5000 chilometri l’anno come Urban Trekker, intervista a Massimo Belardi
Indaghiamo il fenomeno degli urban trekker, ovvero di quelle persone che, invisibili, camminano per migliaia di chilometri ogni anno esplorando le città. Lo facciamo con un amico: Massimo Belardi.
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Una premessa importante: questa newsletter settimanale nasce, cresce e si concretizza nel giro di qualche ora, rubata al mio tempo libero e alla mia famiglia. A volte capita che abbia il tempo di rileggere tutto a distanza di giorni, altre volte non ho nemmeno il tempo di riguardarla. Se trovi degli errori, piccoli o grandi che siano, porta pazienza. Magari segnalameli, te ne sarò grato.
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→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale, i miei pensieri in libertà. Se stai cercando l’approfondimento che dà il titolo a questa Insalata, prosegui un po’ più in giù.
La prima volta che presi in mano una bottiglietta d’acqua di plastica, il cui tappo (in plastica) non si staccava, ho pensato fosse un errore di produzione. Un lotto fallato. Poi però notai una scritta sull’etichetta che promuoveva questa soluzione come “green”, dunque ecologica. Pensai senza mezzi termine che si trattasse di un’idea di marketing nemmeno troppo azzeccata e la bocciai subito, anche perché poi il tappo ruotava secondo la legge di gravità, andando quindi sempre nella parte inferiore della bottiglia e rendendo quindi il versare l’acqua in un bicchiere un’operazione assai complicata.
Ci sono diverse cose che le aziende hanno sfruttato negli ultimi anni per fare un po’ di quello che chiamiamo “green washing”, per raccontarsi insomma un po’ più ecologiche di quello che erano in realtà. Ci sono persino delle cose che hanno peggiorato drammaticamente il nostro comfort quotidiano (su tutti, io ci metto le cannucce e i cucchiaini di carta, che dio ce ne scampi e liberi). Tuttavia, in qualche occasione, seppure potrebbero sembrare a una prima occhiata una forzatura, queste scelte si sono rivelate azzeccate, ancor più perché a impatto zero sull’economia e sulle aziende.
In molti stanno facendo un esempio che riutilizzerò pure io. Sarò poco originale quindi, ma è davvero efficace: chi se le ricorda le lattine di Coca-Cola con la linguetta di alluminio che si staccava? Immagino non in moltissimi, per il solito problema dell’età, ma erano proprio così. Oggi invece la linguetta rimane attaccata e sapete perché? Per fare in modo che non venga dispersa nell’ambiente, anche solo per sbaglio. Il principio in fondo è semplice: se rimane attaccata alla lattina (è più difficile che la lattina venga gettata per terra) verrà riciclata insieme alla lattina stessa. Se invece si disperde nell’ambiente addio, conoscete qualcuno che va in giro a raccogliere linguette per le strade per poi smaltirle? Io no.
La direttiva europea è addirittura del 2018 ed è entrata in vigore il 3 luglio appena passato, stabilendo il divieto di commercializzazione di bottiglie in plastica (fino a 3 litri) con il tappo staccabile (quello che rimane attaccato invece lo abbiamo chiamato in Italia “tappo solidale”, permettetemi un enorme “mah” su questa definizione). Lo scopo quindi è semplice: come per le lattine, si spera che meno tappi arrivino sulle spiagge e che invece vengano riciclati insieme alla bottiglia a cui rimarranno attaccati. La direttiva fa parte del più ampio piano Single-Use Plastics Directive (SUPD), che mira appunto a ridurre (o addirittura eliminare) la plastica monouso.
Secondo il sito sustainableplastics.com, questa misura dovrebbe fare in modo che i rifiuti in plastica che arrivano sulle spiagge si riducano del 10%. E visto che non costa niente - perché per rimanere attaccato al tappo basta semplicemente non tagliare un anellino che già possedeva - perché no?
Rimane poi un’ultima questione: la scomodità. Quella c’è, è chiaro. Ma sapete qual è la novità? Quando una cosa diventa obbligatoria, poi le aziende di “industriano”, appunto. E sapete cosa succede quando le aziende si industriano? Che trovano soluzioni. Qualcuna l’ha già trovata. Il tappo si piega al contrario e rimane fermo, così anche versare il liquido diventa più facile. E dai su, che non è difficile.
Poi, se proprio uno c’ha un naso enorme e con quel tappo di mezzo non riesce a bere, pazienza, ce ne faremo una ragione. Però è bene cominciare a ragionare nei termini in cui, se vogliamo sperare di avere un pianeta abitabile in futuro, qualche rinuncia bisognerà pur farla. Che ci piaccia o meno, ad alcune cose dovremmo dire addio. Sperando che tra queste non ci sia questo pianeta a cui io, francamente, sono abbastanza affezionato.
Buona lettura.
Franco A.
» 5000 KM L’ANNO E TANTE ORE IN SOLITUDINE: COSA SIGNIFICA ESSERE URBAN TREKKER. INTERVISTA A MASSIMO BELARDI
Oggigiorno si da un nome a qualsiasi cosa, l’abbiamo già visto in diverse altre insalate. Così, anche chi cammina per la città oggi ha una definizione, ovvero quella dell’urban trekker. Camminare per la città però non è esattamente la stessa cosa. Il sito www.trekkingurbano.info definisce questa attività così:”È un’attività che coniuga sport, arte, gusto e voglia di scoprire gli angoli più nascosti e curiosi delle città, attraverso itinerari caratterizzati da forti dislivelli del suolo e da scalinate. Si tratta di una forma di turismo“vagabonding”, libera e ricca di sorprese, adatta a tutte le età, senza un particolare allenamento preventivo. Oltre ad essere un’attività che fa bene al fisico e alla mente, il trekking urbano fa bene alle città perché permette di decongestionare le zone attraversate dai flussi turistici tradizionali, allargare il raggio delle visite alle aree più periferiche dei centri urbani e prolungare i soggiorni”.
Mi permetto di dire però che da questa definizione non traspare una parte importante, direi fondamentale, che è la parte personale, intima e spirituale. Per questo ho avuto il piacere di intervista l’amico e collega di podcast Massimo Belardi (oltre ad averlo incontrato al Museo del Calcolatore di Prato, di cui vi consiglio la puntata di Insalata Mista sulla P101, Massimo è anche autore del podcast Hardware Memories, di cui sono stato ospita insieme a Massimiliano Di Marco del podcast Insert Coin).
Massimo ci ha parlato di una forma di trekking urbano che è quasi una forma di ascetismo, di disciplina personale che negli anni lo hanno portato ad affrontare problemi personali, attacchi di panico e anche decisioni di vita importanti. Ci ho ritrovato nelle sue parole quello che per me è stata la corsa, finché ho potuto praticarla. Un’attività fondamentalmente individuale, personale, intimistica e quasi spirituale. Per questo reputo questa intervista molto interessante e per questo ho voluto condividerla qui, su Insalata Mista. Spero che l’apprezziate tanto quanto l’ho apprezzata io. Buona lettura.
Franco: Ciao Massimo e grazie innanzitutto di aver accettato questa proposta che ti ho fatto. Parto subito con le domande: come si diventa urban trekker e perché? Come succede? Ti svegli una mattina e dici: adesso esco e mi faccio dieci kilometri a piedi? Che poi tu ne fai ben di più! Raccontaci.
Massimo: No, ma grazie a te Franco che mi invitato per parlare di questo argomento a cui tengo molto. Come si diventa urban trekker? Non per caso, non è che se uno una mattina si sveglia e fa dieci chilometri a piedi è già urban trekker. Non so quali siano le caratteristiche minime necessarie, però ti posso raccontare il mio percorso che mi portato a ciò che faccio oggi. La mia passione per il camminare è iniziata molto velocemente, già a sei sette otto anni uno dei miei zii mi ha abituato a camminare al posto di prendere mezzi pubblici o simili. Poi venticinque anni fa ho avuto delle forti manifestazioni di attacchi di panico e la mia psicoterapeuta mi disse: oltre alle medicine da prendere in quei casi lì, inizia a camminare in montagna. E io sono andato a camminare in montagna, sulle Alpi Apuane, sulle Dolomiti, le montagne della Valle d'Aosta, Piemonte e via dicendo. Quindi sono un amante del trekking in natura nei boschi, dove ci sono le salite, le grandi cime raggiungibili, senza troppe difficoltà dolomitiche e via dicendo.
Poi negli ultimi anni, cinque o sei anni, per mantenere questa mia passione mi sono dato anche degli obiettivi e l'obiettivo ogni anno si è alzato sempre di più. Quindi tremila chilometri in un anno, poi tremilacinquecento, poi quattromila e via dicendo fin da arrivare a camminare cinquemila chilometri in un anno. Ci ho provato l'anno scorso, ma ho fallito di poco. Mentre quest’anno, per ora se nulla cambia, sono in media. Anzi non molto più di una media. Si capisce già che una delle caratteristiche dell'urban trekker è avere una grandissima pazienza e dedizione verso se stessi perché chiaramente mantenere un certo ritmo per tutti I giorni dell'anno vi posso assicurare non è assolutamente semplice. Questo è come sono arrivato io ad essere urban trekker.
Franco: Adesso io sono curioso di sapere qual è la tua routine quotidiana e se poi cambia nei vari giorni. Quindi se dovesse cambiare, magari descrivici anche quella della settimana e poi soprattutto: quando vai in vacanza come funziona? Ti porti sempre dietro tutto l'occorrente? E l'occorrente ce lo descrivi? Che attrezzatura usi? Cosa preferisci?
Massimo: Domanda direi fondamentale. Allora la mia routine quotidiana è: fare almeno tre ore e mezzo, oppure meglio quattro ore di cammina al giorno che io così ripartisco, idealmente la giornata è un'ora e mezza alla mattina, un'ora alla pausa pranzo, un'ora e mezzo due dopo che ho finito di lavorare ufficialmente intorno alle sei ma io faccio parte di quelli che hanno I lavori che non hanno orari. Questa è la mia giornata tipo. Poi ovviamente questa può cambiare in base al lavoro e quindi si può decidere di alzarsi tipo alle cinque e mezzo sei, fare due ore, due ore e mezzo, saltare la pausa pranzo e poi finire dopo il pomeriggio oppure, specie se fa molto caldo come è successo nel 2021 e 2022 da maggio la routine può essere di tipo: subito la mattina presto cinque e mezzo o sei e poi dopo cena nove e mezzo dieci. Stando attenti che dopo se cammini molto tardi poi potreste avere ripercussioni sul sonno e quella è una cosa da verificare. Come faccio quando vado in vacanza… niente ti devi inventare qualcosa, devi essere creativo.
Ti racconto un episodio. Nel 2019, a settembre, sono andato a Città del Capo con la mia compagna e c'è stato un problema su come riuscire a completare la giornata delle mie attività di camminata perché oltre al volo verso Istanbul, che erano due ore e mezzo, poi c'era il problema che da Istanbul a Città del Capo ci volevano dieci ore, per cui in quella giornata lì non ho fatto chiaramente quindici chilometri. Però mi sono imposto almeno di arrivare a diecimila e ci sono riuscito perché nel tempo di transito del cambio di aereo all'hub di Istanbul, che è durato mi sembra due ore e mezzo, ho approfittato per camminare nell’aeroporto. Tra l'altro l'aeroporto della Turkish Arline in Istanbul è immenso, per chi c'è stato lo sa, e mi sono fatto queste belle camminate in piena notte nell'aeroporto e mi ricordo che al secondo o al terzo giro dell'hub c'erano le guardie turche che mi guardavano con fare sospetto, ma non è successo niente. Però ecco ti devi inventare anche queste cose oppure sei malato, hai la febbre, è successo anche questo, come ci insegnato il Covid, si può camminare benissimo in casa.
L'attrezzatura per camminare invece è molto semplice: ti bastano un paio di scarpe sportive di buona qualità, io uso quelle dal running in città, in montagna assolutamente invece scarpe dedicate. Quindi in situazioni di sentieri facili le trail, quindi le scarpe da montagna però basse, mentre per le Alpi Apuane, le Alpi o comunque le Dolomiti, quindi i sentieri quelli duri, quelli in cui la caviglia è molto sollecitata, per me assolutamente si va con scarpe da trekking alte e non si esce da questo insieme di attrezzature. L'unica eccezione è durante l'estate uso dei sandali da trekking quindi completamente aperti, suola Vibram per forza, è il minimo, e uso quelle. Ne ho due paia, una per percorsi brevi una per percorsi lunghi.
Franco: Adesso sono curioso di chiederti quali sono gli effetti sul corpo di fare più di cento kilometri a piedi a settimana tutte le settimane. Immagino avrai degli esami del sangue perfetti, invidiabili, non certo come I miei, ma hai anche delle ripercussioni negative? Non lo so, i piedi per esempio, le ginocchia, le articolazioni?
Massimo: Ho degli esami del sangue perfetti. Chiaro, forse era così, me la sto chiamando, però sono perfetti da quindici anni direi. Quindi paradossalmente da quando ho iniziato ad avere gli attacchi di panico e quindi ho iniziato a camminare, sia in situazioni naturalistiche che in ambiente cittadino. Gli effetti negativi ci sono e soprattutto stanno venendo ora perché ho superato i cinquantadue anni e possono derivare anche banalmente da aver usato un paio di scarpe per troppi chilometri. Le scarpe da running sono, diciamo, pensate per fare seicento/settecento chilometri, camminando ti durano un po di più, però se tu vai a camminare per molti chilometri con una scarpa che non ti protegge più sul tallone può succedere quello che mi sta succedendo recentemente, che è la tallonite, che comunque riesco per ora a gestire benissimo. Altri effetti benefici: a me mette di buon umore. Cioè io vedo proprio una netta differenza di umore tra una giornata in cui mi sparo trenta chilometri o quaranta e una giornata in cui invece per ragioni emotivi, sia di lavoro, che di impegni familiari perché ci sono anche quelli, cammino il minimo e il mio umore cambia nettamente. Chiaramente a favore di un numero più alto di ore a camminare e li veramente credo che l'ossigenazione del sangue favorisca una serenità d’animo.
Franco: Adesso una domanda di pura curiosità: cosa fai mentre cammini? Ascolti musica, podcast, audiolibri, pensi? Io dico sempre che le idee migliori mi sono venute mentre correvo, anche le più pazze a volte. È così anche per te?
Massimo: Quando cammino ho molto tempo libero per riuscire a fare e esaudire alcuni dei miei desideri che sento più strettamente necessari, come la lettura. Quindi ascolto tantissimi libri, sono abbonato a uno dei servizi di streaming di libri ormai da anni, prima e ancora oggi, ogni tanto lo faccio, ascolto anche “Ad alta voce” della di Rai Sound, come si chiama ora, oppure ascolto moltissimi podcast. Anzi io i podcast ora li ascolto solo mentre cammino. O come hai detto te è un momento anche di riflessione sulla mia vita Per quanto mi riguarda, più che per avere delle idee brillanti, per me sono stati momenti in cui ho preso delle decisioni fondamentali nella mia vita, specialmente quando accadono anche fatti imprevisti. Ti racconto questo episodio: dove abito io c'è un parco naturale, dietro sulle colline, colline montagne dove si arriva a millecento milleduecento metri. Niente di stratosferico, però un habitat naturale strepitoso per alcuni tipi di animali selvatici e un giorno in uno di questi sentieri ho trovato una mamma cinghiale con I suoi cucciolotti intorno. Facciamo cento metri, chiaramente mi sono fermato e ho aspettato che facessero quello che dovevano fare, stavano mangiando bacche o ghiande, e poi sono andati via anche perché vorrei, per chi non fosse convinto, ribadire che gli animali selvatici tendenzialmente scappano dall'uomo.
E lì in quel momento io ho preso, ho capito, cosa non stavo facendo bene nella mia vita in quegli ultimi mesi e ho preso un'altra direzione. Quindi se vuoi è stato un Nirvana molto piacevole e che mi ha ancora di più radicato l'idea che questo stile di vita è il più adatto per le mie esigenze.
Franco: Ecco l'ultima domanda te la faccio invece sul percorso perché per fare tanti kilometri così in città, ovviamente devi fare un minimo di programmazione del tragitto, non è che esci e fai dieci chilometri così, immagino che dovrei pure trovare strade adatte, magari ad anello, in modo che alla fine del percorso ti ritrovi vicino casa, giusto? Ecco, come progetti il tuo percorso? Io ricordo che era una parte abbastanza interessante e divertente dell'uscita quando mi allenavo per le maratone. Tu quindi come li progetti I tuoi percorsi? E poi un'ultima domanda: che obiettivi hai quest'anno e soprattutto negli anni futuri ancora?
Massimo: Allora, la risposta che ti darò non è certo la risposta di una persona pienamente responsabile e consapevole di quello che fa. Diciamo che ho due approcci diversi: in montagna, in montagna ripeto in montagna, rigorosamente rigorosamente rigorosamente tre volte: percorso digitale sul telefono e cartina, anche se conosco la zona in cui sto andando e, altra condizione necessaria per andare in montagna, che non si dovrebbe mai andare da soli e avvisare qualcuno del percorso che si ha intenzione di fare. Questo è necessario, non si va in montagna senza queste caratteristiche minime oltre all'attrezzatura giusta. Per quanto riguarda invece la città, beh dipende da diverse cose: in settimana ormai percorro tre o quattro percorsi che mi sono costruito in questi anni che so che mi faranno raggiungere la quota giornaliera che mi sono imposto. Però diciamo che nella mia città in cui abito vado diciamo a braccio, o forse a piede dovrei dire in questo caso, liberamente. Non sto molto a pianificare perché, e questo è importante, così facendo ho scoperto delle zone della città, che è la stessa da quando sono nato, quindi non mi sono mai spostato per nessun periodo in altre città oppure mi sono trasferito. Quindi io ho sempre abitato qua, però ho scoperto nelle parti della città che non conoscevo. Quindi è stato un grandissimo accrescimento e mi anche aumentato la mia condizione, cioè la mia voglia di stare in questa città anche a livello comunitario. Mi ha fatto sentire ancora più parte di questo territorio, però ciò non toglie che a volte attraverso gli strumenti digitali che ci sono oggi, servizi anche gratuiti, mi sia disegnato un percorso cittadino tramite uno strumento quindi digitale o un servizio cloud o come la volete vedere. Sì è divertente perché ti aiuta anche a capire le tue possibilità, il tuo andamento. Io utilizzo anche strumenti che misurano il chilometraggio, i passi e i dislivelli vari di un noto marchio. Potrei fare il nome ma non lo faccio, non vorrei essere accusato di fare pubblicità.
Comunque sto usando uno sportwatch dedicato e quindi ho il doppio approccio insomma, sia consapevole e ragionevole che quello da sprovveduto.
Franco: Massimo, io ti ringrazio veramente tanto per essere stato ospite di Insalata Mista, ti ringrazio per quello che hai condiviso con noi, spero di poter un giorno imitare il tuo esempio che è veramente pazzesco per me, sei veramente un obiettivo, un mito. Ti ringrazio ancora e ti saluto. Ciao Massimo.
Massimo: No Franco io devo ringraziare te perché mi hai dato questa possibilità di fare una chiacchierata su questa mia passione, la mia più grande passione direi, che in questo momento mi aiuta anche a vivere una vita più serena e piacevole e spero con queste mie parole di stimolare più persone a conoscere la propria città. I quartieri che non vengono più frequentati, quelli fuori dalle rotte automobilistiche o dei pubblici servizi e aggiungerei anche, non l'ho detto prima, che si può fare anche di notte questa attività ed è molto piacevole perché la faccia notturna della città in cui viviamo è spesso una contraddizione di quella diurna. Quindi grazie ancora Franco di avermi ospitato in Insalata Mista e buona continuazione.
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Nintendo ha dichiarato che, nonostante l'IA generativa sia un argomento di grande attualità nell'industria dei videogiochi, preferisce basarsi sui suoi "decenni di esperienza" per creare esperienze di gioco uniche. Il presidente Shuntaro Furukawa ha spiegato che l'azienda riconosce il valore delle tecnologie AI, ma ritiene che la propria conoscenza sia più preziosa per offrire esperienze eccezionali ai giocatori. Furukawa ha anche menzionato le possibili problematiche legate ai diritti di proprietà intellettuale. Contrariamente a Nintendo, il gruppo Embracer sta pianificando di utilizzare l'IA per migliorare l'efficienza delle risorse nello sviluppo dei giochi.
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.