Moderazione e libertà
L’arresto del creatore di Telegram ha riportato la discussione pubblica sulla responsabilità delle piattaforme verso i contenuti pubblicati. È veramente in discussione la libertà di parola?
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Una premessa importante: questa newsletter settimanale nasce, cresce e si concretizza nel giro di qualche ora, rubata al mio tempo libero e alla mia famiglia. A volte capita che abbia il tempo di rileggere tutto a distanza di giorni, altre volte non ho nemmeno il tempo di riguardarla. Se trovi degli errori, piccoli o grandi che siano, porta pazienza. Magari segnalameli, te ne sarò grato.
» PENSIERI FRANCHI: Il forum delle libertà
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
Sarà stato il 2006 o il 2007, mi ero da poco trasferito qui, in questa piccola provincia del freddo nord da cui vi scrivo, e la nostalgia della mia gioventù - non che allora fossi vecchio - e degli anni delle superiori, mi spinse a fare una cosa che non era così comune per l’epoca. Non c’erano ancora i social network come oggi li conosciamo e Facebook sarebbe arrivato soltanto da lì a uno o due anni. Provavo però il desiderio di fare quello che oggi è persino banale fare: ritrovare compagni, riunirli in un posto virtuale e parlarci dei bei tempi andati.
Cosa feci? Aprii un forum chiamato “Il Galileo”, dal nome dell’Istituto tecnico che frequentai in quel di Monteverde, a Roma. Il forum, lo dico per i più giovani, era l’antenato dei social. Potete ancora trovarne qualche esemplare sul web, ma l’ultimo rimasto di quella specie, che è diventato tra l’altro una piattaforma di enorme successo, è Reddit.
Fatto sta che in quel luogo virtuale riuscì a riunione gran parte dei miei amici delle superiori e ad aprire una stanza per ogni sezione, così che pure gli altri, i miei compagni di scuola ma non di classe, potessero fare la stessa cosa.
Secondo voi, cos’è successo quasi immediatamente? Una cosa abbastanza normale, ci si è messi a ricordare i bei tempi andati, a ricordare aneddoti ed eventi che segnarono il nostro periodo scolastico delle superiori. Peccato che questi aneddoti coinvolgessero non solo noi studenti, ma anche i professori, com’è normale che sia.
In particolare, fu presa di mira una professoressa che noi tutti ricordavamo con un misto di terrore e simpatia. Terrore per i voti che elargiva senza troppi problemi, simpatia perché era una personaggio particolare, diciamo così.
Vi racconto questa storia, che ha molto a che vedere con l’approfondimento di questa Insalata, perché poi un giorno, mentre ero sovrapensiero, intento a risolvere un problema di reti informatiche in un’azienda , mi squillò il telefono. Risposi distrattamente, così come risposi con troppa leggerezza alla domanda successiva. Si presentò un signore dicendo “polizia postale di Roma” e poi chiese “è lei il proprietario del forum Il Galileo?”. Risposi ovviamente di si, e fu allora che mi avvisò che era stata sporta denuncia contro di me e contro tutti i proprietari del forum. Che ovviamente ero soltanto io.
La denuncia era particolarmente grave perché all’epoca era considerata diffamazione a mezzo stampa, dunque ricadeva nel penale, non nel civile come una comunissima diffamazione fatta a tu per tu. E chi aveva denunciato? La professoressa di cui sopra che, evidentemente avvisata da qualcuno che in quel posto si stava parlando di lei, andrò a leggere cosa scrivevano i suoi studenti e, saltata su tutte le furie, aveva stampato tanti bei screenshot che poi aveva portato in commissariato. Mi trovai così, poco meno che trentenne, con una denuncia penale sulle spalle per aver aperto un forum di ex studenti di un istituto.
Non fu semplice, ve l’assicuro. Il processo, che mi ha costretto a recarmi a Roma appositamente 3 volte in 5 anni, è durato per l’appunto un lustro bello e buono. L’istruttoria è ripartita più volte per dei vizi formali, io nel frattempo ho dovuto cambiare due volte avvocato e alla fine fui assolto, non senza aver speso quasi 5.000€ di spese legali.
Già perché in Italia funziona così: il gratuito patrocinio, ovvero l’avvocato gratuito, ti viene concesso soltanto se guadagni meno 11.000€ l’anno (lordi, per l’intera famiglia), quindi praticamente vale solo se sei disoccupato.
In quel periodo mi ero appena sposato, non me la passavo benissimo e quella cifra fu un bel salasso. Non vi sto nemmeno a dire come da quel giorno sto attentissimo a cosa faccio e scrivo online. Oggi una cosa del genere farebbe ridere. Chiunque sui social non solo diffama, ma dice peste e corna di chiunque altro e soltanto nei casi di personaggi famosi si procede con querele per diffamazione. Un caso come il mio, oggi, farebbe ridere qualsiasi magistrato.
Mi sto forse paragonando a Durov, il fondatore di Telegram? Ovviamente no, anche se la discussione sulla responsabilità della pubblicazione dei contenuti non risale certo a qualche giorno fa, anzi. È una discussione vecchia quanto internet. Sulla stampa la questione è chiara è regolamentata: a rispondere è il direttore editoriale, ma su un sito? Su un blog? Su un forum? Si può scrivere e dire quello che si vuole? E perché dovrebbe essere responsabile chi quello spazio l’ha messo a disposizione?
A pretendere una moderazione dei contenuti, si minaccia veramente la libertà di espressione? Un bel gancio con l’approfondimento che segue.
Buona lettura.
Franco A.
» LIBERTÁ DI PAROLA O LIBERTÁ DI OFFESA?
Qualche giorno fa Pavel Durov, CEO di Telegram, è stato arrestato appena atterrato in Francia. La notizia è importante perché non riguarda soltanto una persona o una piattaforma, bensì lo stretto rapporto che c’è tra privacy e libertà, tra libertà di espressione e libertà di compiere dei crimini.
Facciamo prima un po’ di contesto. Cos’è Telegram? Sono sicuro che molti di voi la conosceranno come applicazione di messaggistica, ma non è solo questo. È stata innanzitutto una piattaforma molto evoluta sin dall’inizio, tecnologicamente molto più avanzata di Whatsapp e colleghi fin dalla sua prima versione. Telegram oggi è un qualcosa che sta a metà strada tra un’app di messaggistica e un social network, tra un forum e un servizio di collaborazione, tra un cloud e un negozio dove si può comprare di tutto, soprattutto ciò che è illegale.
Su Telegram infatti, è risaputo dai più, si può acquistare o scambiare liberamente qualsiasi cosa. Se si cerca nei gruppi, si possono trovare persino armi o droga. Non a caso è un’app utilizzata molto nei paesi totalitari o lì dove imperversa un conflitto, come in Ucraina e in Russa, giusto per fare l’esempio più vicino a noi.
Perché Telegram ha assunto questo ruolo particolare nel tempo? Per una caratteristica tecnica? Per una funzionalità particolare che maschera l’identità degli utenti? Niente di tutto questo. Telegram infatti, sembrerà assurdo ma è così, nelle chat di gruppo non implementa nemmeno la crittografia che invece implementa nelle chat private (anche se opzionale). Le conversazioni nei gruppi, in altre parole, sarebbero libere e accessibili pressoché da chiunque, perché ospitate in chiaro sui server di Telegram.
Ciò che ha fatto di Telegram la piattaforma ideale per la criminalità è il fatto, a differenza di tutte le altre aziende tecnologiche, non collabora con i governi. Ovvero non cede volentieri i dati dei propri utenti alle autorità in nessun caso, nemmeno di fronte a indagini particolarmente sensibili, come quelle che riguardano casi di CSAM, che è un acronimo con cui gli anglosassoni indicano i crimini contro i bambini (sta per Child Sexual Abuse Material, ovvero materiale pedopornografico).
Eppure, questa stessa libertà totale che ha consentito a criminali di ogni paese e di ogni genere di trovare un posto perfetto per scambiarsi materiale e informazioni, ha anche permesso a gruppi di combattenti di mettere in piedi una resistenza, in qualche caso di organizzare delle rivolte o di scambiarsi informazioni preziose per combattere il proprio nemico.
Cos’è più importante dunque: la libertà totale o la difesa dei più deboli, la cui sicurezza è messa a repentaglio da criminali che attraverso queste stesse piattaforme possono fare rete e scambiarsi informazioni pericolosissime al sicuro da qualsiasi controllo e indagine?
Di cosa è realmente accusato Durov
Durov è stato arrestato non appena ha messo piede in Francia, da cittadino francese. Pur essendo russo di nascita, infatti, si ritiene che abbia almeno quattro passaporti: russo, francese, caraibico e come ultimo quello degli Emirati Arabi. Rilasciato con una cauzione di 5,6 milioni e con l’obbligo di firma due volte a settimana, Durov è accusato di essere complice nella diffusione e distribuzione di immagini e altro materiale riguardante abusi verso minori, più altri capi d’accusa che riguardano sempre la responsabilità nella diffusione di materiale che è liberamente circolato su Telegram negli anni.
Si sta, in altre parole, riconoscendo la responsabilità dei contenuti che sono circolati su una piattaforma all’amministratore della piattaforma stessa. Un fatto nuovo e anomalo seppure non unico. Ma in termini legali, senza voler addentrarmi in un campo delicatissimo del quale conosco poco e niente, non è nemmeno la complicità diretta nell’aver diffuso questo materiale il problema. Quello che l’accusa cercherà di dimostrare è un fatto preciso, cioè che Durov fosse cosciente di quello che accedeva sulla sua piattaforma e che, nonostante ciò, non abbia messo in piedi mezzi e strumenti adeguati per contrastare questo genere di crimini.
Capite perché si sta parlando di Durov e non di Zuckerberg, tanto per citare un altro amministratore di piattaforme dove, lo sappiamo bene tutti, gira qualsiasi cosa? Anzi, è notizia recente che Instagram addirittura suggeriva contenuti inappropriati e espliciti a minori. La differenza sta però nelle azioni che la piattaforma ha messo in campo per contrastare il fenomeno. Non importa l’efficacia, non importa se il problema sia ancora lì in bella mostra senza che quelle azioni di contrasto abbiano avuto effetto o meno. Conta invece quanto lo sforzo sia stato proporzionato. Ovviamente secondo la legge che analizza i fatti e le carte.
Dietro l’arresto c’è anche altro?
C’è però chi non si accontenta di questa spiegazione, di queste accuse ufficiali. Sarà la mania del complottismo e delle dietrologie dilaganti, ma c’è anche chi ha parlato di una ritorsione nei confronti di Durov per aver sempre negato la sua collaborazione alle autorità in occasione di indagini importanti.
Secondo il New York Times, proprio le autorità francesi avrebbero richiesto più volte a Telegram di collaborare alle indagini e, a differenza di Google, Meta e altre aziende, Telegram si è sempre rifiutata. È per questo che la Francia sta cercando di portare avanti una battaglia contro la crittografia, che di fatto fa in modo che nemmeno la piattaforma stessa possa decifrare il contenuto delle chat. Come abbiamo visto prima, però, su Telegram si tratta soltanto delle chat private. Quelle di gruppo, che sono al centro della discussione, sono invece pubbliche e i dati sugli utenti potrebbe aiutare molto le autorità.
Durov d’altronde è stato, prima di Telegram, il creatore di VKontakte, noto anche come il Facebook russo. Secondo quanto affermato da Durov (e riportato dal Washington Post), nel 2014 fu costretto a lasciare la Russia proprio perché le autorità russe avevano preteso di avere i dati relativi ai protestanti ucraini.
Da allora Durov gira il mondo postando soltanto foto a petto nudo su Instagram e rilasciando pochissime interviste.
La libertà ora è di destra
Senza volerlo, o forse si, Durov è diventato in pochissimo tempo l’idolo dei gruppi di complottisti di estrema destra. Oltre a essere stato elogiato su X da gruppi come The Patriot Voice - che avrebbe affermato che Telegram è meno pericoloso per i bambini rispetto ai veri nemici, per esempio gli organizzatori della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi, rilanciando la più volte smentita stupidaggine secondo cui la cerimonia stessa fosse una parodia dell’ultima cena di Cristo - Durov è stato più volte elogiato da, indovinate un po’ chi, l’altro paladino del free speech e delle parole in libertà, ovvero Elon Musk.
Non è un caso se tra i due si sia stretto un legame profondo, tanto da portare Musk a creare l’hashtag #FreePavel. Musk ha infatti azzerato quasi completamente la moderazione dei contenuti su X, permettendo praticamente a chiunque di pubblicare qualsiasi cosa. Infatti, torniamo alle accuse mosse contro Durov, anche Musk potrebbe subire le stesse conseguenze del creatore di Telegram se, come abbiamo visto, le accuse riguardano il fatto di essere a conoscenza di quello che circola sulla piattaforma senza aver messo in atto delle azioni contenitive.
Infatti, qualche giorno fa, l'ex candidato presidenziale repubblicano Vivek Ramaswamy ha suggerito che i destini di X e Telegram sono collegati, affermando: «Oggi è Telegram. Domani sarà X». Musk ha ovviamente risposto approvando con l'emoji “100” .
Chi decide cosa è bene e cosa no
Il problema, arrivati a questo punto, è sempre lo stesso: a chi sta in mano la verità? Chi può decidere cosa e giusto e cosa no? Chi può giudicare se un contenuto è offensivo senza che si rischi che da questa facoltà non ne derivi un abuso, ai danni di chi magari combatte per la libertà, perché magari vittima egli stesso di un abuso o di un sopruso, come un paese che da un giorno all’altro vede i propri confini varcati con i carri armati dal paese adiacente?
La risposta, per noi abitanti di un paese occidentale, con robustissimi anticorpi democratici, dovrebbe essere che la verità sta sempre dalla parte dello Stato. E che solo lo Stato ha, insieme all’uso esclusivo della forza, il potere di poter decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato, attraverso l’applicazione della legge. Questo è un principio base della nostra società civile, un valore che abbiamo guadagnato col sangue dei nostri antenati che hanno combattuto per scrivere la legge fondamentale che tutela sempre i più deboli.
Tuttavia, cosa succede quando questo principio viene minacciato da uno Stato che non è più il garante della giustizia e della libertà? Noi non ci ricordiamo nemmeno cosa significa, io stesso parlo probabilmente a vanvera di qualcosa che ho letto soltanto sui libri, ma non somiglia un po’ al futuro raccontato in Terminator o nel Grande Fratello quello in cui ogni comunicazione, persino i messaggi personali, vengono spiati dal potere costituito?
D’altrocanto mi chiedo, facendo finta di essere insieme accusato e accusante, non è la riproposizione pari pari di qualcosa che è già successa con le comunicazioni telefoniche e ambientali? Lo Stato non ha già la facoltà di spiare ogni nostra conversazione telefonica o ambientale se ritiene che ci sia il rischio di un reato, soprattutto un reato così grave come quello a danno dei minori?
Vi lascio ovviamente con questa domanda aperta, senza alcuna certezza se non quella che la discussione sulla libertà di parola (e aggiungo di stampa) e la lotta al crimine sono tutto tranne che concetti di destra o di sinistra. Sono, semplicemente, i valori primari secondo i quali ci siamo organizzati in società e ci siamo dati delle regole comuni, che oggi fanno dei nostri paesi dei paesi che ancora possiamo definire civili e democratici.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
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[Fonte: DDAY.it]
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[Fonte: Dmove.it]
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.