La risposta alla domanda se i dolcificanti fanno male forse non esiste
Mangiare dolci e bere bevande senza correre il rischio di ingrassare è un po’ il Sacro Graal di tutti i golosi, che devono però fare i conti con il fatto che gli edulcoranti sarebbero dannosi.
In casa mia si discute spesso quando qualcuno di noi acquista una bevanda zero. C’è chi dice «perché devo assumere calorie inutilmente quando posso bere la stessa bevanda con zero calorie?» e chi invece risponde «gli edulcoranti fanno ingrassare e aumentano il rischio di diabete».
Nessuna di queste affermazioni è falsa perché nel tempo si sono avvicendati studi che hanno prima affermato e poi smentito entrambe le teorie. Ci sono sicuramente delle certezze sul fatto che alcuni tipi specifici di edulcorante non facciano bene, ma quasi sempre si parla di quantità da assumere quotidianamente davvero alte.
Ho voluto approfondire l’argomento per cercare di capire come stanno le cose, cosa dicono i più recenti studi accreditati e se davvero un uso limitato di edulcoranti possa rappresentare un pericolo per la nostra salute e soprattutto per i più giovani.
Cosa sono e come sono nati gli edulcoranti
Il primo e più famoso dolcificante della storia fu la saccarina, scoperto addirittura nel 1879 dal chimico Constantin Fahlberg nei laboratori della Johns Hopkins University di Baltimora. Fahlberg notò per caso un sapore dolce sulle sue mani dopo aver maneggiato un composto chimico derivato dal catrame di carbone: il benzoato di solfimmide. Colpito dalla dolcezza, Fahlberg intuì che la sostanza fosse la causa di quel gusto e la battezzò saccarina. Insieme al suo collega Ira Remsen, sviluppò un processo per sintetizzarla partendo da un acido specifico.
Fahlberg, evidentemente, deve essere stato un grandissimo scienziato ma forse non propriamente una persona correttissima e infatti poco dopo se ne tornò in Germania e iniziò a produrre la saccarina senza coinvolgere Remsen che, comprensibilmente, non la prese benissimo.
La saccarina conobbe quindi un grandissimo sviluppo, ma già nei primi del ’900 fu oggetto di polemiche. Nel 1906, ispirato dalle denunce sugli additivi alimentari presenti nel romanzo “The Jungle” di Upton Sinclair, il chimico Harvey Wiley del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, ne propose il divieto. Ma il presidente Roosevelt, che cercava di tenere sotto controllo il peso, difese pubblicamente la sostanza con una frase destinata a fare storia:
“Chi dice che la saccarina fa male alla salute è un idiota”
Poi arrivò la Prima Guerra Mondiale e, a causa della carenza di zucchero, si capì che la saccarina poteva essere una valida alternativa e ne aumentò rapidamente il consumo. Negli anni ’60 fu rilanciata come prodotto “dietetico” per chi voleva dimagrire, ed entrò nelle case americane con il nome commerciale di “Sweet’n Low”.
Tuttavia, nel tempo emersero preoccupazioni per la salute: alcuni studi sugli animali collegarono l’uso della saccarina allo sviluppo del cancro alla vescica nei ratti. Questo portò, nel 1977, all’obbligo di inserire un’etichetta di avvertimento su tutti i prodotti contenenti questo dolcificante. Ma nel 2000, nuove ricerche dimostrarono che - guarda un po’ - il modo in cui il corpo umano metabolizza la saccarina è diverso da quello dei ratti e che i risultati di quegli studi non erano direttamente applicabili all’uomo. Così, l’obbligo dell’avvertenza venne eliminato.
Aspartame: il dolcificante che ha conquistato il mondo (a scapito della saccarina)
Negli anni ’60, mentre l’industria alimentare era in piena trasformazione e cresceva l’interesse per i cibi “light”, un chimico di nome James Schlatter fece di nuovo una scoperta casuale: stava lavorando su un farmaco anti-ulcera quando, toccandosi le labbra, sentì un sapore dolce (di nuovo). Quella sostanza si rivelò essere aspartame, un composto formato da due amminoacidi presenti naturalmente nel nostro corpo: acido aspartico e fenilalanina.
Intanto abbiamo scoperto una cosa: quando i chimici lavorano con sostanze che non conosco, di solito, se le mettono in bocca, ma andiamo avanti.
Rispetto alla saccarina, il dolcificante artificiale scoperto quasi un secolo prima, l’aspartame offriva un gusto più simile a quello dello zucchero, senza quel retrogusto metallico e amarognolo che aveva reso la saccarina poco amata da molti consumatori. Questo, unito al fatto che ne bastavano piccolissime dosi per ottenere una dolcezza intensa (circa 200 volte più dolce dello zucchero), lo rese subito molto appetibile per l’industria alimentare.
Negli anni ’80, l’FDA (l’ente di controllo statunitense per alimenti e farmaci) ne approvò l’uso prima nei cibi solidi, poi nelle bevande. A ruota lo seguirono l’EFSA e altre autorità sanitarie nel mondo. Da lì, l’aspartame entrò nella composizione di migliaia di prodotti dietetici, dalle gomme da masticare ai dessert, dalle caramelle agli yogurt, fino alle celebri versioni “light” di Coca-Cola e Pepsi.
Tutto ciò successe proprio negli stessi anni in cui la saccarina subì un duro colpo reputazione per via dello studio che abbiamo citato sul cancro alla vescica dei ratti e dunque l’asportare si impose definitivamente come il dolcificante più amato e venduto.
Negli anni successivi, però, anche l’aspartame è finito sotto la lente di ingrandimento. Alcuni studi hanno suggerito possibili legami con mal di testa, alterazioni neurologiche, aumento di peso e, più recentemente, un rischio maggiore di diabete di tipo 2. Nel 2023, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo ha classificato come “possibilmente cancerogeno”, ma ha precisato che non esistono prove conclusive di pericolo con le dosi normalmente consumate. La dose giornaliera accettabile resta fissata a 40 mg per kg di peso corporeo. Di questo però ne parleremo nel paragrafo dedicato
Oggi, l’aspartame continua a essere ampiamente usato in tutto il mondo, ma deve fare i conti con una crescente concorrenza di dolcificanti con un crescente potere dolcificante e altre caratteristiche allettanti, vediamone alcuni:
Acesulfame K
Scoperto nel 1967, ha un potere dolcificante di 200 volte lo zucchero. È Stabile al calore e può essere usato anche nei prodotti da forno. Talvolta ha retrogusto amaro e viene quindi spesso miscelato con altri edulcoranti. Non ci sono prove forti di effetti cancerogeni, ma alcuni studi animali hanno spinto a ulteriori ricerche.
Sucralosio
Derivato dal saccarosio, il sucralosio è stato scoperto nel 1976 e dolcifica circa 600 volte più dello zucchero. Non viene metabolizzato dal nostro organismo, quindi non apporta calorie. È molto stabile al calore, rendendolo adatto anche per cucinare e cuocere. In alcuni studi recenti si è ipotizzato che possa influenzare negativamente il microbiota intestinale o il metabolismo del glucosio, ma non ci sono ancora evidenze solide che ne sconsiglino l’uso alle dosi abituali.
Ciclamato
Scoperto nel 1937, il ciclamato ha un potere dolcificante piuttosto moderato: circa 30–50 volte quello dello zucchero. Viene spesso usato in combinazione con altri edulcoranti per migliorare il profilo aromatico. È stato vietato negli Stati Uniti dagli anni ’70 a causa di sospetti effetti cancerogeni rilevati su animali, ma in Europa e in molti altri paesi è ancora autorizzato. I dati più recenti non confermano effetti nocivi per l’uomo alle dosi consentite.
Neotame
Il neotame è una versione modificata dell’aspartame, scoperto nel 2002. È estremamente potente: dolcifica fino a 13.000 volte più dello zucchero. È stabile al calore e non presenta le stesse limitazioni dell’aspartame nei soggetti con fenilchetonuria (che non possono assumere aspartame). Nonostante la sua efficacia, è poco presente nei prodotti di consumo comuni, ma è approvato dalle principali autorità sanitarie internazionali.
Advantame
Introdotto nel 2014, l’advantame è uno dei dolcificanti più potenti disponibili oggi: dolcifica fino a 37.000 volte più dello zucchero. Deriva da una combinazione di aspartame e vanillina. Ne bastano quantità infinitesimali per dolcificare grandi volumi di prodotto. È stabile al calore e adatto alla cottura, ma per ora è usato soprattutto a livello industriale. Gli studi disponibili ne confermano la sicurezza.
Stevia (glicosidi steviolici)
La stevia è un dolcificante naturale estratto dalle foglie della pianta Stevia rebaudiana, coltivata da secoli in Sud America. I suoi composti attivi (come il rebaudioside A) hanno un potere dolcificante 250–400 volte superiore allo zucchero. Non contiene calorie ed è stabile al calore, quindi può essere usata anche in cucina. Non influisce negativamente sulla glicemia, ed è quindi adatta anche a chi soffre di diabete. Alcuni studi preliminari suggeriscono effetti benefici sulla pressione sanguigna, ma in dosi elevate può avere effetti lassativi o ipotensivi. Il gusto può ricordare la liquirizia, e non è sempre apprezzato da tutti.
Le tre domande da un milione di euro
Rispondiamo ora a tre delle domande più comuni sul tema. Vi anticipo subito una cosa importante: la risposta non esiste e se esiste certamente non può darvela Insalata Mista. Tuttavia, mi sono premurato di selezionare le fonti più autorevoli e di riportare qui lo stato attuale delle considerazioni fatte dalla scienza ufficiale e dai principali organismi di regolamentazione.
Come saprete, la scienza è bella perché si mette sempre in discussione e rifugge dai dogmi, perché i dogmi sono per chi affronta la vita con le certezze, mentre la scienza le certezze tende a smontarle sostituendole con i dubbi. Questo perché i dubbi ci fanno evolvere, ci spronano a cercare sempre una soluzione migliore anche ai problemi già risolti, ad approfondire anche quelle questioni che ci sembrano ormai chiare al 100%.
1. Gli edulcoranti fanno ingrassare?
In teoria, gli edulcoranti dovrebbero aiutare a perdere peso: non apportano calorie e mantengono il sapore dolce nei cibi. Tuttavia, diversi studi epidemiologici e osservazionali hanno evidenziato che le persone che consumano regolarmente edulcoranti hanno spesso un indice di massa corporea (BMI) più elevato. Uno studio pubblicato su Nature ha osservato che l’uso prolungato di aspartame e saccarina è associato a un aumento della massa grassa totale, anche in presenza di una dieta controllata e a basso contenuto calorico (Nature – International Journal of Obesity).
Non è ancora chiaro però se questi effetti siano causati direttamente dagli edulcoranti. Si ipotizzano per esempio meccanismi indiretti, come le alterazioni della percezione del gusto dolce, gli effetti sul microbiota intestinale o comportamenti compensatori, come l’autopremiarsi con più cibo dopo aver consumato qualcosa di dietetico. C’è anche da considerare che lo studio è durato decenni e si basa sulle dichiarazioni delle persone sottoposte allo studio, dunque non è stata imposta una dieta precisa.
Secondo le nuove linee guida dell’OMS (2023), non ci sono prove che gli edulcoranti aiutino realmente a perdere peso nel lungo periodo, e viene consigliato di non utilizzarli come strategia abituale per il controllo del peso (WHO.org).
2. Gli edulcoranti provocano il diabete?
Anche sul fronte del diabete di tipo 2, le evidenze sono miste. Gli edulcoranti non causano picchi glicemici nel breve termine e vengono spesso consigliati a chi soffre già di diabete. Tuttavia, diversi studi recenti hanno osservato che il consumo regolare e prolungato di dolcificanti artificiali è associato a un aumento del rischio di sviluppare diabete anche in soggetti sani.
Uno studio del 2023 pubblicato su Nature Medicine, condotto su oltre 100.000 persone, ha rilevato un rischio aumentato del 69% di sviluppare diabete di tipo 2 nei soggetti con un consumo elevato di edulcoranti come aspartame, acesulfame-K e sucralosio (lo studio da cui ho preso queste informazioni è Nature Medicine – NutriNet-Santé Study purtroppo non accessibile liberamente, quindi non posso riportare i dettagli sulla metodologia dello studio).
Ciò detto, questo legame non è assolutamente dimostrato. Gli scienziati stessi evidenziano la necessità di ulteriori ricerche di alta qualità per verificare i benefici e i rischi di questi prodotti. Andrea Natali, ordinario di scienze e tecniche dietetiche applicate e coordinatore eletto del comitato scientifico della Sid (Società italiana di Diabetologia), ha dichiarato a Ansa.it:«È improbabile che i dolcificanti abbiano un effetto causale diretto sulle malattie; è più verosimile che chi li consuma abbia una minore educazione alimentare, abbia un profilo metabolico già alterato, abbia familiarità per diabete. O semplicemente si senta giustificato a mangiare di più».
Infine vi riporto una revisione di studi sull’argomento apparsa su healthline.com, che riporto integralmente:
Le persone con diabete potrebbero trarre beneficio dall’uso di edulcoranti artificiali, poiché offrono un gusto dolce senza provocare un aumento dei livelli di zucchero nel sangue (pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, ncbi.nlm.nih.gov, ncbi.nlm.nih.gov).
Tuttavia, alcuni studi osservazionali hanno riportato che il consumo di bibite dietetiche è associato a un aumento del rischio di diabete compreso tra il 6% e il 121% (pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov).
Questo può sembrare contraddittorio, ma è importante sottolineare che si tratta di studi osservazionali. Non dimostrano che gli edulcoranti artificiali causino il diabete, ma solo che le persone a rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 tendono a consumare più bibite dietetiche.
D’altra parte, molti studi controllati dimostrano che gli edulcoranti artificiali non influenzano i livelli di zucchero o insulina nel sangue (pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov).
Fino ad oggi, solo uno studio di piccole dimensioni ha riportato un effetto negativo:
donne che hanno bevuto una bibita con edulcoranti artificiali prima di consumare una bevanda zuccherata hanno mostrato un aumento del 14% della glicemia e un aumento del 20% dell’insulina, rispetto a chi aveva bevuto solo acqua prima (pubmed.ncbi.nlm.nih.gov).
Tuttavia, le partecipanti non erano abituate a bere bibite con edulcoranti, il che potrebbe spiegare parzialmente i risultati. Inoltre, è possibile che gli edulcoranti abbiano effetti diversi in base all’età o al patrimonio genetico delle persone (pubmed.ncbi.nlm.nih.gov).
Ad esempio, uno studio ha mostrato che sostituire le bevande zuccherate con quelle edulcorate artificialmente ha avuto effetti più forti nei giovani ispanici (pubmed.ncbi.nlm.nih.gov).
Sebbene i risultati della ricerca non siano univoci, le evidenze attuali sono generalmente favorevoli all’uso degli edulcoranti artificiali nelle persone con diabete. Detto ciò, sono necessari ulteriori studi per valutarne gli effetti a lungo termine in diverse popolazioni (pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov, pubmed.ncbi.nlm.nih.gov).
Il legame quindi non è ancora del tutto spiegato, ma ci sono sospetti su insulino-resistenza, infiammazione cronica e composizione del microbiota intestinale. Nel dubbio, per ora, direi che è bene quindi usare questi dolcificanti con moderazione, soprattutto se si assumono ogni giorno e da diverse fonti (bibite, yogurt, dolcificanti in bustina).
3. Gli edulcoranti fanno venire le carie?
Qui la risposta è molto più rassicurante: gli edulcoranti non favoriscono la formazione di carie. A differenza dello zucchero, non vengono fermentati dai batteri della bocca e non causano un abbassamento del pH nella placca dentale. Alcuni, come il xilitolo, mostrano addirittura effetti protettivi, riducendo la proliferazione dei batteri responsabili della carie.
Uno studio pubblicato sul British Dental Journal conferma che l’uso regolare di edulcoranti nei prodotti alimentari e nelle gomme da masticare può contribuire alla prevenzione della carie, soprattutto nei bambini e nei soggetti più esposti al rischio (British Dental Journal).
Attenzione però agli altri ingredienti presenti nei prodotti sugar-free, come gli acidi citrico o fosforico, che possono causare erosione dentale, pur non contribuendo alla carie vera e propria.
Quanto aspartame si può assumere in un giorno? Esempi pratici
Visto che l’aspartame continua a essere uno dei dolcificanti più utilizzati in commercio, mi è sembrato utile riportare anche dei dati sul consumo giornaliero consigliato dall’OMS.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato una dose giornaliera accettabile (DGA) per l’aspartame pari a 40 mg per kg di peso corporeo. Per un adulto di 70 kg, questo equivale a 2.800 mg al giorno. Ma in pratica, di che quantità parliamo? Ecco cosa significa in pratica:
Una lattina di Coca-Cola Zero da 330 ml contiene circa 180 mg di aspartame, quindi bisognerebbe berne più di 15 lattine al giorno per superare la soglia.
Una bustina di dolcificante contiene circa 35 mg di aspartame, quindi bisognerebbe usarne oltre 80 al giorno per oltrepassare la soglia.
Questi esempi mostrano come sia difficile superare i limiti di sicurezza con un consumo moderato. Tuttavia, alcuni studi, come quello a cui rimandavo nel paragrafo precedente pubblicato su Nature Medicine (al netto di tutte le considerazioni he abbiamo fatto), hanno osservato effetti negativi anche con assunzioni molto più basse, attorno ai 16–20 mg al giorno. Per questo, molte autorità sanitarie invitano alla prudenza.
Credo che la parola chiave rimanga quindi “assunzione regolare” o, se volete quello che nel proverbio popolare è “il troppo stroppia”. Un’assunzione anche moderata, ma costante, di edulcoranti potrebbe essere rischiosa e portare a una serie di conseguenze, tutte da accertare, ma che comunque sembrerebbero esistere. Un consumo saltuario e modesto sarebbe invece abbastanza sicuro. Sicuro quantomeno quanto il resto di quello che mangiamo perché, ahimè, tutto può essere dannoso se non consideriamo quantità e frequenza.
Da tutto questo ho tratto personalmente questa conclusione: se occasionalmente bevo una coca-zero, una volta o due a settimana probabilmente l’effetto sul mio metabolismo, sul microbiota intestinale o sulle probabilità di sviluppare diabete saranno pressoché zero. Se invece tutti i giorni ingurgito una bottiglia di tè con edulcoranti perché “tanto ha zero calorie”, beh allora qualche rischio probabilmente lo corro.
Un’altra cosa interessante è che invece, per una volta, le aziende e gli spot pubblicitari che reclamizzano caramelle e gomme da masticare allo xilitolo non ci hanno mentito. Realmente può comportare un minor rischio (seppur marginale) di sviluppare carie. Ma anche qui, bisogna far attenzione agli altri ingredienti e soprattutto (lo dico io senza consultare altri studi) eviterei per questo di farne consumare due pacchetti al giorno a un bambino, ecco.
Sapete però qual è l’alimento dove di sicuro non avrete bisogno di utilizzare dolcificanti o edulcoranti? L’insalata, mista ovviamente, che è sempre buona pure al naturale. Casomai con l’insalata bisogna fare attenzione al sale, ma quello lo lasciamo per un’altra puntata.
» PENSIERI FRANCHI: Il tanfo del tifo
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale. O meglio, i miei pensieri in libertà.
A volte mi chiedono “chi te lo fa fare di sbatterti tutte le settimane senza guadagnarci nulla?”. La risposta è proprio qui, nei pensieri franchi, che sono diventati ormai una sorta di seduta di analisi “a porte aperte”, dove espongo il mio io più nudo e intimo e al quale vi lascio accedere senza remore. Pure troppo, forse, e infatti a volte vengo (giustamente) bastonato. È la storia della scorsa puntata, orfana dell’approfondimento per un insensato eccesso di lavoro, ma che non mi ha fatto rinunciare ai pensieri Franchi (anche perché, diciamocelo, costano molto meno in termini di tempo e non necessitando di particolari fasi di studio).
Nella scorsa puntata ho toccato un nervo per molti ancora scoperto, anzi scopertissimo e ho, inavvertitamente, ferito qualcun altro. Di questo mi dispiaccio e me ne scuso ancora, anche per non essere stato abbastanza capace di spiegare che in realtà mi riferivo all’esperienza della quarantena per come l’ho vissuta io e non alla pandemia in generale. Ho premesso che l’ho vissuta da persona fortunata e se intimamente provo questo sentimento di nostalgia, perché dovevo tacerlo? Questo non significa che mi sia fatto beffe di chi invece ha vissuto la quarantena lavorando in quell’inferno che erano diventati gli ospedali, che si è dovuto barcamenare con la DAD di due o più figli con la connessione che non andava e i dispositivi che facevano cilecca. Oppure con l’assenza dei nonni che, per ovvi motivi di rischio, non si potevano frequentare. Vabbè, come rimediare quindi a una puntata recepita un po’ male? Con un’altra puntata scomoda, ovviamente.
Dovete sapere che io, nella vita, non ho mai seguito lo sport. Mai stato amante, mai stato tifoso, mai stato nemmeno interessato lontanamente alle partite-evento come quelle dei mondiali di calcio. Di conseguenza era totalmente estranea da me la logica del senso di appartenenza a una squadra. Sentivo le persone parlare di “fede”, di idolatria verso i protagonisti di quello sport che in Italia catalizza l’attenzione della quasi totalità della popolazione senza capirne il motivo, ma davvero, non per fare lo snob o l’anticonformista. Ricordo la noia totale nel dover aspettare che finisse una partita importante perché in quell’ora e mezza non solo non c’era un amico disposto a stare con me, ma non potevo nemmeno azzardarmi a chiamare a casa di qualcuno. Infatti, tra i genitori dei miei amici, si era diffusa la consapevolezza che se squillava il telefono nel bel mezzo di una partita importante o di una domenica di campionato, quello non poteva che essere Franco.
Tutto ciò finché non mi è successo quella cosa che normalmente ti cambia la vita e ti spinge a fare ciò che mai avresti pensato di voler o poter fare, nemmeno sotto tortura: i figli. I figli sono quella cosa che ti porta a fare una coda di ore sotto il sole cocente, in piedi, per farti firmare un libro insulso da uno streamer adolescente che mastica la gomma senza nemmeno sapere come è finito a un firma copie dalla parte più fortunata della fila. I figli ti fanno fare quella roba lì e a volte - questa forse è la parte più tragicomica - ne sei pure felice, perché in fondo sono quei momenti in cui hanno ancora bisogno di te e ancora non vivono il fastidio di viverli insieme a un genitore. Da lì a poco, bastano pochi mesi appena, vorranno fare la stessa cosa con te lontano il più possibile, possibilmente dall’altra parte del globo terrestre. Perciò, finché sta bene a loro, te lo fai andare bene pure te.
Dunque a un certo punto mio figlio comincia a giocare a basket e io comincio ad accompagnarlo alle partite. Una, due, poi tre. Succede un fenomeno strano, cioè che quando lui non viene convocato io sento l’impulso di andare lo stesso perché in fondo mi piace, mi diverte, mi piace quella sensazione di esaltazione quando segnano e l’adrenalina che cresce quando si realizza, passaggio dopo passaggio, una bella azione che poi sfocia in un canestro. Comincio a conoscere i suoi compagni di squadra, imparo i nomi, imparo gli stili, diventano come personaggi di una serie TV a cui piano piano ti affezioni. A un certo punto realizzi che, che tu ci creda o meno, si tratta di tifo vero e proprio, di legame con una squadra, con quel pugno di ragazzetti a cui ormai vuoi bene.
E allora succede anche un’altra cosa, che m’ha fatto pensare molto. All’arrivo delle prime partite fuori casa, dove ci spostavamo di domenica in domenica in comuni o province limitrofe, ci trovavamo ad affrontare squadre avversarie in territorio straniero. Cominciavo a sentirmi guardato male, a notare le preferenze dell’arbitro, a non mandare troppo giù gli sfottò avversari, a odiare un certo atteggiamento di un avversario in particolare. A un certo punto, al termine di una partita, mi sono dovuto guardare un attimo allo specchio e chiedermi:”Oh, ma che è ‘sta roba?”. Di colpo mi è calata addosso come una scure un sentimento nuovo, sconosciuto e subdolo, amaro, probabilmente velenoso. Il tifo mi stava portando lì dove non avrei mai pensato di poter arrivare. Il tifo si è tramutato in odio per la squadra avversaria, nel desiderio di lamentarmi, di ribellarmi, di gridare all’ingiustizia. Tutto quello che fino a quel momento, da estraneo a qualsiasi gioco competitivo, non avevo mai provato.
Ho dovuto impegnarmi, lavorare su me stesso e sui miei sentimenti per evitare che questo sentimento, questa bestia che si alimenta di cattiveria e risentimento e che più gliene dai e più cresce a dismisura, mi fagocitasse completamente. Me ne sono reso conto in particolare modo in un’occasione in cui addirittura - lo dico ancora con un pizzico di shock nelle parole - si è arrivati a un pelo dalle mani. Fu una domenica in cui eravamo appunto in trasferta in un comune non felicissimo e a cui era intervenuta quella porzione di società che probamente non vede l’ora di trovare un evento che raccoglie un po’ di “forestieri” per andare ad attaccare briga. Ci si mise pure una gestione della partita non proprio felice per scaldare gli animi di tutti: arbitro, allenatori, tecnici e genitori. La sensazione che sarebbe bastata una qualsiasi scintilla per far esplodere l’incontrollabile fu talmente palpabile che a un certo punto presi armi e bagagli e me ne tornai a casa.
Mi sembrò assurdo per una partita di ragazzi così giovani, che giocano in un torneo che se prendi il calendario regionale devi andare a pagina venti per trovare i dettagli dell’incontro. Ma non farebbe differenza se fosse capitato a un incontro di serie A. Però è da allora che ho capito una cosa importante con la quale non mi ero mai scontrato, e cioè che il tifo, di qualsiasi tipo esso sia, è una bestia che può divorarti interamente e che può arrivare a farti sembrare fattibile, addirittura possibile, passare una domenica nella tensione rischiando di prendersi a schiaffi con degli sconosciuti per un gioco in cui si tira una palla in un cestino. Eppure quando ci sei dentro ti sembra possibile, persino comprensibile. E lo sembra anche a uno come me, che non sa nemmeno dove sta di casa la violenza. Io stesso ho infilato l’alluce del piede in quello stagno di acqua gelida, melmosa e soprattutto puzzolente. E quella melma stava per risalirmi su per il polpaccio come Venom fece con l’Uomo Ragno, fino a infestarmi completamente, se non fossi stato abbastanza veloce da tirarmi indietro un attimo prima che diventasse irreversibile.
Forse però tutto questo non è da relegare soltanto allo sport. Forse il tifo appartiene a qualsiasi passione in cui l’uomo indugia. Mi viene da pensare subito alla fede politica, per esempio, che ci porta a seguire ciecamente il partito in cui crediamo, o il/la leader di cui ci fidiamo senza mai mettere in dubbio quello che dice. Bypassiamo completamente la valutazione razionale di una dichiarazione e la facciamo nostra, senza discutere, magari utilizzandola a nostra volta per contestare gli avversari politici.
Mi è capitato recentemente di notarlo leggendo i commenti sotto il post di un quotidiano che riportava una notizia che riguardava un membro (indifendibile) del governo. Saranno stati bot, saranno stai utenti finti o “tifosi” di quella faziosa politica, fatto sta che su qualche decina di commenti, l’80% conteneva la frase “E allora la Salis?”. Nessuno si è posto il dubbio che quella notizia potesse o meno essere vera o credibile. In fondo non c’è niente di male a trovare affinità con un partito politico e tuttavia condannare gli errori o i membri che compiono un errore, quando non addirittura un reato. A tutti sembrerebbe razionale poter essere d’accordo con alcune idee di un partito e con altre no, giusto? Eppure no, il tifo scatta quando attaccano il partito che hai votato e ti senti attaccato tu stesso nell’intimo, come se avessero offeso te o un tuo caro.
È lì che si intravede l’ombra oscura del mostro che ci è entrato dentro pian piano e che ci ha divorato cuore e cervello, fino a prendere completamente possesso delle nostre azioni. Quel mostro, l’ho capito soltanto alla soglia dei cinquant’anni, si chiama “tifo”.
Franco A.
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Cos’è la F.O.M.O.?1
Nintendo Switch 2 arriva il 5 giugno: prezzo di 469,99 euro e bundle con Mario Kart World
Nintendo Switch 2 debutta in Italia il 5 giugno a 469,99 euro (509 euro per il bundle con Mario Kart World). La nuova console ibrida mantiene la doppia modalità portatile/TV e offre uno schermo Full HD da 7,9", supporto fino a 120 FPS e risoluzione 4K per alcuni giochi. Archiviazione da 256 GB, audio 3D, nuovi Joy-Con con funzioni da mouse e microfono integrato per GameChat. Compatibile solo con schede microSD Express, sarà retrocompatibile con Switch ma con cartucce più veloci. Annunciati anche nuovi giochi come Donkey Kong Bananza, Hyrule Warriors e Kirby Air Riders, oltre a versioni migliorate di titoli classici.
Fonte: DDay.it
Intel e TSMC insieme per rilanciare la produzione di chip negli USA
Intel e TSMC hanno siglato un accordo preliminare per una joint venture che gestirà le fabbriche statunitensi di Intel dedicate alla produzione di chip. TSMC deterrà il 20% della nuova società, mentre il resto sarà in mano a Intel e ad altri produttori americani non ancora noti. Oltre alla gestione, TSMC si occuperà di formare personale Intel e condividere tecniche produttive. L'accordo, favorito dall’amministrazione Trump, punta a rafforzare la competitività delle fonderie Intel negli USA, oggi in difficoltà rispetto ai colossi asiatici come la stessa TSMC.
Fonte: DDay.it
Allarme SPID duplicati: truffe in aumento con identità digitali false
In Italia è possibile attivare più SPID con diversi provider, una libertà poco conosciuta che i criminali stanno sfruttando per duplicare identità digitali e compiere truffe. Rubando dati e usando documenti falsi o deepfake, riescono a creare SPID a nome di ignari cittadini, aprendo conti, partite IVA o dirottando pensioni. La mancanza di un sistema centralizzato di avviso rende difficile scoprirlo in tempo. Intanto, la Carta d’Identità Elettronica (CIE), grazie alla sicurezza biometrica e al chip NFC, si conferma come alternativa più sicura per accedere ai servizi online.
Fonte: DDay.it
Spark Alliance: nasce una rete unica di ricarica per auto elettriche in Europa
Atlante, Electra, Fastned e IONITY hanno lanciato Spark Alliance, una nuova alleanza che unisce oltre 11.000 punti di ricarica in 25 Paesi europei. L’obiettivo è offrire un accesso semplice e trasparente a tutta la rete, eliminando la frammentazione tra operatori. Gli utenti potranno usare la propria app abituale per ricaricare ovunque nella rete Spark, con una mappa unificata e pagamento integrato. Tutta la rete sarà alimentata da energia rinnovabile e resterà aperta ad altri partner, per promuovere la mobilità elettrica e la decarbonizzazione del trasporto su scala continentale.
Fonte: DMove.it
Il mercato auto italiano torna a crescere: +6,2% a marzo, Tesla vola con +51%
Il mercato italiano dell’auto registra un segnale positivo a marzo 2025 con una crescita del 6,2% rispetto allo stesso mese del 2024. Le auto elettriche salgono al 5,4% delle immatricolazioni, le ibride plug-in al 4,5% e le full/mild hybrid dominano con il 45,4%. In forte calo diesel e benzina. Tra le elettriche spicca Tesla Model 3 (in controtendenza con l’andamento globale che vedono un generale boicottaggio del marchio per via delle posizioni prese da Elon Musk), mentre tra le ibride plug-in si afferma BYD Seal-U. Fiat Panda resta la regina del mercato, seguita da Dacia Sandero e Citroën C3. Tesla cresce del 51% grazie alla nuova Model Y. Il Nord Italia si conferma leader per numero di immatricolazioni.
Fonte: DMove.it
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Sono di un’altra generazione, quella silenziosa, e fin da piccoli ,abitando a Milano in un quartiere allora periferico ed oggi semicentrale , il gioco principale era di rincorrere una palla, di qualsiasi cosa fosse fatta.( Altri giochi senza palla :mago libero, coguaro , lippa e più si era meglio era anche perché allora era facile trovarsi in una dozzina e più di amici ,inverno ed estate , con i compiti da fare e senza , almeno un paio d’ore insieme ,ma questo meriterebbe un discorso più ampio.)
Da giocare a scegliere una squadra del cuore il passo è breve ,e di conseguenza tifare a distanza , perchè andare allo stadio senza fratelli o cugini più grandi era impossibile.
Poi cresci e ti trovi a praticare un altro sport, nel caso la pallacanestro, a fare trasferte sempre più lunghe ,a trovare tifoserie più o meno scalmanate , a dover scegliere tra la carta e il salame , a lasciare lo sport per lo studio e , confesso, non sono mai riuscito a essere un tifoso sfegatato ma ho seguito con simpatia un paio di squadre dello sport che ho praticato .
Però , in fondo al cuore, c’è sempre un posto per la squadra di calcio scelta da bambino.
Allora quando in Skyrim mangi i componenti alchemici per impararne una delle caratteristiche, è perché il Sommo Todd si è ispirato a veri scienziati! Mind blowing!
Scherzi a parte, ottima Insalata, anzi, sono curioso di leggere la controparte salina, da buon iperteso. Ma rimango d'accordo con te, che il troppo stroppia, altrimenti l'adagio non sarebbe nato, no?
Tifo: tutto vero, pure io non seguo il calcio e non capivo (e tutt'ora non capisco) come si possa avere passione per un qualcosa così noioso come dieci persone che rincorrono un pallone. Gli stessi comportamenti, come dici tu, sono riportati in tutti gli ambienti dove c'è un "noi" e un "loro", credo sia il nostro essere tribali, ci vuole cultura per riuscire a superare questi sentimenti di pancia, che sono pure attizzati da post social, articoli e servizi video e non.
È un continuo lavoro su se stessi.