Computer quantistici, IA e futuro della scienza
Un post sul blog di Google ha annunciato un risultato incredibile ottenuto dalla divisione di ricerca sui computer quantistici. Siamo vicini a una svolta epocale per la scienza?
Nella scorsa puntata di Insalata Mista parlavamo delle tecnologie abilitanti e di come di certo servirà molta energia per poter portare avanti alcune delle tecnologie che stanno cambiando definitivamente il nostro mondo. L’intelligenza artificiale, in particolar modo, ma anche quella necessaria a muovere le auto del futuro prossimo, che non c’è dubbio saranno elettriche.
Una soluzione al grande problema dei data center energivori c’è e c’entrano sia l’efficienza e i consumi, sia la potenza di calcolo. Infatti, nonostante qualcuno l’abbia ipotizzato, non si può pensare di fermare o anche solo di mettere in pausa la crescita dei modelli di linguaggio; non si può pensare che a un certo punto l’industria dica “ok, sappiamo che abbiamo tra le mani la più grande rivoluzione per l’umanità, ma consuma troppo e quindi la spegniamo”. Vi sembra possibile?
Una soluzione per mettere insieme capra e cavoli però c’è, e ai più attenti sarà diventata chiara nel leggere un semplice post su un blog di Google del 9 dicembre. Si tratta di un post dal titolo “Meet Willow, our state-of-the-art quantum chip” e a scriverlo è stato Hartmut Neven, fondatore e capo di Google Quantum AI, una divisione di Google che si occupa di fare ricerca e sviluppo sui computer quantistici.
Cosa sono i computer quantistici? A cosa servono? E perché possono ridurre i consumi energetici nello sviluppo dell’intelligenza artificiale (ma non solo)? Ma soprattutto: allora che ci sta a fare Insalata Mista?
Cos’è un Quantum Computer e perché è differente da qualsiasi altro computer
Un computer quantistico è un qualcosa che non solo si fa fatica a spiegare, ma si fa fatica persino a concepirlo. È molto difficile per una mente umana, soprattutto una mente razionale, concepire qualcosa che va al di là dell’informatica per come l’abbiamo concepita sino a oggi.
Un computer quantistico è fatto in sostanza per imitare la natura, secondo la più classica delle corse al raggiungimento di quello che l’uomo vive e osserva da quando ha messo piede su questo pianeta. Se ci ragionate bene, c’è un sottile filo conduttore con la ricerca ossessiva sugli algoritmi di intelligenza artificiale, che tentano di replicare quello che il cervello dell’uomo fa da quando è comparso sulla terra.
Allo stesso modo, i computer quantistici tentano di imitare la natura. Lo fanno ripensando da zero l’unità che sta alla base del calcolo dei computer. Tutto quello che facciamo oggi con le macchine rappresenta uno straordinario livello di complessità raggiunto costruendo un sacco di livelli di astrazione su una base molto semplice: la presenza o l’assenza di corrente. Tutta la tecnologia moderna, per quanto complessa, si basa su questo: acceso o spento.
Persino i più complessi sistemi di intelligenza artificiale sono stati sviluppati su queste basi, ovvero sul bit, che è l’informazione elementare con la quale abbiamo costruito processori in grado di fare calcoli complessissimi e unità di memoria sempre più grandi. Alla base però ci sono due stati possibili: acceso o spento, corrente o non corrente. Non esiste un terzo stadio, non esiste il mezzo-acceso o il mezzo-spento.
Ora, i computer quantistici rappresentano una completa rivoluzione in quanto rivedono tutto questo dalla base, ovvero dal bit. I computer quantistici imitano la natura imitandone la meccanica più elementare, quella quantistica, appunto. Una meccanica che non conosce soltanto uno stato per volta scelto tra due possibili, bensì è capace di assumere più stati contemporaneamente.
Ci arrivate da soli: pensare di espandere in questa direzione l’informazione base di un computer, porterebbe a innovazioni e progressi inimmaginabili per l’uomo di oggi. C’è solo un piccolo problema: esattamente com’è ingovernabile e imprevedibile la natura (pensate soltanto al meteo), allo stesso modo lo sono i computer quantistici.
Quindi qual è la più grande sfida che stanno cercando di affrontare gli scienziati che lavorano sui computer quantistici? Fondamentalmente sono due: contenere gli errori generati da un sistema che è difficile da mantenere in uno stato di stabilità e mantenere uno stato (quindi un’informazione) per più tempo possibile. Tutto questo parlando dei QuBit, che sono l’informazione base dei computer quantistici.
Cos’è e come funziona un QuBit
Un bit, dicevamo, può assumere uno stato soltanto tra due possibili: o assume lo stato di 0 (spento) o assume lo stato di 1 (acceso). Il QuBit, al contrario, può assumere due stati contemporaneamente. Ma, cosa ancora più importante, il suo stato risente dell’influenza degli altri qubit, proprio come in natura.
Questo forse è il concetto più complesso e può venire in aiuto un video che ho trovato su YouTube dove Andrea Morello - un italiano, tanto per riprendere i Pensieri Franchi - spiega esattamente dove sta la differenza alla base delle due tipologie di computing.
La natura dei qubits e la presenza di un “superstato”, cioè del fatto che un qubits può assumere entrambi gli stati, fa sì che con due qubits si possano avere 4 bit di informazione anziché i due dei normali bit, e tutto ciò è esponenziale, cresce al crescere dei qubits a disposizione, permettendo di raggiungere 2𝑛 (2 elevato alla n) informazioni dove n è il numero di qubits a disposizione.
Un sistema fatto di qubit diventa quindi largamente imprevedibile, tanto più quanto aumentano i qubit e il tempo di misurazione. Proprio come nella natura, ogni fattore influenza gli altri e l’alto numero di variabili che compongono un sistema (di nuovo, pensate alle previsioni del meteo) rendono la previsione di quello che potrà succedere nel tempo una vera sfida scientifica.
Dicevamo infatti che le sfide sono sostanzialmente due: quella di contenimento degli errori, la prima, perché i qubit si influenzano tra di loro e vengono influenzati dall’ambiente. Ma soprattutto non sono in grado, proprio per quello che abbiamo appena detto, di mantenere a lungo lo stesso stato.
L’annuncio di Google è sorprendente proprio in questi termini, perché con il nuovo processore Willow di Quantum AI non solo hanno ampliato il numero di qubit del sistema (che sono 105, pensate che normalmente siamo abituati a ragionare su miliardi di transistor in una comune CPU), ma hanno dimostrato di poter dimezzare l’errore ogni qualvolta aumentano la dimensione di una griglia di QuBits.
Un concetto un po’ complicato che cercherò di spiegare. Questi qubits vengono infatti raggruppati in array, o meglio in griglie di qubit codificati. Al crescere della dimensione di queste griglie, Willow ha dimostrato di poter dimezzare l’errore grazie a complessi sistemi di ricodifica e controllo degli errori. Per farla semplice, con Willow sono riusciti a raggiungere una riduzione esponenziale del tasso di errore. E questi risultati sono stati pubblicati su Nature, tanto per rendere l’idea di come questo tipo di risultati rappresentino una conquista più per la scienza intera che per la tecnologia e l’informatica e in sé.
A cosa servono i computer quantistici
Ora vi starete chiedendo, com’è legittimo, a cosa possano servire questi computer quantistici, al di là dell’entusiasmo degli scienziati alla prova con una nuova sfida da superare.
Come spiegato da Morello nel suo video, i computer quantistici non sono i computer 2.0, non sostituiranno i classici computer di oggi, ma li affiancheranno per una tipologia di calcoli che non è possibile fare con i computer classici se non impiegando un quantità di tempo che semplicemente non abbiamo a disposizione.
I computer quantistici vengano poi messi alla prova con un test chiamato RCS (che sta per Random Circuit Sampling). RCS è il test più difficile che può essere fatto oggi su un computer quantistico perché lo mette alla prova con una tipologia di calcolo che può essere eseguito anche su un computer classico e dunque ne paragona i risultati.
Ora, se vogliamo andar dietro ai proclami super entusiastici (e forse un po’ markettari) di Google, dovremmo riportare l’incredibile risultato conseguito da Willow, e cioè che è stato in grado di eseguire un calcolo in meno di cinque minuti che richiederebbe a uno dei supercomputer più veloci di oggi 10 elevato alla 25 anni. Cito dall’articolo apparso sul blog:«se vuoi provare a scriverlo, sono 10.000.000.000.000.000.000.000.000 di anni. Questo numero sbalorditivo supera le scale temporali conosciute in fisica e supera di gran lunga l'età dell'universo. Dà credito all'idea che il calcolo quantistico si verifichi in molti universi paralleli, in linea con l'idea che viviamo in un multiverso, una previsione fatta per la prima volta da David Deutsch».
Ancora citando Google:«Finora, ci sono stati due tipi separati di esperimenti. Da un lato, abbiamo eseguito il benchmark RCS, che misura le prestazioni rispetto ai computer classici ma non ha applicazioni conosciute nel mondo reale. D'altra parte, abbiamo fatto simulazioni scientificamente interessanti di sistemi quantistici, che hanno portato a nuove scoperte scientifiche ma che sono ancora alla portata dei computer classici. Il nostro obiettivo è fare entrambe le cose allo stesso tempo, entrare nel regno di algoritmi che sono al di fuori della portata dei computer classici e che sono utili per problemi del mondo reale e commercialmente rilevanti».
Qual è la prospettiva reale
Oggi siamo in quella fase in cui vediamo le potenzialità di una tecnologia che però è ancora lontana da avere dei riscontri pratici, commerciali. Si tratta probabilmente di quella fase in cui si trovavano decenni fa i primi scienziati che si cominciavano a lavorare sulle reti neurali. Poi tutti è esploso e si evoluto con una rapidità incredibile con l’arrivo della prima applicazione commerciale di IA che è stata ChatGPT.
In questo caso parliamo già di un prodotto fatto e finito, il chip Willow, che però non può avere ancora ricadute commerciali, questa è la vera sfida che affronteranno gli scienziati nei prossimi decenni.
Quando e come ci arriveranno sarà questione anche di investimenti e infatti tutto questo rilancia in qualche modo una serie di pensieri e ragionamenti su quanto sia giusto lasciare che questi giganti tecnologici accumulino ricchezze che poi investono in questi progetti che poi fanno fare salti evolutivi importanti alla scienza.
Bisogna però valutare anche gli aspetti strategici globali. Non sarà sfuggito ai più che questo processore, Willow, non è prodotto nelle solite fabbriche di Taiwan dove nascono i normali processori dei nostri computer, bensì a Santa Barbara, in California. State pur certi che questo genere di processori non lascerà mai le fabbriche degli Stati Uniti, perché è un segreto industriale e scientifico talmente importante e impattante sul vantaggio scientifico e commerciale da rappresentare un valore che gli Stati Uniti si terranno ben stretto (e forse non è un caso che recentemente si sia cominciato a parlare di sorpasso della Cina sugli USA in quanto a primato tecnologico). Il primo paese a raggiungere l’applicabilità commerciale di calcolo quantistico accumulerà un tale distacco verso il resto del mondo da diventare quasi irrecuperabile.
Gli americani vanno forte, e noi Europei?
E in tutto questo, noi europei? In Europa, fortunatamente, stiamo facendo molto sulla ricerca quantistica, sebbene ipotizzo senza gli stessi investimenti che può avere a disposizione Google. Abbiamo infatti li CESQ, ovvero lo European Center for Quantum Sciences, che è un centro di ricerca quantistica transnazionale ed educativo dell'Università di Strasburgo e del CNRS e che copre la chimica della fisica quantistica, la scienza dei materiali, la fotonica e l’informatica.
Riporto dal sito del CESQ:”Sebbene questa tecnologia sia ancora agli inizi, i processori di informazioni quantistiche sono in fase di sviluppo (ad esempio nel nostro progetto aQCess) e diventeranno strumenti indispensabili per il calcolo scientifico ad alte prestazioni, la chimica quantistica, la scienza dei materiali, la matematica, l'ottimizzazione, il machine learning e presumibilmente altre applicazioni ancora da scoprire”. aQCess è addirittura una piattaforma aperta di calcolo quantistico “as a service”, ovvero aperta e utilizzabile dai centri di ricerca.
Questo ci dice una cosa molto importante su quale sarà il futuro del calcolo, dell’intelligenza artificiale e della scienza. Se siamo arrivati dove siamo con computer basati sui bit, pensate a dove potrà arrivare l’uomo utilizzando macchine che si basano sui qubit. Sembra un’impresa impossibile, vista la difficoltà nel controllare questi sistemi e far sì che possano dare un risultato simile a quello che oggi si può ottenere facilmente con i computer attuali, ma le possibilità che la scienza avrà a disposizione una volta che questi sistemi saranno gestibili, ovvero quando gli stati saranno stabili e la percentuale di errore entro dei range ottimali, allora tutto cambierà per sempre.
Insomma, per farla semplice: se le reti neurali stanno cambiando già oggi la scienza, la ricerca e la diagnostica, pensate soltanto dove si potrà arrivare quando a disposizione ci sarà il calcolo quantistico.
» PENSIERI FRANCHI: Un altro punto di vista sui dati OCSE
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
Tutti avrete sicuramente letto o sentito del report dell’OCSE (OECD per il resto del mondo) sulla capacità degli adulti di saper comprendere un testo, risolvere problemi matematici e problemi in generale, dove l’Italia ha sorpreso in negativo, occupando la coda della classifica tra i 38 paesi che fanno parte dell’OCSE in tutti e tre i test (Literacy, numeracy e adaptive problem solving).
Diamo due numeri, giusto per dare un po’ di contesto: la maggior parte degli adulti italiani con età compresa tra i 16 e i 65 anni non è capace
di capire un testo che ha letto. Quanti? Volendo essere precisi, senza tagliare i numeri con l’accetta come ha fatto la maggior parte dei quotidiani, diciamo che i risultati sono divisi in 5 livelli.
Si va da sotto al livello 1, dove i compiti “sono semplici e molto espliciti per quanto riguarda cosa fare e come farlo. Questi compiti richiedono solo comprensione a livello di frase o attraverso due semplici frasi adiacenti. Quando il testo coinvolge più di una frase, il compito richiede semplicemente di gestire le informazioni target sotto forma di una singola parola o frase” e si arriva fino al livello 5, dove gli adulti “Sono capaci di costruire sintesi di idee o punti di vista simili e contrastanti, oppure di valutare argomentazioni basate su prove e l'affidabilità di fonti di informazioni sconosciute. I compiti al Livello 5 possono inoltre richiedere l'applicazione e la valutazione di idee e relazioni astratte. Valutare l'affidabilità delle fonti di prova e selezionare informazioni non solo pertinenti al tema, ma anche affidabili, può essere un elemento chiave per il successo”.
Ora, noi italiani abbiamo più di un terzo degli adulti sotto il livello 2, con una larga parte di questi che occupa il livello 1. Due terzi invece superano il livello 2, ma una percentuale bassissima arriva al livello 5. Nella classifica dei 31 paesi, sotto di noi ci sono solo Israele, Lituania, Polonia, Portogallo e Cile. A far meglio di tutti Giappone, Svezia e Finlandia.
Nel “far di conto” invece abbiamo quasi il 40% degli adulti sotto il livello 2 e di nuovo una cifra ridicola al livello 5. In questo caso siamo quartultimi nella classifica. Sul podio Giappone, Finlandia e Svezia.
Infine c’è il problem solving, la capacità di risolvere problemi, dove siamo terzultimi avvicinandoci al 50% di adulti sotto al livello 2. Sul podio indovinate un po’? Giappone, Svezia e Finlandia.
Ora, potrei attaccarvi l’ennesimo pippone sulla scuola, perché tanto sempre lì andiamo a finire, e sul quanto sia tutto sbagliato sia nel metodo scolastico, sia nel modo in cui intendiamo la scuola dalle nostre parti. I fatti parlano chiaro: oggi mandare un ragazzo a scuola fa più male che bene, visto che i risultati rispetto al precedente test di dieci anni fa sono in discesa. In altre parole, se li tenessimo a casa a far nulla, persino a giocare con i videogiochi e lo smartphone dalla mattina alla sera, forse imparerebbero di più (tanto per citare due attività demonizzate dalla scuola e dai pedagogisti).
Ma invece mi è saltata all’occhio un’altra particolarità, e cioè che a redigere questo report sono state 17 persone, di cui 6 italiani (più di un terzo). Uno di questi, Stefano Scarpetta, è stato addirittura la guida del report insieme ad Andreas Schleicher. Se avete letto l’approfondimento di questa Insalata sui computer quantistici, avrete trovato un video molto interessante di Andrea Morello che spiega proprio i qubits. Andrea Morello è un ricercatore presso la UNSW University di Sydney. Se vi capita spesso di leggere report, studi e relazioni, troverete sempre degli italiani tra i ricercatori. Quantomeno italiani e cinesi li troverete sempre, potete scommetterci.
E allora mi è nato il sospetto che anche in questo campo, quello delle competenze di base per affrontare il futuro, che poi è il nome del report dell’OCSE, gli italiani diano dei risultati simili rispetto a tutti gli altri contesti in cui si cimentano, cioè che mediamente siano nella parte bassissima di tutte le classifiche e che rasentino quasi il terzo mondo in quanto a competenze medie, ma che poi svettiamo sopra la media in piccolissime percentuali, in cui però ottengono risultati davvero incredibili.
Se ci pensate, l’Italia è un po’ così in tutti i campi. Le nostre imprese, giusto per fare un esempio, sono mediamente mal messe, scarsamente digitalizzate e con livelli di produttività molto basse nella maggior parte dei casi, ma in quelle poche decine di casi più fortunati diventano delle eccellenze mondiali. Lo stesso dicasi nell’arte, nello sport e nella scienza.
Probabilmente questo report ci dice - o meglio ribadisce - che in Italia siamo proprio questo: mediamente scarsissimi e in pochi, rarissimi casi, dei geni totali. Questo però non è un segnale positivo, non c’è da andarne orgogliosi. Significa, tradotto in termini semplici, che tutto è delegato alle capacità personali, alle singole attitudini che in molti casi possono essere incredibili, ma che quando invece sono nella media, non vengono valorizzate dalla scuola e dalla società.
In pratica, lasciamo che i migliori lo diventino sempre di più (e in molti casi se ne vadano all’estero), ma per quelli che invece potrebbero esserlo, ma magari hanno bisogno di una leggera spinta, non facciamo niente e li lasciamo lì, a pasturare in un brodo primordiale di ignoranza e scarsa attitudine culturale che non può che generare altra ignoranza e incapacità di comprendere un testo o di risolvere qualsiasi problema, senza distinzione di classe sociale.
Franco A.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
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[Fonte: DMove.it]
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Il settore auto italiano vive una crisi senza precedenti. Secondo i dati ufficiali, a ottobre 2024 la produzione di vetture è calata del 40% rispetto allo stesso mese del 2023. Questo crollo ha pesantemente influenzato l'intero comparto trasporti, che registra un decremento del 16,4% rispetto all'anno precedente.
Il calo non sorprende gli osservatori: il blocco della produzione a Mirafiori e un clima generale di rallentamento avevano già delineato un quadro allarmante.
Non è solo il comparto auto a soffrire. La produzione industriale italiana, complessivamente in calo da 21 mesi consecutivi, risente anche della stagnazione economica della Germania, primo mercato di riferimento per l’export italiano.
La crisi del settore auto è però aggravata da problematiche interne specifiche, che richiedono soluzioni urgenti per evitare un'ulteriore ecatombe produttiva.
[Fonte: Dmove.it]
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.