L’incredibile storia di un tweet che ha cambiato la vita a 7 milioni di americani
Con l’introduzione della spunta blu a pagamento, in molti si sono divertiti a creare account finti che imitavano quelli di grandi aziende. Uno in particolare, ha cambiato la vita di molte persone.
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Molti di voi penseranno che la sanità pubblica in America non esista. Moltissimi avranno sentito parlare dei leggendari costi per un intervento chirurgico o per un ricovero, così come le storie sul fatto che, non appena si mette piede in un ospedale americano, viene richiesta l’assicurazione. Storie vere? Più o meno.
TLDR. Di seguito facciamo un po’ di premessa sulla situazione della sanità negli Stati Uniti. Se non ti interessa, salta pure al paragrafo “7 milioni di Americani fanno l’insulina, che costa dieci volte di più che altrove”, che riguarda il tema di oggi.
Di certo c’è che negli Stati Uniti una vera sanità pubblica, come quella che c’è in Canada o nella maggior parte dei paesi europei, non esiste. Esistono due forme di assistenza medica pubblica: Medicare e Medicaid. La prima è rivolta agli anziani e ai disabili, ovvero a quelle fasce di popolazione che, non lavorando più o non potendo lavorare, non possono accedere a un’assicurazione offerta loro dal datore di lavoro. E a tutti coloro i quali non potrebbero comunque permettersi un’assicurazione privata. La seconda, Medicaid, è rivolta alla popolazione meno abbiente e con i redditi più bassi. Tutto il resto è affidato alle assicurazioni private che possono essere stipulate direttamente dalle persone oppure offerte dal datore di lavoro come “benefit”.
Ciò nonostante, la situazione per molti cittadini americani è complicata. Tanti infatti, pur lavorando, non riescono a permettersi un’assicurazione privata. Al tempo stesso però, proprio perché lavorano, non rientrano nei parametri necessari per beneficiare di Medicaid. Un po’ come per il gratuito patrocinio in Italia, l’assistenza legale gratuita, per usufruire della quale bisogna non superare gli 11.493,82€ di reddito l’anno. In pratica bisogna essere disoccupati, perché se si guadagna anche soltanto 1.100€ netti al mese non si rientra.
C’è da considerare anche il fatto che, pur avendo un’assicurazione privata, il proprio medico curante e in generale i medici specialistici a cui richiedere una visita, devono far parte della rete di medici associati alla propria assicurazione (tecnicamente detti in-network). Se ci si rivolge a un medico che non appartiene alla rete della propria assicurazione, la copertura del costo sarà significativamente inferiore o addirittura assente del tutto.
Tutto ciò porta a un risultato semplice: la situazione sanitaria americana, pur contando sui migliori medici e ospedali di tutto il mondo, è nei grandi numeri abbastanza indietro rispetto ad altri paesi industrializzati. Basti considerare che, dagli anni ’60 ad oggi, l’aumento dell’aspettativa di vita dei cittadini americani è stata più bassa rispetto alla maggior parte dei paesi che fanno parte dell’OCSE. Secondo un working paper del 2009 redatto dalla OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development), l’aspettativa è passata infatti dai 70,2 anni ai 77,7 del 2003/2005. Una crescita molto inferiore ad altri paesi come l’Italia, dove invece l’aumento registrato è superiore ai 10 anni.
Un altro dato da sottolineare è il divario tra le diverse classi sociali. Sempre prendendo come metro di misura l’aspettativa di vita, si nota un grande divario tra le classi benestanti, che hanno registrato tra il 1980/82 e il 1998/2000 un aumento nell’aspettativa di vita di 3,4 anni, e quelle più povere, dove l’aumento è stato solo di 1,4 anni. Esiste poi un enorme problema che riguarda la mortalità infantile e le morti definite “evitabili”.
Segnatevi questo dato: nonostante quello che abbiamo appena detto, la spesa pro-capite negli Stati Uniti è una delle più alte al mondo. Capirete tra poco perché è importante.
Com’è possibile? Ospedali bellissimi, medici ottimi, centri di ricerca al top, spesa pro-capite altissima. Eppure la situazione sanitaria generale colloca gli Stati Uniti - lo dice l’Istituto Superiore della Sanità italiano - nell’ultimo terzo della classifica stilata dall’OCSE.
7 milioni di Americani fanno l’insulina, che costa dieci volte di più che altrove
Ok, dopo questa lunga premessa, di cui mi scuso, ma ho ritenuto necessaria, abbiamo inquadrato il problema: curarsi, negli Stati Uniti, costa. Costa anche se si ha un’assicurazione privata, sia chiaro.
È così che molti americani che soffrono di diabete devono sborsare centinaia di dollari al mese per la terapia che prevede iniezioni di insulina. Stiamo parlando di una nicchia? Niente affatto: sono 37 milioni i cittadini americani che soffrono di diabete, di cui 7 di tipo 1. Chi soffre di diabete di tipo 1 è insulino-dipendente semplicemente perché il proprio pancreas non ne produce più o ne produce troppo poca. Quindi l’insulina è necessaria per vivere, non semplicemente per vivere meglio. Senza insulina lo zucchero nel sangue non viene regolato e di conseguenza danneggia tutti gli organi, compromettendoli. Per queste persone, la terapia a base di insulina, una terapia che salva la vita, costa mediamente tra i 350 e i 500 dollari al mese. Al mese.
Sono tre le aziende che producono insulina negli Stati Uniti, ma potremmo dire che sono le stesse che forniscono insulina in tutto il mondo e che detengono il 90% del mercato mondiale: Eli Lilly, Novo Nordisk e Sanofi. “Beh”, direte, “allora c’è concorrenza”. Come ha fatto allora il costo dell’insulina a non scendere negli anni? Anzi, al contrario, ad aumentare di parecchio?
Bella domanda. A quanto pare, i tre produttori hanno fatto quello che qualcuno potrebbe chiamare “cartello” utilizzando un ingegnoso sistema. Un sistema che personalmente ho battezzato “innovazione programmata”. Una variante al contrario dell’obsolescienza programmata che abbiamo conosciuto nei dispositivi tecnologici. Funziona così: i brevetti, negli Stati Uniti, durano 20 anni, ma evolvendo tecnicamente un farmaco prima che scada il brevetto e rendendo obsoleta la vecchia versione, i tre produttori si sono assicurati una proprietà intellettuale sul farmaco praticamente eterna. Un fatto che in America è noto a tutti e sul quale, tuttavia, la politica non ha mai indagato.
Poi è arrivato Donald Trump, a maggio 2020, a fissare un tetto massimo al costo dell’insulina a 35$ per i beneficiari della copertura Medicare. Attenzione però: il piano annunciato da Trump non ha abbassato il costo dell’insulina, bensì ha alzato la copertura che grava sulle casse dello stato per i soli pazienti con Medicare, ovvero anziani e disabili. Un gran passo avanti, ma il problema vero era e rimaneva un altro: il costo dell’insulina.
Il problema del costo dell’insulina in America
Ok, quanto potrà mai costare di più l’insulina in America? Guardate il grafico qui sotto. La risposta è semplice: dieci volte di più. La stessa insulina che in Italia acquistiamo a 10$ al flaconcino, negli Stati Uniti ne costa 100 (in Turchia 2,64$!). Che poi è la rappresentazione del problema della sanità negli Stati Uniti: il sistema di assicurazioni ha portato, anziché a una naturale concorrenza al ribasso, verso una spirale di costi crescenti. Il che è dimostrato anche da quello che dicevamo prima: la spesa pro-capite è una delle più alte tra i paesi industrializzati. E il costo dell’insulina risente di questo. Non può che essere così se al di là del confine, in Canada, la stessa insulina costa 12$.
Ebbene, la storia di oggi parla del tweet che ha portato al primo vero taglio nel costo dell’insulina. Lilly, dopo i fatti che racconterò, ha annunciato il taglio del 70% nel costo di listino di Humalog, una delle insuline più utilizzate al mondo (anche in Italia). Si passerà quindi da un listino di 275$ a 66$ e attenzione, stiamo parlando del costo di listino. Le assicurazioni pagheranno molto di meno se si pensa che già ora, con un listino a 275$, le assicurazioni ne pagano 43.
La storia del tweet che ha cambiato tutto
Il protagonista di questa storia di chiama Sean Morrow, un giornalista di More Perfect Union, una società che si occupa di welfare e storie di lavoratori. Sean, all’indomani della decisione di Twitter di rendere la spunta blu a pagamento, decise di creare un account parodia.
Ok, facciamo un po’ di contesto: la spunta blu è quella spunta che appare di fianco agli account di persone famose sui social network e che ne sancisce lo stato di “account verificato”. Fino a poco tempo fa veniva assegnata dalla società stessa ma poi, con l’arrivo di Elon Musk a Twitter, la spunta blu è diventata il risultato di un abbonamento da 8$ al mese. Ora sappiamo che anche Meta seguirà questa strada, ma all’epoca, parliamo di novembre 2022, sembrava un’assurdità (e un po’ lo era).
Chiunque, con 8$ al mese, può ottenere la spunta blu sul proprio account. È stato allora che Sean ha pensato bene di prendere un suo vecchio account e farlo diventare un account parodia di Eli Lilly, l’azienda che produce una delle insuline più utilizzate al mondo. Attenzione, sottolineo parodia perché il fatto che lo fosse era ben specificato nella Bio dell’account.
Ebbene Sean, col suo account finto di Eli Lilly, fece un tweet molto semplice: “L’insulina sarà gratuita a partire da ora”. Quello che è successo dopo è storia. Migliaia di retweet e le scuse dell’azienda hanno riportato la discussione al centro della vita politica americana. Come dimostra questo tweet di Bernie Sanders:
Sanders accenna a un altro fatto clamoroso che non tutti conoscono dalle nostre parti. Il 23 gennaio 2023, l’insulina ha ufficialmente compiuto 100 anni. Quel giorno, i tre scienziati che ottennero il brevetto per l’insulina - ovvero John Macleod, Charles Best e James Collip - vendettero lo stesso brevetto all’Università di Toronto per 1$. Frederick Banting, un chirurgo che contribuì alla formulazione del farmaco, pronunciò una frase divenuta poi celebre:”L'insulina non appartiene a me, appartiene al mondo". Voleva, in altre parole, che fosse gratuita per tutte le persone bisognose. Qualcosa ci dice che poi non andò così.
Il discorso di Biden e l’annuncio di Eli Lilly
Dicevamo: quello che è accaduto dopo rimarrà nei libri di storia. Infatti, durante lo State of the Union che si è tenuto a inizio febbraio, il presidente Biden ha così apostrofato le aziende farmaceutiche:”Big Pharma ha addebitato ingiustamente alle persone centinaia di dollari, dai 400 ai 500$ al mese, realizzando profitti record”. Ha continuato:”Abbiamo limitato il costo dell'insulina a $ 35 al mese per gli anziani con Medicare”. Non l’ha fatto né lui né il suo governo, l’ha fatto invece l’amministrazione Trump, ma poi aggiunge:”Limiteremo il costo dell'insulina per tutti a 35$”. Ed ecco qui, che quando i temi diventano popolari, la politica è costretta a prenderne atto.
È sbagliato dire che tutto sia partito soltanto dal tweet di Sean, sono anni che numerosi gruppi di diabetici si organizzano e protestano contro una delle ingiustizie più enormi e plateali del mondo occidentale. Eppure la miccia è stata accesa proprio da quel tweet quasi scherzoso, che ha portato poi alla dichiarazione ufficiale di Eli Lilly. E se andate sull’account Twitter dell’azienda, noterete che è tutto fermo a quel tweet di scuse del 10 novembre, come se da lì in avanti il mondo si fosse fermato.
La grande rivoluzione è tutta nel taglio al listino di Humalog: non tanto il costo per il cittadino, ma il costo a monte, quello dell’insulina per le casse dello stato. Quell’insulina che, per motivi assurdi, negli Stati Uniti costa 10 volte quello che costa in tutto il resto del mondo.
Non è tutto oro quel che luccica
Quando Biden ha detto, sempre nel discorso allo Stato of the Union, che Big Pharma sarebbe comunque andata bene, intendeva una cosa ben precisa. Il nuovo prodotto di Lilly, la penna pre-riempita di Humalog, costerà 530$ a listino e non rientrerà nel piano da 35$ mensili di cui parlava Biden. Così come l’insulina basale Basaglar, approvata nel 2015. Insomma: fatta la legge, trovato l’inganno.
Il segnale è comunque importante perché ha innescato una discussione che deve per forza portare a una regolamentazione. E in ogni caso, di tweet come quello che vedete qui sopra, si spera che non bisognerà leggerne più. Soprattutto in un paese ricco e avanzato come gli Stati Uniti.
SFAMA LA FOMO!
Cos’è la FOMO?1
È uscita la settima puntata di The Last of Us, che dovrebbe essere disponibile in italiano nel giorno stesso in cui leggerete questa puntata di Insalata Mista. Perché è importante? Perché è la puntata che mette fine alle discussioni sul fatto che Bella Ramsey, l’attrice scelta per impersonare Ellie, sia più o meno adatta a ricoprirne il ruolo. Le polemiche sono nate all’indomani della presentazione degli attori che avrebbero impersonato i protagonisti, ovvero Pedro Pascal e la suddetta Bella Ramsey. Ebbene, mai come in questo episodio appare evidente come non solo la Ramsey sia perfetta per il ruolo che è stata chiamata a interpretare, ma è altrettanto sicuro che la performance le varrà diversi riconoscimenti. Davvero mastodontica la prova data. Guardatela, se non l’avete ancora fatto.
Questa settimana mi sono dilungato un po’ troppo con il tema principale, quindi mi limiterò a una sola notizia. La settimana prossima ci rifaremo ;-)
TI SEI PERSO LE PRECEDENTI PUNTATE?
DOVE HO PRESO LE INFORMAZIONI?
Da qui:
https://www.epicentro.iss.it/politiche_sanitarie/riformaUSA
http://www.sefap.it/economiasanitaria_news_200903/JT03259332.pdf
https://www.ncpssm.org/documents/2020-opeds-and-letters/trumps-35-insulin-plan-a-nickel-solution-to-a-billion-dollar-problem/
https://wisevoter.com/country-rankings/cost-of-insulin-by-country/
https://www.nytimes.com/2023/03/01/business/insulin-price-cap-eli-lilly.html
https://www.nytimes.com/2023/02/08/us/politics/biden-state-of-the-union-transcript.html
https://investor.lilly.com/news-releases/news-release-details/lilly-cuts-insulin-prices-70-and-caps-patient-insulin-out-pocket
https://www.slashgear.com/1215056/why-this-fake-tweet-cost-an-insulin-company-billions-and-is-a-godsend-for-diabetics/
https://www.linkedin.com/in/snmrrw/
https://perfectunion.us/about/
https://www.diabetes.org.uk/research/research-impact/insulin
https://www.canada.ca/en/health-canada/services/canada-health-care-system.html
https://www.altalex.com/guide/gratuito-patrocinio
https://www.kff.org/medicare/video/the-story-of-medicare-a-timeline/
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.