Le email e le newsletter stanno morendo?
Qual è lo stato di salute delle email in un mondo che sembra ormai completamente dominato dai social network? E che futuro hanno le newsletter, che si basano proprio sulla posta elettronica?
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In sintesi:
Le newsletter stanno tornano d’attualità e rappresentano una fonte di informazione primaria tra le fasce d’età più avanzate
Lo strumento principale attraverso cui vengono veicolate le newsletter, la posta elettronica, cresce anno dopo anno
Nonostante si pensi che i social network siano più attuali ed efficienti delle email, c’è un enorme problema legato alla libertà
La maggior parte di voi starà leggendo questa newsletter tramite una casella di posta elettronica. Affermazione banale, lo so, ma non così tanto. In ogni caso, la quasi totalità di quelli che leggeranno questa newsletter tramite email, utilizzerà questo strumento, la posta elettronica appunto, anche per altri scopi. Diciamo per lavoro, nove volte su dieci.
Ora, non faccio mistero a nessuno di amare particolarmente i temi ricorsivi. Ho già fatto un podcast su come si fanno i podcast ed ecco dunque la newsletter che parla delle newsletter. Anzi, più in generale di email, che poi è il veicolo tramite il quale arrivano le newsletter, ma non solo.
Ho scelto questo tema perché da quando ho iniziato a scrivere Insalata Mista mi sono reso conto che ancora in molti, troppi, non hanno ben capito cosa sono le newsletter e altrettanti si chiedono perché utilizzare un mezzo ritenuto “vecchio” quando oggi ci sono i social network.
Cosa sono le newsletter e perché spesso non ci stanno simpatiche
Quando si parla di newsletter, a volte, si viene fraintesi. Il motivo di questo fraintendimento è che spesso le associamo alle email pubblicitarie, ovvero quelle che ci riempiono la posta dopo che ci siamo iscritti a un sito che vende prodotti online. Le newsletter non sono quella roba lì. Quelle, riprendendo per un attimo il linguaggio di chi si occupa di marketing, si chiamano DEM, ovvero Direct Email Marketing.
Le newsletter invece hanno “news” nel nome e dunque devono veicolare delle notizie. In pratica, le newsletter ci portano una notizia, una storia, un fatto, in forma di articolo o di blog post, direttamente nella casella di posta. Ma voi che state leggendo di sicuro lo saprete già.
Torno un attimo alla premessa: non è così scontato che tutti quelli che si iscrivono a una newsletter poi la leggano nella casella di posta. La nascita di piattaforme come Substack, Revue o Bulletin (ahimè, le ultime due già defunte) ha trasformato questo modo di fare informazione in una specie di social network, attraverso cui fare rete, trovare newsletter affini a quelle che ci piacciono oppure utenti che hanno i nostri stessi gusti; ma soprattutto, la nascita di queste piattaforme ha reso facile il fatto di poter monetizzare le newsletter. Attenzione a questo punto perché è fondamentale: con Substack, esattamente come fanno le grosse testate online, si può guadagnare e addirittura pensare di vivere scrivendo newsletter.
Perché l’email è importante e perché sta vivendo una seconda giovinezza
Sono molte le testate digitali che si affidano al canale delle newsletter per veicolare informazione. Anche in Italia, che ha ne “Il Post” uno degli esempi più importanti, ma a cui hanno fatto seguito moltissime altre testate. Il successo delle newsletter è facilmente spiegabile. Innanzitutto sono comode: non bisogna andare online a cercare le informazioni e soprattutto non bisogna cercare le notizie che ci interessano. Le newsletter sono spesso settoriali, verticali su un argomento, e arrivano quindi nella casella di posta già filtrate in base ai propri gusti.
In più, le newsletter sono curate sempre da uno stesso autore/giornalista e dunque spesso ci si iscrive perché si apprezza direttamente chi scrive, la penna, al di là dell’argomento trattato. A me è successo, giusto per fare un esempio, con “Ok Boomer!” di Michele Serra.
Dicevamo: la possibilità di poter guadagnare con le newsletter ha spinto sempre più curatori di contenuti (giornalisti, scrittori, etc.) a scegliere questa forma di self publishing. I dati ci dicono che Substack ha raggiunto ormai 1 milione di utenti paganti ogni mese e le 10 newsletter più popolari ricavano complessivamente 20 milioni di dollari l’anno. Un sacco di soldi.
Parliamo di dollari e quindi qualcuno potrebbe pensare che sia una tendenza tutta americana. È vero, quando si parla di inclinazione a pagare per un servizio digitale, oltre oceano sono meglio disposti rispetto a noi italiani. Però, a guardare i numeri dell’utilizzo delle newsletter, non siamo poi così lontani. Il Digital News Report 2022 del Reuters Instituite, ci dice che la media degli utenti che ha letto una notizia tramite email nella settimana precedente in uno dei 42 paesi presi in esame è del 17%. In Italia siamo sotto di 2 punti: il 15% degli utenti usa questo canale per informarsi. Gli USA sono al 22%, appena sotto Belgio e Austria (a quanto pare l’Europa, in generale, è messa piuttosto bene).
Le newsletter crescono sempre di più, ma rimane una cosa da vecchi
La newsletter, dicevamo all’inizio, è strettamente legata all’uso delle email. Anche se, lo dicevamo in apertura, non è l’unico mezzo per fruirne. In ogni caso, questo legame porta a un altro dato interessante: negli Stati Uniti, il 15% degli over 55 sostiene che l’email è il mezzo principale con il quale si informa, mentre un altro 15% (sempre tra gli over 55) lo fa tramite social media. Se prendiamo un altro gruppo demografico, ovvero quello che va dai 18 ai 24 anni, la percentuale che si informa tramite email scende al 3%, mentre balza al 41% quella che si informa sui social network.
In un articolo su Media Voices, il giornalista Peter Houston riflette sull’uso che i più giovani fanno delle email:”L’idea che i giovani non abbiano un indirizzo email mi fa scoppiare la testa. O meglio, non è che non hanno un’email, è che non la usano. E io ci credo al 100%. Mia figlia di 25 anni messaggia esclusivamente tramite TikTok o Instagram. L’unico momento in cui usa le email è per inviare documenti ufficiali, prenotare il dentista o cose del genere. Quindi ci credo e penso che sarà un problema sul lungo termine per gli editori”.
Insomma, le email sono da vecchi, i giovani le usano sempre meno. Eppure sono decenni che diamo le email per morenti e invece sono ancora lì, sempre più vive e utilizzate. Si stima infatti che siano 4,3 miliardi gli utenti che hanno utilizzato le email nel 2022/2023 e che nel 2026 potrebbero arrivare a 4,7 miliardi. Insomma: è indiscutibilmente vero che i social network sono entrati ormai da più di 10 anni stabilmente nelle nostre vite ed è quindi scontato che si siano presi anche una buona parte del modo con cui gli utenti quotidianamente si informano. I fatti però ci dicono che sono in tanti a cercare vie alternative e una di queste è la newsletter, che è legata a doppio filo con le email.
Email vs social: chi vince?
Lo ammetto, anche io anni fa mi sono fatto portavoce dello slogan “l’email è morta”. Erano gli anni in cui si affacciavano su internet gli strumenti di collaborazione e in cui Google cercava alternative alla classica posta elettronica con strumenti tipo Inbox, che trasformava l’inbox, appunto, in una sorta di mostro a tre teste: un po’ forum, un po’ messaggistica e un po’ email.
Erano anche gli anni in cui Facebook tentò la strada degli strumenti business con una versione di Facebook pensata appositamente per la collaborazione professionale. Poi arrivarono Slack e altre app che evolvevano il concetto di collaborazione tramite messaggistica, condivisione di documenti e altro. Insomma, la comune email cominciava a mostrare gli anni.
Eppure, come tanti altri strumenti apparentemente sulla via del declino, vedi per esempio la radio, ha saputo reinventarsi e trovare un nuovo modo per essere centrale nelle nostre vite e nel nostro modo di comunicare e di informarci. La possibilità di fruirne tramite web e soprattutto tramite smartphone, così come le tante novità introdotte dai client di posta più evoluti, l’arrivo dell’html, hanno permesso alle email di rinascere in forme differenti.
Il confronto con i social ovviamente non regge, ma questi ultimi non potrebbero mai fare a meno delle email. Per registrarsi su un social network è ancora necessaria una casella di posta elettronica (in qualche caso basta il numero di cellulare, ok, ma è sempre preferibile l’email).
Sui social comandano le Big Tech, con l’email comandi tu
I recenti fatti che hanno coinvolto Meta e SIAE (se non sai di cosa sto parlando, leggi qui) hanno riportato l’attenzione su un fatto banale di cui spesso ci dimentichiamo: i social network sono ambienti chiusi di proprietà di società private. Quando queste società decidono qualcosa, a meno che non sia qualcosa di clamorosamente grosso da costringere i regolatori a intervenire, a noi miseri utenti può rimanere solo che abbassare il capo e accettare.
Così abbiamo accettato di vedere la visibilità spontanea dei nostri post crollare quando Facebook ha avuto bisogno di monetizzare di più con la propria piattaforma pubblicitaria, tanto per fare un esempio. Molti utenti accettano di vedere il proprio account sospeso a tempo indeterminato quando il social network ritiene che il proprio contenuto non è in linea con le politiche che il social network stesso ha stabilito e pazienza se non esiste praticamente modo di contestare la decisione o anche soltanto chiedere una spiegazione. La piattaforma è loro e solo loro a decidere.
E così, tornando all’attualità, tanti utenti avranno visto le proprie storie diventare improvvisamente mute. Al centro c’è un mancato rinnovo dell’accordo tra Meta e SIAE, la società italiana che tutela il diritto d’autore sulla musica. Meta però non ha fatto prigionieri, togliendo la musica ai contenuti degli utenti ha tolto praticamente tutto l’audio.
Quando si parla di libertà bisogna tenere a mente proprio questo: se avete costruito una community, una rete di contatti o una certa visibilità grazie ai social network, non potete dormire sonni tranquilli, perché un giorno potrebbe succedere che il signor YouTube decida che i vostri video non sono più interessanti e allora voi potreste soltanto assistere impotenti al crollo delle visualizzazioni.
Ecco, questo con l’email non succede e non succederà mai. Magari succederà con le caselle di proprietà di Google o di Microsoft, anche se personalmente mi sento di escluderlo, ma di certo non succederà mai con le caselle legate a un vostro dominio. E non succederà nemmeno con le newsletter, perché in quel caso la vostra community è fatta di nomi e indirizzi email, che sono e saranno sempre trasportabili da una piattaforma all’altra.
Torniamo quindi sul tema delle email e delle newsletter. Un buon motivo per preferire questo canale e questa forma di comunicazione (privata, ma anche di informazione) e anche quello della libertà. Nessuno deciderà mai di mutilare la vostra visibilità, come nessuno vi porterà mai via la vostra community. Così come nessuno toglierà mai l’audio dai vostri video solo perché ha deciso di non rinnovare un accordo commerciale.
Il rapporto che si instaura con una newsletter o più in generale tramite una email, è un rapporto diretto tra te che scrivi e il lettore che ti legge. Nessun intermediario o censore si potrà mai mettere in mezzo e questo, me lo si conceda, è un vantaggio impagabile. Viva le email, viva le newsletter!
SFAMA LA FOMO!
Cos’è la FOMO?1
La scorsa settimana abbiamo parlato di pornografia online e dell’attuazione dell’emendamento Pillon per bloccare di default i siti pornografici (e non solo) dalle connessioni utilizzate dai minori. Questa settimana, per tornare sul tema, si scopre che MindGeek, proprietaria di piattaforme come Pornhub e YouPorn, è stata acquistata da un fondo dal nome curioso: Ethical Capital Partners. Tra gli investitori del fondo c’è un italo-canadese, Rocco Meliambro, che ha fatto soldi soprattutto nel settore della cannabis legale. Etico.
L’11 Marzo, un post su una fanpage russa dell’atteso secondo capitolo del videogioco Stalker, rivendicava l’attacco hacker ai danni degli sviluppatori ucraini. Gli sviluppatori hanno risposto pubblicamente (qui l’articolo di Kotaku) ed è una delle risposte più epiche di sempre. Scrivono:”Di recente, l’account di un’applicazione di condivisione immagini di un nostro dipendente è stato violato. La responsabilità è stata rivendicata dalla comunità di un social network russo. Minacciano di utilizzare i dati ottenuti a scopo di ricatto e intimidazione. Non è il primo tentativo di hackerare e far trapelare i nostri dati, comprese le informazioni personali. È da più di un anno che subiamo continui attacchi informatici. Abbiamo affrontato ricatti, atti di aggressione, hacking, tentativi di danneggiare giocatori e fan e sforzi per danneggiare il processo di sviluppo o la reputazione della nostra azienda. Siamo un’azienda ucraina e, come la maggior parte degli ucraini, abbiamo vissuto esperienze molto più terrificanti: case distrutte, vite rovinate e la morte dei nostri cari. I tentativi di ricatto o di intimidazione sono del tutto inutili”. Decisamente giù il cappello.
È uscito il trailer ufficiale del film su RIM, ovvero su Blackberry, l’unico telefono che, insieme a iPhone, è stato capace di cambiare completamente il mercato. Il film, stando al trailer, sembra promettente.
TI SEI PERSO LE PRECEDENTI PUNTATE?
N.6 L’incredibile storia di un tweet che ha cambiato la vita a 7 milioni di americani
N.4 Apple TV+ è probabilmente il miglior servizio di streaming video
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.