Carta o schermo, dove si legge meglio?
Quando uscirono i primi ebook reader, si gridò alla morte dei libri di carta. Col tempo in molti hanno messo in discussione la vera efficacia della lettura sugli schermi digitali. Scopriamo perché.
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La parola di oggi: gamification, trae vantaggio dall’interattività concessa dai mezzi moderni e dai principi alla base del concetto stesso di divertimento, rappresentando uno strumento estremamente efficace. Può essere in grado di veicolare messaggi di vario tipo, a seconda delle esigenze, e di indurre a comportamenti attivi da parte dell’utenza, permettendo di raggiungere specifici obiettivi, personali o d’impresa. (da Wikipedia)
» EDITORIALE: Oltre il danno, la beffa
Nel caso della povera Giulia Cecchettin c’è un dettaglio che sta facendo discutere, ed è il fatto che troppo spesso le forze dell’ordine, di fronte a una denuncia di stalking o di violenze, minimizzino l’accaduto non dando il giusto peso a un evento che potrebbe invece essere l’inizio di qualcosa di grave.
Non è questo il contesto giusto per parlare di una tragedia come quella che ha toccato Giulia Cecchettin (insieme alle altre 391 donne uccise quest’anno in Italia in quanto donne), né per polemizzare con le forze dell’ordine su come reagiscono di fronte alle denunce.
Tuttavia, c’è un post della Polizia di Stato2 che ha sollevato parecchie polemiche su questo punto. Il post cita il testo dell’architetta peruviana Cristina Torres-Cáceres, diventato virale in questi giorni, che recita “Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”.
Le polemiche sono nate in seguito ai commenti apparsi sotto al post, che denunciano appunto un atteggiamento troppo “leggero” da parte delle forze dell’ordine. Commenti ripresi poi dal Corriere della Sera, dal podcast Morning e da molte altre testate. Quello che mi interessa sottolineare, però, è come sia profondamente sbagliata la retorica della lotta.
I concetti di forza, di ripresa, di ribellione e di lotta, sono strettamente legati al concetto del valore. Un concetto, se vogliamo, molto maschile, forse persino un po’ machista. “Devi lottare contro le violenze, ribellarti se un uomo ti maltratta o tenta di sottometterti”. “Ribellati, lascialo!”. Sto leggendo frasi del genere sulle bacheche di moltissime persone, molte di queste sono donne, alcune con ruoli importanti anche nell’istruzione e nell’educazione.
E pure ci trovo qualcosa di profondamente sbagliato, perché è un po’ come quando si accosta il concetto di “lotta” e di “combattente” a chi sta affrontando una malattia come il cancro. Non mi piace pensare che se una persona muore o subisce una violenza, allora non sia stata abbastanza forte, non abbia “combattuto” abbastanza. Anzi, lo trovo profondamente offensivo e denigratorio.
Nella rubrica “Cose molto utilink”, troverete un articolo di Jen Percy apparso sul The New York Times Magazine, che racconta di una donna (militare) che subisce una violenza sessuale durante un’esercitazione militare, negli Stati Uniti, e della sua incapacità di muoversi, di reagire, di proferire anche soltanto una parola. “Ma come, una militare?”. Già, una donna militare, forse lo stereotipo più forte che abbiamo di donna forte, che dovrebbe saper reagire e combattere. Ma non è così, perché la violenza, soprattutto per chi non è abituato a concepirla, buca un muro sottile attraverso cui la realtà diventa qualcosa che non dovrebbe esistere, un incubo dal quale ci si vorrebbe svegliare eppure non si riesce.
La violenza subita, a quel punto, diventa ancora più grave, perché si incolpa sé stessi di non essere riusciti a ribellarsi, perché il mondo attorno a noi, la società tutta, continua a ripetere che bisogna essere forti e ribellarsi.
Io invece dico “no”, dico che bisogna invece lottare per avere il diritto di non doversi difendere. Non sono io che devo lottare contro l’aggressore, ma devo poter essere libero di essere debole e di non voler combattere. Perché in una società davvero civile ed evoluta, come quella occidentale di cui tessiamo le lodi, l’aggressore semplicemente non deve esistere.
Dobbiamo abituarci a condannare qualsiasi tipo di violenza in qualsiasi forma. Sempre e comunque. Questo dobbiamo fare, non il minuto di silenzio nelle scuole. Non incitare al combattimento, alla forza e alla ribellione. Dobbiamo cambiare la nostra società per permettere a chi è più debole di non dover temere di diventare una vittima. Altrimenti avremo ottenuto una cosa soltanto: oltre al danno, la beffa.
Buona lettura.
Franco A.
» IL FUTURO DELLA LETTURA (E DELLO STUDIO) È SUI LIBRI DI CARTA
Per un certo periodo di tempo, ho pensato che la lettura dei libri di carta fosse il passato. Troppo più comodo portarsi in giro 100 grammi di dispositivo elettronico nel quale condensare una gigantesca libreria. Troppo utile (questo lo penso ancora), poter leggere anche di notte, con una leggera retroilluminazione dello schermo che non ti costringe a usare lampade di fortuna.
Ho persino abbracciato, per un certo periodo di tempo, l’idea che adottare il tablet a scuola rappresentasse un’evoluzione nell’istruzione. Poi però mi sono accorto di una cosa: ok il romanzo, ok la lettura estemporanea, ma per studiare o per leggere con attenzione, tornavo quasi sempre alla carta.
Badate bene, non c’entrano quei discorsi nostalgici e leggermente boomeristici legati al piacere di toccare la carta o al profumo della stessa. Non c’entra il feticcio del libro, è proprio una cosa che ti permette di legare alcuni concetti alle pagine, alla successione cronologica dei capitoli che il digitale non ti dà, perché le pagine si susseguono tutte sulla stessa superficie che non cambia mai.
Anche il quotidiano, che spesso sono costretto a leggere sul tablet, lo “capisco” molto meglio quando lo leggo in formato cartaceo. Perché la pagina grande permette all’occhio di spaziare e di comprendere insieme all’articolo la foto, l’infografica, l’intervista a corredo. Mentalmente quella pagina, quelle pagine, rappresentano un argomento. Sfogli pagina e cambi argomento. C’è forse qualcosa che lega il gesto a un piccolo settore della nostra memoria, che cambia nel momento in cui cambiamo pagina.
Ebbene, tutte queste elucubrazioni che ho inteso per anni come le fantasie di uno vecchio spostato (io, appunto), hanno invece trovato conforto in un recente articolo che ho trovato sul sito dell’Università Vita-Salute San Raffaele. L’articolo riporta, tra le fonti, diversi studi scientifici che sostengono, in estrema sintesi, come la lettura su carta porti ad avere delle prestazioni molto superiori rispetto alla lettura sugli schermi.
GLI STUDI PARLANO CHIARO: SE LEGGI SULLA CARTA RENDI DI PIÚ
Non me lo sono fatto bastare, perché di studi che provano questo o quello ne è piena internet. Sono andato ancora alla ricerca di materiale e ho trovato un bell’articolo su The New York Times, che ormai avrete imparato a riconoscere come una delle mie fonti preferite, in cui la professoressa Naomi Baron dice che “Ci sono due componenti, il mezzo fisico e l’approccio mentale che adottiamo nella lettura su quel mezzo - e tutto il resto ne deriva”. Che è come dire: non tutto è uguale, non c’è solo il mezzo fisico, ma anche l’approccio mentale che adottiamo quando leggiamo sulla carta o su uno schermo.
Continua l’articolo: “Poiché usiamo gli schermi per scopi social e per divertimento, tutti noi - adulti e bambini - ci abituiamo ad assorbire materiale online, gran parte del quale è stato progettato per essere letto rapidamente e casualmente, senza molto sforzo. E poi tendiamo a usare lo stesso approccio alla lettura sugli schermi con materiali più complessi da cui dobbiamo imparare, per rallentare, per assorbire più attentamente. Il risultato può essere che non diamo a quel materiale il giusto tipo di attenzione”.
“La stampa”, dice la Baron, “rende più facile per genitori e figli interagire con il linguaggio, le domande e le risposte, quella che viene chiamata ‘lettura dialogica’. Inoltre, molte app ed e-book hanno troppe distrazioni”.
LA SCUOLA TRASFORMATA IN TIK TOK
Qualche Insalata fa, parlavo del crollo dell’attenzione a cui ci stanno abituando i social network. Non sono solo i social, a dirla tutta. Facevo l’esempio del cinema: se provate oggi a guardare il primo Star Wars, Episodio IV, vi annoierà terribilmente. Questo perché non siamo più abituati a quella scansione del tempo. Oggi il cinema ci ha abituati a tagli veloci, a far accadere continuamente qualcosa sullo schermo. Oggi, insomma, non ci si annoia mai, e questo è male.
Le più popolari app di apprendimento sui tablet, mirano proprio a questo. Si chiama “gamification” ed è un paradigma che viene utilizzato moltissimo sia nelle scuole che negli ambiente lavorativi.
Secondo chi utilizza questa tecnica, portare una logica da gioco - di ottenimento di un premio al raggiungimento di un traguardo - all’interno di attività noiose, può aumentare molto il livello di interesse e di partecipazione.
Ma ritorno un attimo a quello che mi domandavo nell’Insalata sull’attenzione: “cosa succederà quando saremo costretti ad affrontare qualcosa di noioso - un testo da studiare, per esempio - e non avremo più la capacità di concentrazione necessaria?”. Cosa succederà quando dovremo per forza di cose affrontare qualcosa che non viene drogato dalla gamification o da tagli e ritmi così serrati da tenere l’attenzione sempre al massimo in maniera artificiale? Non sarà che stiamo dopando anche l’istruzione e il modo in cui apprendiamo?
Il Dott. Radesky, che collabora nei progetti di ricerca con il dott. Tiffany Munzer, pediatra specializzato nello sviluppo del comportamento al Mott Children’s Hospital, ha parlato dell'importanza di aiutare i bambini a padroneggiare la lettura che va oltre i dettagli specifici che vengono memorizzati - parole o personaggi o eventi - in modo che un bambino sia "in grado di integrare le conoscenze acquisite dalla storia con l'esperienza di vita". Il che va in netto contrasto con quello che viene ricercato nel design digitale. "Le cose che ti fanno pensare, che ti fanno rallentare ed elaborare le cose in profondità, non vendono, non ottengono il maggior numero di clic", ha detto.
TRASFERIRE SULLO SCHERMO UN TESTO SIGNIFICA TRASFORMARLO IN UN CONTENUTO LEGGERO?
Qui andiamo oltre quello che avevo già intuito da solo, cioè che leggere sullo schermo innescasse meccanismi mentali differenti rispetto alla carta. Qui mettiamo sul piatto il rischio che, trasferendo la lettura di testi complessi su un mezzo sul quale siamo abituati a intrattenerci, diventi poi intrattenimento quello che in realtà dovrebbe essere studio (o analisi, o lettura critica, quello che volete).
Continuo con l’articolo del NYT: “Negli esperimenti con studenti delle scuole medie e universitari a cui è stato chiesto di leggere un passaggio e poi di essere testati su di esso”, ha detto il professor Baron, “c'è una discrepanza tra il modo in cui sentono di imparare e il modo in cui si comportano effettivamente”.
“Gli studenti che pensano di leggere meglio - o in modo più efficiente - sullo schermo faranno comunque meglio nel test se hanno letto il passaggio sulla pagina. E gli studenti universitari che stampano articoli”, ha detto, “tendono ad avere voti più alti e punteggi migliori nei test. C'è anche una ricerca che suggerisce che gli studenti universitari che hanno usato libri, riviste o giornali autentici per scrivere un saggio hanno scritto saggi più sofisticati di quelli appena date stampe”.
DOBBIAMO STARE ATTENTI A NON CADER VITTIMA DELL’ENTUSIASMO DIGITALE
Ho trovato conferma di queste teorie, oltre che nel mio personale contesto (anche solo per scrivere queste insalate, leggo un quintale di cose), anche su molti altri articoli e riviste. Tanto che anche l’educazione nelle scuole americane ha fatto dietrofront rispetto alle classi completamente digitali. Lo stesso spero si faccia anche qui in Italia, dove da anni esistono classi sperimentali delle scuole superiori dove si utilizza esclusivamente il tablet.
Esiste purtroppo questa tendenza nota, quella dell’entusiamo digitale, che ci porta a pensare che tutto quello che è nuovo, tutto quello che è tecnologico, sia migliore del suo corrispettivo classico/analogico.
Sono forse la persona meno adatta del mondo per parlare di questo. Anzi, sostengo fermamente che l’evoluzione tecnologica porti sempre ad avere qualcosa in più e mai qualcosa in meno, ma in questo caso c’è da fare un distinguo. Ci sono cose che funzionano bene in digitale, sullo schermo di un dispositivo, e cose che invece funzionano meno bene.
Ecco, in tutti questi casi, è bene non farsi prendere dall’entusiasmo iper-tecnologico. Quel mondo “paperless” di cui parlano quelli che si credono orientati al futuro, è un mondo pericoloso, in cui rischiamo di trasformare qualsiasi cosa in un veloce scroll verticale. Dieci secondi e via, un altro contenuto, e poi un altro e un altro ancora. Non è così che può funzionare tutto. “Slow down” dicono gli americani. Frena, rallenta, prenditi del tempo per fare le cose fatte bene. Almeno quando devi farle bene.
» COSE MOLTO UTILINK 🔗
Gli articoli più interessanti che ho letto in settimana, insieme ai link utili o semplicemente curiosi che ho trovato in giro per internet.
» Doppia violenza. Un bel pugno nello stomaco
L’articolo di cui parlavo nell’editoriale, scritto da Jen Percy per The New York Times Magazine, è apparso su Internazionale in versione cartacea, n.1537 del 10/16 novembre 2023. Lo potete trovare anche online sul sito della stessa testata, ma richiede l’abbonamento per accedere. È un pezzo che fa male.
» Un punto di vista nuovo sul cambiamento climatico
Se mi seguite da un po’, avrete sicuramente capito cosa Bill Gates rappresenti per me: un uomo illuminato, di infinita cultura in molteplici discipline. Ma è anche, con la sua newsletter Gates Notes, una fonte infinita di spunti e informazioni sul futuro.
In questa che vi segnalo questa settimana, fa un punto della situazione sul cambiamento climatico e lo fa secondo un punto di vista completamente diverso dal resto. Lo fa dicendo che ci dobbiamo preparare al peggio e non inseguire soltanto obiettivi che, nel breve periodo, sono irrealizzabili. Scrive chiaramente che le emissioni di carbonio da fonti fossili aumenteranno, che aumenterà la temperatura terrestre e i fenomeni atmosferici gravi. E che bisogna prepararsi a tutto ciò, anche tramite l’uso di strumenti tecnologici avanzati.
È probabilmente la cosa migliore che potrete leggere sull’argomento. Fatelo.
» CONSIGLI PER L’ASCOLTO 🎧
È uscito l’episodio 14 delle Chiacchiere, spinoff del podcast di videogiochi Insert Coin di Massimiliano Di Marco. Questa volta parliamo anche di marketing e di come Microsoft sembra sia un po’ scomparsa dall’advertising digitale, con l’aiuto di numeri e dati.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?3
» Musk twitta, gli investitori scappano
L’enorme tempesta di liquame puzzolente che si è scatenato contro Twitter (che qualcuno vorrebbe chiamare X) e il suo numero uno, Elon Musk, è seconda soltanto alla soddisfazione che quest’ultimo deve aver provato, visto che non si capisce quale altro motivo possa portarlo a continuare a compiere azioni che minano, giorno dopo giorno, le già traballanti basi economiche della piattaforma social che acquistò ormai un anno fa.
Questa volta, a seguito di un post il cui giudizio lascio a voi, ha semplicemente twittato il suo assenso. Sei parole che sono costate a Twitter milioni di euro. Da subito IBM ha sospeso il budget pubblicitario (milionario) previsto per gli ultimi tre mesi dell’anno, poi sono arrivate anche Apple e la Commissione Europea. Well Done Elon!
» Loop, il Notion made in Microsoft (ma con Copilot)
Microsoft ha rilasciato, anche se pur sempre in modalità preview, l’interessante strumento Loop, uno strumento di collaborazione in tempo reale che ricalca da vicino Notion, molto popolare nelle agenzie di comunicazione e non solo.
La vera novità introdotta da Loop, oltre all’inevitabile integrazione con gli altri strumenti di Microsoft Office, è la presenza di Copilot, ovvero l’assistente intelligente di cui abbiamo già parlato.
Dategli un’occhiata.
» Copilot arriva in Italia, ma solo per le grandi aziende
Rimanendo in casa Microsoft, torniamo a parlare di Copilot. Quello che doveva essere lo strumento rivoluzionario per Windows, come avevo scritto in una precedente Insalata, si è rivelato poi essere appannaggio soltanto di alcuni paesi, tra cui non figura l’Italia.
A piccoli passi, però, Copilot arriva anche da noi. per ora sulla versione di Microsoft 365 dedicata alle aziende con più di 300 dipendenti, ma sta già testando l’introduzione dell’assistente per le aziende più piccole e per i consumatori. Ce la faremo, prima o poi.
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
Se hai apprezzato la newsletter Insalata Mista ti chiedo un favore: lascia un commento, una recensione, condividi la newsletter e più in generale parlane. Per me sarà la più grande ricompensa, oltre al fatto di sapere che hai gradito quello che ho scritto.
Franco Aquini
Riporto il numero 39 perché, effettuando una ricerca in internet, mi sono imbattuto nel sito femminicidioitalia.info, che mi sembra ben fatto e le cui premesse metodologiche mi sembrano essere sensate. So bene che altre testate parlano di più di 100 vittime, ma mi sembra più corretto il conteggio che fa questo sito, senza alcun scopo di minimizzare il fenomeno, tutt’altro.
La storia della citazione, la potete trovare ben raccontata su Il Post. Il link al post della Polizia di stato che ha generato la valanga di commenti, invece, lo potete trovare qui.
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Molto interessante la questione se sia più efficace studiare su carta o digitale. Io ultimamente tendo a leggere per studio su tablet perché posso sottolineare e avere un archivio delle mie sottolineature, scrivere note, fare ricerche nel libro e nelle note… però ora mi viene il dubbio che sia meglio il testo cartaceo e in caso affiancarlo al digitale. Farò delle prove
Ah grande Franco, non conoscevo Loop. Vado subito a vedere!