Schiaffeggiatori di angurie e tastatori di pane
Con il ritorno dei frutti estivi sui banchi frutta, torna con prepotenza una sottospecie umana particolarmente fastidiosa: i picchiatori di angurie, che vanno a far compagnia ai tastatori di pane.
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Una premessa importante: questa newsletter settimanale nasce, cresce e si concretizza nel giro di qualche ora, rubata al mio tempo libero e alla mia famiglia. A volte capita che abbia il tempo di rileggere tutto a distanza di giorni, altre volte non ho nemmeno il tempo di riguardarla. Se trovi degli errori, piccoli o grandi che siano, porta pazienza. Magari segnalameli, te ne sarò grato.
» PENSIERI FRANCHI: Fare figli a 64 anni, in Italia, come soluzione all’assenza di asili
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
Sta facendo molto discutere il caso della donna di Viareggio, 64 anni a ottobre, che ha appena partorito un bambino grazie alla fecondazione in vitro. Certo, c’è di che parlarne davanti alla macchinetta del caffè, per carità: dall’età avanzata fino al fatto che la fecondazione sia avvenuta a Kiev, in Ucraina, mentre è in corso una guerra sanguinosa.
Eppure la donna è andata, si è fatta fecondare ed è tornata. E ora è mamma. Tra l’indignazione generale e lo sprezzo di chi non fa che pensare a come dovrà vivere questo bambino figlio di una donna già anziana, non possiamo che pensare che invece questa donna abbia trovato l’unica soluzione possibile in un paese che di agevolare le coppie giovani desiderose di creare una famiglia non ne vuole proprio sapere.
A 64 anni infatti si è già in pensione, non si ha il problema di dover trovare un posto in un asilo che non esiste o di dover impegnare l’intero stipendio per pagarne la retta (qualora si trovasse un posto libero). Nel 2021, infatti, i posti in un asilo nido sono aumentati di un punto percentuale passando da 27,2 per 100 bambini al di sotto dei tre anni a 28. Ma di nuovo si tratta di una statistica che inganna, di numeri che mentono, perché non è il numero di posti negli asili ad essere aumentati, bensì il numero di bambini ad essere calato.
Esistono quindi tre sole possibilità per avere figli in Italia: il primo è che uno dei due genitori lasci il lavoro, come si faceva 60 anni fa: l’uomo al lavoro e la donna a casa a stirare, lavare e crescere i figli. Oppure il contrario, comunque una bella prospettiva che guarda al passato, come va tanto di moda oggi.
La seconda possibilità è invece che si smetta di fare figli, o che quantomeno smettano due terzi delle coppie: così facendo i posti in asilo sarebbero sufficienti per tutti i bambini e quei pochi genitori potrebbero lavorare entrambi, anche se con qualche problema legato agli altri servizi (tipo scuole, mense, etc.) che a quel punto non avrebbero più di che sopravvivere.
Il terzo l’ha trovato proprio la coraggiosa neo mamma di Viareggio: aspettare la pensione per diventare mamma. Che poi vuoi mettere? Al parco insieme agli altri pensionati magari ci saresti andata lo stesso, cosa ti costa portarti dietro anche tuo figlio?
Il futuro di un paese sempre più vecchio, sempre più stanco, che guarda sempre di più al passato, non può che essere quello: smettere di fare figli oppure mettere insieme le due cose: pediatria e geriatria, vecchi e bambini, domanda e offerta. In fondo è già così, perché oggi se hai dei figli e non hai dei nonni a disposizione, sei spacciato. Che se li facciano direttamente loro i figli, dunque, visto che conservano ancora quel diritto che per noi, in età da lavoro, diventa sempre più un miraggio: la pensione. Tempo libero e pensione sono le uniche due condizioni che permettono oggi di avere un figlio. Vi sembra ancora così folle la scelta di diventare mamma a 64 anni?
Buona lettura.
Franco A.
» TORNANO I PICCHIATORI DI ANGURIE
Con la stagione estiva torna a farsi viva una fattispecie umana particolarmente detestabile, che però ogni anno si ripresenta imperterrita a ogni banco frutta presente nei supermercati o nei mercati di questo paese: i picchiatori di angurie. Anzi, dovremmo dire di frutta, visto che non risparmiano nemmeno altri tipi di frutta estiva, seppur con una ritualità leggermente diversa.
Questa fattispecie di subumano, nemmeno così raro, si accompagna di solito, anzi spesso si sovrappone, con un’altra specie subumana, che sono i tastatori di pane. I due insieme mi generano talmente tanto fastidio che mi è venuto spontaneo scriverci questa insalata. È ormai troppo tempo che ne voglio scrivere, ci penso ogni volta che si ripete l’odioso rito e questa volta - di fronte a quel concerto orrendo e cacofonico di palmi di mano sudati che battono contro la buccia di povere angurie, che se avessero una coscienza sarebbero costrette a vivere gli ultimi momenti di vita chiedendosi perché deve finire tutto così, sotto un’incessante mitragliata di schiaffi - mi sono deciso a scriverne.
Accanto a questi, ne accennavo prima, ci sono gli annusatori di meloni. Lo scopo, nelle intenzioni di queste persone, sarebbe sempre lo stesso: capire se il frutto è più o meno maturo e dolce. Che poi significa che ha un alto grado zuccherino e dunque, secondo il ragionamento scientifico che si nasconde dietro questa abitudine, c’è la certezza che a un maggior grado di concentrazione degli zuccheri nel frutto corrisponda una diversa risonanza dello schiaffo.
Lo stesso dunque vale anche per il melone, a cui un maggior grado di zucchero dovrebbe corrispondere un odore differente. Lo confesso, una volta domandai a un signore che stava annusando la parte del picciolo di un melone quale odore si aspettasse di sentire. Lui si fece all’improvviso serio, mi trovavo chiaramente nella mia città natale, e mi disse perentorio:«Ar melone je deve da puzza’ er culo!». Me ne andai e mi ripromisi di non chiederlo mai più.
La terza e più odiosa categoria infesta invece i supermercati tutto l’anno: si tratta dei tastatori di pane. Vanno nello scaffale del pane e passano in rassegna tutti gli scomparti e tutti i sacchetti. Li tastano tutti, come se dovessero saggiare il grado di morbidezza di un materasso o di un cuscino. Li tastano più volte e poi li rimettono dov’erano, lasciandoli a noi che semplicemente avevamo la folle pretesa di acquistare un sacchetto di pane non sporco delle mani altrui. Ma che ci volete fare, non si compra del pane se prima non lo si è tastato a dovere.
I falsi miti sui test della frutta
Ora che avrete capito quanto possa odiare con tutto me stesso queste categorie di subumani, vi devo confessare che mi sono chiesto se un fondo di verità, in quell’orribile vizio di insudiciare il cibo che poi altri compreranno, ci potesse essere.
Ho dunque scandagliato la rete alla ricerca dei più popolari e scientifici metodi per dedurre, da un frutto esposto, il grado di zuccheri e dunque di maturazione. Ho trovato diverse cose, ma nessuna di queste prevede la violenza.
Tra questi metodi, molti dei quali basati sull’esperienza di operatori del settore, c’è sicuramente quello legato al peso, oppure l’analisi del picciolo e della corona che gli sta attorno. Secondo quanto ritengono gli esperti, sono tutti ottimi metodi per dedurre se il frutto è più o meno maturo.
Lo stesso vale per l’anguria. Stando a quanto spiega Daniele Paci, l’agronomo divenuto celebre su TikTok (e non solo), il metodo più semplice per capire se un’anguria è matura è il colore della macchia presente sulla zona sulla quale è stata appoggiata a terra. E a sostenerlo non è soltanto lui, ma c’è un’ampia schiera di esperti che raccontano lo stesso.
Perché riconoscere la frutta matura è da maschi
Girando per il web, però, cercando la vera scienza che c’è dietro la ricerca del frutto più maturo, mi sono chiesto perché a farlo siano quasi sempre gli uomini. E uomini a caso, ma quelli più maschi, solitamente di una certa età, quelli dall’aspetto più rude. Non sono i soli a tastare le frutta, sia chiaro, ma sono certamente quelli che usano più violenza. Insomma le signore tastano, gli uomini picchiano. Guarda che bella analogia con quel maschilismo tossico di cui vorremmo fare volentieri a meno.
Al di là delle analogie con l’uso della violenza da parte dell’uomo, che in molti troveranno forzata, c’è sicuramente un altro problema che causano i picchiatori di frutta: la rovinano. Non solo la insudiciano con le mani sporche (perché chiaramente non puoi picchiare la frutta con i guanti, che uomo saresti altrimenti), ma picchiandola la fanno marcire. Avete presente quando una mela cade per terra e marcisce quasi istantaneamente nel punto in cui ha battuto, no? Ecco, a forza di menare la frutta, la rovini tutta e chi arriverà dopo di te, non sapendolo, comprerà la frutta che tu, per puro diletto, gli hai rovinato.
D’altronde gli schiaffi un certo effetto sugli alimenti ce l’hanno, è provato scientificamente. Sapete da chi? Da quei mattacchioni di Geopop, che a loro volta hanno ripreso l’esperimento condotto dallo streamer Louis Weisz, che ha usato gli schiaffi per cuocere sia una bistecca che un pollo. Eh già, con 135.000 schiaffi si può far raggiungere la temperatura di 60° per il tempo necessario a pastorizzare la carne, figuriamoci cosa può succedere alla frutta schiaffeggiata senza pietà.
Cosa significa se il pane è morbido
Ritorniamo per un attimo ai tastatori di pane e all’utilità di squishare1 ogni panino. Mi sono chiesto, anche in questo caso, quale fosse l’utilità. Uno può dire: “beh se è morbido vuol dire che il pane è fresco”. Sei sicuro? Perché su internet abbondano i tutorial per far tornare croccante fuori e morbido dentro un pane completamente raffermo, cosa che poi è spesso praticata anche dai supermercati stessi, che non si fanno problemi a “ripassare” leggermente il pane quando avanza sugli scaffali.
La tecnica è semplice: metti un panino sotto l’acqua per qualche secondo e poi lo rimetti in forno: di fuori torna croccante, mentre l’interno si idrata quel tanto da farlo diventare morbido.
E anche il microonde fa lo stesso effetto. Il principio è semplice: quando il pane viene riscaldato nel microonde, le onde elettromagnetiche riscaldano le molecole d'acqua presenti nel pane. Questo riscaldamento fa sì che l'acqua si trasformi in vapore. Il vapore generato aiuta a reidratare l'amido del pane, che nel frattempo si era solidificato e indurito. Questo processo di reidratazione ammorbidisce la struttura del pane, rendendolo nuovamente morbido. L'effetto è ulteriormente migliorato se il pane viene avvolto in un panno umido o in un tovagliolo di carta leggermente bagnato, poiché questo aumenta la quantità di vapore che può penetrare nel pane durante il riscaldamento.
Quindi, pane morbido non significa affatto che è un pane fresco. Anzi, citando di nuovo Daniele Paci, il pane del supermercato non può proprio mai essere fresco per definizione.
Dunque, cari amici palpatori, il risultato che otterrete tastando tutti i sacchetti di pane, ammesso che ve ne freghi qualcosa (perché l’omo deve da tasta’), è insozzarli tutti. Così, tanto quanto avrete fatto marcire la frutta, avrete pure sporcato il pane a dispetto di altri ignari (e civili) consumatori che, molto più educatamente, sapranno invece qual è il metodo scientifico corretto per comprare frutta matura e pane appena sfornato. E tutto questo solo leggendo Insalata Mista, pensa un po’.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?2
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Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
Neologismo, forse derivante dall’onomatopea che riprende il suono di spremere qualcosa di morbido.
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Me l'aspettavo un'Insalata del genere prima o poi, vecchio brontolone 😜. Avrei aggiunto alla categoria anche i babbionə (qui non c'è differenza di genere o età) che annusano i flaconi di qualsiasi cosa abbia un profumo e non richiudono bene gli stessi, così da lasciare delle bombe inesplose a chi li prende in mano successivamente.
Molto divertente ma... anche istruttivo!