Come sopravvivere al sovraccarico cognitivo e all'abuso di notizie
Newsletter, podcast e nuovi siti di informazione nascono tutti i giorni come funghi. Come si fa a gestire questa mole di informazione? Non si rischia di andare in sovraccarico cognitivo?
Tempo stimato per la lettura: 12 minuti
Una premessa importante: questa newsletter settimanale nasce, cresce e si concretizza nel giro di qualche ora, rubata al mio tempo libero e alla mia famiglia. A volte capita che abbia il tempo di rileggere tutto a distanza di giorni, altre volte non ho nemmeno il tempo di riguardarla. Se trovi degli errori, piccoli o grandi che siano, porta pazienza. Magari segnalameli, te ne sarò grato.
» PENSIERI FRANCHI: Sopravvivere all'ondata di newsletter e podcast
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
Ogni settimana invio questa newsletter a circa 2000 persone. Di queste, circa 5 si disiscrivono quasi regolarmente, ogni settimana. Inizialmente ci rimanevo male, ma poi ho capito che non ci sono ragioni negative dietro questa scelta. A volte si, per carità, ma il più delle volte è semplicemente scarsità di tempo a disposizione per poter leggere tutto quello che arriva nella casella di posta. Perché in effetti, di roba da leggere, ce n'è tanta e chi si è iscritto/a a una newsletter come Insalata Mista, tendenzialmente l'avrà fatto anche con altre.
D'altronde ho vissuto anche io la stessa situazione: inizialmente ti fai prendere dall'entusiasmo, scopri un pozzo di informazione di qualità, gratis, su tantissimi argomenti differenti. Poi però tornano a bussare alla tua porta le solite cose, i soliti problemi di tutti i giorni, ovvero i periodi in cui hai meno tempo a disposizione, quelli ancora peggiori in cui non trovi nemmeno il tempo di andare in bagno a far pipì durante la giornata e quindi, dovendo pur sempre dormire e mangiare, cosa tagli? Ciò che è in più, ciò che non rientra nelle priorità, è evidente.
In quel più, molto spesso, ci sono anche quelle newsletter che poi, oltretutto, ti intasano la casella di posta, la stessa con la quale magari lavori, e che quindi vanno a sommarsi a quel malefico numerino - quello delle email non lette - che cresce, cresce e cresce, creandoti ansia e stress.
Insalata Mista è nata proprio sulla scia delle tante newsletter che leggevo. Scrivevo già, sia chiaro, ho iniziato professionalmente nel 2015 e nel 2019 ho preso il tanto desiderato tesserino da giornalista (ce l'ho fatta papà!). Poi però ho desiderato qualcosa di mio, un posto dove poter scrivere quello che mi passava per la testa, senza nessun tipo di freno o di filtro e la newsletter mi è sembrato lo strumento migliore per farlo.
Insieme a me deve aver fatto lo stesso ragionamento un sacco di gente, perché le newsletter informative, non quelle di marketing di chi vende qualcosa, sono diventate moltissime e oggi chi usa questo canale informativo si trova seppellito da decine di newsletter che escono mensilmente o addirittura settimanalmente, quando non quotidianamente.
Quando ci si disiscrive da una newsletter (o da un podcast o da qualsiasi altro contenuto informativo) non c’è quasi mai di mezzo un discorso di qualità. Raramente mi è capitato, forse una sola volta, che un lettore si è disiscritto dopo che avevo espresso un’opinione forte, con la quale evidentemente il lettore non era d’accordo. Ma in molti altri casi, se uno pensa che quella che abbia scritto sia una stupidaggine, difficilmente arriva a disiscriversi, piuttosto lascia un commento dicendo la sua.
No, la disiscrizione è un gesto di sopravvivenza, è quell’azione che fai quando proprio sei seppellito di cose da fare, da leggere, da ascoltare, e allora sei costretto a fare una scelta, a selezionare, a lasciare in vita solo quello che ti puoi permettere. E allora sì che salta fuori anche un discorso di qualità, per carità. Se scrivi la newsletter più bella del mondo, è evidente che chi è costretto a fare quella scelta salverà soltanto la tua e ne ucciderà altre. Ma in questa scelta intervengono altri criteri, per esempio gli interessi personali. Se sono un appassionato di calcio, è chiaro che terrò per prima la newsletter che parla del mio sport preferito. Ma in ogni caso, il problema che c’è dietro tutto questo è sicuramente il sovraffollamento da informazione. Ce n’è troppa, decisamente.
Come si sopravvive a tutto ciò? Boh, non lo chiedete a me. Però ho scoperto che anche questa cosa ha un termine scientifico espressamente coniato per descrivere lo stress da troppa informazione. Si chiama Information Overload ed è il tema dell'approfondimento dell'Insalata di oggi.
Buona lettura.
Franco A.
» INFORMATION OVERLOAD, OVVERO IL SOVRACCARICO COGNITIVO DI CUI NON AVEVAMO BISOGNO
Gli anglosassoni la chiamano Information overload, infobesity, infoxication o ancora information anxiety. Non ve le sto qui a tradurre, si capiscono già così e hanno a che fare con la scorpacciata di informazione che facciamo tutti i giorni. Una quantità di informazioni che sono aumentate con l'avvento del web, e poi dei blog, e poi dei social network e oggi con gli abbonamenti, le newsletter e i podcast. Informazioni ovunque, sul web, su YouTube, su TikTok, persino su Instagram, che una volta era un social fatto di immagini e che oggi ospita un sacco di account che pubblicano notizie mettendo il testo in lunghissimi caroselli di immagini.
Ma che ci dobbiamo fare con tutte queste informazioni? E soprattutto, oggi che ne abbiamo così tante, possiamo dire di aver raggiunto anche un corrispondente livello di alta qualità? Non è che la quantità sia andata a scapito della qualità?
Lo sapete, mi piacciono i temi ricorsivi. Ho fatto il podcast sui podcast, ho fatto anche la newsletter sulle newsletter, ma mancava un cappello su tutto questo. Mancava l’ennesima newsletter che parlasse delle ennesime newsletter, di quelle che nascono dall’oggi al domani come funghi, di quelle che ti fanno dire:”ah, vedi, carina! Mi iscrivo…” e poi, alla ventesima volta che lo dici, ti rendi conto che sei sommerso di cose da leggere. Tutte interessanti, per carità, ma nessuno ti paga per leggere e dunque alla fine non sai come uscirne, ma al tempo stesso senti di doverlo fare, perché se sei uno che gira per le piattaforme di newsletter o di informazione, sei uno che ci tiene a rimanere informato e ad approfondire i temi.
E allora che si fa? Il tempo è limitato? Facciamo un podcast (vi sto praticamente raccontando il processo che ho seguito io con Insalata Mista, prendetela come una confessione a cuore aperto), così la gente potrà ascoltarlo nei momenti morti, quando guida e non può leggere, per esempio. Però così facendo hai creato ancora un altro contenuto, un’altra cosa che sta lì, che richiede tempo e sacrificio per essere prodotta, ma anche tempo e impegno per essere fruita, consumata, capita.
Chi ce lo da tutto questo tempo? Perché quest’ansia di sapere tutto su tutto?
Da dove deriva l’ansia di informazione
Il termine Information Overload, pur essendo stato usato per la prima volta nel 1962 dagli studiosi di gestione e studi sull’informazione e nel testo “The Managing of Organizations” di Bertram Gross del 1964 (stando a Wikipedia), viene descritto più precisamente nel saggio bestseller del 1970 Future Shock, di Alvin Toffler.
Nel libro, Toffler affronta diversi problemi legati al futuro, come la velocità del cambiamento, la transitorietà (ovvero di come le cose siano diventate meno permanenti che in passato, come il lavoro, le relazioni, etc.), la tecnologia e l’innovazione, la società del futuro e infine il sovraccarico informativo, che è la visione di Toffler di un futuro dove le persone vengono sommerse da un’enorme quantità di informazioni e tutte queste informazioni portano alla difficoltà di prendere decisioni e assimilare nuove conoscenze. Un sovraccarico che è reso ancora più complicato dall’arrivo delle tecnologie digitali.
Ed eccoci qui, dunque, di nuovo uno scrittore che pare aver visto il futuro o letto nella sfera di cristallo. Quello che Toffler scriveva nel 1970 poi, a cinquant’anni di distanza, è diventato realtà, quasi letteralmente. C’è un dettaglio però che colpisce e sono sicuro che sarà nata la stessa domanda nelle vostre teste: «com’è possibile che un eccesso di informazioni possa portare a una maggiore difficoltà nel prendere decisioni e nell’assimilare nuove conoscenze?». Già, non dovrebbe essere il contrario?
Più ti informi, più avrai problemi a prendere decisioni
Vi confesserò un’altra cosa che mi riguarda personalmente: vengo spesso preso in giro e accostato a un personaggio di Carlo Verdone - Furio per la precisione - per la mia ossessione di prendere decisioni sempre molto “informate”. Secondo questi amici (ciao Giorgio!), la mia ossessione per i dati tecnici e le specifiche, mi porta a fare acquisti sbagliati e comunque a complicarmi inutilmente la vita.
Questa teoria, incredibile per me, scopro oggi avere un fondamento scientifico proprio nel sovraccarico cognitivo. Secondo uno studio di Frontiers Neuroscience del 2021, la condizione HAI (che sta per high amount of information) incrementerebbe la difficoltà nel prendere decisioni più di quanto farebbe la condizione LAI (che sta ovviamente per low amount of information).
In pratica, chi cerca tante informazioni prima di fare un acquisto, fa molta più fatica di chi invece va e compra, senza spaccarsi la testa dietro letture, analisi, informazioni e schede tecniche. E in effetti, se devo pensare al mio classico processo di acquisto, tutto torna. Sono anni che aspetto di comprare il tv perfetto perché non so scegliere, tanto è il sovraffollamento di modelli in cui cambia poco e niente rispetto al modello immediatamente superiore o inferiore. Non parliamo poi di quando c’è da prendere decisioni più importanti, come l’acquisto dell’auto o degli elettrodomestici per la casa.
L’infobesity però non è un problema in sé, lo è invece la nostra difficoltà nel processare un ampio numero di informazioni, che spesso ci porta a uno stallo. Ci porta a non prendere decisioni. Questo è vero anche e soprattutto in ambito lavorativo e riguarda spesso i dirigenti e i manager. Quando vanno in sovraccarico da informazioni, capita che non riescano a prendere decisioni e che quindi tutto rimanga fermo, in stallo.
Tante, troppe email
Scriveva Federico Rampini su R2 di Repubblica nel maggio del 2014:«Negli ultimi sette anni, quelli che forse separano la “prima rivoluzione digitale” dalla nuova Rete 2.0, le email inviate quotidianamente sono esplose da 31 miliardi a 183 miliardi. Erano già tante nel 2007, certo, ma nel 2013 si erano sestuplicate. E qualcuno deve pur leggerle. I video caricati su YouTube erano 11.500 ore al giorno sette anni fa. Ora invece, ogni giorno che passa YouTube accoglie 144.000 ore di filmati aggiuntivi. I tweet nel 2007 erano ancora agli albori: 5.000 “cinguettii” al giorno. Oggi sono oltre 500 milioni al giorno. Il volume di traffico globale che transita su Internet nel 2002 era di 8,6 milioni di gigabyte al giorno, oggi siamo a due miliardi di gigabyte quotidiani. I dati sono di Internet Live Stats, The Radicati Group, YouTube Trends, Cisco, li ordina insieme un’analisi di Thomson Reuters. L’allarme viene dal fatto che “nell’informazione come nel cibo, l’eccesso può avere conseguenze drammatiche”. La diagnosi parla di una “epidemia mondiale di infobesità, una situazione in cui troppa informazione può portare alla paralisi, alla distrazione, all’eccesso di fiducia, alle decisioni sbagliate”».
Sono andato, per curiosità, a riprendere gli stessi dati aggiornati ad oggi. Il risultato è che le email inviate ogni giorno saranno nel 2024 361,6 miliardi (da un forecast di Statista.com). Se YouTube ospitava, nel 2014, 144.000 ore di nuovi filmati al giorno, oggi ne accoglie 500 ore al minuto (fa 720.000 ore al giorno, circa, secondo Oxford Economics).
Secondo il sito explodingtopics.com, ogni giorno vengono creati 402,74 milioni di terabytes di dati, che andranno a comporre la cifra mostruosa di 147 zettabytes di dati generati quest’anno con un aumento di circa il 20% anno su anno.
Nota a margine, se anche voi vi state chiedendo a cosa corrisponda uno zettabyte, visto che non capita tutti i giorni di sentirlo, sono andato a cercarlo: è il multiplo che viene immediatamente dopo gli exabyte. Ogni zettabyte, per convertirlo in una cifra più comprensibile, corrisponde a circa mille miliardi di gigabyte. Nota di colore: sopra gli zettabytes ci sono gli yottabytes e sopra ancora sapete come si chiama l’unità di misura? Brontobyte. Lo voglio.
Come evitare di diventare info-obesi
Siamo quindi circondati, seppelliti, devastati dalle informazioni. Come se ne esce? Innanzitutto non vorrei che questa Insalata suonasse come una giustificazione: non era il mio scopo quello di dire “se non leggete Insalata Mista è certamente perché siete oberati di informazione, non certo perché non la trovate interessante!”. L’ho detto all’inizio, se poi uno scrive qualcosa di realmente interessante, rimarrà l’ultimo a cui verrà cancellata l’iscrizione, questo è chiaro.
Nonostante ciò, lo vedo anche sulla mia stessa pelle: ti iscrivi a una newsletter, la piattaforma stessa te ne suggerisce altre e tu, per curiosità, anche soltanto per capire di cosa si tratta, ti iscrivi. Poi però cominciano a sommarsi tutte le iscrizioni e a un certo punto sacrifichi quello che puoi, è evidente. Pensate che mentre scrivevo questa newsletter, mi sono arrivati quattro nuovi episodi di newsletter a cui sono iscritto, che si sommano al già corposo elenco di vecchie uscite da leggere.
Cosa vi sto dicendo allora? Di non leggerne più? E se siete, come me, autori di una newsletter, vi sto forse cercando di convincere a smettere? Ma tutt’altro, pur avendo riportato i risultati di studi scientifici che raccontano che troppe informazioni rendono le decisioni più complicate, rimango fermamente dell’idea che invece bisogna essere molto informati prima di prendere una decisione. Meglio la difficoltà e il rischio di stasi nel prendere una decisione quando si è troppo informati, che scegliere senza avere cognizione di causa. Vale quando si cambia il frigorifero, figuriamoci quando si avvicina una decisione importante, come votare alle elezioni.
Lo sapevate che sarei finito col parlare anche di politica eh? Vabbè ma come avrei potuto non farlo? Si tratta forse della decisione più delicata che ci capita di prendere nella vita, perché da quello dipendono un sacco di cose che poi avranno un impatto - anche importante - sulla nostra vita. Non parliamo poi dei referendum (abrogativi, in Italia) o dell’elezione diretta del sindaco del comune dove viviamo. Scelte che hanno una conseguenza diretta sulla nostra vita di tutti i giorni. Quante volte ci documentiamo su chi è e che cosa ha fatto il candidato di turno? Quante volte invece scegliamo sulla scia della nostra preferenza politica o dell’orientamento generale?
Non so dire se il sovraccarico cognitivo sia una cosa negativa o positiva. So però per certo che quella difficoltà che cerchiamo di schivare, anche nelle decisioni importanti - perché essere troppo informati costa troppo - mi sembra l’ennesimo modo di abdicare a un nostro diritto, in qualche caso dovere, di avere un parere informato, consapevole, in favore di una vita più serena, più semplice, con meno pensieri per la testa. Ecco, personalmente, quella vita non mi piace. Viva la complessità, viva il sovraccarico cognitivo, via le info-scorpacciate.
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https://www.threads.net/@mobile_hacker0/post/C8xoSCBShfX?xmt
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Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Sulla complessità ho un pensiero che spesso discutiamo con mia moglie: ci si vota, la si abbraccia, per quanto consapevoli che possa far male (come hai giustamente sottolineato, in ambito politico non guasterebbe un minimo di approfondimento in più?). È un'idea che abbiamo maturato negli anni, vivendo soprattutto l'ambiente della ricerca (agronomia, mia moglie; pedagogia io) e forse ci viene naturale andare sempre più a fondo nelle cose. Sulla tv hai tutta la mia comprensione, per acquistare quella per le console moderne sono passati quattro mesi.
Ottimo punto: seguire e leggere chiunque vorrei è impossibile, devo per forza tagliare qualcuno, peccato non riuscire a farlo con la pastasciutta 😁
Comunque tornare alla routine quotidiana dopo le mie piccole due settimane di ferie mi ha regalato un'ottantina di nuovi episodi di podcast, quindi capisco benissimo il tuo discorso. Ma secondo me è meglio poter scegliere di non leggere, che non poter leggere
PS, mi hai ricordato quando a lezione di sistemi parlare di Petabytes era fantascienza, e ora siamo nel range di parole che non esistevano una trentina di anni fa