L’intelligenza artificiale non ruba solo i lavori: riscrive il modo stesso di lavorare. Dal mondo al web, tra mestieri che spariscono e un nuovo dio chiamato Atlas.
In parole povere: nulla di troppo nuovo sotto al Sole.
Un mio cavallo di battaglia (da tecnico lavoratore nel campo dell'AI da anni) è sempre stato e continua a essere che gli strumenti vanno capiti prima di criticarli o elogiarli. Capendo cosa essenzialment fanno si può poi valutare con tutte le cautele del caso quali saranno le mansioni per cui gli uomini potrebbero diventare inutili (con l'avvento della stampa si è dopotutto detto addio agli amanuensi e a tutti i loro bellissimi disegni!)
Con taglio divulgativo, proprio per fare ciò, sto scrivendo una sezione ad hoc della mia newsletter (I Sogni delle Macchine). Per chi fosse interessato al tema può farsi un giro 🫡
Buongiorno, Franco, grazie per l'approfondimento che ci ha offerto.
Mi viene spontaneo farle una domanda, ovvero chi lo ha detto che il lavoro umano è sempre stato un modo per restare necessari? Fino a ieri, il lavoro era considerato un diritto inalienabile, e non perché dovessimo essere produttivi o necessari, ma per una questione di dignità. Ovvio che le macchine sono più produttive, ma non è l'uomo che è fatto per il lavoro, è il lavoro che è fatto per l'uomo, questo abbiamo ottenuto con le grandi rivoluzioni dei primi sindacati (oggi inesistenti o giullari del potere), questa era la lotta di Solidarność e degli altri. E questo è il punto, questo.
Non è vero, inoltre, che in Italia non ci si stia muovendo, anzi, il dibattito è vivo anche da noi, basta non fermarsi alle dichiarazioni sui social.
Non ho ben capito se il suo articolo voglia essere incoraggiante o meno; in ogni caso, è vero che l'uso dell’intelligenza artificiale sta modificando il lavoro e i lavoratori, ma questa non è una rivoluzione come le altre, è diversa, perché non è più antropocentrica.
Buongiorno Vania, mi adeguo al "lei" e la ringrazio per il commento.
Il concetto di "restare necessari" l'ho espresso in relazione alle rivoluzioni industriali e all'arrivo delle macchine che in qualche modo hanno minacciato la necessità dell'uomo nello svolgimento di alcuni compiti specifici. Cosa che sta capitando anche in questo momento storico. Questo non esclude quello che dice lei sulla dignità, tutt'altro. Se però il lavoro scompare perché svolto da una macchina (e io non penso che sarà così), che fine farà la dignità collegata?
Per quanto riguarda il fatto che l'Italia non si stia muovendo, parlavo delle aziende. E quelle, mi creda, lo stanno facendo poco e in maniera piuttosto casuale. Il dibattito è vivo, certamente, ma dal punto di vista dello Stato c'è ancora troppo poco. Servono centri di ricerca ufficiali, sostegno alle Startup che si occupano di questo, datacenter e tutto il resto.
Rispondo anche all'ultima domanda: il pezzo non è né incoraggiante né il contrario, è un articolo che, quantomeno nelle mie intenzioni, dovrebbe porre qualche dubbio o dare qualche spunto di riflessione. Tutto qui.
Grazie mille per il tempo che ha speso nella lettura e nel commento, le sono molto grato.
Il "lei" non era di distanza Franco, ma di rispetto, non ricordo tutti coloro con cui interagisco su Substack e non so mai se è un primo contatto, sono all'antica, chiedo scusa.
Il concetto di restare necessari lo avevamo superato con quello di etica del lavoro, con le lotte sindacali che erano seguite proprio a quelle rivoluzioni industriali che avevano reso l'uomo un qualunque pezzo della catena. Ci eravamo già arrivati, ora stiamo tornando indietro. Il problema non è se scompare o non scompare una mansione, un ruolo o altro, il problema è che l'unico metro è la produttività. Io non devo avere un lavoro perché sono o non sono necessaria o produttiva, io ho diritto a quel lavoro perché sono un essere umano, e se ho la preparazione, l'esperienza, le competenze o quel che serve per farlo, devo avere la precedenza rispetto a una macchina, sempre e comunque.
Ci siamo passati, lo dice lei nel pezzo, allora perché diamine stiamo facendo gli stessi errori?
Si questo è un altro spunto, devo dire molto interessante e che evidentemente non ho approfondito (forse non ne ho nemmeno la competenza).
Diciamo che sposta un po' il tema proprio sulla lettura del lavoro come "sistema produttivo". Magari ci tornerò in futuro. Nel frattempo grazie di averlo aggiunto (e va benissimo il "lei" Vania, ci mancherebbe. Di solito parto sparato con il tu, ma magari sbaglio).
molto interessante il tuo post, hai evidenziato una serie di dubbi e preoccupazioni su cui mi arrovello da qualche tempo a questa parte. Sono sempre stato un entusiasta della tecnologia, ho accolto l'avvento dell'AI con fervore, negli ultimi tempi inizio a vedere una serie di conseguenze di questa rivoluzione appena iniziata, soprattutto sul piano sociale, molto difficili da accettare. D'altra parte "non si ferma il vento con le mani" e sono convinto che troveremo un modo di adattarci a questo nuovo cambiamento. L'unica parte su cui non concordo della tua newsletter è quella relativa alla SEO. Nel corso degli anni Google ha via via penalizzato tutte le "alchimie" e i trucchetti per salire nel ranking, premiando invece la qualità e la completezza dei contenuti. Sicuramente c'è un modo per scrivere testi "SEO oriented", ma nel tempo Google ha sempre cercato di far salire nel ranking i contenuti che si dimostravano utili per gli utenti. La GEO, come dice anche Giorgio Taverniti, mi sembra, ad oggi, assolutamente inconsistente, dato che praticamente nessuno sa esattamente come vengano sintetizzati i testi da ChatGPT, AI Overview, Perplexity etc.
In ogni caso ho trovato molto interessante la tua newsletter e mi sono iscritto!
Vengo al commento: le perplessità ovviamente sono comuni a chiunque guardi al fenomeno anche con un po' di oggettività, quindi sono anche le mie, figuriamoci. Tendo a non essere catastrofista, ma in effetti nessuno sa che sviluppi potrà avere quello che stiamo vedendo nascere oggi.
Per la SEO invece non la vedo proprio così. Sai, anche io da anni leggo che Google penalizzerà le strategie e persino i famosi backlink! E invece, lavorando in questo settore da anni, posso dirti (con frustrazione) che invece funziona ancora tutto esattamente come dieci anni fa. Continuo ad avere competitor di siti dei clienti che hanno pagine assolutamente inutili piene di link con keyword nell'anchor, continuo a utilizzare con efficacia i backlink, ecc. ecc.
Anche io, in quanto autore di newsletter e giornalista, aspetto con ansia il giorno in cui Google davvero prediligerà la qualità a discapito di questi mezzucci ma, ahimè, non è ancora arrivato quel giorno (checché ne dicano gli esperti).
Mentre sulla GEO... beh, si è sicuramente vero che ancora nessuno ne sa ancora abbastanza. Però è abbastanza logico che un LLM si nutra di dati per metterci lui la poesia, no? Fortunatamente qualsiasi LLM avrà sempre bisogno di notizie nuove e dunque da quel punto di vista noi umani continueremo a servirgli.
Emanuele grazie ancora per aver letto e commentato. A presto!
grazie Franco. Servirà cambiare approccio, cambiare l'idea stessa del lavoro, a tutti i livelli. Io oramai uso solo ChatGPT; lo so che sei a rischio di errori, ma rimane il fatto che per tante attività, è uno strumento già notevolmente superiore al classico browser. Da business intelligence, so che dovrò cambiare capacità o skill. Solo che le dovrò fare da solo. La mia azienda di 600 persone, in tema di AI, ha scritto solo un'email per 'diffidare dall'uso di strumenti che possono condurre all'errore, vedi miglioramenti di testi email'. Come ti ho detto di persona, oltre alle skill tecniche, si dovranno recuperare skill umanistiche. Perchè l'IA le cose non le devi solo indicare in che posizione sono (classico web engine), ma devi spiegare le correlazioni tra i vari oggetti. E' una sfida che intimorisce, ma stimola uno come me che a 50 anni passati, forse ha trovato qualcosa, un nuovo stimolo per non vedere il lavoro solo tempo perso e fine allo stipendio.
Grazie dell'articolo Franco!
In parole povere: nulla di troppo nuovo sotto al Sole.
Un mio cavallo di battaglia (da tecnico lavoratore nel campo dell'AI da anni) è sempre stato e continua a essere che gli strumenti vanno capiti prima di criticarli o elogiarli. Capendo cosa essenzialment fanno si può poi valutare con tutte le cautele del caso quali saranno le mansioni per cui gli uomini potrebbero diventare inutili (con l'avvento della stampa si è dopotutto detto addio agli amanuensi e a tutti i loro bellissimi disegni!)
Con taglio divulgativo, proprio per fare ciò, sto scrivendo una sezione ad hoc della mia newsletter (I Sogni delle Macchine). Per chi fosse interessato al tema può farsi un giro 🫡
Grazie ancora! Ci si legge
Grazie a te Luka! La leggerò con piacere
Eh...alla fine l'idraulico vince sempre...;-)
Esatto! P.S. se sei un idraulico Ivano lascia il tuo numero qui :-D
complimenti Franco ..informazioni importanti per prepararsi a ciò che verrà!!
Grazie Paolo!
Buongiorno, Franco, grazie per l'approfondimento che ci ha offerto.
Mi viene spontaneo farle una domanda, ovvero chi lo ha detto che il lavoro umano è sempre stato un modo per restare necessari? Fino a ieri, il lavoro era considerato un diritto inalienabile, e non perché dovessimo essere produttivi o necessari, ma per una questione di dignità. Ovvio che le macchine sono più produttive, ma non è l'uomo che è fatto per il lavoro, è il lavoro che è fatto per l'uomo, questo abbiamo ottenuto con le grandi rivoluzioni dei primi sindacati (oggi inesistenti o giullari del potere), questa era la lotta di Solidarność e degli altri. E questo è il punto, questo.
Non è vero, inoltre, che in Italia non ci si stia muovendo, anzi, il dibattito è vivo anche da noi, basta non fermarsi alle dichiarazioni sui social.
Non ho ben capito se il suo articolo voglia essere incoraggiante o meno; in ogni caso, è vero che l'uso dell’intelligenza artificiale sta modificando il lavoro e i lavoratori, ma questa non è una rivoluzione come le altre, è diversa, perché non è più antropocentrica.
Buongiorno Vania, mi adeguo al "lei" e la ringrazio per il commento.
Il concetto di "restare necessari" l'ho espresso in relazione alle rivoluzioni industriali e all'arrivo delle macchine che in qualche modo hanno minacciato la necessità dell'uomo nello svolgimento di alcuni compiti specifici. Cosa che sta capitando anche in questo momento storico. Questo non esclude quello che dice lei sulla dignità, tutt'altro. Se però il lavoro scompare perché svolto da una macchina (e io non penso che sarà così), che fine farà la dignità collegata?
Per quanto riguarda il fatto che l'Italia non si stia muovendo, parlavo delle aziende. E quelle, mi creda, lo stanno facendo poco e in maniera piuttosto casuale. Il dibattito è vivo, certamente, ma dal punto di vista dello Stato c'è ancora troppo poco. Servono centri di ricerca ufficiali, sostegno alle Startup che si occupano di questo, datacenter e tutto il resto.
Rispondo anche all'ultima domanda: il pezzo non è né incoraggiante né il contrario, è un articolo che, quantomeno nelle mie intenzioni, dovrebbe porre qualche dubbio o dare qualche spunto di riflessione. Tutto qui.
Grazie mille per il tempo che ha speso nella lettura e nel commento, le sono molto grato.
Il "lei" non era di distanza Franco, ma di rispetto, non ricordo tutti coloro con cui interagisco su Substack e non so mai se è un primo contatto, sono all'antica, chiedo scusa.
Il concetto di restare necessari lo avevamo superato con quello di etica del lavoro, con le lotte sindacali che erano seguite proprio a quelle rivoluzioni industriali che avevano reso l'uomo un qualunque pezzo della catena. Ci eravamo già arrivati, ora stiamo tornando indietro. Il problema non è se scompare o non scompare una mansione, un ruolo o altro, il problema è che l'unico metro è la produttività. Io non devo avere un lavoro perché sono o non sono necessaria o produttiva, io ho diritto a quel lavoro perché sono un essere umano, e se ho la preparazione, l'esperienza, le competenze o quel che serve per farlo, devo avere la precedenza rispetto a una macchina, sempre e comunque.
Ci siamo passati, lo dice lei nel pezzo, allora perché diamine stiamo facendo gli stessi errori?
Si questo è un altro spunto, devo dire molto interessante e che evidentemente non ho approfondito (forse non ne ho nemmeno la competenza).
Diciamo che sposta un po' il tema proprio sulla lettura del lavoro come "sistema produttivo". Magari ci tornerò in futuro. Nel frattempo grazie di averlo aggiunto (e va benissimo il "lei" Vania, ci mancherebbe. Di solito parto sparato con il tu, ma magari sbaglio).
Grazie a te per l’approfondimento, Franco, leggerò con piacere ulteriori articoli. Prometto che stavolta non userò il “lei”.
☺️
molto interessante il tuo post, hai evidenziato una serie di dubbi e preoccupazioni su cui mi arrovello da qualche tempo a questa parte. Sono sempre stato un entusiasta della tecnologia, ho accolto l'avvento dell'AI con fervore, negli ultimi tempi inizio a vedere una serie di conseguenze di questa rivoluzione appena iniziata, soprattutto sul piano sociale, molto difficili da accettare. D'altra parte "non si ferma il vento con le mani" e sono convinto che troveremo un modo di adattarci a questo nuovo cambiamento. L'unica parte su cui non concordo della tua newsletter è quella relativa alla SEO. Nel corso degli anni Google ha via via penalizzato tutte le "alchimie" e i trucchetti per salire nel ranking, premiando invece la qualità e la completezza dei contenuti. Sicuramente c'è un modo per scrivere testi "SEO oriented", ma nel tempo Google ha sempre cercato di far salire nel ranking i contenuti che si dimostravano utili per gli utenti. La GEO, come dice anche Giorgio Taverniti, mi sembra, ad oggi, assolutamente inconsistente, dato che praticamente nessuno sa esattamente come vengano sintetizzati i testi da ChatGPT, AI Overview, Perplexity etc.
In ogni caso ho trovato molto interessante la tua newsletter e mi sono iscritto!
Grazie mille Emanuele! Per me è un onore!
Vengo al commento: le perplessità ovviamente sono comuni a chiunque guardi al fenomeno anche con un po' di oggettività, quindi sono anche le mie, figuriamoci. Tendo a non essere catastrofista, ma in effetti nessuno sa che sviluppi potrà avere quello che stiamo vedendo nascere oggi.
Per la SEO invece non la vedo proprio così. Sai, anche io da anni leggo che Google penalizzerà le strategie e persino i famosi backlink! E invece, lavorando in questo settore da anni, posso dirti (con frustrazione) che invece funziona ancora tutto esattamente come dieci anni fa. Continuo ad avere competitor di siti dei clienti che hanno pagine assolutamente inutili piene di link con keyword nell'anchor, continuo a utilizzare con efficacia i backlink, ecc. ecc.
Anche io, in quanto autore di newsletter e giornalista, aspetto con ansia il giorno in cui Google davvero prediligerà la qualità a discapito di questi mezzucci ma, ahimè, non è ancora arrivato quel giorno (checché ne dicano gli esperti).
Mentre sulla GEO... beh, si è sicuramente vero che ancora nessuno ne sa ancora abbastanza. Però è abbastanza logico che un LLM si nutra di dati per metterci lui la poesia, no? Fortunatamente qualsiasi LLM avrà sempre bisogno di notizie nuove e dunque da quel punto di vista noi umani continueremo a servirgli.
Emanuele grazie ancora per aver letto e commentato. A presto!
grazie Franco. Servirà cambiare approccio, cambiare l'idea stessa del lavoro, a tutti i livelli. Io oramai uso solo ChatGPT; lo so che sei a rischio di errori, ma rimane il fatto che per tante attività, è uno strumento già notevolmente superiore al classico browser. Da business intelligence, so che dovrò cambiare capacità o skill. Solo che le dovrò fare da solo. La mia azienda di 600 persone, in tema di AI, ha scritto solo un'email per 'diffidare dall'uso di strumenti che possono condurre all'errore, vedi miglioramenti di testi email'. Come ti ho detto di persona, oltre alle skill tecniche, si dovranno recuperare skill umanistiche. Perchè l'IA le cose non le devi solo indicare in che posizione sono (classico web engine), ma devi spiegare le correlazioni tra i vari oggetti. E' una sfida che intimorisce, ma stimola uno come me che a 50 anni passati, forse ha trovato qualcosa, un nuovo stimolo per non vedere il lavoro solo tempo perso e fine allo stipendio.