Un bambino è morto (forse) per colpa di una sfida. Vietiamo i social?
Sono in molti a invocare la censura dei social dopo la tragedia di Casal Palocco, dove ha perso la vita un bimbo di 5 anni. Torna d'attualità la proposta di vietare i social network prima dei 15 anni.
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In sintesi:
Il caso tragico di Roma, dove ha perso la vita un bambino di 5 anni, ha riaperto la discussione sui social network, sui modelli per i giovani, sulle sfide virali e sui rischi connessi;
Diversi paesi, compresa l’Italia, si stanno concentrando sul divieto di uso dei social network, la cui (cattiva) influenza sui giovani sembra essere chiara e dimostrata. A chiederlo sono anche personaggi noti dello spettacolo;
È giusto però chiedersi anche se il problema siano davvero i social network o piuttosto se non sia il fatto che troppo spesso i ragazzi vengano lasciati da soli a destreggiarsi con un mondo difficile come internet. Il report di Telefono Azzurro e Doxa Kids sembra confermarlo.
La parola di oggi: Social Challenge, le sfide condivise sui social network
Il 14 giugno un SUV di grossa cilindra si è scontrato con una Smart. A bordo del SUV c’erano cinque ragazzi, di cui alcuni appartenenti a un popolare canale YouTube. Sulla smart c’era invece parte di una famiglia: mamma (giovanissima anche lei, 29 anni) e due bambini. Il più grande dei due, nello scontro, è morto. Le altre due, mamma e figlia, sono state dimesse dopo aver riportato ferite gravi.
Al fatto, già di per sé tragico, si è aggiunto un particolare che ha portato la vicenda a occupare le pagine principali di giornali cartacei e online dal giorno dell’incidente ad oggi: i ragazzi, a quanto pare, stavano facendo una challenge, una sfida di quelle molto popolari sui social e che sono diventate protagoniste di tantissimi video di canali con molti iscritti.
Il fatto non è stato ancora chiarito. Non si sa se realmente i ragazzi stessero filmando, se stessero guidando l’auto in maniera pericolosa; non si sa ancora se stessero andando ad alta velocità (è molto probabile, ma non è stato ancora accertato). Gli stessi dispositivi utilizzati o utilizzabili per riprendere (smartphone, mirrorless e GoPro) non sono ancora stati esaminati. Insomma, non si sa praticamente ancora nulla, se non che alla guida c’era un ragazzo di vent’anni, ovvero uno dei volti principali di The Borderline, il canale YouTube con circa 600.000 iscritti.
Le solite, immancabili “notizie creative” e le semplificazioni
Prima di entrare nel merito di questa newsletter, che non riguarda direttamente l’incidente, bensì la reazione della politica e dell’opinione pubblica all’uso dei social dal parte dei giovani, concedetemi una piccola nota personale, uno sfogo. Pur condannando con tutto me stesso quello che è capitato e la totale incoscienza (o stupidità, fate voi) dei ragazzi coinvolti nell’incidente, non posso non sottolineare come ancora una volta la stampa abbia reagito facendo tutto quello che non andrebbe fatto.
Si è parlato di molte cose di cui non c’era prova alcuna. Tutti fatti non accertati, non provati, frutto solo della supposizione di qualche giornalista; della voglia irresistibile di cavalcare la tragedia, di nuovo, con un titolo troppo facile da fare e troppo goloso per l’esercito dei cliccatori del web. Sono state pubblicate interviste in cui si dice che i ragazzi, dopo l’incidente, sono scesi dall’auto filmando l’auto con il corpo del bambino. Nessuno sa se è vero, ma quello che sappiamo è che utilizzare certi dettagli, certi particolari, non può che alimentare il desiderio pubblico di linciaggio. Fa bene soltanto ai clic, ai commenti sui social, alla ghigliottina online: fiumi di parole e di odio che di certo non faranno tornare in vita il piccolo morto nell’incidente, così come non aiuteranno ad accertare la verità.
La reazione pubblica: linciaggio e stato di polizia
Non poteva succedere altro, cioè che il tribunale del web esprimesse immediatamente la sua sentenza: “i cinque YouTuber devono marcire in galera”. C’è chi ha persino fatto delle proposte di legge, come Alessandro Gassmann, che propone una punizione da stato di polizia: sequestro degli introiti, divieto di remunerazione e galera anche per i genitori.
Insomma come sempre, quando c’è di mezzo un fatto drammatico che andrebbe trattato come tale, il popolo del web dà il peggio di sé, sommando alla tragedia un quantitativo di odio gratuito di cui non sentivamo il bisogno.
La politica, dal canto suo, si era già espressa sui social network qualche giorno fa.
La proposta: divieto di uso dei social fino ai 15 anni
Ho utilizzato questo caso di cronaca per riallacciarmi a una discussione molto recente. Mi riferisco alla proposta di legge a firma Carlo Calenda, attuale senatore e segretario del partito di centro “Azione”, che vorrebbe impedire ai minori di 13 anni di utilizzare i social network. E di dover ottenere l’approvazione dei genitori dai 13 ai 15 anni.
La proposta, che non è né la prima né l’unica nel mondo a prendere di mira i social network, identifica quindi questi ultimi come principali responsabili di alcuni problemi giovanili.
È indiscutibile che un problema ci sia, anzi, più di uno. Ci sono problemi espliciti, come il cyberbullismo e il revenge porn, e quelli impliciti, che parlano di cattivi modelli, di facilità di accesso ad altrettanto facili guadagni.
C’è poi il problema dell’adescamento da parte di adulti malintenzionati. Insomma, i social network sono l’evoluzione tecnologica dei problemi che abbiamo sempre avuto. La vera differenza, ne parleremo più avanti, è che sul web mandiamo i più giovani allo sbaraglio senza alcun supporto. Nessuno si sognerebbe mai di mandare un bambino di 10 anni in giro per la strada, magari in quartieri pericolosi, a qualsiasi ora della notte, senza un adulto di fianco. Stranamente invece non ci facciamo problemi a permettere che accada l’equivalente su internet.
Nello Utah social vietati fino ai 18 anni
L’Italia non è sola in questa visione dei social network. Il caso più eclatante è lo Utah, negli Stati Uniti, dove una recente legge ha imposto il divieto nell’uso di Facebook, Instagram e TikTok fino ai 18 anni. E in ogni caso l’accesso ai social network sarà vietato dalle 22:30 alle 06:30 del mattino. La legge entrerà in vigore a partire dal primo marzo 2024.
Altri stati stanno valutando soluzioni simili. Molti di questi - Arkansas, Texas, Ohio e Louisiana - sono governati dai repubblicani, quindi dai conservatori, ma uno di questi - il New Jersey - è a guida democratica. Questo per dire che questa visione dei social network è trasversale e condivisa da tutti gli schieramenti politici.
La stessa cosa vale in casa nostra, l’Europa. In realtà la situazione europea non è chiara al 100%, perché - come sempre - un conto è quello che decide l’Europa e un conto è quello che i singoli stati membri recepiscono.
C’è di mezzo il GDPR, che stabilisce l’età minima per esprimere il consenso all’uso dei propri dati a 14 anni. Da qui se ne deduce che sotto i 14 anni nessuno dovrebbe o potrebbe registrarsi a un social network. Questo perché, iscrivendosi, si è costretti a fornire il proprio consenso all’uso dei dati personali.
Va in questa direzione la recente proposta di legge della Francia, ad esempio, che vorrebbe portare a 15 anni l’età minima per l’iscrizione ai social network. In Germania vige già la regola dei 14 anni in accordo con la legge Europea e così dovrebbe essere anche Italia.
Così non mi è sembrato, a dirla tutta, testando con mano l’iscrizione a TikTok. il sistema mi ha bloccato solo quando ho tentato di registrarmi con un’eta inferiore ai 13 anni. Con un età inferiore ai 14 anni invece mi ha lasciato registrare senza alcuna richiesta di consenso da parte di un genitore. Insomma, belle le leggi, ma se poi nessuno controlla…
Davvero sono i social network il problema?
Ci sono moltissimi studi autorevoli che mettono in relazione l’uso dei social network con problemi di salute mentale come ansia e depressione. L’approvazione della legge nello Utah cita proprio uno di questi.
Ne ho letto alcuni, compreso lo studio degli studi (in pratica un’analisi sistematica di studi già pubblicati), ma da quello che posso (non faccio né il medico, né lo scienziato), mi sembra di capire che i problemi a cui si va incontro utilizzando i social network siano quelli a cui si andrebbe semplicemente utilizzando i social reali, ovvero vivendo le normali relazioni della vita reale.
Lo accennavo prima, ma c’è una piccola (ma sostanziale) differenza: nelle relazioni del mondo reale, i giovani hanno di fianco un adulto, o dovrebbero averlo. Sui social network, invece, vengono completamente abbandonati a sé stessi.
Lo studio di Telefono Azzurro e Doxa Kids
Ho trovato conforto a questa mia tesi nel recente studio pubblicato da Telefono Azzurro e Doxa Kids, dal titolo “TRA REALTÀ E METAVERSO. ADOLESCENTI E GENITORI NEL MONDO DIGITALE”.
In questo studio, devo dire davvero ben fatto, si fa un’analisi generale sull’uso della tecnologia e dei giovani. Si parla tra l’altro - ci torneremo - dell’uso e dell’effetto dei videogiochi sui giovani, ma in questo caso mi sono soffermato sul capitolo 3 “I rischi del mondo digitale”.
Cito testualmente:”Rispetto al percorso di crescita così come fino a oggi è stato affrontato da tutte le generazioni, ovvero attraverso una fase di accompagnamento “di senso” che è da sempre compito precipuo degli adulti di riferimento – genitori, insegnanti, educatori... - bambini e adolescenti di oggi si trovano ad affrontare il mondo della Rete in sostanziale solitudine (WHO, 2022)”.
Continuo:”I ragazzi riconoscono i rischi del digitale e hanno le idee chiare su quali siano i più presenti e più diffusi e lo stesso fanno i loro genitori. Allo stesso tempo, di frequente, è difficile per entrambi orientarsi nel mondo dell’online per comprendere come difendersi da tali rischi e come gestire eventuali problematiche. I rischi nel mondo digitale si adattano facilmente al progresso delle tecnologie e talvolta mutano alla ricerca di una forma più aderente al nuovo “ecosistema” che lo ospita. Tra i rischi più diffusi: l’adescamento da parte di adulti, il bullismo, l’eccessiva condivisione di contenuti e informazioni personali, la richiesta di produzione e diffusione di materiale sessuale”.
Mi ha poi particolarmente colpito questo grafico in cui alla domanda “Pensi che tuo/a figlio/a si confiderebbe con te se gli/le accadesse qualcosa di spiacevole online?”.
Come potete vedere, circa il 50% risponde che sì, lo farebbe ma non è ancora mai accaduto. È davvero possibile che un ragazzo adolescente non si sia mai trovato davanti a una situazione difficile? O è più facile che siamo noi genitori (parlo come genitore di due ragazzi adolescenti) ad avere una percezione del nostro rapporto con i figli migliore di quello che in realtà è?
La verifica dell’età? Sono i ragazzi a chiederla
È molto interessante quanto affermato dallo studio, ovvero che “i ragazzi riconoscono i rischi del digitale”. Questo è talmente vero che alla domanda “Secondo te, fino a che età è giusto che esistano sistemi di verifica dell’età per i/le ragazzi/e che accedono a social network, app e altri siti internet?”, i ragazzi rispondono così:
Il 18% del totale dei ragazzi sostiene che il limite dovrebbe essere la maggiore età e in media il campione sostiene che la soglia minima dovrebbe essere quella dei 15 anni, ovvero un’età maggiore di quella attualmente in vigore in Italia e in linea con la proposta di Calenda. Insomma, secondo i più giovani essere esposti ai contenuti dei social network, quando si è troppo giovani, può essere un problema.
Le bravate possono diventare tragedie (una riflessione personale)
Ho lasciato per ultimo il discorso sulle sfide, le cosiddette “challenge”, che tanto sono diventate popolari su TikTok e su altri social. Condisco questa ultima parte di newsletter con delle riflessioni personali che non vogliono essere né paternaliste, né tantomeno buoniste o assolutorie. Niente di tutto ciò. Condivido con voi invece delle riflessioni intimamente personali da genitore. Riporto qui, come fosse un diario personale, alcuni dubbi che mi sono posto provando a pensare, non senza brividi, “e se fosse successo a mio figlio?”. Spero quindi di non offendere nessuno e che tale intenzione sia chiara anche nelle mie parole.
Tutti sanno che è indiscutibilmente prerogativa dell’essere giovane avere una certa dose di competitività e di senso della sfida. Se non ce l’hai, ci pensa il contesto sociale a chiedertelo: fin dall’asilo ai bambini viene chiesto di essere attivi, sempre attenti, pronti a cavarsela in ogni situazione. La competitività è insita nei voti che vengono dati ai compiti, nelle gare scolastiche, nel dover praticare tante attività (sport, musica, etc.).
Non parliamo poi dei tanti bambini avviati agli sport che sono competitivi per definizione (tutti gli sport in qualche maniera lo sono, ma avete mai visto un bambino delle elementari fare il podista?).
Ora provate a traslare questa competitività - questo desiderio di essere sempre il migliore, quello con i voti migliori, quello che viene chiamato alla cattedra a leggere il tema più bello - sui social network, dove essere i migliori significa anche avere più visibilità e guadagnare di più. Che poi è un ciclo vizioso: più hai visibilità, più guadagni, più alimenti quella sensazione di onnipotenza che ti porta ad alzare sempre di più la posta, a rischiare sempre di più, a essere sempre più competitivo.
E così ti ritrovi magari a 20 anni, con 600.000 iscritti al canale e 84.000.000 di visualizzazioni totali in meno di tre anni. Una SRL che fattura quasi 200.000€ l’anno. Un sistema perverso che ti obbliga a trovare sempre idee nuove per video sempre più estremi, altrimenti gli iscritti non aumentano e tu perdi popolarità, visualizzazioni, soldi. Ma soprattutto non sarai più il primo (di nuovo la competitività).
Non fraintendetemi, davvero. Non voglio assolvere i ragazzi dell’incidente di Casal Palocco. La magistratura farà il suo dovere e se verranno accertate le responsabilità dovranno scontare tutta la condanna come è giusto che sia. Però in queste situazioni conviene sempre fare un po’ di analisi, quantomeno per fare in modo che la situazione non si ripeta.
Cosa possiamo fare, come genitori, per fare in modo che girare in Lamborghini Urus non diventi l’unico modello a cui ambire? Che non diventi uno status simbol il dover sempre superare dei limiti, il rischiare sempre di più? Basta davvero vietare i social network?
Forse si, se lo chiedono anche i ragazzi. Ma forse, dietro quella risposta al sondaggio, bisogna leggerci qualcos’altro. Potrebbe essere una richiesta di aiuto? Forse i ragazzi ci stanno dicendo che non hanno gli strumenti per orientarsi su internet come non ce li hanno nell’orientarsi nella vita reale? Perché il vero problema è che tutti noi genitori ci sentiamo in dovere di aiutarli nella vita reale, ma un po’ meno nella vita virtuale, quella digitale. Quella che in fondo nemmeno noi conosciamo veramente bene.
Ora dirò una cosa che farà male a chi leggerà queste parole e magari ha un figlio sulla ventina. Un domani, lo dico soprattutto a chi sopravvaluta il dialogo che ha con i propri figli, potrebbe capitare che a guidare quella Lamborghini Urus ci sia suo figlio (mio figlio).
Sapete perché lo dico? Perché ho perso un po’ di tempo a guardare i video di Matteo Di Pietro, il ragazzo alla guida del veicolo al momento dell’incidente. Sapete cosa ho pensato? Che non sembra un mostro; non sembra un pazzo criminale che ti aspetti possa attentare alla vita di un bambino, pieno di alcol e droga, su un mostro da 650 cavalli. Provate a guardare anche voi un video senza pensare alla tragedia di Casal Palocco. Cosa ci vedete?
Personalmente ci vedo un ragazzo giovane, brillante, che fa dei bei video, alcuni dei quali li ho guardati anche con piacere. Poi, scorrendo la lista dei video, eccola lì, la malattia del secolo, la competizione. “24 ore sulla mini zattera”, “24 ore sulla ruota panoramica senza scendere”, “Sopravvivo 50 ore in isolamento”, “Vivo 50 ore in una scatola di cartone”. Poi ci sarebbe stata (probabilmente, è una supposizione) “50 ore su una Lamborghini Urus”.
Solo che nessuno gli ha detto che 50 ore alla guida, anche se hai 20 anni e ti sembra di poter fare tutto, potresti non reggerle. Che 50 ore in un’auto, anche se a 20 anni puoi effettivamente fare tutto, potrebbero costarti una distrazione. E quella distrazione può costare una vita. Forse - chi lo sa? - sarebbe bastato dirglielo una volta di più.
SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
A ottobre 2023, ovvero tra pochi mesi, dovrebbe concludersi l’istruttoria della Banca Centrale Europea sulla creazione dell’Euro digitale. L’Euro digitale potrebbe essere una vera rivoluzione, perché permetterebbe di utilizzare una moneta digitale senza essere costretti a possedere un conto corrente bancario o una carta di debito/credito. Si tratterebbe di una vera moneta digitale, emessa direttamente dalla BCE, con la quale si potrebbero acquistare bene o servizi online. Una scorciatoia per rendere obbligatoria l’abolizione del contante e della carta moneta? Speriamo (eh si, con questa puntata ho deciso proprio di perdere un sacco di iscritti).
Per qualche motivo incredibile, McDonald’s ha deciso di pubblicare un nuovo videogioco su… Gameboy Color. Una console, per chi proprio non lo sapesse (ma veramente?), lanciata nel 1998 e attiva fino al 2003. Si tratta del primo Gameboy a colori lanciato da Nintendo, con grafica 8 bit. Sfugge sinceramente quale sia stato l’obiettivo di marketing della catena nel lanciare “Grimace's Birthday”, un platform 2D sviluppato da Krool Toys in cui bisogna raccogliere MilkShake e salvare altri personaggi con cui poi fare festa. Misteri del marketing…
Italiaonline ha di nuovo qualche problema. Il 13 giugno le caselle di posta di Libero e Virgilio Mail hanno smesso di funzionare. Secondo un comunicato diramato dall’azienda, il problema è dovuto a un’instabilità dell’infrastruttura email, che non avrebbe però coinvolgo le caselle di posta certificata PEC. Il problema più grave è che lo stesso disagio, durato diversi giorni, si era verificato a inizio anno, solo pochi mesi fa. Houston, abbiamo un problema…
SUGGERIMENTI PER SPENDERE (BENE) I VOSTRI SOLDI
(rubrica ad alto contenuto di link affiliazione)
Di seguito i miei suggerimenti per spendere al meglio i vostri soldi. Da questi acquisti, se vorrete utilizzare il link che inserirò, trarrò una piccola provvigione. È un piccolo modo per supportare Insalata Mista e per darmi modo di andare avanti a scriverla che a voi non costa nulla.
La serie Ted Lasso è ormai conclusa e ci ho versato talmente tante lacrime (ma ho anche tanto riso) che prima o poi ci scriverò una puntata di Insalata Mista. Stavo cercando qualcosa di carino a tema e ho trovato questa maglietta. Se avete amato la serie, capirete.
Se anche voi, come me, siete diventati schiavi dei video su TikTok in cui puliscono tappeti in condizioni disastrose, non rimarrete certo indifferenti davanti a questa meravigliosa idropulitrice Kärcher. Vi metto qui il video che mi ha conquistato definitivamente.
Se siete amanti del retrogaming o semplicemente avete una grande nostalgia degli anni ‘80, potete fare un balzo nel passato con The C64, una versione rivisitata e rimodernata del “biscottone”, ovvero il celebre home computer di Commodore. Attenzione, questa versione è quella a grandezza reale con tanto di tastiera funzionante, con la quale poter giocare tutti i giochi che escono tutt’oggi! (Non ci credete? Facciamo che una volta ne parliamo, dai).
TI SEI PERSO LE PRECEDENTI PUNTATE?
N.18 È vero che Elon Musk ha ricevuto l'ok per impiantarci un chip nel cervello?
N.15 La vera informazione, senza intelligenza artificiale, è spacciata
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.