Le neurotecnologie sono più avanti di quello che pensiamo
Ci stiamo - giustamente - preoccupando della regolamentazione dell'intelligenza artificiale, trascurando un'evoluzione tecnologica ben più preoccupante: quella delle neurotecnologie e delle BCI.
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La parola di oggi: Optogenetica, il termine fu coniato nel 2006 per riferirsi a metodologie ottiche ad alta velocità utili a sondare e controllare geneticamente ed in modo mirato i neuroni all'interno di circuiti neuronali intatti. L'optogenetica è stata selezionata come metodo dell'Anno 2010 da Nature Methods. (da Wikipedia)
» PENSIERI FRANCHI: Le democrazie sono troppo lente
Mai come in questi anni, le democrazie stanno evidenziando tutti i propri limiti. Il primo limite delle democrazie occidentali è la lentezza e i tempi eterni con cui reagiscono alle novità. Le novità possono riguardare un nuovo assetto geopolico, ma anche un’evoluzione tecnologica che pone nuovi dilemmi etico-morali.
Se state pensando all’annosa questione dell’intelligenza artificiale, avete indovinato a metà. Vi serva da suggerimento il titolo di questa newsletter, perché forse ancora più dell’IA, i singoli stati devono prendere coscienza - con una certa urgenza - che a fare enormi passi in avanti sono le neurotecnologie, con applicazioni pratiche già viste in paesi dove la democrazia non è proprio di casa.
Leggendo questa Insalata scopriremo insieme che quello che pensavamo soltanto possibile nei film, è in realtà a portata di mano: decodificare i pensieri, influenzare il comportamento dei mammiferi (e tra poco degli esseri umani), impiantare ricordi, decodificare le immagini e i ricordi stessi, potenziare le facoltà mentali. Sembrano termini presi da un libro di fantascienza e invece è qualcosa che è così vicina da mettere i brividi, per questo si sono formati spontaneamente comitati e fondazioni che cercano di sensibilizzare gli organismi nazionali e sovranazionali sull’urgenza di legiferare sulle neurotecnologie.
Ma mentre le democrazie occidentali, come capita sempre in questi casi, non riescono a fare altro che calendarizzare discussioni e commissioni specializzare con frequenza semestrale, quando va bene, i paesi un po’ meno democratizzati - leggasi per esempio la Cina - stanno già procedendo rapidamente nell’uso e nell’implementazione di tecnologie che meriterebbero una discussione più ampia sul fronte etico.
In gioco questa volta non ci sono posti di lavoro o dati personali, bensì la nostra libertà personale, quella più intima dei nostri pensieri e delle nostre azioni. Quando il cervello non avrà più segreti e sarà come un libro aperto per scienziati e aziende, avremo perso l’ultimo baluardo di libertà in gioco. E la cosa che è ancora più scioccante è che, grazie anche alla spinta data dall’intelligenza artificiale, è un futuro che probabilmente vedrà anche la nostra generazione.
Proprio per questo la nostra generazione ha, più di ogni altra, questa grande responsabilità: ampliare il quadro dei diritti fondamentali dell’uomo integrando la privacy mentale, che rappresenterà il terreno di scontro del futuro prossimo.
Buona lettura.
Franco A.
» COSA FAREMO QUANDO CI LEGGERANNO NEL PENSIERO?
L’interfaccia cervello-computer ci trasformerà in cyborg. E non è fantascienza. Facciamo un esperimento? Vi metto qui due frasi, sia in lingua originale sia tradotta (da GPT). Provate a darvi mentalmente la risposta alla domanda: «che differenza c’è?».
«I am not finished yet to start my career at twenty without having gotten my license I never have to pull out and run back to my parents to take me home.»
Italiano: «Non ho ancora finito di iniziare la mia carriera a vent'anni senza aver preso la patente, non devo mai ritirarmi e correre dai miei genitori per farmi riportare a casa».
«Although I’m twenty-three years old I don’t have my driver’s license yet and I just jumped out right when I needed to and she says well why don’t you come back to my house and I’ll give you a ride».
Italiano: «Anche se ho ventitré anni, non ho ancora la patente e sono saltato fuori proprio quando ne avevo bisogno e lei dice, beh, perché non torni a casa mia e ti do un passaggio?».
Se ci avete fatto caso, ci sono delle somiglianze: c’è il discorso della patente che appare collegato al fatto di farsi accompagnare a casa. Le frasi sono simili, soprattutto nei concetti, ma non nella forma e in ultima analisi risultano un po’ sgrammaticate.
Ora, cosa pensereste se vi dicessi che la seconda è una frase che è stata fatta ascoltare a una persona, mentre la prima è la frase che un computer ha trascritto leggendo i pensieri della stessa persona? Ascoltare i pensieri vi sembra impossibile? Allora vi stupirà sapere che in realtà questo è un esperimento del 2021 e che da allora sono stati fatti passi da giganti, tanto che ora il problema che si pone è un altro: bisogna che gli stati si dotino di una legge comune per delimitare i confini di una scienza, la neurotecnologia, che può potenzialmente porre fine all’ultimo baluardo della nostra privacy personale: il cervello e i nostri pensieri, la Mental Privacy, fino a ridurci a marionette che agiscono comandate da remoto dalla volontà di altri. È già successo, sapete? Ora vi racconto.
Jerry Tang, uno studente in medicina nella facoltà di medicina di Austin, in Texas, fu costretto durante la pandemia a proseguire i propri esperimenti da casa. Questi esperimenti consistevano nel fare analizzare a una BCI, un’interfaccia cervello-computer, una serie di onde cerebrali, scansionate tramite un apparato chiamato fMRI (functional magnetic resonance imaging). Il risultato è stato dato in pasto a GPT1, l’antesignano dell’attuale modello linguistico che utilizziamo tramite chatGPT (che oggi è alle versione 4).
Uno dei risultati di questi esperimenti è le frase che vi ho citato prima, dove a essere correttamente interpretate non sono le singole parole, ma i concetti e il senso generale della frase, con un grado di approssimazione che è stupefacente.
Dopo un anno, nell’autunno del 2021, fecero lo stesso esperimento senza stimoli esterni, senza aver ascoltato nessun audio. Il risultato fu molto vago, ma non c’è dubbio che lo strumento fu in grado di catturare alcuni pensieri. Catturare e leggere i pensieri, ci pensate?
Innestare immagini per influenzare il comportamento.
Se pensate che tutto ciò sia stupefacente e che sia stato possibile grazie ai più recenti prodigi della tecnologia, vi stupirà sapere che Rafael Yuste, un neuro scienziato della Columbia University, fece un esperimento dove riuscì a impiantare, tramite una tecnica denominata optogenetica, un’immagine artificiale nel cervello di un topo semplicemente accendendo o spegnendo specifici “circuiti” del suo cervello.
Era l’anno 2011, dieci anni prima degli esperimenti con la decodifica del pensiero di Jerry Tang. In questo modo è stato possibile guidare il topolino come una marionetta senza coscienza. Soltanto dopo averlo effettuato Yuste prese coscienza del fatto che, in questo modo, gli scienziati sarebbero stati in grado di manipolare ogni esperienza del topo: dal comportamento alle emozioni, dalla consapevolezza alla percezione. E persino ai ricordi.
Pochi anni dopo, infatti, alcuni ricercatori del MIT hanno dimostrato che una tecnica simile poteva essere utilizzata per impiantare falsi ricordi.
Dopo aver fatto questa scoperta, Yuste si sentì di dover mettere tutto in pausa: «Il cervello funziona allo stesso modo nel topo e nell'umano, e qualunque cosa possiamo fare al topo oggi, possiamo farlo all'umano domani».
Vedere i propri ricordi, come in The Final Cut
Nel 2004 uscì un film con Robin Williams, si chiamava The Final Cut e raccontava di un futuro in cui le persone potevano decidere di impiantarsi un chip che registrava qualsiasi cosa vedessero. Non è esattamente quello a cui ha lavorato nel 2008 il team guidato da Jack Gallant, un neuroscienziato dell'Università della California, ma ci si avvicina molto.
Gallant utilizzò i dati delle scansioni fMRI, che misuravano i cambiamenti nel flusso sanguigno delle varie regioni del cervello, per indovinare quale immagine un partecipante allo studio aveva visto, scegliendola da un ampio set di immagini. Il team ha poi pubblicato un articolo a riguardo su Nature, scrivendo «I nostri risultati suggeriscono che presto potrebbe essere possibile ricostruire un'immagine dell'esperienza visiva di una persona dalle sole misurazioni dell'attività cerebrale».
Ma poi è stato fatto ancora di più. Shinji Nishimoto, un ricercatore che operava nel laboratorio di Gallant, guidò un team che riuscì a ricostruire dei filmati dalle registrazioni delle scansioni fMRI dei partecipanti. «È un grande salto verso la ricostruzione delle immagini interne», disse Gallant in un comunicato stampa dell'epoca. «Stiamo aprendo una finestra sui film nella nostra mente». Solo un anno dopo, una squadra giapponese guidata da Yukiyasu Kamitani, quella finestra la spalancò del tutto, decodificando con successo l'argomento generale dei sogni di un partecipante allo studio.
I vantaggi e i pericoli per l’uomo
Si potrebbe andare ancora avanti parecchio perché, che lo sospettassimo o meno, la scienza ha fatto passi da gigante con questo genere di tecnologie. Tutto ciò è stato possibile anche grazie al fatto che, lo vedremo tra poco, gli investimenti sono stati enormi. Ma è evidente che lo scopo primario di questi studi non è soltanto quello di proiettarci in un futuro spaventoso. Evidentemente no, dalle neuroscienze si può arrivare ad aiutare molte persone.
Sono tantissime le applicazioni mediche che possono portare a un miglioramento sostanziale della vita di molte persone, per esempio ripristinando la comunicazione nelle persone con sindrome locked-in, la cui paralisi quasi full-body ha reso impossibile parlare.
Nel 2004, a un uomo quadriplegico di nome Matthew Nagle, è stata impiantata una piccola griglia di microelettrodi nella corteccia motoria del cervello (responsabile, tra le altre cose, dei movimenti volontari dei muscoli). In questo modo, Nagle ha ripristinato in parte le sue funzionalità motorie. È stato infatti in grado di controllare il cursore del suo computer, giocare a pong e aprire e chiudere una mano robotica, semplicemente usando la sua mente.
Nel 2011, i ricercatori della Luke University hanno sviluppato una BCI bidirezionale che ha consentito alle scimmie di controllare un braccio virtuale e ricevere da questo braccio sensazioni artificiali, utilizzando la stimolazione della corteccia somatosensoriale che elabora i sensi, compreso il tatto. L’anno dopo, nel 2012, si è fatto ancora un passo in avanti con i bracci robotici controllati da BCI. Fu infatti possibile, per una donna con paralisi, usare la mente per prendere una tazzina di caffè e sorseggiarlo.
Se tutto ciò ci fa pensare a questi esperimenti come a un netto passo avanti per la cura di malattie e disabilità gravissime, dall’altro non può che preoccuparci la possibilità che queste tecniche possano essere utilizzate proprio contro di noi.
Nel 2019, una scuola di Jinhua, in Cina, ha suscitato parecchie critiche dopo aver utilizzato le fasce EEG (un modo molto comune per misurare l’attività del cervello tramite i suoi segnali elettrici) per monitorare i livelli di concentrazione dei suoi alunni. Allo stesso modo, nel 2018 il South China Morning Post ha scritto che decine di fabbriche e aziende avevano iniziato a utilizzare "dispositivi di sorveglianza del cervello" per monitorare le emozioni dei lavoratori, nella speranza di aumentare la produttività e migliorare la sicurezza.
Nel 2014, il primo calcio della Coppa del Mondo è stato dato da un uomo paraplegico usando un esoscheletro robotico controllato dalla mente. Nel 2016, un uomo si è scambiato un “pugno” con Barak Obama, affermando poi di averlo “sentito”. L'anno successivo, gli scienziati hanno dimostrato che la stimolazione elettrica dell'ippocampo potrebbe migliorare la memoria, aprendo la strada alle tecnologie di aumento cognitivo. I militari, a lungo interessati alle tecnologie BCI, hanno costruito un sistema che ha permesso agli operatori di pilotare tre droni contemporaneamente usando, in modo parziale, le loro menti.
Perché è urgente normare questo settore più di ogni altro
Torniamo un attimo a Rafael Yuste, uno degli scienziati più attivi sul fronte delle neurotecnologie. Più i suoi esperimenti davano risultati eccezionali, più si rendeva conto che il cervello sarebbe stato straordinariamente esposto a manipolazioni esterne. Fino a ripensare seriamente all’iniziativa BRAIN, un programma governativo finanziato con diversi miliardi di dollari, che Yuste stesso aveva contribuito a lanciare.
Yuste si rese conto che non si potevano più ignorare le conseguenze etiche e sociali di questa ricerca. Quindi, quando nel 2015 venne nominato nel comitato consultivo, cominciò a esprimere le proprie preoccupazioni e presto si rese conto che la situazione era disastrosa: non c’erano linee guida e qualsiasi sforzo fatto si scontrava con la burocrazia.
Frustrato dallo stato delle cose, Yuste si dimise dal comitato e fondò un comitato indipendente insieme a Sara Goering, un’esperta di bioetica dell'Università di Washington. Nell’autunno del 2017 convocarono un incontro al Morningside Campus della Columbia con 30 esperti nel campo della neurotecnologia, dell'intelligenza artificiale, dell'etica medica e della legge provenienti da tutto il mondo.
Questo gruppo divenne noto con il nome di “Gruppo Morningside” e arrivò a identificare quattro priorità etiche, o neurodiritti, a cui Yuste ne aggiunse un quinto: il diritto alla privacy mentale; il diritto all'identità personale; il diritto a un accesso equo “al miglioramento mentale”; il diritto di protezione dai pregiudizi nello sviluppo di algoritmi neurotecnologici; il diritto al libero arbitrio. I cinque diritti fondamentali per la privacy mentale vennero pubblicati su Nature.
Tra le preoccupazioni c’è sicuramente Neuralink
In questo quadro molto preoccupante, non si può nascondere il fatto che un player importante abbia fatto capolino in questo settore suscitando diverse preoccupazioni: Neuralink e il suo cofondatore Elon Musk.
Musk ha annunciato, circa un mese fa, che Neuralink è riuscita a impiantare nel cervello di un volontario un’interfaccia BCI che in futuro potrebbe essere in grado di fargli controllare un arto artificiale.
Queste interfacce esistono dal 1998, ma quella di Neuralink promette di essere meno invasiva e di avere una sensibilità maggiore di quelle prodotte fino ad oggi. L’annuncio però è stato dato senza alcun dettaglio e infatti la comunità scientifica ha accolto la notizia con scetticismo.
Sul perché anche noi dovremmo essere scettici, se non spaventati, dalle sperimentazioni di Neuralink, ne avevo già scritto in una precedente insalata.
A queste preoccupazioni bisogna aggiungere quelle che possono nascere analizzando la quantità di denaro investito in questo settore negli ultimi decenni.
Secondo un rapporto di NeuroTech Analytics, gli investimenti annuali nel settore sono aumentati di oltre 20 volte tra il 2010 e il 2020, salendo a più di 7 miliardi di dollari l'anno. Le aziende attive nel settore sono oltre 1.200 e le iniziative governative su larga scala, come BRAIN, hanno sbloccato miliardi di finanziamenti pubblici.
Certo, non bisogna dimenticare anche i progressi - notevoli - a cui la ricerca ha portato. In molti casi è stato possibile migliorare sensibilmente la qualità della vita di persone affette da Parkinson, lesioni al midollo spinale e ictus.
Ciò nonostante, è fondamentale che molti altri paesi prendano seriamente in mano la questione, così come ha fatto il Cile, il primo paese al mondo a modificare la costituzione per includere la “mental privacy”, grazie agli sforzi congiunti di Yuste e del senatore Guido Girardi.
Secondo alcuni, sarebbe necessaria una modifica alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, perché così facendo la modifica sarebbe tacitamente approvata da tutti i paesi che hanno firmato la carta. Il percorso però è estremamente difficoltoso, per questo motivo Yuste ritiene che la strada più praticabile sia quella di un’Agenzia internazionale simile a quella sul nucleare, ma dedicata ai diritti della nostra mente. Ha detto Yuste:«Il mio sogno sarebbe quello di avere una convenzione internazionale sulla neurotecnologia, proprio come ne avevamo una sull'energia atomica, con un proprio trattato».
» COSE MOLTO UTILINK 🔗
Gli articoli più interessanti che ho letto in settimana, insieme ai link utili o semplicemente curiosi che ho trovato in giro per internet.
» Se vuoi approfondire l’argomento di oggi
Nella precedente Insalata ho suggerito l’articolo da cui ha preso spunto l’Insalata di oggi. L’articolo in cui Fletcher Reveley si interroga sui pericoli del rapido sviluppo delle neurotecnologie, prende spunto da un altro articolo, apparso su undark.org, che vi consiglio di leggere.
» CONSIGLI PER L’ASCOLTO 🎧
Oggi ho ben due consigli per l’ascolto. Il primo riprende l’Insalata di settimana scorsa. Curiosamente, come mi ha fatto notare un caro lettore (grazie Valeriano) qualche settimana fa Cecilia Sala aveva trattato di startup africane nel suo podcast Stories. Inutile dirvi che il suo ascolto completa il discorso.
Il secondo ascolto invece riguarda il podcast “Ci vuole una scienza”, che nell’ultima puntata ha fatto chiarezza sulla questione inquinamento dell’aria nella Pianura Padana e in particolar modo a Milano.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
» Le borse di Stati Uniti, Europa e Giappone festeggiano la crescita incredibile di Nvidia
L’intelligenza artificiale è ormai l’argomento principale di qualsiasi organo d’informazione e dietro ogni modello di linguaggio, dietro ogni algoritmo o strumento che sfrutta l’intelligenza artificiale, c’è una GPU Nvidia. Ecco perché la società sta conoscendo una crescita straordinaria, tanto che le sue azioni sono arrivate in un solo giorno, giovedì della scorsa settimana, a crescere del 16,4%. Per la stessa dinamica, anche la sua capitalizzazione è aumentata in maniera vertiginosa, 277 miliardi di dollari in un solo giorno, portandola a 1.940 miliardi di dollari, superando suini Amazon e Alphabet e piazzandosi al terzo posto dopo Microsoft e Apple.
» Playstation apre al PC anche il suo visore per realtà virtuale VR2
Sarà forse per fare concorrenza a Meta Quest 3, sarà forse per dare ai possessori di PlayStation VR2 qualche gioco in più da giocare, fatto sta che Sony ha fatto sapere, con un post ufficiale, che sta lavorando alla possibilità di utilizzare il proprio visore di realtà virtuale su PC. Il supporto potrebbe arrivare entro quest’anno.
» Gemini, la nuova versione potenziata di Bard, ha preso qualche granchio storico
Sarà perché Google ha addestrato la sua ultima versione di intelligenza artificiale Gemini, successore di Bard, con troppa attenzione verso le tematiche di pregiudizio raziale, sarà che spesso le strade scelte dai Large Language Model sono per definizione imprevedibili, ma il risultato è comunque che in più di un occasione Gemini ha rappresentato personalità storiche, per esempio i padri fondatori degli Stati Uniti, come persone di colore. Google si è ovviamente scusata, ma vedremo se sarà davvero in grado di correggere questo genere di errori.
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
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