L’Africa delle startup che si aiutano a casa loro
Quando parliamo di Africa pensiamo soltanto alla povertà e all’immensa tragedia delle guerre e dell’immigrazione. Ma esiste anche un’altra Africa, moderna, che guarda al futuro, che nessuno racconta.
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La parola di oggi: Mini-grid, è un'aggregazione di più fonti di energia che operano come un unico sistema che fornisce elettricità e possibilmente calore, isolato da una rete elettrica principale.
» PENSIERI FRANCHI: I panni sporchi di Esselunga si lavano sul Corriere
Mi capita spesso di parlare dello stato dell’editoria in Italia perché la salute del giornalismo mi sta molto a cuore e sotto sotto temo che, col peggioramento della situazione, diventi sempre più difficile in Italia accedere a una stampa di qualità, che sappia ancora come far bene il proprio mestiere, che è quello di raccontare i fatti e non soltanto assoggettarsi al potere di turno (politico o economico) per poter portare a casa la pagnotta.
Certo è che i segnali di un profondo degrado, in questo senso, arrivano sempre più numerosi e concreti anche da uno dei più importanti quotidiani nazionali. Martedì scorso è apparsa sul Corriere della Sera l’intervista a Marina Caprotti, presidente di Esselunga e figlia di Bernardo Caprotti. Esselunga è inserzionista del Corriere della Sera, immagino anche inserzionista di un certo peso.
L’intervista conteneva un’annuncio: la volontà di Esselunga di far tornare in libreria il libro del suo fondatore:”Falce e carrello”. Secondo Marina Caprotti, questo ritorno avrebbe avuto lo scopo di onorare la memoria del padre, soprattutto in risposta a un altro libro su Esselunga uscito recentemente in libreria. Libro che nell’intervista non viene mai nominato, né tantomeno ne viene citato l’autore che però, guarda caso, è Giuseppe Caprotti, primogenito di Bernardo e dunque fratello di Marina (di due matrimoni diversi, ma non cambia). Il libro si chiama “Le ossa dei Caprotti” e racconta la storia non sempre serena e positiva della famiglia.
Ora, fa notare Francesco Costa nel podcast Morning (da cui ho tratto questa storia), se pure a Marina non fosse andato di citare il nome e l’autore del libro di cui si è parlato, è un po’ curioso che non l’abbia fatto nemmeno il giornalista, visto che l’intervista girava proprio intorno al libro stesso. Inutile aggiungere che l’intervista poi è del tipo da sdraio, con domande tipo “suo padre amava anche i dolci?”.
Il secondo capitolo di questa vicenda arriva qualche giorno dopo, venerdì, quando Esselunga compra su vari quotidiani una pagina per promuovere il libro di Bernando Caprotti, tornato in vendita nei supermercati. Si scopre allora che l’autore dell’intervista a Marina Caprotti è anche l’autore della prefazione al libro stesso.
Quindi, mettiamo in fila le cose: Esselunga è inserzionista del Corriere della Sera, la sua amministratrice viene intervistata dal Corriere da un giornalista che è a sua volta autore della prefazione del libro di Esselunga che viene poi promosso con la pubblicità sulle pagine dello stesso Corriere. Capolavoro.
Amici miei giornalisti (con la G maiuscola), voi non siete vittime del declino della stampa. Voi siete i carnefici della stampa e se la gente non vi legge più, forse un motivo c’è.
Buona lettura.
Franco A.
» L’AFRICA DELLE STARTUP TECNOLOGICHE CHE NON TI ASPETTI
L’Africa è grande. Quanto grande? Tre volte l’Europa, Quasi un quinto più del nord America e conta un miliardo di esseri umani. Sulla precedente Insalata scrivevo di quanto le previsioni sulla crescita della popolazione mondiale siano quasi esclusivamente concentrate proprio sul continente africano. Mi sono chiesto perché, ed ecco subito la risposta: non esiste solo un’Africa, ma ne esistono tante, tantissime.
In un territorio così grande c’è tutto e il contrario di tutto, ci sono deserti senza acqua e giungle rigogliosissime, ci sono metropoli moderne e villaggi che non hanno mai visto un computer. Insomma l’Africa, più che un continente, è un piccolo pianeta, che sta crescendo com’è naturale che cresca qualsiasi posto abbia una storia antichissima, forse la più antica del pianeta Terra, e un’incredibile ricchezza di materie prime.
Nel titolo ho citato ironicamente quello che sentiamo spesso dire dai nostri politici quando si parla, senza saperne mai abbastanza, di immigrazione:«aiutiamoli a casa loro!». Ma non sarà che lo stanno già facendo da soli? È da questa domanda che sono partito per andare alla scoperta, sempre comodamente seduto alla scrivania di casa mia, di un’Africa che non pensavo esistesse, piena di startup tecnologiche, di centri per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, di pagamenti digitali. Insomma, di un’Africa tecnologica che sarà al centro delle evoluzioni tecnologiche dei prossimi anni.
L’energia al primo posto negli obiettivi delle startup
Se dovessimo riassumere in tre punti le necessità della maggior parte della popolazione africana, potremmo riassumerle in energia, cibo, salute. Ma la prima - ovvero l’accesso senza particolari restrizioni all’energia - è la più importante perché motore fondamentale per tutte le altre. Senza energia non si può fare nulla, nemmeno alimentare quei mezzi di comunicazione che sono necessari per vivere quasi quanto l’acqua e il cibo.
Pensate che ho letto su un forum di italiani all’estero che persino a Lagos, megalopoli da 16 milioni di abitanti in Nigeria, si vive con generatori e accumulatori perché l’erogazione dell’energia non è costante. Fa strano che si abbia scarso accesso all’energia in un continente così vasto dove non mancano di certo acqua, sole e vento, no?
A fine dicembre 2023 si è tenuto a Parigi la Digital Energy Challenge, che ha premiato 9 startup africane attive nel settore dell’energia. Un evento supportato dall’Unione Europea. Le tre principali categorie della competizione erano:
Accesso universale all'elettricità e alle mini-grid (ci torneremo)
Gestione efficiente della rete per i servizi energetici pubblici
Resilienza e decarbonizzazione dei sistemi di alimentazione
Non entrerò nel dettaglio dei nove progetti che hanno vinto, prenderò soltanto i primi tre come esempio dell’intesa attività di ricerca che si sta svolgendo su questo tema in Africa.
Groupe de Recherche et d’Échanges Technologiques (GRET) - Madagascar / gret.org
In Madagascar, solo il 10% della popolazione rurale ha accesso all'elettricità. Il problema dell’accesso all’energia è dovuto in parte all'elevato costo degli investimenti nel miglioramento e nell'implementazione della rete elettrica. Il progetto GRET mira a sostituire i contatori convenzionali con contatori intelligenti e implementare soluzioni digitali in loco per migliorare la disponibilità di energia e l'efficienza del servizio. «Stiamo implementando una rete di sensori IoT in una centrale idroelettrica per due comuni rurali. Miglioreranno il monitoraggio e ridurranno i tempi di consegna per l'identificazione dei guasti», afferma Eva Sahondralalaina, Project Manager di GRET.
PAM Africa - Nigeria / pamafrica.com
Le mini-grid sono diventate essenziali per il raggiungimento degli obiettivi dell'accesso universale all'elettricità in Africa, ma sono ancora poco implementate e costano molto.
PAM Africa affronta questo problema fornendo agli operatori di rete una piattaforma multiuso basata sulla raccolta e l'analisi dei dati in tempo reale sulla domanda di energia. L'obiettivo è generare tariffe dinamiche. «Comprendiamo dalla nostra analisi dei dati che l'accessibilità economica è stagionale. Quindi è essenziale introdurre tariffe dinamiche che riflettano il modello di accessibilità del cliente», afferma Patrick Agese, CEO di PAM Africa.
4InA Technologie - Tunisia
4InA Technology è una startup tunisina che ha sviluppato una soluzione che riduce al minimo le perdite di energia per i consumatori industriali attraverso il monitoraggio della rete in tempo reale. «Abbiamo sviluppato un sistema di controllo autonomo che utilizza l'intelligenza artificiale per analizzare i dati della rete energetica, rilevare anomalie e determinare le loro cause sottostanti, mentre fornisce ai manager suggerimenti sulla pianificazione della manutenzione», afferma Hinda Zribi, cofondatrice e amministratrice delegata. Questa soluzione mira ad aumentare l'efficienza energetica del 30%.
Cosa sono le Mini-Grid
L’Africa è uno sterminato territorio di più di 30.000.000 chilometri quadrati con una densità abitativa di 36 abitanti per km² (quella europea è di 73 abitanti per km²). Questo dato si traduce nelle enormi distanze che andrebbero coperte dalla rete di distribuzione dell’energia. Il che significa sostanzialmente due cose: o l’energia non arriva ovunque, o quando arriva costa un occhio della testa.
Ecco quindi che è nato il concetto delle mini-grid, o mini-reti. Si tratta di piccole reti energetiche isolate e delocalizzate, che operano indipendentemente dalla rete principale. Queste reti sono spesso autonome, alimentate da fonti rinnovabili come l’energia solare di cui l’Africa - lo dicevamo poco fa - abbonda.
Lo sviluppo delle mini-grid presenta però varie sfide che richiedono attenzione. Le barriere che bisogna superare nello sviluppo delle mini-grid nel settore privato in Africa includono le lacune nella politica e nella regolamentazione, nonché la capacità delle principali parti interessate e soprattutto l’accesso ai finanziamenti. Ecco perché un supporto esterno, come quello dell’Unione Europa, potrebbe fare la differenza nello sviluppo e nel superamento di un problema che è la chiave dello sviluppo di tutto il continente.
Una riflessione particolare che vi propongo è questa: Abbiamo già parlato di come la ricerca sulle batterie, spinta dalla veloce evoluzione di smartphone e auto elettriche, si sia appoggiata anche sullo sfruttamento di paesi ricchi di materie prime, ma dove la manodopera, che spesso sfocia nello sfruttamento, costa pochissimo. Tuttavia, lo sviluppo di queste tecnologie sta abbassando drasticamente il costo dei dispositivi che poi vengono utilizzati da queste startup per portare l’energia nelle piccole comunità che caratterizzano il tessuto sociale africano. Non sto giustificando lo sfruttamento delle condizioni di lavoro spesso disumane, ci mancherebbe, sto solo riflettendo su come spesso le cose possano avere ripercussioni insospettabili.
Il centro di ricerca sull’intelligenza artificiale in Congo-Brazzaville
Il Congo è un paese grande come l’italia. Ma quale dei due? Ecco, partiamo da qui: ci sono due Congo, quello più sviluppato che si chiama Repubblica del Congo, o anche Congo Brazzaville, dal nome della sua più grande città. E poi c’è la Repubblica Democratica del Congo (RDC), nota fino al 1997 come Zaire.
A Brazzaville, a marzo del 2022, è nato ARCAI, ovvero l’African Research Centre on Artificial Intelligence, un moderno centro di ricerca sull’intelligenza artificiale costruito con il supporto della ECA (Economic Commission for Africa).
Mactar Seck, capo del dipartimento tecnologia e innovazione dell'ECA, ha dichiarato in un'intervista a Franceinfo Afrique:«I corsi online sono già iniziati. Ci aspettiamo ricercatori dall'Africa ma anche da tutti i continenti. C'è una partnership che è in fase di costituzione con diverse università che lavorano nel campo dell'intelligenza artificiale in Africa e in Europa, negli Stati Uniti e in Inghilterra. Prima di tutto, dobbiamo padroneggiare questa tecnologia che consente non solo di combattere la povertà, ma anche di creare molti posti di lavoro per i giovani del continente, oltre che rappresentare un valore aggiunto. Il contributo al PIL è estremamente importante».
Sebbene i paesi africani siano molto attenti ai benefici economici che l'IA può portare alle loro economie, seguendo l'esempio del Ruanda, che ha recentemente inaugurato il centro CAI4R dedicato all'intelligenza artificiale e ha sviluppato la sua rete Internet, la maggior parte della popolazione africana, specialmente nelle zone rurali, non ha accesso a Internet a causa della mancanza di rete o perché non può permettersi un abbonamento. In Congo, i prezzi sono aumentati considerevolmente nel 2021.
All'inaugurazione di ARCAI, il segretario esecutivo dell'ECA Vera Songwe ha fatto notare:«C'è un urgente bisogno che il governo fornisca Internet a banda larga veloce, conveniente e affidabile per facilitare la tanto necessaria trasformazione digitale».
Julie Owono, direttore esecutivo della ONG Internet Without Borders, ha aggiunto:«Condivido la preoccupazione di Vera Songwe: prima di parlare di Intelligenza Artificiale, dobbiamo parlare dell'accesso a Internet, del suo costo. Questo costo rappresenta una parte troppo grande del bilancio di un cittadino africano medio. Secondo le ultime statistiche dell'Alliance for Affordable Internet, gli africani spendono il 5% del loro budget mensile per accedere a 1 GB di Internet, mentre la media fissata dall'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) è del 2%».
Le 10 startup africane che hanno ricevuto più investimenti nel 2023
Ora arriviamo al cuore del discorso. Come abbiamo visto, nonostante gli enormi ostacoli esistenti nel grande continente africano, non mancano le startup che si stanno battendo per portare avanti l’innovazione di cui l’Africa stessa ha bisogno per crescere.
Sono tantissime le startup tecnologiche attive e, come vedrete tra poco, non tutte hanno sede in Sud Africa, che è sostanzialmente un angolino di occidente in territorio africano.
Secondo Sentech Africa Tech Week, le 10 startup africane che hanno ricevuto più investimenti sono:
MNT-Halan - 400 milioni di dollari. Ha come scopo la digitalizzazione dei mercati bancari tradizionali e di quelli basati sul contante.
M-KOPA - 250 milioni di dollari. Si tratta di un’altra startup finanziaria attiva in Kenya, Uganda, Nigeria, Ghana e Sud Africa che ha come scopo il finanziamento delle realtà escluse dal circuito classico dei finanziamenti.
Husk Power - 103 milioni di dollari. Si tratta di una società di servizi energetici rurali attiva nelle comunità africane e indiane in cui la rete elettrica è povera o del tutto assente. Si occupa di fornire energia 100% rinnovabile a famiglie e imprese.
Planet42 - 100 milioni di dollari. Una starutp nata a Tallin, in Estonia, e poi spostatasi in Sud Africa. Ha come scopo il superamento di quello che chiama il “mobility gap” e la democratizzazione della mobilità nei paesi dove acquistare un’auto è costoso e il sistema di trasporto pubblico non funziona a dovere.
MOOVE - 84 milioni di dollari. Un’altra startup che si occupa di mobilità. Fondata in Nigeria, è attualmente attiva in 6 grandi metropoli africane e ha come scopo quello di combattere la mancanza di accesso al finanziamento dei veicoli.
Wetility - 48 milioni di dollari. Un’altra startup che si occupa di energia. Cito il Payoff aziendale “Powered by South Africans with the vision to power Africa”. Wetility si difinisce così:”Siamo un team di visionari, imprenditori, ingegneri ed esperti finanziari appassionati di soluzioni energetiche innovative”.
Nuru - 40 milioni di dollari. Si tratta di una startup attiva nelle aeree più povere del Kenya, Etiopia, Nigeria e Sahel e ha lo scopo di aiutare le popolazioni locali a sviluppare soluzioni efficaci per l’agricoltura, lì dove altre aziende non riescono o non vogliono operare.
Sabi - 38 milioni di dollari. Si tratta di un’azienda che opera nella catena della fornitura che si definisce così: “Sabi è il principale fornitore africano di infrastrutture abilitanti che alimentano l'approvvigionamento e la distribuzione di beni fisici e materie prime”.
Lulalend - 35 milioni di dollari, è un’azienda fintech con sede in Sud Africa.
Victory Farms - 35 milioni di dollari, è una delle più grandi aziende che allevano pesce nell’Africa dell’est. Ha sede in Kenya e ha l’obiettivo di nutrire 2 miliardi di africani nei prossimi vent’anni.
Eccola l’Africa che non ti aspetti e di cui io, personalmente, non sospettavo l’esistenza. Un Africa che, seppure impegnata a lottare con l’assenza di infrastrutture, di energia disponibile sempre e ovunque - qualcosa che forse, nel nord del pianeta, diamo troppo per scontata - tenta di rimanere al passo coi tempi, di progredire e di competere a testa alta col resto del mondo.
» COSE MOLTO UTILINK 🔗
Gli articoli più interessanti che ho letto in settimana, insieme ai link utili o semplicemente curiosi che ho trovato in giro per internet.
» Non guardarmi nel cervello
Su Internazionale, Fletcher Reveley si interroga sui pericoli del rapido sviluppo delle neurotecnologie, con un occhio alla privacy e all’autoderteminazione delle persone.
Cosa ne sarà di noi quando il nostro cervello non avrà più segreti?
» CONSIGLI PER L’ASCOLTO 🎧
Nei Pensieri Franchi vi ho parlato di una storia raccontata in Morning, il podcast de Il Post con la rassegna stampa di Francesco Costa che esce tutte le mattine.
Avendovi attinto a piene mani, non posso che consigliarvene l’ascolto. Il podcast però è solo per gli abbonati a Il Post. Fateci una pensiero, che sono soldi ben spesi.
C’è un secondo articolo che, mio malgrado, devo consigliare, ed è l’articolo di Domani con un video che vi farà male. Guardatelo solo se siete forti, ma forse è meglio se lo guardate comunque, perché ogni tanto è bene rendersi conto di quello che (non) stiamo facendo e di cui siamo passivamente responsabili.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
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Un’altra sberla per un gigante della tecnologia statunitense. Questa volta, l’antitrust europeo sembra intenzionato a multare Apple con la cifra record (per il settore) di 500 milioni di euro per non aver informato correttamente gli utenti sull’esistenza di alternative più economiche per accedere agli abbonamenti dei servizi di streaming musicali.
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Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Grazie dell’articolo! Un’unica cosa: correggi il refuso sulla superficie dell’Africa che non è di 30.000 kmq ma 30.370.000 😊