La morte
I dati Istat sulle cause dei decessi in Italia mettono in luce correlazioni insospettabili con la zona geografica e il titolo di studio. Ma anche perché sconfessano tante credenze popolari.
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» PENSIERI FRANCHI: “Qui non funziona mai un caxxo!”
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Se lavori nell’informatica o nelle cose tecnologiche, sai benissimo che a ogni cambiamento corrisponde un periodo di disagi più o meno grandi. Quando cambi un sistema, un software, aggiorni un sistema operativo o cambi applicativo, c’è sempre quella fase di stallo, di disagio, di utenti che lamentano qualsiasi difficoltà, che costringe gli operatori del settore a contare persino i singoli clic che prima facevano per concludere un’operazione e dimostrare quanto il nuovo sistema sia peggiore del precedente.
Lo so, è probabilmente una caratteristica della resistenza al cambiamento che esula dalla tecnologia. Anche cambiando l’automobile o il frigorifero c’è chi si lamenta che “queste cose nuove sono peggiori di quelle vecchie”, ma di mezzo c’è sempre la tecnologia che progredisce, mischiata al fatto che parte del miglioramento è anche questione di efficienza energetica. Le lavatrici lavano con meno acqua perché meno acqua significa meno energia impiegata nel riscaldarla. I computer lavorano consumando meno energia perché meno energia significa consumi inferiori e magari una durata della batteria di notebook e smartphone maggiore.
Detto questo, negli ultimi giorni mi è venuto da fare un parallelo, un confronto tra due situazioni ben distinte. Dato che nella vita mi occupo anche di tecnologia, mi è capitato più volte di seguire il passaggio di aziende a sistemi gestionali e software nuovi. Conosco bene la fatica che si fa in queste situazioni, anche quando la situazione rappresenta esclusivamente e senza ombra di dubbio un miglioramento.
C’è chi si abitua - e quindi rimpiange - persino i tempi di caricamento. Badate, quello della resistenza al cambiamento non è un atteggiamento legato all’età, perché ricordo che alle superiori un amico mi disse che rimpiangeva il Commodore 64 per i lunghi tempi di caricamento delle cassette che gli davano il tempo di fare merenda.
Dicevo, quando si cambia applicativo o sistema operativo c’è sempre una buona percentuale di persone che si lamenta. La dimensione dei caratteri, le finestre che non si possono posizionare più come prima, l’assenza di qualche funzione superflua che però per lui/lei era fondamentale… c’è sempre qualcosa che è più scomodo di prima. Non parliamo degli aggiornamenti di sistema operativo, “con questa nuova versione non ci si capisce più niente”. Quante volte l’avete sentito dire? Così come la frase regina, quella che pone la pietra tombale su qualsiasi miglioramento e che ho sentito pronunciare ormai centinaia di volte dall’utente che ti chiama per avere supporto:”Qui non funziona un cazzo”.
Ecco, ho sempre pensato che il mondo dell’informatica e della tecnologia fosse un colabrodo di sistemi fallaci e malamente studiati, soprattutto nelle fasi di aggiornamento, fin quando non ho dovuto ristrutturare casa e rinnovare tutti gli elettrodomestici. Badata bene, in certi contesti non ho buttato soldi al vento, ma non sono nemmeno andato a risparmio, anzi. Il risultato è stato che ho dovuto subito chiedere il reso per un congelatore che, appena acceso, continuava a suonare avvisando che c’era la porta aperta, pur essendo chiusa. Ho chiaramente sentito il negozio che l’ha venduto, poi il centro assistenza dell’azienda produttrice e consultato prima di tutto il manuale.
Niente, la sentenza è stata: sostituzione. Così sono rimasto senza congelatore tutto agosto e buona parte di settembre. Poi è arrivato quello nuovo, l’ho controllato da capo a piedi appena sballato, l’ho acceso e… bip, bip, bip, pure quello lamentava la porta aperta. Allora mi sono detto:”due su due non può essere, deve esserci una ragione”. Ho pensato fosse una questione di tenuta delle guarnizioni, così ho messo la temperatura al minimo, sono uscito, e quando sono tornato l’allarme era sparito. Non bastava scriverlo sul manuale? E perché l’assistenza non me l’ha suggerito? Magari è una cosa risaputa, ma io non ho mai avuto un congelatore con il sensore di porta aperta. Una miglioria che mi ha causato un grave disagio e che però non è stata correttamente supportata dall’azienda stessa che produce l’elettrodomestico.
Entrambi i box doccia che ho in casa hanno avuto problemi simili: il primo per una caratteristica di una guarnizione, il secondo perché sembrava avesse la porta storta e invece aveva il telaio tagliato male. E dire che non stiamo parlando di complessi sistemi operativi che devono contemplare migliaia di possibili varianti di hardware, di utilizzi da parte dell’utente o di applicazioni installate che possono interagire in chissà quale modo. No, un box doccia è una lastra di vetro tenuta su da un profilo in acciaio. Cosa c’è di complicato?
Eppure, osservando l’intero sistema di centri assistenza, installatori e rivenditori, sembra che tutto questo sia normale. Ogni volta mi è stato detto:”eh succede, quando si fanno i lavori bisogna prepararsi ad avere qualche problema, è normale”. E a me, che ho sempre dovuto progettare tutto nei dettagli per cercare di ridurre al minimo i possibili disagi degli utenti, anche i più pretestuosi, pena il fallimento di un progetto, viene solo da pensare:”Qui non funziona un cazzo”.
Buona lettura.
Franco A.
» LA MORTE
Il titolo di questa Insalata avrebbe dovuto essere “più studi, meno t’ammali”, capirete poi perché, ma alla fine non ho resistito alla tentazione troppo forte di dare un titolo in continuità con l’insalata della scorsa settimana “Le tasse”, con quello di questa, “La morte”, appunto.
Lo spunto è arrivato dalla pubblicazione da parte di Istat dei dati relativi alle cause di morte in Italia, un dataset molto utile per capire un sacco di cose. Un’insalata lugubre, dunque? Può essere, ma come dicevo nell’introduzione, la morte è collegata alla sanità, ma anche all’istruzione e alla situazione economica. Tutto è intrecciato in maniera insospettabilmente profonda, tanto da creare dei legami che hanno una costante inaspettata e forse incomprensibile.
Più studi, meno t’ammali
Il primo dato che emerge dalle tabelle di dati pubblicati da Istat è quello che incrocia cause di morte e titolo di studio. Non avrei mai immaginato una tale costanza in un dato così complesso, che mette insieme due dati apparentemente molto distanti tra loro, come la causa di morte e il sesso/titolo di studio, eppure basta guardare il grafico a colonne per capire che è praticamente una regola: il numero di morti per ogni tipologia di causa decresce regolarmente e inesorabilmente al crescere del titolo di studio.
Questo vale sia per gli uomini che per le donne, fatta eccezione per qualche malattia tipicamente femminile, come il tumore al seno. Vi riporto qui la tabella generale sull’intero paese, dove i dati sono divisi per singola causa di morte e poi per sesso e titolo di studio, distinguendo tra Nessun titolo di studio o licenza elementare, Licenza media inferiore, Diploma di scuola media superiore, Laurea o titolo di studio superiore. Le colonne tracciate sono sempre in discesa al crescere del titolo di studio e questo spinge a fare una serie di ragionamenti: da cosa può dipendere?
Può dipendere forse dal fatto che una persona più istruita tende mediamente a informarsi di più sulla propria malattia e quindi a curarsi in maniera più corretta? Oppure dipende forse dal fatto che tende a seguire più fedelmente i consigli della medicina ufficiale cadendo con meno frequenza nella trappola delle credenze popolari antiscientifiche, dei rimedi della nonna o peggio ancora dei complottisti? Mi sarebbe piaciuto per esempio comparare i dati sulle morti da malattia infettive e i dati sulla popolazione vaccinata, magari sempre divisa per titolo di studio, ma ho idea che sia un dato con troppo implicazioni per la privacy e infatti ho trovato poche fonti e molto discordanti.
Secondo un articolo del Sole24 ore, per esempio, la correlazione tra soggetti vaccinati e titolo di studio è molto debole, pur essendoci. Secondo un’indagine del Censis del 2021, riferita esclusivamente al vaccino contro il Covid, ci sarebbero al contrario evidenze più nette:
E permettetemi di fare un commento a conclusione di questo paragrafo: il fatto che il 5,8% dei laureati in Italia (che a sua volta è il 21% della popolazione) risponda positivamente alla domanda “la scienza crea più danni che benefici?” lo leggo come un grandissimo fallimento del sistema scolastico, portate pazienza. Se ci fosse veramente una correlazione tra numero di vaccinati e titolo di studio, questo dato sarebbe particolarmente utile per chi deve lottare quotidianamente con gli anti-vaccinisti: se il numero di morti decresce al crescere del titolo di studio e tra i più titolati ci sono più vaccinati, se ne dedurrebbe che la quantità di decessi maggiore c’è tra i meno vaccinati. Ora, questa è un’ipotesi fatta su dati abbastanza scarsi, ma di certo non è vero il contrario.
Al nord si muore di più, ma è normale
Il secondo dato che viene evidenziato da queste preziose tabelle, è che al nord si muore insidacabilmente di più. Il dato è anche in questo caso piuttosto costante negli anni: il nord italia si prende infatti il 46% dei decessi, il centro il 20% e il sud il rimanente 34%. C’è da stupirsi? No, perché in effetti la percentuale ricalca fedelmente la distribuzione della popolazione italiana, secondo cui, secondo una tabella Istat del 2019, il 46,3% risiede nell'Italia Settentrionale, il 19,8% in quella Centrale, il restante 33,8% nel Sud e nelle Isole.
Si può dire quindi che in Italia non ci sono differenze sul numero di decessi tra nord e sud. Attenzione però, questo non significa che non vari l’aspettativa di vita, un dato che invece mostra differenze significative. Secondo gli indicatori demografici Istat del 2023, tra nord e sud possono esserci anche 3 anni di differenza nell’aspettativa di vita media.
Le mogli, mediamente, seppelliscono i mariti
Mi sembra particolarmente rilevante il dato che riprende un vecchio detto popolare, cioè quello secondo cui le donne vivono mediamente di più rispetto agli uomini. Il dato Istat conferma in pieno questa credenza popolare: Nel 2023 le donne hanno avuto un’aspettativa di vita media che va dagli 83,6 anni della Campania agli 86,5 del Trentino-Alto Adige, mentre gli uomini ne hanno avuta una che va dai 79,4 anni della Campania agli 82,2 del Trentino-Alto Adige. Per farla breve, nel migliore dei casi gli uomini vivono un anno in meno del peggiore dei casi delle donne.
Due evidenze in più su questi dati: intanto è costante la differenza tra i punti estremi di questa classifica, sia per gli uomini che per le donne: la Campania è la regione con l’aspettativa di vita più bassa d’italia, mentre il Trentino-Alto Adige quella con l’aspettativa più alta. Ah, se state pensando di cambiare regione, la top 3 delle regioni italiane con l’aspettativa di vita più alta è composta da Trentino-Alto Adige, Lombardia e Toscana per gli uomini e Trentino-Alto Adige, Veneto e Umbria per le donne. Campania, Sicilia e Calabria, checché se ne dica sul buon vivere al meridione, sono le regioni da evitare (a naso punterei il dito sulla sanità pubblica, ma non approfondisco in questa occasione).
Poi c’è un altro dato importante: dalla tabella si può vedere anche la variazione del dato su quello del 2022 ed è interessante notare come non ci sia nemmeno un valore negativo: l’aspettativa di vita è mediamente aumentata sempre, ovunque e a prescindere dal sesso. Questo nonostante una sanità pubblica messa piuttosto male. Che sia merito della scienza e del progresso in generale della medicina?
Le cause di morte più diffuse, tristemente senza sorprese
Infine l’ultima evidenza sulle cause di morte in Italia, che presentano ben poche sorprese: in Italia si muore principalmente di malattie circolatorie (ahhh la famosa dieta mediterranea) nel 28,77% dei casi, mentre nel 26,11% dei casi per tumore. Segue, ma i dati sono appunto del 2020, il Covid con il 10,89% dei casi. Ricordo che all’epoca della pandemia si diceva che il numero di morti per Covid era largamente gonfiato perché includeva i morti per altre cause che al momento del decesso avevano contratto anche il Covid. Un’altra cattiva informazione smentita da questa tabella, che tolte le prime due cause appena citate, vede tutte le altre cause attestarsi sui singoli punti percentuali, dall’1% al 3%, per capirci. Il balzo al 10% dei morti per Covid non può essere un dato frainteso o inquinato, ecco.
Ci sarebbe poi da accorpare anche una serie di voci simili, per esempio i decessi per “Malattie del sistema circolatorio”, “Malattie ischemiche del cuore”, "Malattie cerebrovascolari” e “Malattie ipertensive”, la cui somma fa 49,62%, mentre le voci relative ai tumori, ovvero “Tumori generici", “Tumore maligno dello stomaco”, “Tumori maligni del colon, del retto e dell’ano”, “Tumori maligni della trachea, dei bronchi e dei polmoni” e “Tumore maligno del seno” fanno in totale il 36,78%.
Questa aggregazione non cambia la classifica generale, ma sottolinea l’urgenza di far qualcosa di più per ciò che riguarda il nostro sistema cardiovascolare. Le malattie che riguardano cuore e annessi causano quasi la metà dei decessi totali. Dati insomma che sembrano smentire, una volta di più, i luoghi comuni con cui ci gonfiamo il petto e ci riempiamo la bocca: al sud non si vive meglio e di più, in Italia non mangiamo per niente bene e al nord, nonostante l’inquinamento e una vita mediamente più frenetica, non si muore di più. Anzi, in alcune di vita l’aspettativa di vita è mediamente più alta. Vedi, quante cose ci dicono i dati?
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
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Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato di interesse strategico nazionale l’investimento di 3,2 miliardi di euro per l’impianto di Silicon Box a Novara. La startup di Singapore assemblerà chiplet con una tecnologia innovativa, creando 1.600 posti di lavoro diretti e altri 2.000 nell’indotto. L'impianto si occuperà della fase finale della produzione di chip, ricevendo wafer semiconduttori da altri impianti per il completamento. Il progetto è co-finanziato dal governo italiano e attende l'approvazione della Commissione Europea per gli aiuti di Stato.
[Fonte: DDAY.it]
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[Fonte: DDAY.it]
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[Fonte: DDAY.it]
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[Fonte: Dmove.it]
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La Georgia Tech ha sviluppato un catodo innovativo a base di cloruro di ferro (FeCl3), che promette di ridurre fino al 40% il costo delle batterie per auto elettriche. Questo materiale, più economico e abbondante rispetto al nichel e al cobalto utilizzati nelle attuali batterie NMC e LFP, potrebbe rappresentare una svolta nel mercato delle auto elettriche. Tuttavia, la tecnologia potrebbe essere disponibile sul mercato solo tra circa cinque anni, una volta perfezionata in laboratorio.
[Fonte: Dmove.it]
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Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.