Come disintossicarsi dallo smartphone in 5 mosse
Lo smartphone, ormai è un fatto acclarato, crea una certa dipendenza sia nei giovani che negli adulti. Ma che cos’è che crea effettivamente dipendenza? Lo smartphone, le notifiche o i social network?
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La parola di oggi: stress, è una reazione che si manifesta quando un organismo percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Il termine stress venne introdotto per la prima volta in biologia da Walter Bradford Cannon nel 1935; la sindrome venne definita in questo modo da Hans Selye nel 1936 (da Wikipedia).
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Capita che i servizi informatici non funzionino, è una cosa a cui siamo abituati. Ci sono però dei servizi strategici la cui costanza deve essere garantita. La sanità e la sicurezza, per fare un esempio, sono alcuni degli ambiti in cui non può verificarsi un malfunzionamento. E poi ci aggiungerei anche le banche, perché sui soldi che teniamo sui conto correnti, si basa la ricchezza di un paese.
Lo scorso lunedì, i clienti Banca Sella e Hype, tra cui il sottoscritto, hanno cominciato a notare dei malfunzionamenti all’app e all’home banking. Non solo, dopo poco, diversi POS hanno cominciato a non accettare più i pagamenti con le carte e così pure i gateway di pagamento dei siti web. Funzionava quasi niente, in pratica.
La Banca ha inviato dopo poco una comunicazione, ma visto il protrarsi dei malfunzionamenti, ha suggerito di recarsi in filiale, prolungandone gli orari di apertura. Fin qui nulla di cui rimanere particolarmente stupidi. Infastiditi magari, ma non sorpresi. Il problema si è fatto più serio quando, al passare dei giorni, la situazione non è migliorata. Un giorno, poi due, poi tre. I contorni della gravità della situazione hanno cominciato a delinearsi con precisione. Una Banca nazionale, così importante, non può permettersi di avere i principali servizi offline per giorni.
Alla fine i servizi sono stati completamente ripristinati il sabato, dopo cinque giorni di agonia, senza la benché minima spiegazione da parte della Banca, se non un’email ridicola. La mail in questione spiegava che il problema era stato causato da un aggiornamento al sistema operativo. Quello che mi chiedo è: come possono pensare, gli autori di questa comunicazione, che gli utenti siano così scemi da bersi una cosa del genere?
Gli aggiornamenti dei sistemi operativi sono come l’attacco hacker invocato dai politici che pestano una merda sui social. Scrivono di impulso qualcosa che non dovrebbero e quando scatta il caso fanno marcia indietro parlando di fantomatici hackeraggi. Allo stesso modo ha reagito Banca Sella: la colpa agli aggiornamenti no, per favore, non la possiamo tollerare. Primo perché ci aspettiamo che tali aggiornamenti non vengano fatti sui sistemi in produzione, altrimenti dobbiamo pensare che i nostri soldi sono in mano a degli incompetenti. Secondo perché il fatto di appoggiare quasi tutti i servizi su un sistema solo, è una cosa mai vista. Da anni esistono tecnologie a questo scopo, dalla virtualizzazione ai container, proprio per evitare che un malfunzionamento contagi altre aree strategiche dei servizi. Altrimenti i servizi mondiali da miliardi di utenti, come Gmail o Office365, avrebbero dei down continui. Invece no, non è così, e sapete perché? Perché ci sono delle procedure che isolano, segregano, proteggono i servizi dai malfunzionamenti.
La cosa più grave, agli occhi degli utenti, non è stata quindi il malfunzionamento, ma le spiegazioni. Anche perché le reali spiegazioni ancora non sono arrivate. Nella email citata, Banca Sella ha messo in mezzo anche un suo fornitore storico, Oracle, con un altro stratagemma comunicativo che non è sfuggito ai più. Faccio il nome di un fornitore illustre, elogiandolo, ma indirettamente buttandogli addosso parte della colpa. Ad oggi non risultano comunicazioni ufficiali da parte di Oracle in merito, ipotizziamo che Banca Sella sia un cliente importante, ma il tutto è stato letto in questo modo:”abbiamo aggiornato il tutto e ha smesso di funzionare. La colpa è di Oracle”.
Amici di Banca Sella, lasciate che vi ricordi come si gestiscono i servizi strategici: nel 2011 Google ebbe il più grosso down di Gmail della storia. Per 30 ore, lo 0,02% degli utenti (per tornare alla segmentazione di cui parlavo prima) vide la propria posta elettronica svuotarsi completamente. In 30 ore Google ripristinò i servizi dopo un problema di aggiornamenti particolarmente grave (che però riguardò lo 0,02% degli utenti, appunto) e subito dopo pubblicò un post dettagliato sul proprio blog, dove spiegava per filo e per segno cosa era successo.
Questo perché gli utenti di un servizio, pure gratuito in quel caso, meritano di sapere chi ha sbagliato e in che modo. Questa è professionalità. Le email che parlano di aggiornamenti al sistema operativo invece no, quelle no, quelle sono prese per il culo. E dalla tua banca non te le aspetti, perché se ti prende per il culo su una cosa così, poi ti viene il sospetto che ti prendano per il culo pure su altro.
Buona lettura.
Franco A.
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Esiste ormai una vastissima letteratura scientifica che collega l’uso intensivo dello smartphone a disturbi quali stress, ansia e depressione. Noi ne parliamo principalmente mettendo il fatto in correlazione con l’uso da parte dei giovani, perché ci preoccupa particolarmente il loro sviluppo e le conseguenze che può avere un uso non controllato dello smartphone sullo sviluppo degli adolescenti, ma il fenomeno riguarda tutti, anche (e soprattutto) gli adulti.
A chi non è capitato di parlare con una persona che, incapace di controllarsi, si distrae di continuo ogni volta che lo smartphone vibra mostrando una notifica? Sono i segni più espliciti di una dipendenza che ormai è un fatto comunemente accettato. Sbloccare lo smartphone e scrollare velocemente col pollice è diventato un gesto comune come toccarsi il naso o grattarsi la testa, ma in realtà nasconde una dipendenza ben più profonda, che andrebbe gestita.
È evidente che il problema riguarda in maniera più preoccupante giovani e adolescenti, perché l’uso eccessivo e non controllato dello smartphone ha delle ripercussioni sul riposo, sulle relazioni sociali, sulla concentrazione, però è anche un fatto che lo smartphone è lo strumento simbolo di questi anni. Ha sostituito in moltissimi casi il computer, le fonti di informazione ed è nella maggior parte dei casi lo strumento con cui teniamo vive le relazioni sociali. Additarlo soltanto come fonte di tutti i mali sarebbe, oltre che stupido, dannoso e ottuso. Una cosa che ricorda un po’ le battaglie senza senso che si fecero contro la TV quando chi vi scrive è stato adolescente. Anche allora si criticavano i genitori che lasciavano i figli in balia della TV, anche allora si parlava di limiti orari giornalieri, di passività e di scarsa capacità di concentrazione.
I miei genitori non mi hanno mai imposto particolari limiti sull’uso della TV e proprio come molti altri adolescenti della mia epoca, ho avuto la TV in camera. Ne ho abusato? Forse. Ho riportato conseguenze perenni sulla mia capacità di concentrazione o sul desiderio di dedicarmi ad altri passatempi? No, non direi. Ma non sono qui a cercare di negare quello che ormai moltissimi studi scientifici hanno accertato: il legame tra uso eccessivo dello smartphone e salute mentale è ormai un dato di fatto. Perciò ho cercato di indagare sul fenomeno, suggerendovi (e suggerendo a me stesso) una serie di soluzioni per limitare la dipendenza da questo strumento.
Non mischiamo le cose: dipendiamo dallo smartphone, dalle notifiche o dai social network?
Quando si parla di stress derivante dall’uso dello smartphone, bisogna innanzitutto capire se la dipendenza è legata all’uso dei social network, alle notifiche o semplicemente dalla messaggistica. Sono fenomeni diversi e ci tengo a sottolinearlo perché troppo spesso i presunti esperti, cioè quelli che vanno in giro nelle scuole a pontificare e a rilasciare patenti sul buon uso dello smartphone (esistono davvero e sono fatte come le moderne carte d’identità elettroniche, è successo anche nella scuola dei miei figli), fanno un mischione totale tra smartphone, social network e (presunti) videogiochi.
Se c’è un modo di azzerare completamente la validità di questi discorsi è proprio quello di demonizzare il fenomeno con un atteggiamento ottuso e totalmente disinformato, confondendo le cose e non distinguendo tra fenomeni che nulla hanno a che fare tra di loro.
Le notifiche sono una delle prime fonti di stress, perché impongono una reazione immediata, rendono complicato il concentrarsi su un compito e creano sicuramente stress, soprattutto in ambiente lavorativo. Le notifiche delle email o della messaggistica istantanea possono rappresentare una vera forma di tortura, perché continuano a ricordarci che dobbiamo fare qualcosa con urgenza. Se moltiplichiamo queste sollecitazioni per le centinaia di notifiche che riceviamo ogni giorno, è facile capire come questa sia una fonte di stress eccezionale.
La schiavitù psicologica di mantenere un collegamento con i propri cari
La messaggistica è sicuramente la seconda fonte di stress, che è strettamente legata alle notifiche ma è al tempo stesso una sottocategoria. Nelle notifiche ovviamente rientra tutto, anche le notifiche che provengono dalle app di generi differenti, come siti di informazione e calendari. La messaggistica però, a differenza di tutte le altre notifiche, richiede quasi sempre un’attenzione istantanea.
Sono i messaggi di amici, colleghi e soprattutto famigliari. Rappresentano uno dei motivi per cui molti adulti faticano a staccarsi dallo smartphone. Che sia per motivi reali o per una autogiustificazione alla propria dipendenza, il mantenimento della connessione virtuale con i proprio figli o con i propri cari rappresenta uno dei primi motivi per i quali è così complicato staccarsi dallo smartphone. Il dispositivo rappresenta il legame fondamentale con i cari quando questi sono fuori dalla propria portata.
Sono molte le scuole che non permettono l’uso dello smartphone da parte degli studenti e molti progetti di obbligo in questo senso sono allo studio. Io stesso ho realizzato un’intervista su DDAY.it a una preside di un’istituto di Biella che ha trovato un sistema intelligente per limitare l’uso degli smartphone in classe durante le lezioni, pur senza costringere gli studenti a lasciarlo a casa. Sono tutte soluzioni intelligenti che sposo totalmente, rimane comunque il fatto che oggigiorno è complicatissimo pensare che i propri figli siano in giro, fuori dal nostro controllo, senza la possibilità di contattarli quando e come vogliamo.
Lo so, la maggior parte di noi della generazione X ha vissuto un’infanzia completamente senza il controllo dei propri genitori quando eravamo fuori casa. Io stesso ripenso spesso a come abbia fatto mia madre, di carattere ansioso e apprensivo esattamente come me, a sopportare che uscissi la mattina per recarmi a scuola (all’epoca delle scuole medie, avevo circa 13 anni) con un autobus che mi portava dalla periferia al centro di Roma e che tornassi soltanto la sera, dopo essere andato al pomeriggio a lezione di pianoforte. Rimanevo fuori casa dalle 7 di mattina alle 18 di sera, a 13 anni, in una città come Roma, senza che lei avesse la possibilità di contattarmi (se non chiamare a scuola o alla scuola di musica, tramite il telefono fisso).
È una cosa che oggi, al solo pensarci, mi vengono i brividi. Eppure, a pensarci bene, pur avendo oggi un collegamento diretto con i nostri figli, l’illusione di potergli stare vicini e aiutarli in caso di bisogno è soltanto l’ennesima illusione con cui la tecnologia ci ha sedati. È una constatazione che faccio rifacendomi alla teoria della casualità degli eventi e all’accettazione dell’impossibilità di controllare il caso, ma su questo tornerò in futuro con un’insalata sull’argomento.
La messaggistica è la prima fonte di stress
Dicevamo della messaggistica, che è la prima fonte di stress perché a ogni notifica, a ogni accensione delle schermo, deve corrispondere una nostra azione. Azione che richiede solitamente urgenza, peraltro. Non esiste quindi attività di disconnessione o relax che possa prescindere dal prendere in mano lo smartphone quando si riceve una notifica da Whatsapp o dagli altri sistemi di messaggistica. Da qui si capisce facilmente quanto la generazione di stress sia automatica, non servono studi scientifici a dirci quello che ognuno di noi sperimenta quotidianamente.
Infine ci sono i social, che sono il riassunto e la somma di quello che abbiamo detto fino ad ora. I social infatti inviano notifiche continuamente, richiedendo la nostra attenzione e la nostra reazione nei casi di commenti a cui rispondere. I social ci inviano anche notifiche per i messaggi che riceviamo, ai quali rispondiamo con la stessa urgenza con la quale reagiamo ai messaggi di altre applicazioni. In più, i social hanno innescato quel meccanismo perverso di gratificazione dopaminergico che li rende assimilabili a una droga, ed è tutt’altro che un’esagerazione.
Copio e incollo dal sito tesioline.it: “I circuiti dopaminergici sono coinvolti nel controllo di funzioni fondamentali per il comportamento emozionale, quali l’avvicinamento a un obiettivo, le motivazioni, l’attenzione, l’apprendimento e la gratificazione, ma anche i movimenti volontari e la loro pianificazione.”
I sistemi per disintossicarsi dallo smartphone
Ci sono diversi sistemi per disintossicarsi da tutto quello che abbiamo detto, dai più leggeri a quelli più decisi. Cominciamo quindi dalla gestione delle notifiche e dalle app.
Gli esempi che farò valgono sia per iOS, il sistema operativo di iPhone, perché è lo smartphone che uso tutti i giorni, sia per Android, le cui funzioni si equivalgono.
1. Programmare le notifiche a orari specifici
Se abbiamo bisogno di limitare le distrazioni e attraverso questa limitazione controllare quindi la dipendenza e lo stress provocato dalle notifiche, possiamo usare un’utilissima funzione che ormai sia iOS che Android integrano. Su iPhone la funzione si chiama Full Immersion, su Android invece Non Disturbare.
La funzione permette di decidere quali app e/o persone filtrare, tutto il resto invece viene bloccato. La comodità quindi è quella di poter dire: “non voglio distrazioni per 2 ore” e abilitare quindi questa funzione con una scadenza precisa. Su iOS Full Immersion, a partire da iOS 15, permette poi di creare degli scenari che si attivano in automatico a precise ore del giorno o in luoghi stabiliti (tramite GPS). Così puoi creare lo scenario casa o weekend, ognuno dei quali lascia passare soltanto determinate app o persone.
Sto usando anche molto le notifiche raggruppate a determinati orari. Per me che lavoro con le email è impensabile non leggerle e rispondere per giornate intere, però ne ricevo davvero tante e ogni notifica è una distrazione da quello che sto facendo. Utilizzare il riepilogo programmato a determinati orari (io uso metà mattina, pranzo, metà pomeriggio e sera) mi permette di rispondere entro al massimo qualche ora, senza avere continuamente delle notifiche che mi distraggono dal lavoro che sto facendo.
2. La doppia SIM, ormai tutti i telefoni ce l’hanno
Ormai tutti gli smartphone consentono l’uso di due SIM. Attivare una SIM aggiuntiva, magari una eSIM virtuale, costa pochi euro al mese o addirittura nulla, se decidiamo che lo scopo deve essere la disconnessione completa e dunque facciamo a meno dei dati. La eSIM può essere attivata in pochi minuti senza uscire di casa, quindi potete farlo anche ora, appena finito di leggere l’Insalata. Ne esistono ormai di tantissimi operatori diversi, quindi non avete scuse.
Quello che vi propongo è di disattivare la SIM principale e attivare soltanto la secondaria, magari legando gli account di messaggistica a questo secondo numero (se usate WhatsApp e WhatsApp Business insieme, per esempio, si può fare). Il consiglio però che vi do è proprio quello di abbandonare l’uso dei dati per lasciare attive soltanto le chiamate e gli SMS. Chi vi deve cercare con urgenza lo potrà fare, ma al tempo stesso proverete il piacere di una disconnessione completa, magari anche soltanto per il weekend.
E se uno non vuole gestire il doppio numero ed evitare di comunicarlo a tutti i contatti stretti? Beh, potete mettere una deviazione di chiamata dal numero principale al secondario. Così, chi ha bisogno di voi, può comunque chiamarvi.
3. Recuperiamo i vecchi Nokia (o i nuovi featurephone)
La stessa cosa si può fare con un secondo telefono. Qui la decisione può essere ancora più drastica, perché adottando l’opzione di quelli che vengono chiamati feature phone, ovvero i vecchi/nuovi Nokia che non hanno sistemi operativi evoluti come gli smartphone moderni, non correrete il rischio di configurare WhatsApp e la posta elettronica (che comunque si può fare, ma se lo fate anche su un telefono di questo genere allora siete senza speranza).
La SIM, lo dicevamo prima, può essere praticamente a costo zero (con un costo a consumo, esistono ancora), mentre uno di questi telefoni si può trovare facilmente su Amazon per poche decine di euro, vi lascio qui un esempio.
4. Usa i social solo da desktop
Se invece il vostro obiettivo è quello di combattere lo scrolling compulsivo da social network, la soluzione è soltanto una: disinstallare le app. “Ma come faccio se uso i social anche per lavoro?” (Brutta frase). Beh, non è necessario che smettiate di usarli, basta imporsi di farlo solo attraverso il computer anziché lo smartphone.
Sembrerà banale, ma il fatto di legare l’uso di un’applicazione a un determinato dispositivo/luogo, può da solo eliminare il problema dell’uso e la consultazione compulsiva di queste app, che a volte avviene in maniera quasi involontaria, per abitudine. O per dipendenza.
Disinstallate dunque Facebook, Instagram e TikTok e obbligatevi a utilizzarli soltanto dal computer, vedrete che non solo migliorerà il vostro rapporto con lo smartphone, ma anche la durata della batteria.
5. Combatti lo sblocco compulsivo con una sequenza di blocco complessa
Se poi, in ultimo, vi rendete conto che la dipendenza è quella da sblocco dello smartphone, sempre e comunque a prescindere dall’uso che poi ne fate (esiste anche questa dipendenza ed è più frequente di quello che pensiate), allora vi consiglio di rendere più difficile questa operazione.
Si possono fare diverse cose: la prima è usare una password di sblocco complessa, magari alfanumerica, così che dobbiate farlo coscientemente ed evitare il gesto quasi involontario dello sblocco compulsivo.
La seconda è quella di eliminare completamente le app dalla schermata principale del telefono (si può fare anche con iOS ora) di modo che, una volta sbloccato, non trovando le app, ritroviate quell’attivo di lucidità per ricordarvi che no, non avevate bisogno di sbloccare lo smartphone in quel momento. Magari potete rafforzare il messaggio mettendo uno sfondo personalizzato che ve lo ricordi. Uno sfondo nero con la scritta bianca “combatti la dipendenza da smartphone”.
Insomma, si tratta di mettervi delle trappole per auto ingannarvi, lo so, ma queste dipendenze a volte si combattono anche così, riuscendo a farvi recuperare la consapevolezza per chiedervi “ma perché ho sbloccato lo smartphone se non ne avevo bisogno?”.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Grazie per l’articolo, l’ho trovato molto utile perché 1° ti smaschera di fronte alle tue dipendenze (la prima reazione, tipica, è “Chi, io? Ma no, daiii” 😅) e poi, 2º ti riepiloga strumenti pratici (ho già riattivato il blocco dei messaggi WA serali e prenderò una 2ª SIM). Riguardo alle notifiche mail non le ho mai volute e da tempo ho tolto i social dall’iPhone). Grazie!
Che le banche ci prendano per il culo direi che ormai è un fatto acclarato, altro che “sospetti”… 😜😁