Sui VIP ho esperienza diretta grazie agli adolescenti con cui lavoro: seppur segua qualche streamer/creator (principalmente da YouTube in realtà, per mancanza di tempo nel seguire le dirette fra lavoro e famiglia), mi rendo conto che alcuni di questi fenomeni mi siano completamente sconosciuti. Per esempio, recentemente ho suggerito ad u…
Sui VIP ho esperienza diretta grazie agli adolescenti con cui lavoro: seppur segua qualche streamer/creator (principalmente da YouTube in realtà, per mancanza di tempo nel seguire le dirette fra lavoro e famiglia), mi rendo conto che alcuni di questi fenomeni mi siano completamente sconosciuti. Per esempio, recentemente ho suggerito ad un ragazzo appassionato di videogiochi un video di Yotobi (quello sul caso Gioventù Ribelle) e, lasciandomi stupito, mi ha risposto "Yoto-chi?". Yotobi! Ho quindi indagato sui creator da lui seguiti, da milioni di follower e... nulla, non avevo nemmeno la vaga idea di chi fossero eheheh.
Sul "pensiero franco": questi giorni sto concludendo la lettura di "La generazione ansiosa" di Jonathan Haidt e c'è proprio un capitolo che parla di questa sorta di Panopticon in cui abbiamo infilato i giovani (seppur collegato all'uso di social, smartphone, ecc.). Ecco, da operatore nel servizio sociale mi rendo conto di quanto stia diventando complesso convincere i genitori a mollare la presa e "puntare il faro" altrove: da pochissimo ho discusso con una madre proprio sul rendere un po' più indipendente il figlio 13enne. Nulla da fare, la risposta era sempre "ma non vedi cosa c'è in giro? Di questi tempi non ci si può fidare a lasciare un ragazzino da solo!" (pensiero declinabile per ogni sesso e genere). Considera che lavoro in una piccola città di circa 60.000 abitanti nel nord-sardegna (Olbia), dove sì, c'è stato un lieve incremento dei reati, ma resta comunque una città vivibile con spazi sicuri (e, tornando al faro, bisognerebbe magari lavorare sul senso di responsabilità, riconoscimento dei segnali di pericolo, ecc., e non limitarsi a tenerli al sicuro a casa). Non so, è davvero complesso. Il rischio (è ancora un rischio o è già realtà?) è creare una generazione di spaesati, scollegati dalla realtà, forse anche incapaci di gestire le difficoltà che il mondo sociale presenta.
(P.S.: mi avevi contattato tempo fa in privato per la questione adolescenti e tecnologia, prima o poi prometto di trovare il tempo per fare due chiacchiere!)
Si e ancora di più ti rinnovo l’invito, quando vuoi! È un tema che, l’avrai capito, mi appassiona molto e anche io ho letto molto di Haidt, che non condivido al 100% ma che è indubbiamente un ottimo punto di partenza. Grazie davvero tanto per averci dato il tuo punto di vista che chiaramente ha molto valore
Sui VIP ho esperienza diretta grazie agli adolescenti con cui lavoro: seppur segua qualche streamer/creator (principalmente da YouTube in realtà, per mancanza di tempo nel seguire le dirette fra lavoro e famiglia), mi rendo conto che alcuni di questi fenomeni mi siano completamente sconosciuti. Per esempio, recentemente ho suggerito ad un ragazzo appassionato di videogiochi un video di Yotobi (quello sul caso Gioventù Ribelle) e, lasciandomi stupito, mi ha risposto "Yoto-chi?". Yotobi! Ho quindi indagato sui creator da lui seguiti, da milioni di follower e... nulla, non avevo nemmeno la vaga idea di chi fossero eheheh.
Sul "pensiero franco": questi giorni sto concludendo la lettura di "La generazione ansiosa" di Jonathan Haidt e c'è proprio un capitolo che parla di questa sorta di Panopticon in cui abbiamo infilato i giovani (seppur collegato all'uso di social, smartphone, ecc.). Ecco, da operatore nel servizio sociale mi rendo conto di quanto stia diventando complesso convincere i genitori a mollare la presa e "puntare il faro" altrove: da pochissimo ho discusso con una madre proprio sul rendere un po' più indipendente il figlio 13enne. Nulla da fare, la risposta era sempre "ma non vedi cosa c'è in giro? Di questi tempi non ci si può fidare a lasciare un ragazzino da solo!" (pensiero declinabile per ogni sesso e genere). Considera che lavoro in una piccola città di circa 60.000 abitanti nel nord-sardegna (Olbia), dove sì, c'è stato un lieve incremento dei reati, ma resta comunque una città vivibile con spazi sicuri (e, tornando al faro, bisognerebbe magari lavorare sul senso di responsabilità, riconoscimento dei segnali di pericolo, ecc., e non limitarsi a tenerli al sicuro a casa). Non so, è davvero complesso. Il rischio (è ancora un rischio o è già realtà?) è creare una generazione di spaesati, scollegati dalla realtà, forse anche incapaci di gestire le difficoltà che il mondo sociale presenta.
(P.S.: mi avevi contattato tempo fa in privato per la questione adolescenti e tecnologia, prima o poi prometto di trovare il tempo per fare due chiacchiere!)
Si e ancora di più ti rinnovo l’invito, quando vuoi! È un tema che, l’avrai capito, mi appassiona molto e anche io ho letto molto di Haidt, che non condivido al 100% ma che è indubbiamente un ottimo punto di partenza. Grazie davvero tanto per averci dato il tuo punto di vista che chiaramente ha molto valore