L’auto elettrica non è una follia. Diario della mia settimana elettrica (con Mustang Mach-E)
Ho vissuto per una settimana in compagnia di un'auto completamente elettrica, senza la possibilità di ricaricarla a casa. Ecco il risultato.
Tempo stimato per la lettura: 17 minuti
La parola di oggi: il kilowattora, indicato con la sigla kWh, è l’unità di misura dell’energia elettrica e indica il lavoro compiuto da una macchina che sviluppi una potenza costante di 1 kilowatt (1000 watt) per un’ora.
» PENSIERI FRANCHI: Quando le prove non avranno più peso
» Da questa uscita di Insalata Mista, la numero 48, trovate un’importante novità: la versione audio. Non è un podcast, sia chiaro, ma una versione audio dell’Insalata, creata per andare incontro a chi, da tempo, mi chiede un podcast per ascoltare i contenuti senza essere costretto a leggere 12/15 minuti di testo.
La richiesta non solo è comprensibile, ma persino scontata. Purtroppo però non riesco davvero a trovare il modo di ricavare altre 2/3 ore per editare un podcast (al tempo pubblicai le 10 puntate di Digitali e Markettari e dunque so benissimo qual è l’impegno necessario).
Ci viene però incontro l’intelligenza artificiale, di nuovo, e quindi ho fatto una prova con uno dei tanti servizi di text-to-speach. Ne ho provato uno, evenlabs.io, che permette la sintesi della propria voce partendo da 5 minuti di audio, che fortunatamente avevo a disposizione. Il risultato lo potete ascoltare con le vostre orecchie ed è letteralmente sbalorditivo. Sono bastati 5 minuti di audio, di buona qualità, per istruire un sistema a parlare esattamente come me, compresa l’inflessione e il cambio di tono, le pause, gli accenti e persino i respiri. Anzi, meglio di me, perché la dizione è praticamente perfetta e questo infatti è l’unico indizio che si tratta di qualcosa di artefatto. Per il resto, questo audio ha ingannato tutti i miei familiari e anche me stesso.
Allora mi sono chiesto: e se qualcuno volesse farmi uno scherzone? Se qualcuno usasse questo modello per mandare un vocale a qualcuno compromettendo la mia posizione? Certo, abbiamo pensato subito al classico messaggio alla moglie con cui svelo un’ipotetica relazione adulterina, ma pensate invece alle ripercussioni sul lavoro.
Ancora peggio: leggendo la tesi di laurea sul tema della giustizia preventiva di mia cugina (brava Serena!), mi è sorto spontaneo pensare a quanto possa ancora pesare una prova in un mondo in cui tutto è falsificabile. Voglio dire: oggi ci sono ancora dei margini di miglioramento, i video “deep fake” sono ancora un po’ tanto fake e non si fa fatica a distinguere un contenuto generato da uno originale. Esistono, a dirla tutta, anche strumenti in grado di svelare qualcosa generato da un’intelligenza artificiale. Tuttavia mi chiedo: “come sarà la situazione tra 5 anni?”. Oppure: “e se un malintenzionato decidesse di partire da un qualcosa di generato dall’IA per poi andare a migliorare il tutto manualmente?”.
Mi spiego meglio: sono arrivato a un audio praticamente perfetto utilizzando un mio audio registrato in maniera non professionale, ma quasi. Zero rumori di sottofondo, audio super pulito. Il risultato è stupefacente anche per quello. Se prendi una frase specifica dall’audio generato, la migliore, è praticamente indistinguibile da una frase che potrei registrare io stesso. Un esperto del settore potrebbe aggiungere rumori e disturbi per ricreare un audio praticamente reale. E lì voglio vederti a rilevare l’origine finta del contenuto.
Insomma, se le macchine possono farci fare e dire qualsiasi cosa, che senso avranno nel futuro gli audio catturati, le intercettazioni, persino i video delle telecamere a circuito chiuso o quelli fatti con lo smartphone?
Certo, la giustizia non sta lì a guardare e si è già interrogata sulla questione delle “deepfake evidence”, però un conto è prendere atto del problema, un altro è mettere in discussione tutto il sistema probatorio.
Se tutto è vero (o verosimile), allora nulla più è vero. Ecco forse il primo problema che l’intelligenza artificiale ci pone. E la soluzione, ahimè, è tutt’altro che semplice.
Franco A.
» UNA SETTIMANA ELETTRICA CON MUSTANG MACH-E
Avevo annunciato tempo fa che avrei fatto un viaggio test con un’auto 100% elettrica in regioni italiane a bassa densità di colonnine. Il piano poi è saltato, per via di impegni di lavoro, ma ho avuto comunque modo di utilizzare una Mustang Mach-E per un’intera settimana, una mia tipica settimana lavorativa, facendo circa 1000 chilometri tra autostrada e strade statali, tra tangenziali milanesi e traffico.
Quello che volevo ottenere era un test il più possibile realistico di cosa significa avere un’auto 100% elettrica per uno come me, che di chilometri ne fa parecchi, senza avere la possibilità di usare la ricarica domestica. La situazione peggiore, insomma. Volevo farlo direttamente perché, ve lo dico chiaramente, non mi fido granché degli esperti della mobilità elettrica. Il perché è semplice: nel mondo dell’informazione specializzata ci sono due tipi di utilizzatori dell’elettrico, i fanatici e i detrattori. Molto difficile trovare un parere realmente imparziale (anche se esistono, ovviamente).
Ora, qualcuno potrà sollevare il dubbio sulla mia imparzialità, perché in passato sono stato parecchio scettico sulla soluzione completamente elettrica. In cuor mio continuo a sperare in un futuro in cui alle batterie si affianchi qualche genere di combustibile pulito, ma per ora la strada è solo una, bisogna accettarlo: l’auto elettrica a batteria.
È così che, con la curiosità che non mi manca, ho voluto fare un test approfondito in condizioni reali. L’occasione è stata un’auto di sicuro non comune: ho avuto a disposizione per una settimana una Mustang Mach-E Long Range AWD, con tanto di tetto panoramico. L’AWD (cioè quella con 4 ruote motrici) non è la migliore in efficienza, e infatti Ford dichiara un’autonomia di 550 km contro i 600 della RWD (trazione posteriore). Cambia anche l’efficienza, vedremo poi perché sta tutta qui la questione, che passa da una media 17,3 kWh per 100 km della RWD ai 18,8 della AWD (dati WLTP, ciclo combinato).
A cosa ci dobbiamo abituare
La prima cosa da digerire è questo nuovo modo di calcolare i consumi: non più chilometri per litro o litri per 100km, bensì kilowattora per 100 Km. Vi sembrerà strano all’inizio, ma poi non sarà così complicato capire che, per ottenere i fatidici 6 km con un kilowattora, dovrete avvicinarvi il più possibile ai 15 kWh per 100 km. Più questo valore cresce e più state consumando.
La seconda cosa molto importante a cui dovete abituarvi è proprio quella di non guardare l’autonomia residua espressa in km.
«Ma come? Vuoi farmi rimanere per strada?»
No, e infatti c’è l’indicatore, molto più veritiero, della percentuale di carica. Per capire il perché vi sto dicendo questo, vi prego di fare per un attimo riferimento al vostro uso dello smartphone, non sarà l’unica volta in cui farò questo paragone. Quando, tempo fa, dicevano che l’auto elettrica è in fondo uno smartphone con le ruote, beh, non andavano molto lontano dalla verità.
Con lo smartphone voi cosa fate? Se per esempio siete in giro, sono le 12 e avete il 55% di batteria, guardate le ore di autonomia stimate dallo smartphone o vi regolate in base alla vostra esperienza di utilizzo? Magari abilitate la modalità risparmio energetico, evitate di giocare a Clash Royal e di tenere lo schermo continuamente acceso, perché così avrete la certezza di riuscire ad arrivare a sera senza problemi.
La stessa cosa succede con l’auto elettrica. Mi è capitato, per esempio, di avere il 30% di batteria e di dover scegliere come tornare a casa, se con l’autostrada (consumo stimato 14%) o con una strada statale (consumo stimato 11%). In questo caso ho preferito la seconda scelta, perché oltre che consumare il 3% in meno, sapevo di avere più certezza dei consumi. L’autostrada invece, complice quel sorpasso che non avevi previsto o magari chissà, un incidente, potrebbe portare a degli imprevisti spiacevoli.
A qualcuno potrà sembrare strano, persino una limitazione, il fatto di dover programmare il viaggio in anticipo. Lo era anche per me, mi dava molto fastidio dover pensare sempre e comunque in anticipo a quello che stavo per fare. Poi, a un certo punto, mi sono reso conto che la stessa cosa succede anche con la mia auto a gasolio, solo che il calcolo avviene ormai in automatico, senza pensarci.
Davvero, non è un’autogiustificazione. Quando parto la mattina do sempre un’occhiata al livello del gasolio, se ho una sola tacca, allora faccio in modo di programmare il ritorno passando dalla pompa dove mi rifornisco di solito (come sapete abito in provincia, per cui passo per tanti paesi differenti e sovente posso scegliere se tornare tramite autostrada o provinciale/statale). Ma tutto questo ormai avviene in automatico nella mia testa, non devo pensarci.
Con l’elettrica è lo stesso, si parte dando un’occhiata alla percentuale di ricarica e si decide come procedere.
«Eh ma col gasolio faccio il pieno in cinque minuti»
E infatti, la questione alla fine sta tutta qui, con l’auto elettrica non si fa il pieno in 5 minuti, questo è un dato di fatto, ma anche su questo punto, credetemi, mi sono dovuto ricredere.
Com’è la vita con le colonnine pubbliche
Arriviamo alla questione fondamentale: i tempi di ricarica. Già, perché se si potesse ricaricare in cinque minuti, nessuno starebbe lì a discutere. Ci sono di mezzo però delle implicazioni tecniche e pratiche che vanno considerate.
Faccio subito un riassunto della mia esperienza: ho sofferto solo in un’occasione, per il resto quasi non mi sono accorto del problema. Ora vi spiego tutto per bene.
Innanzitutto è verissimo quello che dicono gli esperti: togliamoci di testa il fatto che si debba partire la mattina sempre col 100% di carica. Questa si che è una mentalità derivata erroneamente dallo smartphone, che teniamo (male!) tutta la notte sotto carica. Pensate piuttosto alla vostra auto a benzina/gasolio: partite sempre la mattina col pieno? Non credo.
C’è poi la questione tecnica, ovvero che la batteria dà il massimo dell’efficienza quando è in una certo range di carica, solitamente nel mezzo. Ho testato questa cosa con mano: mi sono collegato a una colonnina da 300 kWh (la Mustang supporta una ricarica fino a 150 kWh) con l’80% di batteria e la carica andava a 40 kWh. Lì per lì ci sono rimasto male, poi ho scoperto che a bordo c’è un sistema chiamato Battery Management System (BMS) che regola tutto della batteria: temperatura, riscaldamento, velocità di ricarica, percentuale da destinare alla mobilità piuttosto che ai sistemi di bordo, etc.
Quando la batteria dell’auto si trova fuori dal range ideale, la velocità di ricarica non sarà quella massima dichiarata, funziona così per tutte le auto. Perciò per ottenere il massimo della carica, si deve stare in una range che varia da auto a auto e che per ma Mach-E mi è sembrato essere tra il 20 e il 70% (non ho trovato il dato ufficiale).
Che poi è un discorso (di nuovo) analogo allo smartphone: cosa ci hanno sempre detto sulle batterie al Litio? Che per non danneggiarle bisogna stare lontani dagli estremi: mai completamente scariche e il meno possibile cariche al 100%. Ecco perché la logica giusta è sempre quella delle microricariche, per avere quello che ti serve per il tuo ciclo di utilizzo.
Vi faccio un esempio pratico: quando ho ritirato l’auto, sono rientrato da Milano percorrendo circa 110 Km. L’uso non è stato particolarmente costante: un po’ di traffico, occasionali accelerate per sorpassare dei camion (e che accelerate! Ne riparliamo…) e una temperatura esterna non proprio gentile che, lo vedremo, impatta davvero tanto sull’autonomia.
Sono partito col 100% di carica e sono arrivato col 69% residuo. L’autonomia stimata è passata dai 550 km ai 297, praticamente 40 Km in più rispetto a quelli percorsi, e questo perché ho mantenuto un consumo medio di 25 kWh/100 Km (almeno questo è quello che dichiarava l’auto, che ogni tanto però sbagliava), ovvero 4 chilometri per kilowattora. Tantino, a dirla tutta. Le statistiche dicevano che circa il 30% della batteria se ne era andata per via della temperatura, ovvero sia per riscaldare l’abitacolo che per far fronte alla temperatura esterna, e infatti ho fatto questo test in un periodo di freddo persistente (temperature sempre poco più alte dello zero con massime di 7/8 gradi).
Il fatto però che l’autonomia fosse passata da 550 km a 297 km nonostante avessi percorso 110 km, ci deve suggerire che l’autonomia in chilometri è per sua stessa natura inefficace. Da lì a poco avrei capito quanto sarebbe stata molto più indicativa la percentuale di ricarica perché, avendo appreso che il mio tragitto più comune consumava l’11% di batteria in modo abbastanza costante, col 69% potevo fare in tranquillità altri 2 giorni (11% per andata e ritorno = 22% al giorno).
Così ho fatto, ho usato l’auto tranquillamente per tutto il secondo giorno e il terzo, al ritorno dal lavoro, mi sono fermato al solito centro commerciale dove faccio spesa, collegando l’auto per 30 minuti a una colonnina fast da 75 kWh, ricaricando il 36%. Sul costo della ricarica ne parliamo nel prossimo paragrafo, intanto vi rispondo a una domanda che già percepisco nelle vostre teste:
«Ma col 36% non ci fai altri due giorni!»
Si, vero, ma è pure vero che non sono andato a caricare l’auto, l’ho semplicemente lasciata lì dove normalmente la posteggio mentre facevo spesa, oltretutto anche di fretta (sono un velocista della spesa, 30 minuti è quasi da record), e l’ho ricaricata per quello che mi sarebbe bastato per un altro giorno e mezzo.
Avevo anche l’obiettivo di provare altre colonnine, perciò non sono stato lì a indugiare. L’avessi tenuta in carica un’altra mezz’ora, sarei arrivato tranquillamente a fine settimana, ma l’indomani volevo provare sia la 300 kWh che la 22 kWh. Soprattutto, volevo testare anche il discorso della disponibilità degli stalli, per cui me la sono fatta andar bene. Devo però sottolineare il fatto che in questo caso non me ne sono nemmeno accorto. Paradossalmente non ho nemmeno dovuto perdere i 5 minuti per il rifornimento alla pompa: ho utilizzato il tempo in cui normalmente l’auto è ferma a non fare niente.
Quanto costa ricaricare l’auto elettrica?
Sul discorso dei costi c’è da fare una premessa: per vivere di colonnine c’è bisogno di un abbonamento, non se ne esce. Il costo al kilowattora altrimenti è davvero alto, soprattutto per le colonnine fast, con cui ci si avvicina facilmente all’euro per kWh.
Personalmente ho optato per BeCharge, facendo l’abbonamento da 20€ al mese che mi ha dato diritto al 40% di sconto sul costo al kilowattora. Avrei potuto usare anche la Blu Oval Charge Network, che è quella di Ford, ma essendo un’auto in prestito ho preferito usare un altro sistema e BeCharge, nella mia zona, ha un’ottima diffusione di colonnine affiliate.
La ricarica di cui scrivevo poco fa, 30 minuti per il 36%, è costata circa 17€ (costo al kWh 0,85€ - 40% di sconto, ovvero 0,51€, più in basso trovate lo screenshot della ricevuta). Di fatto ho caricato quindi 35 kWh e voi direte, giustamente, «ci sta, se la batteria è di circa 99 kWh, il 36% corrisponde grossomodo a 35/36 kWh». E invece no, perché la capacità a disposizione dell’utente è di 91 kWh (come da sito Ford), pertanto per caricare il 36% avrei avuto bisogno di 32 kWh e non 35.
Ecco, benvenuti nel fantastico mondo della dispersione delle colonnine. Pensate che tutto quello che la colonnina eroga vada a finire nell’auto? Ovviamente no, una parte (che è variabile in base alla colonnina e alla velocità di ricarica, si può arrivare fino al 15% di dispersione) viene dispersa. Voi la pagate, ma l’auto non la riceverà mai. Ecco perché, anche alla luce di questo, fare troppi calcoli sui kWh può ingannare. Di nuovo: basatevi sulla percentuale di batteria, che è il metodo più sicuro di viaggiare.
La Mustang Mach-E: bella, comoda e un po’ costosa
Se alla fine di tutto questo vi state chiedendo:«ok, ma com’è questa Mustang Mach-E?», arrivo anche a voi. Sgombriamo il campo dalle accuse più comuni: “non è una vera Mustang”, “non fa rumore”, “è un SUV”. Si, ok, tutto quello che volete, ma quest’auto è davvero bella. Bella innanzitutto esteticamente, con linee filanti e molto marcate, “muscolose”. La linea ha un carattere tutto suo, inutile negarlo, e la gente per strada ancora si gira a guardarla. Insomma, il marchio c’è e fa la sua porca figura.
Sfatiamo anche la questione del rumore. Si può abilitare un suono che, per la prima volta, non simula un’astronave, bensì un motore a cilindri bello corposo. Qualcuno l’ha paragonato a quello di un V8. Non esageriamo, ma in accelerata è davvero piacevole da ascoltare.
Nell’abitacolo Mustang Mach-E è davvero spaziosa e comoda. Anzi, la spaziosità dell’abitacolo e la comodità delle sedute, uniti al comfort della guida elettrica (che quando si ferma è come se fosse spenta, assenti del tutto le vibrazioni dei motori termici), la rendono un vero salottino.
All’occasione, con i suoi 5,8 secondi di accelerazione 0-100km/h, ci si può divertire un bel po’ e i sorpassi sono assolutamente sicuri. Se chiedi lei ti dà tutto, nonostante i 2.180 kg di peso, che non sono affatto pochi.
A bordo di questa versione c’è tutto: sedili e volante riscaldati, tetto panoramico e tutti gli ADAS (sistemi di sicurezza) del mondo. Anzi, non credo che mi riprenderò mai dalla comodità dell’applicazione, con la quale si possono programmare gli orari in cui si vuole trovare l’auto calda. Per esempio al mattino, trovarla già sbrinata e riscaldata (al costo del 3% di batteria) alle 7:30, non ha davvero prezzo.
L’unico problema di Mach-E, a mio avviso, è proprio il prezzo, perché in questo allestimento costa circa 73.000€. Ci sono poi gli incentivi, per carità, oltre al solito discorso di Idea Ford (cioè un valore garantito dell’auto se la restituisci o la sostituisci a fine contratto), che ho utilizzato più volte e che è validissimo, col quale ci si può portare a casa l’auto con una spesa razionale (in questo periodo Mustang Mach-E è in promo a 495€ al mese con 12.000€ di anticipo per 30.000km in 36 mesi). Però è davvero un costo non banale. Certo, l’auto è un’auto premium, c’è poco da fare, ma sul mercato ormai cominciano a fare capolino alternative interessanti, la stessa Ford Explorer, di cui ho parlato in una precedente Insalata, dovrebbe arrivare a metà 2024 con un costo che dovrebbe aggirarsi sui 40.000€.
Di nuovo: non sono auto dal fascino di Mustang Mach-E, su questo non ci piove. Però ci siamo capiti: voi fate le vostre valutazioni, io sto già facendo le mie.
L’auto elettrica è una follia? Tutt’altro.
Premesso che a breve farò un’altra puntata sul discorso elettrico - in cui andrò un po’ a fondo sul discorso efficienza e in cui vi parlerò anche del competitor con la “C” maiuscola in questo settore che è, inutile girarci attorno, Tesla - volevo tirare le somme di questa settimana elettrica.
L’auto elettrica non è una follia, come pensavo erroneamente fino a poco tempo fa. L’ho testata nelle condizioni peggiori (chilometraggio elevato, misto autostrada/città, condizioni climatiche pessime), senza peraltro avere la possibilità di ricaricare a casa, che è abbastanza una discriminante.
Ci sono state poche occasioni in cui mi sono trovato effettivamente ad aspettare che ricaricasse ed è sempre capitato per via di un evento imprevisto che mi ha costretto a fare chilometri in più (infatti di solito non faccio 1000 km a settimana).
Tutti problemi che, per chi può caricare a casa, non esistono. Con la carica domestica, anche se ci si deve accontentare dei 3 kWh, in una notte si possono ricaricare circa 30 kWh (considerando tutti i 3 kWh a disposizione x 11 ore, dalle 20 alle 7 del mattino). Considerando anche un’efficienza molto bassa, mettiamo di 4 km al kWh, si fanno comodamente 120km, che sono più che sufficienti anche per il mio utilizzo giornaliero.
Oltretutto ad un costo nettamente inferiore rispetto alla colonnina (io attualmente pago 0,25€ al kWh, quindi una ricarica di questo genere costa 7,50€), ma anche rispetto a un’auto a gasolio (gli stessi 120 km, fatti con la mia auto che fa 15 km con un litro, sarebbero costati 13,50€, al costo attuale). Abbiamo anche già parlato dell’opportunità delle wallbox, che per chi ha un garage sono veramente una svolta.
Per chi invece deve vivere con le colonnine, la cosa si fa un po’ più complicata. Se si ha a disposizione uno stallo libero vicino casa, si può sfruttare la notte per portare l’auto vicino al 100% e stare così tranquilli per un due/tre giorni. Non è l’ideale né per l’auto né per i costi, ma anche in questo caso non si vivono dei drammi. Certo, se mi sento di dire che potendo caricare la notte, l’auto elettrica ha un tipo di utilizzo praticamente equiparabile al termico (anzi, con molti vantaggi), per chi deve vivere di colonnine è bene ragionarci ancora un po’.
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Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Molto interessante e grazie mille per il tuo lavoro. A quando un articolo sui fotovoltaici e pompe di calore? Se è di tua competenza giustamente. Anche sulle motociclette elettriche sarebbe interessante. Per me almeno e non solo.