni diventano qualcos’altro e quel qualcos’altro contribuisce alla nostra profilazione, beh, questo è non solo possibile, ma forse anche molto probabile.
» COSE MOLTO UTILINK 🔗
Gli articoli più interessanti che ho letto in settimana, insieme ai link utili o semplicemente curiosi che ho trovato in giro per internet.
» Come funziona il bombardamento di un quartiere abitato
Durante le feste bisognerebbe pensare soltanto alle cose belle, felici. C’è però un bel pezzo di mondo che le feste non può godersele allo stesso modo ed è bene ricordarselo. Per tutti coloro che si sono chiesti come deve essere, anche soltanto attraverso il comodo filtro di uno schermo, un bombardamento, c’è uno di quei meravigliosi articoli interattivi del The New York Times a spiegarcelo un po’ meglio di come fanno le altre testate.
Magari vi farà male, ma vi farà al tempo stesso anche molto bene.
» CONSIGLI PER L’ASCOLTO 🎧
Peccherò di autoreferenzialità ma, visto che l’audio generato da IA non ha funzionato e che sono quindi costretto a registrare la versione audio dell’Insalata, ho pensato di farne anche un podcast. Lo trovate su tutte le piattaforme, basta cercare “Insalata Mista Podcast”. Ovviamente c’è anche l’episodio di oggi, che esce insieme all’insalata.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
» l’iPhone che blocca le pallottole e il video di Netanyahu
Collegandomi all’articolo che vi ho proposto negli “utilink”, c’è anche un altro modo di vedere la guerra. Per esempio farsi riprendere, parlo del premier di Israele Benjamin Netanyahu, mentre dona un nuovo iPhone a un militare, dopo che il suo sarebbe andato distrutto bloccando un proiettile e dunque salvandogli la vita. Una cosa che ricorda un po’ Zohan di Adam Sandler, che infatti era israeliano.
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Quando Apple non parla, di solito fa. E infatti a ottobre, i ricercatori Apple insieme all’Università di Cornell, hanno pubblicato il primo LLM (Large Language Model) multimodale open source chiamato Ferret.
Apple è una delle aziende che più sta investendo sull’intelligenza artificiale, pur non avendo fino ad oggi dato una forma pubblica a questi investimenti. Nessun annuncio infatti ha riguardato in maniera diretta un prodotto che includerà uno strumento di questo genere. Sappiamo per certo che a giovarne sarà l’assistente vocale Siri, ma a questo punto ci viene il sospetto che non sia il solo obiettivo di Apple. Staremo a vedere.
» Il New York Times fa causa a OpenAI per l’uso non autorizzato dei suoi contenuti per l’addestramento di GPT
Più di una volta ho sollevato il problema dell’attribuzione del diritto d’autore sulle risposte e sui contenuti che generano gli strumenti come ChatGPT ed ecco, puntuale, la prima causa.
Il New York Times ha infatti citato in giudizio OpenAI e Microsoft per violazione del copyright, aprendo un nuovo fronte nella battaglia legale sempre più intensa sull'uso non autorizzato del lavoro pubblicato per addestrare le tecnologie di intelligenza artificiale.
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
Se hai apprezzato la newsletter Insalata Mista ti chiedo un favore: lascia un commento, una recensione, condividi la newsletter e più in generale parlane. Per me sarà la più grande ricompensa, oltre al fatto di sapere che hai gradito quello che ho scritto.
Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Ma quanto ho volato leggendo "Franco's Fire TV" e immaginando un tuo canale tematico hot?
Sugli smartphone che ascoltano e profilano, sono d'accordo con te: non sono gli audio ad essere utilizzati, ma tutto il resto dei dati, che secondo me non sono solo i nostri personali, ma anche quelli di coloro che ci sono intorno... amici, familiari eccetera.
Ti faccio un esempio. La sera di Natale a casa dei suoceri salta fuori l'argomento di un transgender del paese abbastanza noto, e indovina? Senza che col mio cellulare venisse usato per cercare info su di lei, ora ho Instagram che mi propone i suoi reels.
Quindi, data la locazione, il gruppo di persone attorno a me e l'età, Meta mi ha proposto contenuti che probabilmente avrei apprezzato e/o conosciuto. Poi magari è un caso, ma il caso non esiste, no?
Ottimo articolo, e buon anno.