Spie, WhatsApp, attentati. Chi è Paragon e cos'è il software che sta facendo tremare il governo
Nessun dispositivo è inespugnabile, soprattutto per la società israeliana che produce il software per spie più potente del mondo. La stessa società che ha rescisso il contratto con l'Italia.
L’esperimento fatto nella scorsa puntata, che a dire la verità non era il primo della storia di Insalata Mista, non ha riscosso il successo sperato. Molti sono stati i commenti (tantissimi!) che hanno detto di preferire la classica impostazione con l’approfondimento unico. Il cosiddetto “mappazzone”. E allora mappazzone sia! A tutti coloro i quali si sono presi un minuto per commentare e per darmi il loro riscontro, un grandissimo grazie!
50 parole che dicono tanto
Il sito di Paragon Solution conta 50 parole in tutto. Le ho contate, forse sono 53, ma non di più. Nel mio mestiere i siti vanno riempiti di parole scritte in un certo modo per far sì che il sito piaccia ai motori di ricerca e quindi venga indicizzato, portando traffico qualificato a scoprire il sito, la società, i prodotti o i servizi che offre.
Qui invece troviamo soltanto 50 parole che dicono tanto su Paragon Solution, società israeliana specializzata in servizi di sicurezza. Anzi, come dice il payoff dell’azienda, che “potenzia la difesa informatica etica”. E proprio in quest’ultima parola sta il cuore di questa vicenda, che vede un paese, l’Italia, accusato di aver abusato di questo servizio che dovrebbe servire soltanto per la lotta al terrorismo e alle mafie. Di mezzo ci sono le ONG, i migranti, una testata come Fanpage, il partito della premier Fratelli d’Italia e altre due testate internazionali della portata di Haaretz e soprattutto del Guardian.
Cosa c’entrano tutte queste cose insieme? Come mai l’Italia, che di solito ha un profilo piuttosto basso nelle questioni di cyber spionaggio internazionale è invece al centro di una vicenda che parte da Israele, rimbalza in California e arriva direttamente a Roma?
Il messaggio di Meta in persona che ti dice che il tuo telefono è da buttare
Tutto è partito venerdì scorso, quando alcuni utenti si sono visti arrivare su Whatsapp un messaggio direttamente da Meta, mega corporation che controlla Facebook, Instagram, Threads e appunto Whatsapp. Perentorio il contenuto «A dicembre abbiamo interrotto le attività di una società di spyware che riteniamo abbia attaccato il tuo dispositivo. Ti consigliamo di cambiarlo in quanto anche un ripristino delle impostazioni di fabbrica può non essere in grado di rimuoverlo. Se sei un giornalista o un membro della società civile contatta i ricercatori del Citizen-Lab all’Università di Toronto».
Chiunque di noi avrebbe pensato a uno scherzo o a una truffa. Evidentemente chi l’ha ricevuto invece ci ha creduto perché facente parte di una certa categorie precise di persone. Novanta in tutto le persone spiate da questo spyware in Europa, di cui 7 in Italia. Tra questi Luca Casarini e Beppe Caccia di Mediterranea - la piattaforma civica di salvataggio dei migranti - e il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato.
Per capire cosa abbiano in comune queste tre persone, bisogna allargare lo sguardo agli altri spiati fuori dall’Italia, perché a unire i puntini viene fuori un disegno bello chiaro. Tra gli spiati europei infatti c’è anche Husam El Gomati, attivista libico che gestisce un canale Telegram dove denuncia traffici loschi tra Roma e Tripoli. Repubblica cita anche un virgolettato dove El Gomati afferma:«Ho scoperto l’intrusione dopo aver annunciato su Facebook di aver messo insieme materiale compromettente sui network dell’immigrazione illegale».
Fanpage è invece la testata dell’inchiesta su Gioventù Nazionale, l’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia i cui membri sono stati ripresi mentre inneggiavano al fascismo e che ha infastidito molto la premier Giorgia Meloni. Non solo questo, anni prima la stessa testata aveva portato avanti un’altra inchiesta scottante sui presunti finanziamenti in nero sempre allo stesso partito, “lobby nera”, chiusa poi un anno fa per impossibilità nel raccogliere “elementi in grado di confermare quanto emerso”.
Una ONG che salva i migranti, un attivista che denuncia i traffici con Libia, principale paese che gestisce i flussi dei migranti col supporto del governo italiano, la testata che dà fastidio al partito di maggioranza. Tutto lascerebbe pensare che dietro queste intercettazioni ci sia il governo stesso e tuttavia non è così scontato.
Il governo si sfila dalle accuse: indagherà l’ANC
Graphite, così si chiama lo spyware di Paragon, viene venduto a una lista ristrettissima di clienti, cioè a soli 35 governi democratici alleati degli Stati Uniti e soltanto per indagini che riguardino la lotta al terrorismo, mafia e altri reati gravi. Il software infatti è talmente pericoloso da essere etichettato come strumento di intrusione di “livello militare”.
Una politica di riservatezza e di condotta super rigida, perché ne va della credibilità di una società che mette piede nelle stanze proibite dei servizi segreti nazionali. Il fondatore di Paragon è, non a caso, Ehud Schneerson, ex capo dell’Unità 8200 delle forze armate israeliane e cioè il team di cyber-spionaggio più temuto del pianeta. Loro fu l’operazione che tramutò in bombe i cercapersone degli Hezbollah libanesi a settembre dello scorso anno.
Graphite è lo strumento di punta della società, uno spyware che può infettare qualsiasi tipo di dispositivo senza che l’utente compia alcuna azione particolare e che è in grado di intercettare qualsiasi cosa: telefonate, mail, messaggi di qualsiasi servizio, pure quelli con la crittografia end-to-end come WhatsApp, Telegram e Signal.
Il governo italiano ha dunque usato questo software per spiare persone scomode? E se l’ha fatto, su mandato di chi? Autorizzati da quale procura? Il governo ovviamente smentisce categoricamente di essere coinvolto e annuncia che sull’accaduto sta indagando l’ANC, cioè l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale. La premier giudica i fatti di “particolare gravità” e alcune indiscrezioni sembrano voler puntare il dito sulla magistratura, con la quale il governo porta avanti un braccio di ferro ormai da diversi mesi (a partire dal blocco del trasferimento dei migranti nei centri in Albania, ecc.).
L’accesso allo spyware infatti sarebbe in mano anche alle procure e sul fatto dovrebbe presto riferire Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, direttamente al Copasir, che è il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
Secondo la stampa internazionale i responsabili possono essere soltanto due
Fatto sta che però, come riportato da Haaretz e da Guardian, in Italia l’accesso a Graphite era garantito soltanto a due soggetti: un’agenzia di intelligence e una forza di polizia. Qual è questa agenzia e quale questa forza di polizia? Il Dipartimento di pubblica sicurezza, i Carabinieri e la Finanza affermano di non avere questo strumento in dotazione (e menomale). Rimane la Polizia, che recentemente avrebbe utilizzato un “captatore informatico israeliano per alcune indagini”, secondo quanto risulta e quanto viene riportato dal quotidiano Repubblica.
Fatti questi che hanno portato Paragon a ha rescindere i contratti in essere con il governo italiano per “violazione di termini etici e condizioni d’uso”. Non c’è dubbio quindi che dietro questi fatti c’è un ente governativo. La domanda è: chi ha agito lo ha fatto sotto mandato del governo stesso? Oppure, come capitato nel passato recente, si tratta di una singola persona o un gruppo ristretto di persone che avevano accesso a questi strumenti e che volevano in qualche modo “compiacere” il governo senza tuttavia informarlo sui fatti?
Infine non è da escludere anche la strada che sembrano suggerire le fonti informate, e cioè che possa essere stata una qualche procura ad agire deliberatamente. Lo scenario che fa più paura di tutti però è un altro e fa il paio con altri casi recenti di violazione di sistemi informatici a opera di singole persone, scoperte quasi per caso: la possibilità che una singola persona o un gruppo ristretto di persone, per iniziativa personale, abbia o abbiano la possibilità di utilizzare uno strumento di questa portata senza che non scatti alcun sistema di sicurezza, che non si accenda alcun allarme rosso.
Il fatto ricorda lontanamente quello del dipendente della filiale di Banca Intesa di Bitonto che, dal 2022 al 2024 avrebbe spiato personaggi importanti - tra cui politici e membri del governo fino alla presidente del consiglio - arrivando a collezionare 7 mila accessi abusivi al sistema. La vera notizia allarmante, anche in quel caso, era che un singolo dipendente di una filiale qualsiasi di un gruppo bancario potesse accedere indisturbato ai dati personali di chiunque e che l’abbia fatto addirittura 7 mila volte completamente indisturbato, senza che nelle stanze dei bottoni del gruppo bancario si accendesse alcun allarme.
Se dunque dietro queste intercettazioni ci fosse il governo, se lo stesso governo avesse usato uno strumento di lotta al terrorismo per spiare e tracciare sistematicamente persone e (soprattutto) giornalisti non graditi al partito di maggioranza, sarebbe di una gravità inaudita. Ma di gran lunga più spaventoso sarebbe lo scenario in cui dietro tutto ciò dovesse scoprirsi esserci una singola persona che ha operato per iniziativa personale. Significherebbe che in Italia anche i servizi segreti sono completamente fuori controllo e che la sicurezza informatica dei cittadini italiani semplicemente non esiste.
Quale che sia la verità, quale che sarà ciò che riusciremo a scoprire, la prospettiva è grave e preoccupante e ancora una volta tocca ribadire quanto sia di fondamentale importanza il ruolo della stampa e del giornalismo d’inchiesta, unico baluardo a difesa delle nostre libertà. Ecco perché la stampa è costantemente sotto attacco ed ecco perché forse dovremmo fare di più per difenderla. La nostra difesa, la difesa della verità, dipende anche da un’informazione libera.
» PENSIERI FRANCHI: Forse c’è ancora speranza
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
Sono stato a un concerto a cui probabilmente non sarei dovuto andare. Sono andato per accompagnare mio figlio e un suo amico e per introdurlo alle dinamiche tipiche dei concerti, essendo il primo. In ogni caso, a Milano non sarebbe potuto andare da solo e in fondo, non lo nascondo, il gruppo che voleva andare a vedere piace anche a me.
Così, da quasi cinquantenne mimetizzato nell’ombra di un club invaso da un migliaio di adolescenti, ho assistito al concerto respirando un’aria nuova, percependo un modo sano di stare insieme, di divertirsi, di sentirsi una comunità unita e alla fine ne sono uscito anche con uno spirito nuovo di fiducia in questa nuova generazione. Un pubblico, devo dirlo, a maggioranza nerd, tipico dei grandi eventi come le fiere dei fumetti e dei videogiochi.
Tutto questo vi sembrerà esagerato, lo so, e il senso di esagerazione si tramuterà in stupore quando vi dirò il nome della band romana di rap protagonista del concerto. Io però sono qui a raccontarvi quello che ho provato, non a impartirvi un sermone (anche se a volte lo sembra, lo so). La band si chiama “fuckyourclique”, una band romana appunto, formata da tre ragazzotti poco più che ventenni le cui canzoni sono piene zeppe di parolacce e bestemmie.
Alt, fermi tutti, vi ho visto storcere il muso leggendo “bestemmie”. E lo so cosa starete pensando: “non si fa”, “non è rispettoso”, “mi da fastidio chi bestemmia”. Si, può essere vero, ma a forza di ascoltarli ho capito anche il perché usano questo linguaggio e perché vadano sempre a finire su metafore sessuali. Nulla di quello che fanno e che scrivono è casuale. Non c’è nessun sfruttamento pretestuoso della parolaccia per fare i finti anticonformisti, nessuna strumentalizzazione della bestemmia per fare quelli “contro il sistema”. Quelli sono altri e di solito li chiamo “quelli cresciuti negli ambienti difficili con la paghetta di papà”, tanto per ricollegarmi alle parole di Tony Effe e i suoi 150€ di paghetta a settimana di cui parlò al BSMT di Gianluca Gazzoli.
I Fuckyourclique sono tre ragazzi evidentemente molto svegli, capaci di una critica tagliente che è diretta soltanto a chi sa leggere tra le righe. I loro testi sono scritti in una prima persona che ruba le parole di bocca ai soggetti che indirettamente criticano. Così, a un primo ascolto tu pensi che stiano sostenendo le parti di personaggi violenti, sessisti o omofobici e invece stanno facendo l’esatto contrario: prendono per il culo chi la pensa così facendolo parlare in prima persona nelle loro canzoni.
Ecco, i Fuckyourclique di base prendono per il culo, tutto e tutti. Non hanno limiti, non hanno freni inibitori. Fanno nomi e cognomi in un continuo “dissing” che prende di mira tutti i personaggi più famosi della TV e del web. Prendono per il culo pure l’etichetta stessa che li ha prodotti, prendono per il culo il pubblico che ha pagato per vederli dal vivo e il pubblico prende per il culo loro a sua volta, in un inedito scambio di insulti dal palco verso il pubblico e viceversa che francamente non solo non ho mai visto, ma nemmeno mi sarei mai aspettato di vedere.
Così, in mezzo ai cori, ai balli, allo “sbusto” di pacchetti di carte Pokemon e agli inni a Tekken, questi tre ragazzi hanno completamente smontato le regole base di uno spettacolo, rompendo quel “cerimoniale del divo” che vuole la star ergersi sempre al di sopra dell’ascoltatore.
Ma queste non sono le uniche cose che gli ho visto distruggere. In quel continuo sfottò e presa per il culo di tutto quello che gli capitava a tiro, c’era anche un altro obiettivo che primeggiava su tutti gli altri: gli adulti. Durante tutto lo spettacolo, fermo immobile su una balaustra ad osservare quella marea di giovani che saltavano, cantavano, si abbracciavano e interagivano in un modo del tutto originale con quei loro simili che solo per un caso stavano sul palco, ho capito chiaramente che l’obiettivo primario di tutte le critiche mascherate da prese in giro ero proprio io, o meglio noi adulti.
Non è difficile capire il motivo di questo atteggiamento strafottente e sfacciato nei nostri confronti, cioè della generazione di quelli che potrebbero essere loro genitori. Noi che li abbiamo etichettati come nullafacenti, come affetti da disturbi assurdi, come ludopatici, tossicodipendenti, inconcludenti, irresponsabili, viziati. Noi che non perdiamo occasione di dirgli “spostati, lascia fare a noi adulti che sappiamo come fare”.
Chissà come dev’essere il mondo visto dai loro occhi. Quello stesso mondo che noi adulti, non loro, stiamo distruggendo e devastando da secoli. Lo stesso mondo che ha raggiunto un livello estremo di disparità sociale, che paga pesantemente le conseguenze di una globalizzazione i cui risultati abbiamo potuto toccare con mano durante la pandemia. Un mondo dal clima devastato, a cui abbiamo prosciugato senza remore le risorse naturali e che abbiamo riempito di rifiuti tossici. Un mondo dove gran parte della popolazione soffre la fame, sfruttata dall’altra parte del mondo che invece getta nei rifiuti tonnellate di cibo e spende gran parte dei bilanci nazionali per curare le conseguenze di un’alimentazione eccessiva e squilibrata.
A noi adulti, orgogliosi di questo gran capolavoro che abbiamo realizzato, ci piace osservarli con lo sguardo pietoso e patetico, mentre continuiamo a ripetergli “dai, fai il bravo, smettila di giocare con i videogiochi che diventi sociopatico e ludopatico” e poi cerchiamo di convincerli in tutti i modi di essere capaci a far nulla in base a ragioni pseudo scientifiche che mascheriamo con la scusa dell’inclusività e dell’attenzione alle loro difficoltà.
Dobbiamo essere inclusivi, per questo li bolliamo come dislessici, discalculici, affetti da disturbi dell’attenzione o di contenimento della rabbia. Ecco come abbiamo trovato il modo di sedarli, di tenerli in disparte, di rubargli la gioventù, la possibilità di crescere, di scoprire il mondo, di vivere la propria vita come meriterebbero. E poi, non contenti, li abbiamo insultati e derisi. Gli abbiamo dato dei “fannulloni capaci soltanto di stare a casa con mamma e papà fino a trent’anni”, pur essendo stati noi stessi ad aver creato le condizioni per non permettergli di crearsi una propria vita e una propria indipendenza.
Provate a guardare il bilancio di uno stato occidentale, uno quasiasi, non parliamo dell’Italia. Fate caso a quanto spendiamo in scuola, istruzione e servizi ai giovani e quanto invece spendiamo per pensioni e sanità. Tutte le risorse o quasi vengono letteralmente drenate dalla parte più anziana del paese e ai giovani restano le briciole. Abbiamo reso impossibile creare nuove imprese, fare figli, creare una famiglia, rischiare per credere in un’idea o in un futuro migliore.
Non tutti ci stanno, per fortuna, e quelli che riescono ad alzare la testa poi lo fanno in modi inaspettati e ci mandano a quel paese nel modo che gli riesce meglio, toccandoci nel vivo. Mettendo il dito dritto nella piaga degli unici due tabù che ci sono rimasti: il sesso e la religione. Che poi è veramente una cosa curiosa, perché il sesso è ancora un tabù pur essendo la nostra società la più sessualizzata della storia; e tabù è anche la religione, pur essendo la nostra società, nei fatti, la più atea di sempre.
Il momento che stiamo vivendo è davvero l’epoca delle contraddizioni. Ci siamo talmente abituati al dolore, siamo talmente anestetizzati nel vedere la sofferenza altrui senza provare nulla, da arrivare a ringhiare con la bocca piena di bava rabbiosa davanti ai disperati che muoiono nel mare, nel tentativo di scappare da fame, violenze e torture che noi stessi abbiamo generato. E però, signora mia, se sentiamo un giovane pronunciare le due parole che affiancano la divinità a un animale, allora ci scandalizziamo. Perché oggi le parole contano più di qualsiasi cosa, contano più dei fatti. E non sto dicendo che non abbiano significato, per carità, le parole possono uccidere, ma non possono pesare più dei fatti.
La società in cui viviamo ha perso qualsiasi forma di compassione e di caritatevole senso di amore per il prossimo, questo è un fatto. Ma se ci fate caso, sono propri i gruppi religiosi a sostenere con più enfasi i leader politici che portano avanti la bandiera del contrasto duro all’immigrazione.
E quindi, per tornare al concerto, loro ci attaccano dove ci fa più male, dove riescono a crearci più imbarazzo. Ci vedono come quei vecchi parrucconi con le palandrane che in modo goffo e ridicolo cercano di metterli in un angolo e dunque reagiscono, ci fanno una pernacchia e ci mandano a quel paese. Lo fanno con un linguaggio tutto loro, pieno di riferimenti a cose che noi adulti non capiamo al 100% e che non dobbiamo capire, perché così è giusto che sia e perché è fisiologico di ogni cambio generazionale. Con i testi, con la musica, con gli insulti, con le parolacce, con le bestemmie, stanno completamente riscrivendo le regole del gioco e stanno dimostrando come ogni nostro tentativo di metterli in disparte non funziona e non funzionerà.
Il futuro è il loro e io, in mezzo a quella massa di gioventù che saltava al ritmo di “Non ce la farete mai”, confesso di aver pensato, con l’occhio mezzo lucido, che forse c’è ancora speranza. Che finché avranno quello spirito ribelle e quella follia tipica dei vent’anni, quel coraggio di non guardare in faccia a niente e nessuno e di mandarci a fare in culo con quella spontaneità, allora potremo sperare davvero in un futuro migliore, che magari potrà porre rimedio ai tanti danni che la mia generazione e quelle precedenti hanno fatto. Danni che noi abbiamo fatto, non loro. Ricordiamocelo.
Franco A.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
Meta sotto accusa: libri piratati per addestrare i modelli IA
Meta è sotto processo per aver scaricato circa 160 terabyte di libri protetti da copyright tramite torrent da siti pirata come LibGen e Z-Library, usandoli per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale Llama. Le mail interne rivelano che diversi ingegneri erano consapevoli dell’illegalità dei download, con messaggi che evidenziano dubbi etici e legali, come “usare materiale piratato dovrebbe essere oltre la nostra soglia etica” o “Non penso che dovremmo farlo”. Per evitare rischi, Meta avrebbe preferito download diretti, evitando i propri server per non lasciare tracce.
Secondo l’accusa, Meta ha scaricato almeno 81,7 terabyte attraverso il sito Anna’s Archive e altri 80,6 terabyte da LibGen. La difesa, però, sostiene che l’azienda non abbia mai distribuito il materiale scaricato, elemento chiave per evitare accuse più gravi. L’esito del processo potrebbe dipendere proprio dalla dimostrazione che Meta non abbia condiviso i file con terze parti.
Fonte: DDay.it
Bilancio tecnologico 2024: brillano friggitrici ad aria e spazzolini elettrici, calano TV e fotocamere
Il mercato tecnologico in Italia ha chiuso il 2024 con consumi stabili (-0,6% a valore), trainati da piccoli elettrodomestici (+6,5%) e home comfort (+8,4%). Le friggitrici ad aria (+29,7%), spazzolini elettrici (+15,5%) e prodotti per i capelli (+19,3%) sono stati i protagonisti positivi. Male invece elettronica di consumo (-4,5%), TV e prodotti audio-video, fotocamere (-8,6%) e IT & Office (-4%). Per il 2025, è attesa una lieve crescita, spinta dai piccoli elettrodomestici e dalla domanda di nuovi PC legata all’Intelligenza Artificiale.
Fonte: DDay.it
Vitruvian-1: il modello IA italiano da 14 miliardi di parametri che sfida OpenAI
La startup italiana ASC27 ha lanciato Vitruvian-1, un modello IA da 14 miliardi di parametri ottimizzato per la lingua italiana. Con un punteggio di 94 nel benchmark matematico MATH-500, il modello si avvicina a risultati ottenuti da o1 di OpenAI (96,4) e supera o1-mini (92,4). Vitruvian-1, già addestrato in medicina, legge e tecniche militari, cerca ora tester esterni. Nonostante la model card non sia ancora pubblica, il modello promette risultati interessanti grazie a tecniche avanzate di quantizzazione e pruning.
Fonte: DDay.it
Volkswagen lancia l’entry-level elettrico da 20.000 euro e una nuova strategia per il futuro
Volkswagen ha svelato un nuovo modello elettrico entry-level da circa 20.000 euro, il cui debutto è previsto per il 2027. Questo veicolo sarà sviluppato in Europa sulla piattaforma MEB evoluta, affiancandosi alla ID.2all (attesa nel 2026 a meno di 25.000 euro). Durante l’assemblea, il CEO Thomas Schäfer ha illustrato il piano “Triple A” per superare la crisi attuale: migliorare la competitività, lanciare nove nuovi modelli entro il 2027 e stabilirsi come leader tecnologico nel settore elettrico. Wolfsburg resterà il centro della produzione elettrica, con la futura Golf e il T-Roc elettrico sviluppati sulla piattaforma SSP.
Fonte: DMove.it
Stellantis introduce l’assistente virtuale con Mistral AI e amplia l’uso dell’IA nel gruppo
Stellantis ha annunciato una collaborazione strategica con Mistral AI per sviluppare un assistente virtuale basato su IA che permetterà interazioni vocali in linguaggio naturale sui veicoli del gruppo. Oltre a questo, l’IA di Mistral verrà impiegata in diversi ambiti: dal supporto agli ingegneri nella progettazione dei veicoli al controllo qualità predittivo nelle fabbriche, fino a chatbot per la forza vendita e l’analisi automatica dei dati di soddisfazione dei clienti. La partnership, avviata da oltre un anno, consolida l’impegno di Stellantis nell’integrare l’IA nei processi produttivi e operativi.
Fonte: DMove.it
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Non ce la farete mai! Non ce la farete mai!
Il problema dei giovani però è che sono pochi, dovrebbero (loro) trovare il modo di togliere il diritto di voto agli ultra cinquantenni e allora forse riuscirebbero a cambiare qualcosa