Perché gli americani stanno cercando di chiudere TikTok?
TikTok è sempre più popolare soprattutto in occidente, tanto da essere utilizzata quasi come motore di ricerca. Gli Stati Uniti però stanno cercando di chiuderla. Perché?
Tempo stimato per la lettura: 12 minuti
La parola di oggi: La misinformazione, secondo Treccani, è l’informazione non accurata, inattendibile, i cui contenuti, diffusi frettolosamente, rischiano di essere accettati come veritieri perché difficili o impossibili da verificare.
» PENSIERI FRANCHI: La sospensione del giudizio nel parlare a voce
La reazione più comune che ha suscitato la mia Insalata Mista sul rispondere o no al telefono, è stata una battuta che in molti mi hanno fatto di persona:«Eh ma che brutta persona, ora che lo so non ti chiamerò più!». Mi sono a lungo interrogato da dove derivasse questo problema che ho col telefono e col fatto che parlare mi scoccia moltissimo. Tranne che con le persone care, questo è evidente.
Poi, pochi giorni fa, un collega ha detto una cosa interessante. Si stava commentando l’ennesima telefonata di telemarketing che proponeva investimenti miracolosi in azioni di qualche multinazionale. Il collega ha detto all’interlocutore dall’altra parte del telefono:«Senti, a naso, tu non te la passi benissimo, altrimenti non faresti questo lavoro. Se proponi una soluzione di guadagno facile e realistica, perché non la utilizzi tu stesso?».
In quel momento ho realizzato una cosa che in realtà sappiamo molto bene tutti: al telefono sospendiamo il giudizio. Altrimenti non ci faremmo mai fregare da chi ci propone un cambio di operatore energetico o da ci vuole vendere qualsiasi cosa. Infatti il giochino si rompe sempre nel momento in cui rispondi:«Ora non ho tempo, mi può mandare tutto via email?».
Perché si rompe il giochino? Perché con una email hai il tempo di pensare, di realizzare cosa ti stanno realmente offrendo. Al telefono invece sei preso da altre cose, hai poco tempo per pensare, per ragionare. Sei concentrato su altre cose, per esempio sul cosa rispondere, sul tono della voce, sul contesto in cui ti trovi. Il tuo cervello è troppo impegnato in altre cose, tra cui rispondere alle domande che ti fanno proprio a questo scopo, per accorgerti di cosa sta avvenendo realmente: una truffa bella e buona.
Dunque ecco il motivo che mi fa rifuggire dalle conversazioni: la paura di non riuscire a ragionare a mente fredda, di riflettere sulle cose come vorrei, di prendermi il tempo di cui ho bisogno. D’altronde è il sistema utilizzato da molti giornalisti che “rubano” dichiarazioni da prima pagina, no? Chiami una persona importante (un politico, una persona dello spettacolo, etc.) mentre sta facendo altro e cominci a bersagliarlo di domande. Quello comincerà a preoccuparsi di quello e di quell’altro e alla fine, quando andrà in saturazione, dirà qualcosa che sfugge al suo controllo. La sparerà grossa, insomma. È un meccanismo perfettamente normale e umano ed è per questo, forse, che odio parlare al telefono.
Odio anche i messaggi vocali, è vero, ma non nascondo che sono un enorme passo avanti nelle conversazioni quotidiane. Ti permettono infatti di avere una vera conversazione, ma più ragionata, con i tempi di cui ho bisogno per ragionare sulle cose. Poi vabbè, lo so benissimo che non si possono assoggettare tutte le relazioni umane ai miei tempi necessari per ragionare, non sogno un mondo in cui la gente parli solo con messaggi vocali o email, ci mancherebbe (anche se…). Però sarebbe bene cominciare a fare un esercizio noto ai proverbi di altri tempi: prima di aprire la bocca, pensa.
Buona lettura.
Franco A.
» TIKTOK MAI COSÍ POPOLARE E GLI USA LA VOGLIONO CHIUDERE. PERCHÉ?
La notizia è che TikTok potrebbe chiudere negli Stati Uniti. Se succedesse negli Stati Uniti, con molta probabilità succederebbe lo stesso anche in Europa nel giro di pochi mesi. Una vera lotta contro un’app cinese, proprietà della società ByteDance, che si sospetta possa avere dei legami stretti col governo cinese e dunque utilizzare in qualche modo i dati sugli utenti, oppure influenzare in qualche modo l’opinione pubblica americana, soprattutto a ridosso delle elezioni.
Infatti, a votare la legge che è passata alla camera mercoledì scorso, è stata la larghissima maggioranza: 352 voti favorevoli contro 65. La legge, se passerà anche al senato, imporrà a ByteDance la vendita di TikTok a un’azienda americana o la chiusura sul territorio statunitense. Una misura molto pesante per un’app che si sta affermando tra le più popolari nel paese - conta infatti 170 milioni di utenti attivi - e che in molti ormai utilizzano anche per informarsi, sostituendola ai motori di ricerca più popolari: Google per prima, ma anche Bing di Microsoft.
Sono in molti a pensare che TikTok cominci a dare fastidio perché si è insinuata nelle abitudini degli americani e che in questo modo stia diventando un veicolo di informazione incontrollata. Oppure controllata, sì, ma dal governo cinese. L’app di Bytedance oggi raggiunge il 53,9% degli americani adulti e il 45,3% degli utenti che utilizzano i social network. In totale, gli utenti americani passano su TikTok 4,43 miliardi di minuti (perdonate l’unità di misura un po’ eccessiva) al giorno su TikTok, contro i 5,2 miliardi di minuti passati su Facebook nel 2023 (dati di backlinko.com, a sua volta calcolati sui dati pubblicati da TikTok stessa). eMarketer calcola che nel 2025 potrebbe avvenire il sorpasso di TikTok su Facebook.
Siamo dunque alla terza grande azienda americana - Meta, dopo Google e Microsoft - insidiata dalla crescita esponenziale di TikTok. Se cominciate a farvi qualche domanda, non siete i soli.
La storia di TikTok, il social network più dirompente di sempre
TikTok nasce in Cina nel 2016 col nome di Douyin, un’app di video musicali, che ospitava (e ospita, essendo nota ancora con quel nome in Cina) principalmente video di utenti che si riprendono mentre ballano. Cattura gli utenti soprattutto la disponibilità di funzioni particolari, come filtri e musiche popolari da utilizzare come sottofondo.
Nel 2017 ByteDance pensa chiaramente di espandersi in occidente e lo fa con un nome più facile e accattivante per gli occidentali: TikTok. Nel 2018 ByteDance fa il colpaccio: acquisisce un’altra app di video musicali molto popolare, Musical.ly, e migra tutti gli utenti su TikTok. È l’inizio del fenomeno di massa che porta a una crescita spaventosa, che parte a settembre 2017 e raggiunge i 55 milioni di utenti già a gennaio 2018. A dicembre 2018, per via dell’acquisizione di Musical.ly, l’app cinese cresce del 395% e balza a 271 milioni di utenti in tutto il mondo. Da lì in avanti è inarrestabile: 507 milioni di utenti a dicembre 2019 e più di un miliardo a settembre 2021.
Oggi TikTok è in quinta posizione mondiale nella classifica dei social network più popolari. Quarta se si esclude WhatsApp, che viene inserita tra le app social (e di fatto lo è), ma non è in diretta concorrenza con i social network in senso stretto. Al primo posto c’è sempre Facebook, con i suoi 3 miliardi di utenti attivi mensilmente, seguita da YouTube, Instagram/Whatsapp e poi TikTok.
TikTok è un motore di ricerca alternativo a Google?
A spaventare gli americani, probabilmente, c’è un fatto ancora più delicato. Dicevamo prima che TikTok sta progressivamente sostituendo i motori di ricerca e così è sicuramente per la generazione Z, ovvero per i nati tra il finire degli anni 90 e gli anni 10 del 2000. Sono, in altre parole, i figli della generazione X o dei baby boomer, forse coloro i quali stanno subendo più duramente le conseguenze di un uso non troppo consapevole del boom tecnologico di questi anni.
Dice Kalley Huang in questo pezzo per il nytimes.com:«L'ascesa di TikTok come strumento di scoperta fa parte di una più ampia trasformazione nella ricerca digitale. Mentre Google rimane il motore di ricerca dominante del mondo, le persone si rivolgono ad Amazon per cercare prodotti, Instagram per rimanere aggiornati sulle tendenze e Snap Maps di Snapchat per trovare aziende locali. Mentre il mondo digitale continua a crescere, l'universo di modi per trovare informazioni in esso si sta espandendo».
Ad accorgersene, ovviamente, è stata Google per prima. Tanto che Prabhakar Raghavan, vicepresidente senior di Google, in una conferenza del 2022 (che trovate qui su Fortune al minuto 4:14), lo dice chiaramente: «il 40% dei giovani, quando cercano un posto dove mangiare, non usa Google Maps, usa TikTok».
Molti dei risultati di ricerca che Google mostra nella sezione video provengono proprio da TikTok, così come lo stesso succede su Facebook. Infatti, a partire dal 2020, Google ha lanciato su YouTube il formato Shorts, che permette di condividere video verticali di lunghezza inferiore al minuto e ha cominciato a inserire i contenuti di questo tipo nei risultati di ricerca.
TikTok quindi è riuscita a fare quello che Facebook e Instagram non sono mai riusciti a fare: fornire le informazioni utili ai suoi utenti quando le cercano, non soltanto proporre quello che l’algoritmo pensa sia in linea con i gusti dell’utente. Fate una prova voi stessi, cercate “miglior ristorante di sushi a milano” su Facebook, Instagram e TikTok. Uno soltanto dei tre vi fornirà dei risultati validi.
TikTok sta quindi mettendo in crisi le più grandi aziende statunitensi: Meta sotto il profilo di utilizzo dei social network e Google per la ricerca. Chi manca? Proprio lei, Amazon, perché TikTok è anche un formidabile veicolo di acquisti per tutte le grandi aziende che operano nell’ecommerce e che sono diventate popolarissime negli ultimi anni proprio grazie a TikTok: da Shein a Temu, giusto per fare due esempi. Fino ad arrivare all’ingresso diretto di TikTok nel mondo dell’ecommerce con la divisione Shop, che permette agli utenti di acquistare direttamente dall’app con un’esperienza semplice e veloce.
Ok, allora basta venderla? No, impossibile.
Diventa sempre più difficile, arrivati a questo punto, pensare che - oltre alla questione sicurezza - nella compattezza della politica americana contro TikTok non ci sia anche una potente spinta delle lobbies tecnologiche. Ciononostante, vendere TikTok rappresenta comunque un grosso problema. Il perché è molto semplice: costa troppo.
Come riportato dal nytimes.com, TikTok varrebbe oggi circa 225 miliardi di dollari. Anche se non è chiaro quanto potrebbe valore un’eventuale scissione americana (o occidentale), si sa per certo che non costerà poco. Il che pone il poblema fondamentale: chi la compra?
L’alto costo imporrebbe l’acquisto da parte di una cordata di aziende o di fondi, tra cui per forza colossi come Microsoft (che già espresse interesse anni fa). In ogni caso, se un gigante come Microsoft o Google dovesse tentare l’acquisizione di TikTok, si porrebbe comunque un problema di mercato e dunque di antitrust. Tanto che, alla domanda posta direttamente dal New York Times, si sono rifiutati di rispondere sia un portavoce della Federal Trade Commission che il Dipartimento di Giustizia americani.
Se passerà la legge al senato, il futuro di TikTok sembra essere soltanto uno: la chiusura. A poco valgono le proteste di molti dei 170 milioni di americani che usano l’app con soddisfazione: in pericolo c’è la sicurezza della nazione e la sua economia.
TikTok influenza davvero l’opinione pubblica?
TikTok è un’app di proprietà di un’azienda privata cinese. Solo che in Cina, questo è sempre bene tenerlo a mente, nessuna azienda è realmente privata e indipendente dal governo. Che sia stata determinante o meno per cambiare l’opinione dei cittadini americani (e più in generale del mondo), la vera domanda è se lo potrà fare o meno in futuro.
Sappiamo già che c’è un precedente storico: secondo quanto riportato da Forbes, alcuni giornalisti americani - quelli di Forbes stessa - sarebbero stati spiati da TikTok, che avrebbe utilizzato gli indirizzi IP per tracciarne gli spostamenti.
È noto che anche l’algoritmo di TikTok, molto famoso per essere particolarmente efficace nel rispondere ai gusti e alle preferenze dei propri utenti, è un segreto che l’azienda tiene ben stretta. Se un domani volesse utilizzare queste capacità per influenzare l’opinione pubblica a favore o meno di un certo candidato, potrebbe farlo senz’altro.
Scrive Francesco Costa nella sua ultima newsletter Da Costa a Costa:«Il primo a proporre una simile norma [sul ban di TikTok ndFranco] era stato Donald Trump, negli ultimi mesi della sua amministrazione; ora un grosso investitore di ByteDance ha cominciato a staccare assegni al suo comitato elettorale e improvvisamente Trump ha cambiato idea e difende TikTok. I parlamentari del partito sono in grande imbarazzo: da anni dicono il peggio di TikTok seguendo la linea tracciata da Trump e ora non sanno bene che pesci prendere».
Sappiamo però che tutto questo è già successo: all’epoca dello scandalo Cambridge Analytica, il cui operato è accertato aver avuto una fortissima influenza nella elezione di Trump prima e nella Brexit poi, al centro non c’era un’azienda cinese, bensì americana. E quell’azienda era Meta.
Insomma, più che dover essere gli americani ad aver paura di TikTok, forse dovremmo essere noi europei a dover temere i social network in generale, se è vero quello che scrive Stuart Russell1 nel suo “Human Compatibile: AI and the Problem of control”, parlando dell’uso dell’AI negli algoritmi che governano i social network: «Per avere solo un'idea del fuoco con cui stiamo giocando, considera come funzionano gli algoritmi di selezione dei contenuti sui social media. Non sono particolarmente intelligenti, ma sono in grado di influenzare il mondo intero perché influenzano direttamente miliardi di persone. In genere, tali algoritmi sono progettati per massimizzare il click-through, cioè la probabilità che l'utente faccia clic sugli elementi mostrati. La soluzione è semplicemente presentare gli elementi su cui all'utente piace fare clic, giusto? Sbagliato. La soluzione è cambiare le preferenze dell'utente in modo che diventino più prevedibili. Un utente più prevedibile può essere alimentato da elementi su cui è probabile che faccia clic, generando così più entrate. Le persone con opinioni politiche più estreme tendono ad essere più prevedibili su quali elementi faranno clic. […] Come ogni entità razionale, l'algoritmo impara come modificare lo stato del suo ambiente - in questo caso, la mente dell'utente - al fine di massimizzare la propria ricompensa. Le conseguenze includono la rinascita del fascismo, la dissoluzione del contratto sociale che è alla base delle democrazie di tutto il mondo e potenzialmente la fine dell'Unione europea e della NATO. Non male per alcune righe di codice, anche se ha avuto una mano da parte di alcuni esseri umani. Ora immagina cosa sarebbe in grado di fare un algoritmo davvero intelligente».
» COSE MOLTO UTILINK 🔗
Gli articoli più interessanti che ho letto in settimana, insieme ai link utili o semplicemente curiosi che ho trovato in giro per internet.
» 750 siti di notizie generate da IA scovati da NewsGuard
NewsGuardTech.com, il sito statunitense che monitora la misinformazione2, ha scoperto ben 750 siti con notizie generate da intelligenze artificiali.
A questo scopo, News Guard ha aperto una sezione dedicata al monitoraggio di questo fenomeno, anche e soprattutto in funzione delle tantissime elezioni che nel 2024 riguarderanno il 49% degli abitanti del mondo.
» CONSIGLI PER L’ASCOLTO 🎧
A forza di consigliarvi l’ascolto di Globo, il podcast di geopolitica del Post, mi sono dimenticato delle Chiacchiere di Insert Coin, che sono sicuramente un momento di leggerezza che ci meritiamo tutti.
In questa puntata un po’ pazzerella si parla dei licenziamenti inaspettati di Playstation e di molto altro. Carte alla mano, ricordatevelo.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?3
» Come disattivare gli store alternativi su iOS
La Comunità Europea ha costretto Apple a permettere l’installazione di store di app alternativi a quello ufficiale, d’accordo, però sono in molti a non volere questa “libertà”, perché sanno da store di terze parti deriva anche un possibile pericolo. Ecco, se volete sapere come bloccarli (di default è così), c’è questo articolo molto ben fatto su DDAY.it
» Addio a Vodafone Italia
È un fatto molto importante l’acquisizione di Vodafone Italia da parte di Fastweb, ovvero Swisscom. L’operazione verrà chiusa entro marzo 2025. Insieme Vodafone Italia e Fastweb vantano 33 milioni di clienti mobile e il 36% del mercato della fibra FTTH. Per saperne di più, sempre DDAY.it
» Il Parlamento Europeo approva l’IA Act. È la prima regolamentazione al mondo.
Il Parlamento Europeo ha ratificato la prima normativa globale riguardante l'Intelligenza Artificiale, nota come AI Act, durante la sessione plenaria del 13 marzo. Questa legislazione stabilisce un quadro di regolamentazione che determina le azioni permesse e proibite nell'uso dei sistemi di Intelligenza Artificiale all'interno dei confini dell'Unione Europea per scopi generici.
Nello specifico, questa legge mira a proibire l'utilizzo di sistemi di identificazione biometrica che si basano su caratteristiche personali sensibili e la raccolta non selettiva di immagini facciali da internet o da registrazioni di videocamere di sicurezza, per scopi di riconoscimento facciale. Per saperne di più, ancora DDAY.it
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
Se hai apprezzato la newsletter Insalata Mista ti chiedo un favore: lascia un commento, una recensione, condividi la newsletter e più in generale parlane. Per me sarà la più grande ricompensa, oltre al fatto di sapere che hai gradito quello che ho scritto.
Franco Aquini
Stuart Jonathan Russell è un informatico britannico noto per i suoi contributi all'intelligenza artificiale. È professore di informatica presso l'Università della California, Berkeley ed è stato dal 2008 al 2011 professore a contratto di chirurgia neurologica presso l'Università della California. È titolare della cattedra Smith-Zadeh in Ingegneria presso l'Università della California, Berkeley. Ha fondato e dirige il Center for Human-Compatible Artificial Intelligence (CHAI) presso l'UC Berkeley. Russell è coautore insieme a Peter Norvig dell'autorevole libro di testo nel campo dell'intelligenza artificiale: Artificial Intelligence: A Modern Approach, utilizzato in più di 1.500 università in 135 paesi. (da Wikipedia)
Secondo Treccani, la misinformazione è l’informazione non accurata, inattendibile, i cui contenuti, diffusi frettolosamente, rischiano di essere accettati come veritieri perché difficili o impossibili da verificare.
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.