L’inchino a Trump, DeepSeek e altre storie
Un'Insalata davvero mista quella di oggi, che vi racconta di come i giganti del web hanno fatto dietrofront sulle posizioni più inclusive dopo l'elezione di Trump, dell'arrivo di DeepSeek e altro.
Ve l’avevo promesso che qualcosa sarebbe cambiata ed ecco il primo esperimento: un’Insalata meno “mappazzone” su un solo argomento e un po’ più Sfama la f.o.m.o.™. Così ognuno potrà leggersi la parte che gli interessa di più e io non sarò costretto a scegliere l’argomento di maggior rilevanza in una settimana in cui magari - esattamente come questa - di cose ne sono capitate un po’.
Vi piace quest’approccio? Preferivate la classica Insalata? Fatemelo sapere nei commenti e, se vi va - per me vale davvero tanto - condividetela sui vostri canali social. Partiamo!
I giganti che si inchinano a Trump
L’immagine dell’insediamento del secondo governo Trump ha stupito per molti motivi differenti. A me, personalmente, ha stupito vedere quello schieramento di capi di aziende tecnologiche, le più grandi e importanti del pianeta.
C’era Bezos di Amazon, Zuckerberg di Meta, Tim Cook di Apple, ovviamente Elon Musk di Tesla e SpaceX e altri. Il gotha delle big tech era tutto lì e, per carità, ci sta la presenza all’evento istituzionale, ma qualcosa nelle mie orecchie stonava a vederli un po’ troppo compiaciuti per essere i protagonisti di quella California democratica che ha sempre perseguito, almeno nei proclami e nelle intenzioni, obiettivi di equità sociale, di eguaglianza, di tolleranza e di attenzione al clima.
I segnali che qualcosa non andasse, non soltanto per me, sono arrivati di lì a poco: Zuckerberg ha annunciato che avrebbe seguito l’esempio di Musk (a proposito, non dovevano sfidarsi sul ring? Non sarebbe stato fantastico se l’avessero fatto durante la cerimonia di insediamento?) togliendo la moderazione dei contenuti sulle sue piattaforme social e sostituendola con un espediente anch’esso preso da X: le note della comunità. In pratica, cos’è vero e cosa falso lo decide il popolo.
Dopo Meta è arrivata Google che, lo riporta il Guardian, ha annunciato che su Google Maps il Golfo del Messico diventerà “Golfo d’America”, così come il Monte Denali in Nord America diventerà Mount McKinley. Google scrive su X (che curioso cortocircuito): «Abbiamo una pratica di lunga data di applicare i cambiamenti di nome quando sono stati aggiornati nel governo ufficiale». Fanno riferimento chiaramente all’ordine esecutivo che Trump ha firmato il 20 gennaio.
Giù i veli dunque: alle big tech più che essere inclusive interessa essere incluse. E per essere certe di essere incluse ci mettono anche dei soldi. Quanti? Tanti, evidentemente di più quando al governo siedono i repubblicani e Trump in particolare.
Riporta infatti la testata inglese Raconteur, con una chiarissima infografica, come i giganti tecnologici abbiano sostenuto economicamente Trump in modo molto più deciso rispetto a quanto fatto con Biden. Tutte, tranne un’azienda, a essere onesti.
Si scopre quindi che Apple aveva donato all’insediamento di Biden solo 43.000 $, mentre a Trump ne ha donati 1 milione. Uber, OpenAI e Meta hanno donato anch’esse a Trump un milione, mentre a Biden zero. Amazon ha moltiplicato per quattro: aveva donato 276 mila dollari a Biden, ma a Trump ne ha donati un milione. Anche Google è passata da 338.000 $ a un milione. Viene quasi da pensare che un milione fosse la base di partenza imposta. Unica eccezione, come dicevamo, Microsoft, che a Biden aveva donato mezzo milione e che a Trump ha fatto una pernacchia, donando zero.

Queste cifre risultano ancora più interessanti se andiamo a riprendere le dichiarazioni che i sorridenti miliardari fecero all’indomani dell’insediamento del primo governo Trump.
All’epoca, Jeff Bezos disse che il presidente eletto era “pericoloso” e che il suo comportamento “erodeva la nostra democrazia”. Sam Altman, CEO di OpenAI, paragonò addirittura Trump ai dittatori, accostandolo persino ad Adolf Hitler. Qualche anno dopo, in seguito alle rivolte del Campidoglio del 6 gennaio, Facebook e Twitter (che non era ancora stata acquistata da Elon Musk) bandirono Trump dalle loro piattaforme. Oggi invece sono lì, sorridenti e con le mani nel portafoglio, a baciare le mani al dittatore che “erode la democrazia”. Come cambiano i tempi, eh?
DeepSeek, come ti smonto il primato tecnologico americano
Alzi la mano chi di voi non ha sentito parlare di DeepSeek nei giorni passati. Siete pochissimi, lo so, ma visto che di cose ne sono successe tante e altrettante ne sono state dette, mettiamo un po’ in ordine i fatti.
DeepSeek è una startup cinese specializzata in intelligenza artificiale, fondata nel 2023 da Liang Wenfeng. A dicembre 2024 rilascia il suo modello AI V3 e subito dopo, a gennaio, pubblica l’app sugli store di Apple e Google. Da lì, guadagna velocemente visibilità e fama finché si scopre che le sue prestazioni sono comparabili a quelle di modelli al vertice della categoria, come GPT-4 di OpenAI. Qual è il problema? Solo uno: DeepSeek dichiara che ha speso “solo” 5,6 milioni di dollari per addestrare il suo modello, utilizzando 2.000 GPU Nvidia H800, una frazione, una piccolissima frazione, di quello che spendono negli Stati Uniti.
Da lì, come questo fantastico mondo interconnesso ci insegna, si innescano conseguenze su scala globale. Gli investitori cominciano a chiedersi se un modello così “economico” non possa portare a un calo della domanda di hardware per l’intelligenza artificiale e quindi Nvidia, che è il più grande produttore di GPU per questi scopi, il 27 gennaio crolla in borsa. Le azioni calano del 17%, bruciando circa 600 miliardi di dollari.
Ora razionalizziamo un attimo: dietro DeepSeek c’è la Cina, paese che non sempre dice la verità quando si parla di numeri. E nei giorni successivi sono anche sorti dei grandissimi dubbi sul come la startup cinese abbia addestrato il suo modello. Tutte osservazioni sicuramente corrette e qualche scheletro nell’armadio sta già uscendo fuori, ma rimane un fatto a cui dobbiamo attenerci: pensavamo che la Cina fosse tremendamente indietro sul fronte dei modelli di intelligenza generativa e invece sono qui, che competono testa a testa sul fronte delle prestazioni e hanno raggiunto questo livello in tempi molto brevi. Questo è un primo fatto.
Il secondo è che, stando a quanto raccontato in questo report ufficiale, il modello V3 di DeepSeek ha richiesto per l’addestramento 2.000 CPU contro le 16.000 di Llama 3.1 di Meta e avrebbe raggiunto questi risultati mediante l’uso della mixed precision FP8 e della comprensione dei dati.
Ora, in questa sigla, FP8, sta probabilmente il segreto dei risultati eccezionali di DeepSeek. Si tratta infatti di un livello di precisione inferiore dei calcoli in virgola mobile (su cui si basano le operazioni che svolgono i modelli di linguaggio per l’addestramento) che tuttavia non compromette i risultati. FP8 è stata implementata e migliorata da Nvidia nelle ultime generazioni di GPU, come appunto la H800 utilizzata da DeepSeek.
I grandi modelli più celebri, come Llama di Meta e GPT4 di OpenAi, utilizzano invece formati a precisione mista come FP16 o bbloat16, che inevitabilmente consumano più risorse e dunque più energia.
Che tutto questo sia vero, che i risultati sia davvero equiparabili allo stato dell’arte attuale e che veramente DeepSeek sia riuscita a ottenere tutto questo con una frazione di costi e consumi e tutto da vedere. Però c’è un fatto, che poi è il punto della questione: il primato tecnologico degli Stati Uniti si sta sempre più assottigliando. Anzi, secondo quanto riportato da questo articolo apparso su Hudson.org, il primato sarebbe già perso.
Dal 2017 al 2022, la Cina ha superato gli Stati Uniti nella produzione dei supercomputer più avanzati. Sebbene gli USA abbiano ripreso il primo posto, la Cina continua a sviluppare progetti segreti.
Sull’intelligenza artificiale, gli USA hanno ancora un vantaggio in termini di numero di startup e investimenti totali, ma la Cina sta chiudendo il divario rapidamente. Entro il 2027, la Cina rappresenterà il 33% della spesa mondiale per l’AI, rispetto al 4,6% nel 2022. Parlando di comunicazioni e quindi di 5G, Huawei controlla circa il 70% delle infrastrutture globali 5G, nonostante gli sforzi statunitensi per escluderlo dai mercati alleati.
Gli Stati Uniti hanno reagito imponendo severe restrizioni all’export di chip avanzati e attrezzature per la produzione di semiconduttori verso la Cina. L’obiettivo è rallentare lo sviluppo tecnologico cinese, in particolare nelle applicazioni di intelligenza artificiale. Tuttavia, queste misure hanno avuto un effetto limitato: Huawei ha recentemente rilasciato uno smartphone dotato di chip a 7 nanometri, una tecnologia che si pensava inaccessibile senza forniture esterne e sull’intelligenza artificiale eccoci qui, con una DeepSeek che parrebbe a livello dei migliori modelli americani a una frazione dei costi.
La questione, potete scommetterci, non si esaurirà nel breve termine.
I 65 migliori film disponibili su Disney+, secondo Wired
Se state pensando di sospendere l’abbonamento a Disney+ (visti i recenti aumenti) o se state cercando dei motivi per non farlo, ecco qui una lista dei migliori 65 film attualmente disponibili sulla piattaforma, raccomandati da Wired.com.
Di mezzo c’è un po’ di tutto, ma chiaramente la presenza di titoli ad ambientazione fantastica o fantascientifica è maggioritaria. In ogni caso, ecco qui la lista, adeguata ai titoli italiani solo per voi:
1. I predatori dell’arca perduta (Indiana Jones and the Raiders of the Lost Ark) Elton John: Never Too Late
3. Deadpool & Wolverine
4. Alien: Romulus
5. Road Diary: Bruce Springsteen and The E Street Band
6. Inside Out 2 (Pixar)
7. Love, Gilda
8. Inside Out (Pixar)
9. The Beach Boys
10. Fantastic Mr. Fox (Fox Animation Studio, Wes Anderson)
11. Jim Henson: Idea Man
12. Let It Be (documentario sui Beatles)
13. Poor Things (Povere Creature!)
14. Summer of Soul
15. Taylor Swift: The Eras Tour
16. The Marvels
17. X-Men
18. Indiana Jones e il quadrante del destino (Indiana Jones and the Dial of Destiny)
19. Spider-Man: Far From Home (Sony/Marvel)
20. Mrs. Doubtfire
21. Big
22. Alla ricerca di Nemo (Finding Nemo)
23. La storia fantastica (The Princess Bride)
24. La Sirenetta (live-action) (The Little Mermaid)
25. Nightmare Before Christmas
26. Cenerentola (Cinderella, versione originale)
27. Avatar: La via dell’acqua (Avatar: The Way of Water)
28. L’incredibile Hulk (The Incredible Hulk)
29. The Skeleton Dance
30. Stan Lee (documentario su Stan Lee)
31. Spider-Man (film di Sam Raimi con Tobey Maguire)
32. Venom
33. La trilogia originale di Star Wars (Episodi IV, V, VI)
34. La trilogia prequel di Star Wars (Episodi I, II, III)
35. La trilogia sequel di Star Wars (Episodi VII, VIII, IX)
36. Black Panther: Wakanda Forever
37. Red (Turning Red)
38. Abbey Road: If These Walls Could Sing
39. Avatar
40. Iron Man
41. West Side Story (2021)
42. Lilli e il vagabondo (Lady and the Tramp, originale)
43. Ecco il film dei Muppet (The Muppet Movie)
44. Luca (Pixar)
45. Captain Marvel
46. Ant-Man
47. Mulan (live-action)
48. Avengers: Endgame
49. Hamilton
50. Oceania (Moana)
51. Free Solo
52. Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi (Honey, I Shrunk the Kids)
53. Toy Story (tutti e quattro i film)
54. Il re leone (1994 e 2019)
55. 10 cose che odio di te
56. Tron & Tron: Legacy
57. Willow
58. Captain America: The Winter Soldier
59. Thor: Ragnarok
60. Rogue One: A Star Wars Story
61. Black Panther (primo film)
62. WALL-E (Pixar)
63. Up (Pixar)
64. Il libro della giungla (1967 e 2016)
65. Guardiani della Galassia (primo film)
» PENSIERI FRANCHI: Dovremmo trattarlo meglio questo smartphone
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
Ormai la sorpresa l’ho rovinata. Avrei voluto iniziare chiedendovi: qual è la cosa che più di ogni altra vi ha cambiato la vita - in meglio o in peggio non importa - negli ultimi anni? La risposta non potrebbe essere altra che lo smartphone. Più di ogni altra cosa, lo smartphone si è infilato in ogni momento della nostra vita, persino nei più intimi. Chi di voi riesce ad andare in bagno senza portarselo dietro?
Lo smartphone è un’invenzione persino maggiore di Internet, della quale però si nutre. Senza Internet infatti tornerebbe a essere quell’oggetto da cui è nato, il telefono cellulare (tant’è che in molti lo chiamano ancora così). Ma lo smartphone è anche quella cosa che ha favorito la diffusione di Internet, portandola nelle tasche di ogni essere umano, soprattutto di chi non può permettersi un computer, come i paesi emergenti, che infatti basano la propria presenza in rete sullo smartphone stesso.
Oggi lo smartphone è il diario della nostra vita. Sta tutto lì: vita privata, lavoro, foto, video, la nostra memoria, i nostri soldi, i nostri affetti, la nostra bussola per viaggiare, l’oggetto che ci salva la vita quando ci perdiamo o ci facciamo male o facciamo un incidente. Per qualcuno significa anche monitorare parametri vitali e gestire in modo drasticamente migliore alcune malattie. Inutile elencare tutto quello che ha sostituito nella nostra vita e quanto sia diventato indispensabile. Indispensabile, lo ripeto: oggi non potremmo mai fare a meno di uno smartphone e, che lo vogliate o no, ormai sarà così per sempre; è una cosa irreversibile.
Anzi, aggiungo che con l’arrivo delle intelligenze artificiali, soprattutto di quelle che parlano, lo sarà sempre di più. Vi voglio vedere tra qualche anno, dopo aver imparato a conversare con lo smartphone come fate con un amico e aver preso il vizio di chiedergli qualsiasi cosa, ricevendo risposte pertinenti, gentili e affabili, persino adattate al vostro umore e ai vostri desideri di conversazione, se riuscirete a separarvene.
Lo smartphone diventerà il nostro migliore amico, il nostro confidente, la naturale evoluzione del nostro “io”, una protesi tecnologica della nostra coscienza che risponderà alle nostre domande come solo noi stessi avremmo potuto fare e dunque non vorremo più altro confidente all’infuori lui.
Di nuovo, non sarà lo smartphone il vero artefice di questo cambiamento, perché lo smartphone non sarà niente di tutto questo, ma sarà invece l’oggetto che porterà tutto questo in tutti i momenti della nostra vita, aumentandone il legame indissolubile. E pensate solo alle generazioni che con questo legame sono nate!
Ora, che ci piaccia o meno, dobbiamo ammettere che lo smartphone è di gran lunga l’oggetto più importante delle nostre vite, senza ombra di dubbio. Ripeto, che vi piaccia o meno, è così. Il problema è che non ci piace, lo rifiutiamo. Lo smartphone è cattivo, ci ha cambiato in peggio la vita. Ne siamo schiavi, ci ha reso degli automi asociali, ci ha tolto il gusto di leggere, di vivere all’aria aperta, di giocare con gli amici quando siamo bambini e di frequentarli quando siamo adulti.
Prima o poi dovremmo metterci d’accordo, perché o lo smartphone è questa droga tossica da cui non riusciamo a disintossicarci - e allora sarà bene che cominciamo a trattarla per quello che è, una pericolosa dipendenza - oppure accettiamo il fatto che è un oggetto che può cambiarci in meglio e che va solo gestito.
Già, perché personalmente continuo a vedere professori che si scagliano tutti i giorni contro l’uso dello smartphone da parte dei ragazzi, ma che poi ne sono dipendenti essi stessi. Vedo adulti (sì, sempre adulti) pontificare su quanto lo smartphone abbia “disconnesso le persone dalla vita reale”, eppure quelle stesse persone non riescono a separarsene. Un minuto dopo aver pontificato contro lo smartphone, appena lontani dagli sguardi indiscreti, lo tirano fuori per consultare gli aggiornamenti delle proprie app preferite.
Forse il problema alla fine è sempre lo stesso: la prima generazione che vive un grande cambiamento - la mia in questo caso - è quella che meno di tutte riesce a gestire il cambiamento stesso. Per dire: io sapevo gestire molto meglio la TV dei miei genitori. Per i miei genitori la televisione era un pezzo importante del relax domestico. La sera si guardava la TV e la TV occupava quasi ogni stanza della mia casa. Per me la TV ormai non è quasi più nulla, in casa ho una sola TV senza cavo dell’antenna collegato e poi dei monitor smart. Spesso la sera la TV non l’accendo proprio e in effetti, a pensarci bene, non la intendo nemmeno per quello che è: di fatto è un monitor per utilizzare le piattaforme.
Chissà se la prossima generazione avrà con lo smartphone un rapporto diverso. Chissà se lo smartphone stesso muterà com’è mutata la TV, che è passata da essere mezzo di intrattenimento a mero schermo in cui i contenuti vengono scelti e decisi dall’utente. In ogni caso, dovremmo proprio smettere di rivolgerci allo smartphone con aggettivi quasi sempre negativi. Dovremmo, per dire, smetterla di biasimare chi decide di investire sullo smartphone un quantitativo di denaro che molti di noi ritengono non giustificato.
Dovremmo accettare che, volente o nolente, è l’oggetto più importante della nostra vita e come tale andrebbe trattato.
Franco A.
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Cos’è la F.O.M.O.?1
OpenAI lancia o3-mini su ChatGPT per sfidare il modello cinese DeepSeek R1
OpenAI ha reso disponibile per tutti il nuovo modello o3-mini su ChatGPT, un modello avanzato di intelligenza artificiale focalizzato sul ragionamento e sulla verifica dei fatti. Questo lancio risponde all’avanzata di DeepSeek R1, il modello cinese che sta rivoluzionando il mercato grazie al suo basso costo di addestramento e inferenza. Diversi giganti tecnologici, come Microsoft e Amazon, hanno già integrato DeepSeek R1, costringendo OpenAI a una controffensiva strategica.
o3-mini permette agli utenti di selezionare diversi livelli di ragionamento in base al bisogno: medium, high e low. Gli utenti del piano gratuito hanno accesso alla versione medium, mentre i paganti possono usufruire delle varianti più avanzate. Il modello eccelle nelle materie STEM e ha registrato miglioramenti significativi rispetto ai modelli precedenti, come o1 e o1-mini, in test su matematica, codifica e bug fixing.
Dal punto di vista economico, o3-mini offre un risparmio del 63% rispetto ai suoi predecessori, con tariffe più competitive e paragonabili a quelle di DeepSeek R1. Anche se presenta alcune limitazioni, come l’incapacità di elaborare allegati caricati, rappresenta un passo importante per OpenAI nella competizione globale tra modelli IA avanzati.
Fonte: DDay.it
Blocco del Garante Privacy su DeepSeek: il chatbot cinese resta attivo in Italia
Il Garante Privacy italiano ha ordinato il blocco immediato del trattamento dei dati degli utenti italiani da parte di DeepSeek, il chatbot cinese sotto accusa per violazioni della normativa europea sulla privacy. La decisione è stata presa dopo che la risposta della società cinese, definita “del tutto insufficiente”, ha indicato che DeepSeek non si ritiene soggetta al GDPR poiché non opera direttamente in Italia. Tuttavia, la normativa europea si applica anche ad aziende straniere che trattano dati di utenti UE, e il mancato riconoscimento da parte di DeepSeek complica l’efficacia del blocco.
Nonostante il divieto, DeepSeek continua a essere accessibile in Italia attraverso la web app e le versioni mobile per chi le ha scaricate prima della loro rimozione dagli store di Apple e Google. Il Garante sta ora preparando un’istruttoria che potrebbe portare al blocco dell’accesso tramite ISP italiani, previo parere del Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB). Le multe per le violazioni del GDPR potrebbero raggiungere i 35 milioni di euro o il 7% del fatturato globale.
Le autorità irlandesi e francesi stanno anch’esse indagando sulla gestione dei dati da parte di DeepSeek, il cui database pubblico contiene informazioni sensibili degli utenti. Tuttavia, il modello di intelligenza artificiale alla base del chatbot, essendo open source, può continuare a essere utilizzato da altre piattaforme in Europa e negli USA, come già fatto da Perplexity e Microsoft.
Fonte: DDay.it
Anche l’Europa ha la sua AI: il modello Small 3 di Mistral AI punta sull’efficienza contro la scalabilità
La startup parigina Mistral AI ha presentato il modello linguistico Mistral Small 3, con 24 miliardi di parametri, progettato per competere con modelli tre volte più grandi come Llama 3.3 70B. Invece di puntare sulla scalabilità estrema, Mistral ha ottimizzato gli algoritmi, riducendo i parametri ma mantenendo elevate prestazioni. L’azienda, valutata 6 miliardi di dollari, si pone come il fulcro europeo nella competizione globale dell’intelligenza artificiale.
Small 3 mostra risultati variabili: eccelle in analisi documentale e automazione di processi aziendali, superando i concorrenti su test complessi come il benchmark GPQA Diamond, ma arranca nel problem solving matematico avanzato. Il modello è stato addestrato su 8.000 miliardi di token, evitando il reinforcement learning e i dati sintetici, per ridurre il rischio di bias nascosti e soddisfare le esigenze di settori sensibili come la sanità e la finanza.
Mistral ha adottato un’architettura flessibile per il deployment on-premise, offrendo privacy e controllo per le aziende. Il modello è disponibile con licenza Apache 2.0 e integrabile su piattaforme come Hugging Face, NVIDIA NIM e Amazon SageMaker. La startup punta a trasformare i modelli compatti in una commodity, rappresentando un’alternativa ai costosi approcci iper-scalabili di OpenAI e Anthropic.
Mistral sta inoltre sviluppando modelli avanzati con capacità di ragionamento, attesi nelle prossime settimane. La partnership con Microsoft e i piani per una possibile IPO indicano l’ambizione di Mistral di posizionarsi come il campione europeo nell’arena globale dell’IA.
Fonte: DDay.it
Elon Musk vuole trasformare X in una banca: entro il 2024, servizi finanziari completi
Elon Musk ha annunciato ai dipendenti di X, ex Twitter, l’obiettivo ambizioso di trasformare la piattaforma in un hub centrale per la gestione delle finanze personali entro la fine del 2024. Durante un incontro aziendale, Musk ha spiegato che il progetto prevede di offrire tutti i servizi finanziari necessari, eliminando la necessità di un conto bancario tradizionale. Tra le funzionalità pianificate figurano conti ad alto rendimento, carte di debito, assegni e prestiti, nonché la possibilità di inviare denaro in tempo reale ovunque nel mondo.
Linda Yaccarino, CEO di X, ha confermato che il 2024 sarà cruciale per il lancio completo del progetto. Attualmente, la società è impegnata a ottenere le licenze necessarie negli Stati Uniti per offrire servizi finanziari su larga scala. Musk ha sottolineato come questa visione sia in parte ispirata al suo precedente progetto X.com, che poi divenne parte di PayPal. Secondo Musk, molte delle funzionalità previste nella roadmap originale di X.com nel 2000 non furono mai implementate da PayPal dopo la fusione con eBay, rendendo oggi possibile il recupero di quelle idee.
L’idea di Musk è quella di trasformare X in una “app tuttofare” simile a WeChat, il super app cinese che integra shopping, trasporti e molto altro. Tuttavia, Musk è consapevole delle sfide: convincere gli utenti della necessità di una piattaforma finanziaria completa e guadagnare la loro fiducia per gestire la loro intera vita economica non sarà facile. Il successo del progetto dipenderà anche dalla capacità di X di superare ostacoli normativi e di sicurezza.
Fonte: theverge.com
La FDA approva Journavx, il primo farmaco antidolorifico non oppioide in oltre 20 anni
La FDA ha approvato Journavx (suzetrigine), il primo farmaco non oppioide con un nuovo meccanismo d’azione approvato in oltre 20 anni. Destinato al trattamento del dolore acuto post-operatorio, il farmaco agisce sui nervi periferici bloccando il canale ionico NaV1.8, evitando il coinvolgimento del sistema nervoso centrale e riducendo il rischio di dipendenza tipico degli oppioidi.
La decisione si basa su due studi clinici che hanno dimostrato una riduzione significativa del dolore e una buona sicurezza nei pazienti. Il costo giornaliero del trattamento è di 31 dollari, superiore a quello degli oppioidi generici, ma potenzialmente più vantaggioso nel lungo termine grazie alla sua capacità di prevenire la dipendenza.
Vertex, l’azienda produttrice, ha definito l’approvazione un evento storico per i milioni di americani che ogni anno necessitano di trattamenti per il dolore acuto, promettendo di stabilire un nuovo standard nella gestione del dolore.
Fonte: arstechnica.com
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Pensieri Franchi all'inizio, alla fine... Qui si aspetta solo la ricetta della cacio&pepe! Sempre grande Franco, ogni newsletter è stimolante. Grazie davvero ❤️
Rilancio anch'io col dirti che i Pensieri Franchi li preferisco all'inizio della newsletter. Però a parte quello ci sta cambiare, anzi, il cambiamento significa vitalità, e questo mi fa sperare che il progetto Insalata Mista vada avanti ancora per un po'.