Quando un prodotto costa veramente troppo?
La scorsa settimana sono stati presentati due giocattoli digitali che rappresentato i sogni di tanti. È subito partita la polemica sui prezzi, ma quando davvero qualcosa costa troppo?
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Una premessa importante: questa newsletter settimanale nasce, cresce e si concretizza nel giro di qualche ora, rubata al mio tempo libero e alla mia famiglia. A volte capita che abbia il tempo di rileggere tutto a distanza di giorni, altre volte non ho nemmeno il tempo di riguardarla. Se trovi degli errori, piccoli o grandi che siano, porta pazienza. Magari segnalameli, te ne sarò grato.
» PENSIERI FRANCHI: Quanto costa sognare
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
La scorsa settimana è stata una settimana particolare, perché due degli oggetti elettronici più desiderati sono stati rinnovati e presentati nella loro nuova versione più potente e attraente di sempre. Si è tenuto infatti l’annuale keynote di Apple dove è stato presentato iPhone 16 e in più è stata lanciata la Playstation 5 Pro.
I due eventi hanno avuto una cosa in comune e un’altra in netta antitesi: entrambe questi oggetti costano un occhio della testa e sono arrivati a toccare il primato, ognuno dei due nella propria categoria, di esemplare più costoso. iPhone non è aumentato di prezzo, ma è comunque uno smartphone che parte da 979€ per arrivare lì dove nessuno smartphone si è mai spinto prima (a dirla tutta, i suoi 1.989€ del modello più costoso, sono stati superati più volte da modelli particolari di altre aziende, ma consideriamo in questo caso gli smartphone più convenzionali).
PlayStation 5 Pro è invece la versione potenziata della PlayStation 5, uscita ormai 4 anni fa. É una cosiddetta console mid-gen, ovvero un modello di metà generazione che esce prima della futura PlayStation 6 per aggiornare le prestazioni in ambito grafico e permettere quindi alla console di stare al passo con i tempi. Questa delle console di mezza generazione è una cosa che è nata nella precedente generazione quando, per diversi motivi, si è creata l’esigenza di avere più potenza di calcolo (la diffusione sul mercato dei tv 4K, per esempio, ma anche l’arrivo della prima Playstation VR).
L’altra volta, però, la console era stata proposta pressoché allo stesso prezzo della versione non pro, che era rimasta sul mercato con un prezzo inferiore. Questa volta è andata diversamente, perché Sony ha sparato una cifra che ha lasciato tutti un po’ perplessi: 799€. Per un modello che, tra le altre cose, ha qualcosa in meno rispetto alla precedente: manca il lettore di dischi blu-ray. Poco male, diranno i più, tanto ormai i giochi si acquistano prevalentemente in digitale (ahimè). Ok, ma con la mia libreria di giochi su disco cosa ci faccio? Come dite? Compro il disco esterno che si aggancia alla console? Si, giusto, c’è questa possibilità. Però costa 120€ ed è pure introvabile perché la comunità è stata presa da una sorta di terrore per l’eventualità inaccettabile di rimanere improvvisamente senza lettore di dischi.
Ora, qual è il punto? Si è parlato a lungo del prezzo di questa PlayStation 5 Pro. Anzi, fatemi dire che è stato l’unico argomento di cui si è veramente discusso. Del prezzo di iPhone nemmeno si discute più, ormai la sua nomea di smartphone costoso la conoscono tutti e nemmeno fa più notizia. Sono giocattoli molto, molto costosi. Li chiamo giocattoli perché pur essendo un concentrato straordinario di tecnologia, sono pur sempre qualcosa di molto superfluo, studiati più per darci il piacere di pensare di poter fare qualcosa, che per la possibilità concreta di farla.
Il punto però è un altro: lavoriamo tanto, sempre di più, per guadagnarci l’opportunità di realizzare i nostri sogni. Sogni di cui abbiamo bisogno per giustificare tutto il tempo che passiamo a correre da una parte all’altra, cercando di guadagnare i soldi che poi spenderemo concretizzando questi sogni. Ora, che ci piaccia o meno questa prospettiva - non starò certo qui ad affrontare il modo in cui viviamo nel mondo occidentale - se qualcuno pretende che spendiamo più soldi di quanti siamo abituati a spenderne per un determinato oggetto, deve farci sognare. Deve darci l’opportunità di pensare che se arriveremo mai ad acquistare l’oggetto del desiderio, allora saremo felici.
Apple è maestra assoluta in questo, col suo iPhone 16 Pro Max tutti ci siamo immaginati a riprendere scene cinematografiche con lo slow motion 4K a 120 fps. Oppure a post-produrre quelle dettagliatissime fotografie scattate in Raw con l’uso combinato delle tre ottiche di precisione. La verità è che poi mai nessuno di noi avrà modo di utilizzare il telefono in quel modo. E vi assicuro che se e quando vi troverete davanti una scena che davvero meriterebbe l’uso di quella tecnologia pazzesca, non avrete il tempo o il modo di farlo. Oppure semplicemente vi tornerà in mente che avreste sempre voluto sapere come si usa lo smartphone in quel modo, ma poi avete sempre ceduto alla pigrizia e avete sempre usato tutte le impostazioni automatiche del mondo.
Apple lo sa, vi fa sognare cose che il telefono effettivamente fa, ma poi saranno in tanti gli ingegneri a sghignazzare davanti alle statistiche sull’utilizzo delle app dei propri smartphone. Si perché lì sarà lampante che alla fine usate i vostri 12 GB di velocissima memoria RAM DDR5 per inviare le emoji su Whatsapp, oppure la vostra fotocamera dotata di machine learning per farvi i selfie nel camerino di Zara. Loro lo sanno e lo sappiamo anche tutti noi che poi è così, avreste potuto comprare un telefono da 150€ per fare le stesse cose.
Ma sapete che c’è? iPhone è un oggetto meraviglioso e quando l’abbiamo comprato ci siamo sentiti bene. Chissenefrega se questo è rappresentativo di un’umanità alla frutta, di una dipendenza dall’acquisto compulsivo, dal fatto che spesso spendiamo i soldi che abbiamo guadagnato solo per auto giustificarci dal fatto che lavoriamo più di quello che dovremmo, dall’uniformarsi a certi standard e convenzioni sociali dalle quali non riusciamo a svincolarci.
Sony invece non ha avuto la stessa capacità. Playstation 5 Pro non ha suscitato niente, non ci ha fatto provare la stessa urgenza di possederne una. Ha fatto semplicemente leva sulla potenza, sulla fredda sterilità dei dati tecnici per cercare di farci desiderare qualcosa che poi non riusciamo a concretizzare nella proiezione di un’io più figo, un io “aumentato” che riprende scene di un film come un regista hollywoodiano.
Non hanno nemmeno mostrato le immagini di giochi dalla grafica sbalorditiva, soltanto vecchi giochi migliorati, il cui miglioramento però non era minimamente percepibile nel video compresso di una piattaforma in streaming. Sony non ha tentato di venderci un sogno, ci ha venuto una promessa, ma le promesse richiedono un atto di fede. E la fede, ahimè, non vende come i sogni. Oppure, semplicemente, Sony non ha ancora quella forza per trasformare i propri utenti in adepti desiderosi di spendere i propri soldi a prescindere da quello che poi avranno indietro.
Le cose, gli oggetti e gli strumenti tecnologici, non costano mai tanto o poco. Quante case ci sono ancora senza lavastoviglie? Quante senza un’asciugatrice? Eppure sono persone come noi, che vivono nelle nostre città e che non per l’assenza di questi strumenti vivono come barbari, per carità. Eppure, a un certo punto, qualcuno è stato capace di far passare il messaggio che quegli strumenti erano essenziali, che ci avrebbero fatto vivere meglio, che ci avrebbero fatto risparmiare tempo e vivere una vita più piena e felice. E sono comunque strumenti che costano centinaia di euro, quando non migliaia. Ma nessuna cifra è davvero troppo alta davanti alla promessa di avere più tempo da dedicare a noi stessi.
Strano che poi, alla fine, se avessi la possibilità di fare un sondaggio, ho paura che scoprirei che mediamente, di tempo, ce n’è sempre meno, anche se ci siamo dotati di lavastoviglie e asciugatrice. Nessuno di noi è diventato regista, nessuno di noi, col tempo risparmiato, ha preso una laurea o si è iscritto a un corso di padel col tempo risparmiato. Però l’abbiamo sognato, e questo ci è bastato. Sognare, alla fine, è tutto quello he conta.
Buona lettura.
Franco A.
» COME FACCIAMO A STABILIRE COSA COSTA TROPPO E COSA TROPPO POCO?
Mi lego a quello che ho scritto nei Pensieri Franchi per tornare sull’argomento del costo di alcuni oggetti e dispositivi elettronici dal prezzo importante. In questo approfondimento però mi interessa toccare un altro punto, che è quello del costo di produzione. Spesso giudichiamo molto costoso o poco costoso un dispositivo in base alla percezione che abbiamo delle sue qualità, che però nulla hanno a che fare con quanto quel dispositivo o quei dispositivi che paragoniamo sono costati all’azienda che li ha prodotti.
Rimaniamo nel mondo degli smartphone e prendiamo un iPhone - ma anche un Samsung di ultima generazione, così non passo da fanatico Apple - e confrontiamolo con uno smartphone di altra marca, magari di fascia più economica. Spesso siamo portati a fare un confronto che è totalmente legittimo per noi, che alla fine siamo dei semplici consumatori. Un telefono con le stesse caratteristiche di un iPhone da 979€ può costarne anche 200. Anzi, se si sale di poco, attorno ai 500€, troviamo smartphone che, sempre sulla carta, possono avere caratteristiche addirittura migliori. Si rischia di trovare più memoria RAM, per esempio, ma anche più spazio di archiviazione o una batteria più generosa.
L’utente medio sarà quindi portato a giudicare inutilmente troppo costoso il primo, il modello Apple o Samsung, perché quello che costa la metà ha caratteristiche addirittura superiori. Il prezzo di quelli più costosi sarà di sicuro attribuito allo status symbol, alla “marca” e ai tanti soldi che l’azienda produttrice ci farà di sicuro. Tutte cose vere, ma si trascura un fatto importante, che è il costo che le aziende hanno sostenuto per pensare un dispositivo e poi quello per trovare il modo di farlo.
Come ti divento un inventore di auto del futuro
Voglio scendere sul piano pratico con un esempio che inventerò per l’occasione. Mettiamo che io mi metta in testa di inventare l’auto che va ad aria. Lascio il mio lavoro e mi metto tutti i giorni a lavorare a questo progetto. Innanzitutto dovrò provvedere al mio sostentamento, quindi dovrò trovare un equivalente del mio attuale introito mensile. Poi dovrò comprare dell’attrezzatura e un posto dove fare gli esperimenti. Tutto questo, mettiamo che mi possa costare 100.000€ l’anno (sono cifre ipotetiche, probabilmente la realtà sarebbe più che decuplicata).
Dopo un anno, mi accorgo che da solo non potrò mai riuscire a realizzare il mio progetto, dunque assumo tre ingegneri e le spese salgono a 500.000€ euro l’anno. Dopo 4 anni, se sarò stato molto bravo, arriverò ad avere il primo modello commerciale di auto ad aria e finalmente comincerò a vendere i primi modelli.
I costi che avrò sostenuto fino a quel punto, considerato anche l’anno in corso, ammonteranno a 2,1 milioni di euro. La fabbricazione di una singola auto ad aria mi costerà invece 10.000€, ma dovrò anche recuperare quello che ho speso in tutti gli anni in cui l’ho sviluppata, per cui, una volta fatto un business plan preciso, deciderò di spalmare questi 2 milioni sul costo di ogni vettura, arrivando a 40.000€ per ogni vettura.
Detto questo, dovrò considerare i costi di promozione, altrimenti nessuno saprà che ho prodotto la prima auto al mondo ad andare con la sola aria. È un concetto nuovo, va spiegato sia ai consumatori finali che a chi dovrà venderla, quindi i costi in comunicazione e marketing non saranno banali. E poi dovrò pagare una provvigione ai venditori e alle concessionarie che decideranno di venderla. Altri costi che pure vanno spalmati sul costo della singola auto, che così arriverà a costare 50.000€.
Poi, legittimamente, dovrò anche considerare un piccolo margine di guadagno, altrimenti l’azienda non può stare in piedi, e anche una parte dovuta al post vendita: ricambi, centri assistenza, personale che deve supportare il cliente dopo che ha acquistato l’auto. Per cui alla fine venderò l’auto a 65.000€.
Ora, mettiamo che arrivi il mio vicino di laboratorio, che per anni ha spiato quello che facevo e che quindi è in grado di riprodurre la mia stessa auto pur non avendo dedicato nemmeno un’ora alla ricerca sul motore ad aria. Mette su un piccolo team di persone meno specializzate dei miei ingegneri, che in fondo non devono inventare niente di nuovo, e in 6 mesi riesce a mettere sul mercato un modello quasi pari al mio, persino migliorato sotto certi aspetti.
Il suo modello, sommando semplicemente i componenti, costerà 10.000€. Esattamente come il mio, ma i costi che dovrà recuperare saranno di molto inferiori ai miei. Contando anche che non dovrà comunicare un prodotto di nuova concezione - perché quel prodotto esiste già, l’ho inventato io - spenderà anche molto meno in comunicazione e marketing e alla fine sarà capace di vendere la stessa auto a 35.000€. Guadagnandoci persino di più di quanto ci guadagno io, che quell’auto l’ho inventata.
Capite il punto? Quei costi, quelli di ricerca e sviluppo e tutto il resto, sono completamente trasparenti e invisibile all’utente finale. Sullo scaffale di un negozio, qualsiasi aspirapolvere ci sembrerà uguale, persino migliore di quella marca Dyson, che in fondo cos’ha di speciale? Però avete notato che anche quelle di fianco, quelle che costano un quinto, hanno un motore di aspirazione ciclonico? Ecco, sappiate su quel tipo di motori, Dyson ha investito anni di ricerca, palate di milioni e detiene un sacco di brevetti.
Chi sono i maggiori investitori in ricerca e sviluppo al mondo
Questo ragionamento è nato dall’osservare il rapporto “Where and how much is industry investing in R&D? The 2023 Industrial R&D Investment Scoreboard” prodotto dalla Commissione Europea.
Secondo questo rapporto, le prime dieci aziende per investimenti in ricerca e sviluppo nel mondo sono, in ordine: Alphabet, Meta, Microsoft, Apple, Huawei, Volkswagen, Samsung, Intel, Roche e Johnson & Johnson.
Due considerazioni: la prima è che sono tra le aziende che più hanno innovato negli ultimi anni (di alcune non conosco moltissimo, ma visto che le ultime due operano nell’ambito farmaceutico, sono sicuro che abbiano lanciato farmaci importanti negli ultimi anni o che stiano per farlo). La seconda è che la metà sono americane. Solo una cinese e due europee.
Infatti, se guardiamo il grafico di chi investe di più in ricerca e sviluppo, troviamo al primo posto gli Stati Uniti con 526 miliardi di euro, poi Cina con 222 miliardi, Europa con 219 miliardi, Giappone con 116 miliardi (che se vogliamo, in proporzione, è il paese che investe di più) e poi tutto il resto, con 165 miliardi.
I settori in cui si investe di più indovinate quali sono? Al primo posto prodotti e servizi per l’information tecnology, che sommati assorbono 544 miliardi. Poi c’è la salute, che attira 261 miliardi di investimenti e infine il settore automotive che, soprattutto in questi anni di transizione alla mobilità elettrica, arriva a 172 miliardi di euro di investimenti.
È utile anche notare come la Cina, paese che produce tantissima tecnologia - si potrebbe dire che sia praticamente l’unico produttore e assemblatore realmente qualificato - ha in realtà una sola azienda posizionata tra le dieci che investono di più e arriva a investire complessivamente la metà degli Stati Uniti e tanto quanto l’Europa (che però ha un quarto degli abitanti).
Un dato che sembrerebbe riflettere proprio quello che tentavo di spiegare con la storia che mi sono inventato prima, quella di me creatore di auto che vanno ad aria: poca innovazione e tanta imitazione, fanno della Cina un paese che produce tecnologia di altissimo livello, ma che in realtà fa molto poco per innovare rispetto agli Stati Uniti. E, guarda caso, una delle poche aziende che si è distinta per l’innovazione negli ultimi anni è proprio Huawei, che infatti figura nei top 10 degli investitori (e qualcuno sicuramente noterà quel fatto assolutamente “casuale” del ban da parte degli Stati Uniti, ma questa è un’altra storia).
Riprendo proprio il paragone Stati Uniti/Cina per riportare il discorso sul piano dei prodotti: è davvero equo paragonare due prodotti che sullo scaffale dei negozi sono praticamente identici, sapendo che uno è stato prodotto in un paese che ha investito un certo quantitativo di miliardi per svilupparlo e che il secondo invece si è limitato a imitarlo e produrlo, magari anche meglio? Ci si stupisce veramente ancora di come possano fare, certi prodotti cinesi, a essere così validi pur costando così poco?
Acquista responsabilmente, ma soprattutto spendi poco
Il prezzo a scaffale di tanti prodotti non è quindi semplicemente una somma fatta di costi di produzione e margine operativo dell’azienda, ma è davvero un insieme molto complesso di cose. Di cui a noi consumatori, per carità, può anche non fregarcene nulla, è perfettamente legittimo.
Se però spostiamo tutto sul piano, facciamo un altro esempio, del cibo o della sostenibilità del pianeta, allora il discorso diventa molto più delicato. Perché se a comprare uno smartphone cinese non danneggiamo nessuno - forse qualche azienda e un po’ l’ambiente, d’accordo, ma non cambia poi molto se compriamo quello molto più costoso - col cibo rischiamo di danneggiare molto l’ambiente e soprattutto moltissimo noi stessi.
Tanto è passato il messaggio, che la gente è diventata particolarmente ossessionata dalla sostenibilità. Secondo brandwatch.com se ne parla molto di più online, tanto che il numero di persone che parla online di sostenibilità sarebbe cresciuto del 12% tra il 2021 e il 2022.
Poi però tutto questo si scontra con le possibilità economiche. La pandemia, il brusco innalzamento dei costi e dei prezzi, la crisi energetica prima e l’inflazione poi, ha ridotto sensibilmente il potere economico un po’ dappertutto, perciò diventa sempre più difficile prendere quella confezione di pollo biologico macellato a 70 giorni anziché a 20. Si è coscienti del perché sarebbe giusto farlo, si vorrebbe tanto farlo, ma poi si deve fare i conti col proprio portafogli.
Da veganesimo a flexitarianesimo, il sostenibile flessibile
Secondo GWI, gli europei starebbero abbandonando il sogno vegano per tuffarsi nel flexitarianesimo, ovvero l’abitudine di mangiare in maniera più responsabile e cosciente, pur senza adottare divieti troppo stringenti.
Rispetto ai vegani, i flexitariani in Europa sono con tutta probabilità a dieta per perdere peso, e sostengono che il cibo a basso contenuto di grassi o a basso contenuto calorico è importante. Sono più attenti ai prezzi e meno preoccupati che i marchi siano ecologici o socialmente responsabili, ma uno su quattro si impegna a ridurre la dose di carne che mangia
Insomma, comprare responsabilmente ok, ma anche il portafoglio ha la sua importanza. Perché alla fine si tratta di libertà: decidere di comprare responsabilmente richiede un prerequisito importante: la possibilità di farlo. Anche decidere di comprare il prodotto più economico è rappresentativo della libertà di cui godiamo nel mondo industrializzato. Fondamentalmente potremmo tutti acquistare uno smartphone da 2000€, c’è tutto un mondo di strumenti finanziari che ti permette di farlo anche se non puoi realmente permettertelo. Il punto è che non per tutti quello smartphone è una priorità. Magari invece lo è l’auto, le vacanze estive, la borsetta oppure persino fumare un pacchetto di sigarette al giorno (che, tra parentesi, costa un sacco di soldi).
Ognuno di noi è libero di scegliere come spendere i propri soldi. L’unica schiavitù che abbiamo è quella delle convenzioni sociali e del bisogno che sentiamo di avere qualcosa di cui spesso non solo non abbiamo realmente bisogno, ma che in fondo nemmeno ci piace, ma questo è un altro discorso.
Nulla di tutto ciò ha realmente a che fare col costo dei prodotti, non raccontiamoci storie. Si può smettere di fumare e comprare una nuovissima aspirapolvere da 1000€, così come si può risparmiare sull’auto e con quei soldi andare per diversi anni in vacanza in qualche paradiso tropicale. Ognuno di noi stabilisce quali sono le proprie priorità e si comporta di conseguenza. Quindi, quando vogliamo discutere sulla validità di un prodotto, il costo dovrebbe essere l’ultima delle argomentazioni.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
» Anche su iPadOS 18 arrivano gli store alternativi
A partire dal 16 settembre, con l'arrivo di iPadOS 18, gli sviluppatori europei potranno caricare browser con motori alternativi a WebKit e lanciare app store di terze parti su iPad, grazie alle normative imposte dal Digital Markets Act (DMA). Epic Games, già presente con il suo store su iOS, potrebbe essere una delle prime a lanciare uno store alternativo per iPad. Questa apertura offre nuove opportunità per gli sviluppatori, ma comporta sfide tecniche e di sicurezza nella gestione di versioni multiple dei browser.
[Fonte: DDAY.it]
» OpenAI lancia o1, la prima intelligenza che “ragiona”
OpenAI ha rilasciato i modelli o1, progettati per elaborare maggiormente le informazioni prima di rispondere, migliorando così le capacità di ragionamento. I modelli, divisi in o1-preview e o1-mini, sono più lenti ma più precisi rispetto a GPT-4o e sono particolarmente adatti a risolvere compiti complessi, come dimostrato nel test delle Olimpiadi Internazionali di Matematica. Sebbene la serie o1 non abbia ancora tutte le funzionalità di ChatGPT, rappresenta un passo avanti nella capacità di intelligenza artificiale generativa.
[Fonte: DDAY.it]
» PS5 introduce l'audio 3D personalizzato con l’ultimo aggiornamento
Con l'ultimo aggiornamento di sistema di PlayStation 5, gli utenti possono ora configurare un profilo personalizzato per l'audio 3D, migliorando l'esperienza del suono spaziale durante il gioco. Il test per creare questo profilo può essere eseguito direttamente dalla console. L'aggiornamento introduce anche un nuovo hub di benvenuto personalizzabile e la funzione di ricarica adattiva per il controller DualSense, inizialmente disponibile su PS5 Slim e PS5 Pro.
[Fonte: DDAY.it]
» La FIAT 500 elettrica rallenta: produzione sospesa per quattro settimane a causa del calo delle vendite
Stellantis ha annunciato la sospensione della produzione della FIAT 500 elettrica nello stabilimento di Mirafiori per quattro settimane, a causa del calo della domanda e della frenata del mercato delle auto elettriche. Il ridotto supporto governativo agli incentivi e la fine dell'effetto "flotte" hanno contribuito al rallentamento delle vendite. Stellantis sta però investendo 100 milioni di euro per sviluppare la produzione della 500 ibrida e nuove batterie ad alte performance, con l'obiettivo di rilanciare il sito produttivo.
[Fonte: Dmove.it]
» Tesla non è più in testa: a luglio in Europa è BMW la prima
Per la prima volta, Tesla è stata superata da BMW nelle vendite di auto elettriche in Europa. A luglio, BMW ha immatricolato 14.869 veicoli elettrici contro i 14.561 di Tesla, con Volkswagen, Volvo e Audi a seguire. Tesla mantiene però il primato per modello singolo, con la Model Y in cima alla classifica. Nonostante Tesla rimanga leader nelle vendite annuali, la crescente concorrenza e la mancanza di nuovi modelli stanno influenzando le sue prestazioni sul mercato europeo.
[Fonte: Dmove.it]
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Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.