Dovremmo ringraziare l’hacker che ha bucato ministeri e infrastrutture
È stato arrestato il ventenne definito “mago dell’informatica” che in realtà, con mezzi piuttosto semplici, ha messo in luce una situazione completamente disastrata di ministeri e infrastrutture.
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» PENSIERI FRANCHI: Com’è complicato leggere le notizie
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
C’è una notizia molto popolare tra quelle che stanno circolando sui giornali in questi giorni e mi riferisco a quella sulle accise sul gasolio. Forse, quelle delle accise, è la notizia delle notizie, soprattutto in contesti molto popolari come bar e macchinette del caffè, perché tocca un po’ tutti. E poi ci sono i video, tanti video, troppi video. C’è quello di Salvini di anni fa dove prometteva un taglio immediato di almeno 7 accise, ma c’è anche e soprattutto quello dell’attuale presidente del consiglio dove inscenava un teatrino fermandosi con la macchina alla pompa di benzina per fare rifornimento. Una scenetta di quelle che le riescono meglio, un teatro di quart’ordine dove spiritosamente additava lo stato come ladro e prometteva (anche lei) un taglio delle accise. La storia poi è sempre la stessa, facile ridere e scherzare quando si è all’opposizione e infatti oggi, che sono entrambi al governo, ridono e scherzano un po’ meno.
Fatta questa premessa che, non che ce ne fosse bisogno, credo chiarisca senza alcun dubbio come la penso a riguardo, mi è sorto un dubbio amletico quando ho letto un articolo sul Sole 24 ore di ieri, sabato 5 ottobre. Il Sole parla infatti del catalogo annuale dei sussidi ambientalmente dannosi, redatto dal Ministero dell’Ambiente, per mettere in fila gli sconti fiscali alle attività inquinanti, dove si legge che “[…] l’accisa applicata per il gasolio per autotrazione è inferiore a quella della benzina e ciò non trova giustificazioni in termini ambientali”. Ora, capite dov’è la questione? Oggi il gasolio ha le accise inferiori a quelle della benzina, per quello costa meno, e questo non è giustificabile perché risulta come una sorta di “sconto”, di incentivo, quando la direzione europea è quella di disincentivare i combustibili fossili.
Dal 2022 la Commissione europea ha pubblicato delle “raccomandazioni specifiche” all’italia per ridurre i sussidi ambientalmente dannosi (scontare le accise sul gasolio rientra in questo perimetro). Le stesse raccomandazioni chiedono con forza una regolamentazione per abbandonare il legame tra richieste fiscali e volume dei carburanti venduti, esattamente quello che rappresentano le accise che rappresentano un introito che cresce al crescere della quantità di carburante venduto.
Se guardato da questo punto di vista, un allineamento delle due accise, fatto come sta pensando di farlo il governo - ovvero abbassando un po’ delle della benzina e alzano un po’ quelle del gasolio - sarebbe anche il modo migliore per gestire questo simil “sconto” che va contro qualsiasi logica di disincentivazione dei carburanti fossili.
Questa è una lettura logica, oserei dire in buona fede. Poi però c’è anche quella in cattiva fede, che potrebbe pensare che il governo abbia sfruttato questa pressione che arriva alla Commissione Europea in maniera un po’ furbesca, cosa in cui i nostri politici e tecnici dei ministeri sono maestri assoluti, per assestare un altro aumento che, fra le atre cose, porterebbe un miliardo (euro più, euro meno) nelle casse dello Stato, come risultato di 1,6 miliardi di aggravi per chi usa il gasolio e un risparmio di 600 milioni in chi usa la benzina.
Piccolo dettaglio a margine: quando ancora non siamo completamente usciti fuori da un periodo di inflazione altissima, aumentare il costo del carburante usato dagli autotrasportatori, in un paese in cui le merci viaggiano in larga parte su gomma, significa innescare di nuovo una spirale di aumento dei prezzi di tutti i beni, in particolar modo quelli alimentari. L’abbiamo già visto negli anni passati e in particolare negli ultimi, dove gran parte dell’inflazione era legata all’aumento del costo del gas. Qui rischiamo, per raschiare un miliardo ancora una volta dalle accise, di innescare di nuovo un problema ancora non del tutto risolto, quello dell’inflazione, appunto.
E nonostante ciò il dubbio viene. Come va letta questa notizia? Come la volontà del governo di sistemare una questione di diseguaglianza sulle accise che viene visto, soprattutto a livello europeo, come uno sconto su un carburante inquinante, o come l’occasione di alzare di nuovo le accise (nonostante i proclami degli anni passati) per raschiare ancora qualche miliardo? Di certo non aiuta l’altissimo potenziale di popolarità della discussione, che prima o poi costringerà la nostra classe politica - di certo più attenta ai social che al futuro del paese - a prendere la decisione più popolare possibile. Che poi, come sempre, risulterà anche quella meno opportuna per il paese.
Ora, nel paese dei miei sogni, quello di un futuro dove le macchine volerebbero e la gente non avrebbe più bisogno di lavorare perché ci penserebbero le macchine, il partito di maggioranza presenterebbe la volontà di alzare le accise sul gasolio sostenendo che è giusto per mitigare una situazione di fatto incentivante verso il consumo di combustibili fossili a danno dell’ambiente. L’opposizione invece argomenterebbe sostenendo il pericolo di innalzamento dei prezzi al consumatore in un periodo di inflazione ancora pericolosamente alta.
Qui invece, nel mondo reale, quello che ci tocca e che probabilmente ci meritiamo, dobbiamo accontentarci dei pagliacci che fanno i video sui social e di un’opposizione che sa gridare soltanto al fascismo o usare slogan da terza elementare tipo “volete solo alzare le tasse”.
Con amarezza, buona lettura.
Franco A.
» IN ITALIA NON SERVE ESSERE “MAGHI” PER BUCARE MINISTERI E INFRASTRUTTURE
Sta facendo parlare molto il caso del ragazzo di Gela, 23 o 24 anni a seconda della testata giornalistica (piccolo inciso: possibile che non si riesca a capire se ha 23 o 24 anni? In fondo non è un dato interpretabile, la data di nascita una è), che avrebbe bucato i sistemi di mezzo Stato, dalla Guardia di Finanza alla Procura di Napoli, da Telespazio a TIM.
È una vicenda affascinante perché ripropone la figura un po’ stereotipata del giovane hacker poco più che ventenne che si infiltra nei sistemi del governo dalla sua cameretta e gliela fa a tutti i super esperti delle agenzie nazionali di sicurezza. Già ce lo siamo immaginati tutti con la felpa e il cappuccio tirato su, come nella serie Mr. Robot, intendo a digitare codice su una tastiera e un terminale nero/verde sullo schermo.
Questo racconto a tinte un po’ romantiche e un po’ cyberpunk si scontra però con la realtà dei fatti, cioè di un paese che è praticamente un colabrodo a livello informatico e di sicurezza. Lo rivelano le modalità con cui il giovane si sarebbe infiltrato nei sistemi dello Stato (e non solo). Un miscuglio di sistemi utilizzabili da chiunque e di complicità di addetti ai lavori su cui la procura sta indagando.
Ancora una volta, quindi, non si tratta di aver trovato “il mago dell’informatica”, come l’ha definito il Procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, piuttosto di un sistema italiano che probabilmente prende ancora sottogamba l’importanza della sicurezza informatica (calcando invece su quella presunta dei confini che in realtà nessuno attacca), nonostante l’Istituzione di un ufficio competente e di un ricco apporto da parte dell’Europa cattiva che, tramite il PNRR, ci ha dato 623 milioni di euro da investire proprio in cybersicurezza.
I fatti
A ottobre del 2021, quando aveva soltanto 21 anni, il giovane dipendente di NTT Data Italia (che però non c’entra nulla con i fatti raccontati) riuscì ad accedere al sistema centralizzato della Guardia di Finanza, che in Italia è un corpo militare. Come ci riuscì? Stando a quanto scrive il Fatto Quotidiano, tramite la rete satellitare di Telespazio SPA, che fa parte del gruppo Leonardo, che a sua volta scrive sul proprio sito che “Leonardo è un gruppo industriale internazionale che realizza capacità tecnologiche in ambito Aerospazio, Difesa & Sicurezza. Protagonista dei principali programmi strategici a livello globale, è partner tecnologico di Governi, Amministrazioni della Difesa, Istituzioni e imprese”.
Come ha fatto un ventenne a “bucare” la rete satellitare di Telespazio? Passando dalla nave pattugliatrice “Greco”, che all’epoca era ormeggiata a Brindisi. Scrive il Fatto che però la nave “non aveva alcun sistema antivirus”. Gli antivirus non proteggono dagli attacchi, quindi traduciamolo in un più probabile “non aveva alcun firewall”, ma poi c’è un altro dettaglio che fa saltare sulla sedia. Scrive ancora Il Fatto:”All’utenza del comandante si poteva accedere senza password”. Eccolo lì il problema. Non bisogna essere “maghi dell’informatica” per bucare una password che non c’è, giusto?

Ho fatto una rapida ricerca su Google sulla nave pattugliatore Greco - forse per questo meriterò anche io il titolo di “mago dell’informatica” - e ho trovato una foto con descrizione sul sito naviearmatori.net. Nella pagina si legge che la foto è di agosto 2021, due mesi prima dell’attacco da parte dell’hacker. E infatti risultava ormeggia a Gallipoli, mentre al momento dell’attacco era a Brindisi. La nave è del 2005, un’epoca geologica fa in termini informatici. Tutto lascia pensare che la nave sia nata con dei sistemi informatici adatti all’epoca e così sia rimasta fino ai giorni d’oggi, molto semplice trovare il modo di accedere.
Dopo la Guardia di Finanza passa a TIM, ancora più facile
Fatto sta che che il giovane hacker accede al sistema centralizzato della Guardia di Finanza - Dio solo sa cosa possa aver letto e scaricato in quel frangente - ma pochi mesi prima, a luglio 2021, aveva violato un’altra rete, quella di Tim Spa. Sempre secondo Il Fatto, anche in questo caso il punto debole sarebbero state le credenziali di un dipendente di Noovle Spa, società del gruppo Tim. Ma come fa ad ottenere le credenziali? Le buca? Reverse o social engineering? No, niente di tutto questo. Semplicemente resetta la password. In pratica deve aver tentato la procedura di reset della password e, con un po’ di fortuna, è riuscito a reimpostarla. Con queste credenziali il ragazzo scarica i dati di 36,5 milioni di abbonati, un terzo degli utenti di telefonia mobile in Italia. Tutto questo banalmente resettando una password.
È ovvio che quando hai in mano i dati su un terzo degli utenti mobili di TIM, dove in mezzo ci saranno sicuramente anche magistrati, politici, ecc, diventa molto più semplice trovare e modificare password di qualsiasi servizio in giro per il web. E infatti, con questi dati, l’hacker entra pure nel Ministero di Giustizia, da dove scarica decine di terabyte di dati (Il Fatto scrive che scarica 23 server, chissà cosa significa). Come fa? Effettuando connessioni in “desktop remoto”. Hai capito il “mago dell’informatica”? Praticamente è come se fosse andato negli uffici ministeriali e fosse entrato dalla porta d’ingresso, altroché “attacco hacker”.
Dopo GdF, Tim e Ministero di Giustizia, nel 2022 passa direttamente al Tribunale di Roma. Come fa? Entra nella casella di posta del pm che indaga su di lui e scarica tutto quello che può. Lo stesso pm, Luigi Fede, sta indagando sull’incontro tra Matteo Renzi e l’ex agente dei servizi segreti Marco Mancini. Capito a quali dati riesce ad accedere? Non lo scrive nessuno, ma a questo punto possiamo ipotizzare quale sia stata, di nuovo, la sofisticata tecnica di hacking messa a punto: avrà indovinato la password della casella di posta del magistrato. Hai capito?
Oltretutto, pare che il giovane di Gela abbia pure potuto contare sull’aiuto di complici, qualcuno scrive anche interni agli uffici. Qualcuno insomma che quella porta d’ingresso, quella agli uffici di Ministeri e Procure, l’ha proprio spalancata. D’altronde, fun-fact, l’avvocato del ragazzo ha contestato l’accusa di “danno ai sistemi informatici”, visto che, cito, «il sistema era già un disastro e privo dei minimi dispositivi di protezione», secondo quanto scritto da Corriere della Sera e riportato da Il Post.
Come sono avvenuti gli attacchi
Ed ecco qui, uno si immagina l’hacker con davanti decine di monitor su cui scorrono codici in stile Matrix, e invece scopre che per bucare la rete satellitare di Telespazio e ottenere dati su un terzo degli italiani basti indovinare una password o entrare in un sistema dalla porta principale. Servono delle capacità, per carità, ma non serve essere il Maradona della sicurezza informatica, qui basta aver giocato nella squadra di calcio dell’oratorio, per capirci.
D’altronde provate a pensarci: se ho accesso a una webmail, ho accesso a una gran quantità di dati. Oggi la posta elettronica viene usata praticamente come archivio, ci si scambia in allegato qualsiasi cosa. E certo che un ministero o una procura dovrebbe possedere delle policy di sicurezza per cui per accedere alla posta non basta la password, oppure determinati allegati proprio non si possono inviare “in chiaro” (esistono ormai sistemi alla portata di chiunque per farlo). Però, evidentemente, non era questo il caso. D’altronde non bisogna esagerare con la sicurezza no? Mica stiamo parlando di ministeri e infrastrutture aerospaziali.
Se poi uno ha davvero accesso al desktop remoto di un computer interno a questi uffici, allora le competenze necessarie sono praticamente zero. Desktop Remoto, che in ambito aziendale viene chiamato anche “Terminal Server” o “RDP”, è uno strumento piuttosto popolare sui sistemi Windows, tramite il quale si può accedere da remoto al desktop di un computer o di un server. Per usarlo basta avere l’indirizzo del computer (il cosiddetto indirizzo IP) e la combinazione di nome utente e password. Ora, avendo queste credenziali, non si accede soltanto al desktop del computer, ma anche a tutte le risorse che sono state assegnate a quell’utente, quindi a cartelle di rete condivise, stampanti, server e applicazioni.
Se poi invece, per pura ipotesi, un utente aprisse un applicativo di assistenza remota di cui ormai abbondano tutti i computer e permettesse quindi a un utente esterno di entrare nel computer tramite uno di questi (cito a caso TeamViewer, per capirci), non servirebbe nemmeno violare la rete, perché questi sistemi operano in modo da essere completamente trasparenti per firewall e servizi di sicurezza.
Come si può ovviare a tutto ciò? Chiaramente bloccando anche questi sistemi e impostando delle policy molto severe su condivisione, password e permessi degli utenti. Noi non possiamo saperlo, ma tutto questo fatto puzza tantissimo di “porte lasciate troppo aperte” e pochissimo di “sofisticate manipolazioni di firewall e sistemi di protezione”. Da quello che sembra, in altre parole, questo ragazzo non ha hackerato proprio un bel niente. È semplicemente entrato dall’ingresso principale. Tanto che quello che dice l’avvocato, ribadito anche dal ragazzo stesso, è che non è stato compromesso niente. Era già tutto aperto.
Una pioggia di bonus per chi dovrebbe controllare
Insomma in Italia, a livello di sicurezza informatica, siamo messi piuttosto male. Eppure dei passi in avanti sono stati fatti e anche importanti. Per esempio è stata istituita l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, proprio nello stesso anno in cui questo giovane ha cominciato a scorrazzare per i database di mezzo Stato, nel 2021.
Ora, di certo non andrò a sindacare sull’operato di questa Agenzia che è fondamentale e meno male che ci sia, ma l’elenco di attacchi che leggerete nel prossimo paragrafo farebbero nascere qualche dubbio a chiunque, come sono nati al Fatto Quotidiano, che ha pubblicato un interessante articolo sui premi che sono stati distribuiti a pioggia a luglio di questo anno proprio ai membri dell’agenzia stessa. 304 bonus di gratifica, per l’esattezza, o per meglio dire, con le parole dell’Agenzia stessa, premi per la «abnegazione e lo spirito di sacrificio mostrato dai dipendenti durante le emergenze anche togliendo tempo alla famiglia». In molti casi, fa notare il Fatto Quotidiano, si tratta di dipendenti con un anno di servizio scarso alle spalle.
L’ultimo rapporto del Clusit, Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica che citeremo anche più avanti, parla di un incremento del 65% degli attacchi informatici nel 2023 rispetto al 2022. L’italia poi rappresenta un notevole primato, in quanto a INsicurezza informatica. Cito dal rapporto «il nostro Paese appare sempre più nel mirino dei cyber criminali: lo scorso anno in Italia è andato a segno l’11% degli attacchi gravi globali mappati dal Clusit (era il 7,6% nel 2022), per un totale di 310 attacchi».
E in tutto questo, se l’Agenzia per la cybersicurezza viene sommersa di bonus di gratifica a pioggia, cosa farà Carlo Nordio, Ministro di quel ministero che è stato violato senza troppe difficoltà da un ventenne all’indomani della notizia? È a Capri a presenziare a un convegno. Indovinate su cosa? “Digitalizzazione della Giustizia”. Giuro, è tutto vero.
E se dovessero attaccarci quelli bravi?
Ormai la domanda sarà sorta pure a voi, quella brutta e che terrorizza davvero: ma se è vero che un ragazzo di vent’anni, senza usare nemmeno queste gran sofisticherie, è riuscito a bucare qualsiasi cosa, dal sistema satellitare ai sistemi della Guardia di Finanza passando per il Ministero della Giustizia e la Procura di Napoli, cosa potrebbe succedere se ci provassero quelli bravi? E infatti quelli bravi ci provano, altroché se ci provano, e mi sa pure che ci riescono.
Vi faccio solo un rapido riassunto degli attacchi più importanti degli ultimi anni:
1. Nel 2022, l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale ha trattato oltre 1.094 eventi cyber, di cui il 18% ha coinvolto la Pubblica Amministrazione. Tra le minacce principali vi erano malware, phishing e ransomware. I settori più colpiti sono stati quello sanitario e quello energetico. Uno degli incidenti più rilevanti ha visto il coinvolgimento di sistemi critici nella sanità, paralizzando operazioni cruciali per giorni. Fonte: cybertrends.it
2. Nel maggio del 2023 ci fu il clamoroso attacco al Sistema Sanitario della Regione Abruzzo (di cui vi linko qui l’Insalata dedicata più avanti). Un attacco ransomware ha colpito la ASL 1 dell’Abruzzo, compromettendo circa 522 gigabyte di dati sensibili, inclusi quelli sanitari di pazienti illustri come Matteo Messina Denaro. L’attacco ha causato gravi disagi, con il blocco di molti servizi sanitari e la diffusione online dei dati rubati. Nonostante le minacce, le autorità hanno deciso di non pagare il riscatto.
3. A dicembre 2023 ci fu l’attacco del gruppo Lockbit, ovvero il gruppo di hacker russi contro l’infrastruttura cloud della società Westpole, che gestisce servizi per circa 1.300 enti pubblici italiani. Gli hacker hanno criptato i dati, chiedendo un riscatto per sbloccarli, ma l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale è riuscita a ripristinare gran parte dei servizi coinvolti. Fonte: Ansa.it
4. Nel 2024, il settore governativo e dei trasporti è stato particolarmente bersagliato dagli hacker. Gli attacchi DDoS sono aumentati in maniera esponenziale, rappresentando una minaccia importante per la disponibilità dei dati e la stabilità operativa di infrastrutture critiche. Fonte: cybertrends.it
E questi sono soltanto i casi noti, quelli che hanno fatto più scalpore. State pur certi che ci sarà una quantità di attacchi andati a buon fine di cui non sappiamo niente. Perché in giro per il mondo c’è gente davvero brava. Gente organizzata, preparata, che sa come penetrare le difese informatiche ben organizzate, non un ventenne che resetta una password e grazie a quell’account poi scarica interi terabyte di dati di altri utenti. Questa non si chiama abilità informatica, non bisogna essere “maghi”, qui c’è un sistema che lotta contro i droni militari con la fionda e le palline di stagnola.
State pur certi - e facciamo che questa è solo una mia ipotesi - che i nostri dati più sensibili sono già da anni in mano a hacker e gruppi terroristici di tutto il mondo. Lo dico senza nessuna paura di esagerare. Se questo è il livello di protezione e di sicurezza, significa che da anni ormai i gruppi di terroristi digitali fanno dei nostri dati quello che vogliono.
In questi momenti mi riecheggiano in testa le parole di una professoressa di mia figlia, che protestò per il fatto che avevamo cambiato la password dell’account Google della scuola. La professoressa protestò argomentando anche con una certa foga «come facciamo noi docenti a entrare nel vostro account se voi cambiate la password? La password deve rimanere nome e cognome!».
Capito qual è la cultura della sicurezza e dell’importanza degli account digitali che c’è in una certa fascia di popolazione italiana? Io non ce l’ho nemmeno con quella professoressa, figuriamoci, anche se da un docente magari ci si aspetterebbe più sensibilità verso questioni che in fondo la riguardano direttamente. Se però questa stessa sensibilità ce l’ha il dipendente di un ministero o addirittura un militare, allora ecco fatto il danno.
Che poi basta che un ragazzo di Gela abbastanza capace e soprattutto non cosciente di quello che rischia lo venga a sapere ed ecco fatto che si arriva al problema di oggi, dove si legge che la Procura di Napoli ha lavorato un anno prima di prendere questo “mago dell’informatica”. Un anno in cui terabyte di dati sensibili, segreti, delicati, sono stati alla mercé di un ventenne nella sua cameretta alla Garbatella.
Il parere dell’esperto: due parole da Federico Fillachione, SOC Security Analyst di Kyndryl
Ve lo ricordate Federico? Se no, sappiate che c’è un’interessante intervista proprio sull’argomento sicurezza informatica, vi lascio qui il link al podcast. Federico mi ha fatto il piacere di scrivermi due righe su questo fatto, eccole qui:
«Ciao Franco, grazie del coinvolgimento in Insalata Mista! Per quanto riguarda la storia del giovane hacker che ha violato i sistemi critici nazionali, che tanto fa War Games, ci sono alcuni aspetti da valutare.
Intanto non ho ovviamente accesso a tutte le informazioni, anche se mi sembra assodato che sia stato lui e che abbia agito in modo molto più semplice di quanto possano far pensare i titoli della stampa. Sicuramente è una persona di talento e un giovane professionista nel settore cyber, ma da quanto ho appreso non ha usato chissà quale tecnica o attacco ignoto sfruttando una vulnerabilità rara. Anzi pare che lui stesso abbia detto che i sistemi "erano già disastrati e privi dei minimi dispositivi di protezione". Naturalmente non significa che non abbia compiuto dei reati, ma questa è una storia per i tribunali. Storia interessante perché ho letto che il suo avvocato sarà Gioacchino Genchi.
Tornando alla questione di base, mi sembra molto opportuno fare un paragone con un'altra storia "molto Italiana" successa di recente: il chiodo di Termini.
Tu mi dirai: che c'entra? C'entra perché sia l'operaio che ha piantato il chiodo sia il giovane hacker non hanno fatto altro che mettere la goccia finale in una ciotola piena di problemi, errori, sottovalutazioni e cazzate (diciamolo) fatte da chi ha la responsabilità di mandare avanti i treni o garantire la sicurezza di sistemi informatici critici.
Quindi da una parte abbiamo dei piccoli atti, di colpa o dolo importa poco, ma dall'altra c'è una situazione gravissima di sottovalutazione della sicurezza di sistemi che mandano avanti pezzi di Paese. E io mi chiedo: chi ha più colpa in tutto questo?
Il procuratore del caso dell'hacker ha detto che sono dovuti tornare alla carta perché si erano accorti che lui stesso era dentro i sistemi e stava seguendo le loro mosse. Ma allora tutte le procure d'Italia dovrebbero staccare direttamente la corrente perché se è così facile per un ragazzetto della Garbatella, figuriamoci quanto lo può essere per professionisti del crimine informatico pagati dalla criminalità organizzata (ce ne sono migliaia in tutto il mondo) o ancora peggio da uno Stato ostile che magari vuole sabotare un'indagine su un suo affiliato.
In Italia abbiamo Autorità e Agenzie che dovrebbero garantire la protezione dei nostri dati e delle infrastrutture informatiche dei nostri enti, ma alla luce di tutto questo mi chiedo che garanzia veramente possano darci.»
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
» Microsoft Copilot arriva su WhatsApp: ecco come interagire con l'IA
Copilot, il chatbot di Microsoft, è ora disponibile anche su WhatsApp. Gli utenti possono aggiungere il chatbot scansionando un QR code fornito da Microsoft e interagire con lui come in una normale chat. Copilot può generare immagini tramite il modello DALL-E 3 e rispondere a domande. È necessario accettare i termini d'uso e le politiche sulla privacy, che permettono a Microsoft di utilizzare i dati degli utenti per addestrare l'IA, con la possibilità di rifiutare questa opzione se si ha un account Microsoft.
[Fonte: DDAY.it]
» Amazon aumenterà la pubblicità su Prime Video nel 2025 con nuovi formati interattivi
Nel 2025, Amazon incrementerà il carico di annunci pubblicitari su Prime Video, potenziando la durata e la frequenza degli spot. Kelly Day, responsabile di Prime Video, ha annunciato che in futuro potrebbero essere introdotti formati pubblicitari interattivi, che permetteranno agli spettatori di acquistare prodotti direttamente durante la visione. Gli utenti potranno continuare a scegliere l'opzione senza pubblicità pagando un costo aggiuntivo di 1,99 euro al mese. Nonostante l'introduzione della pubblicità, il numero di cancellazioni dal servizio Prime è stato inferiore alle aspettative.
[Fonte: DDAY.it]
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OpenAI ha introdotto Canvas, un'interfaccia che migliora l'interazione con ChatGPT, trasformandolo in uno strumento di scrittura e programmazione visivo e collaborativo. Con Canvas, gli utenti possono trascinare, modificare e combinare blocchi di testo e codice, ricevendo suggerimenti e revisioni in tempo reale. Ideale per programmatori, permette di ottimizzare codice e tradurlo in diversi linguaggi. Attualmente in fase beta per utenti Plus e Team, Canvas sarà presto disponibile anche per gli account gratuiti.
[Fonte: DDAY.it]
» Approvati i dazi UE sulle auto elettriche prodotte in Cina: regolamento definitivo a fine ottobre
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[Fonte: Dmove.it]
» Il mercato auto italiano in calo a settembre, ma le elettriche crescono del 29%
A settembre 2024, il mercato automobilistico italiano ha subito un calo del 10,7% rispetto all'anno precedente, con 121.666 nuove immatricolazioni. Nonostante la contrazione, le auto elettriche (BEV) hanno registrato una crescita del 29%, raggiungendo il 5,2% del mercato. Anche le ibride hanno continuato a guadagnare terreno, rappresentando il 43,9% delle immatricolazioni. Al contrario, benzina e diesel sono in calo, mentre il GPL ha visto un leggero incremento. Nei primi nove mesi del 2024, il mercato ha comunque segnato un aumento del 2,1% rispetto al 2023.
[Fonte: Dmove.it]
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Mi sa che da oggi ti chiamerò mago dell’informatica!