Musk e il metodo Gaza: errori, tagli e cialtronaggine di governo
Elon Musk confonde il Mozambico con la Striscia di Gaza e taglia gli aiuti. Ma non è l’unico svarione del DOGE.
Mi ha colpito una notizia che riguarda gli Stati Uniti, Elon Musk e l’orrore della guerra contro Gaza e che, per qualche strano motivo, pur contenendo tutte le parole chiave più importanti della cronaca di primo livello, ho trovato riportata soltanto su poche testate.
La storia è incredibile sotto diversi punti di vista. Lo è per il fatto in sé, per l’errore macroscopico che nasconde, per l’orrore dell’intenzione iniziale che non era meno allucinante di ciò che invece è successo in seguito alla madornale svista del miliardario messo a capo del DOGE (ovvero di ciò che viene definito, pur non essendo un vero e proprio dipartimento, Dipartimento per l’Efficienza Governativa) e in ultimo per la reazione all’indomani della scoperta dell’errore.
Ma soprattutto, — sto anticipando già il contenuto dei paragrafi che costituiranno questa Insalata Mista — fa paura il pensiero che, se il metodo è questo, allora c’è veramente da stare poco tranquilli. E soprattutto: come fa un uomo — che non si preoccupa nemmeno di controllare se il posto che ha eletto a bersaglio delle sue politiche disumane è realmente quello che vuole colpire — a guidare alcune delle aziende più importanti del mondo?
Voglio dire: se il metodo è quello della sciatteria e della cialtronaggine allo stato puro, quali sono le qualità che hanno potuto portare un personaggio del genere ad arrivare alla testa di aziende ai primi posti mondiali per primato tecnologico e valore economico?
l fatto: il caso dei preservativi per Gaza (ma quella sbagliata)
Il fatto riguarda i tagli che Elon Musk sta applicando al governo degli Stati Uniti nell’ambito degli obiettivi assegnati al suo dipartimento, il DOGE. Tra le tante cose che il miliardario si sta occupando di smantellare (e dunque distruggere), non c’è soltanto Voice of America, di cui abbiamo già parlato in una recente Insalata, ma soprattutto USAID, ovvero la United States Agency for International Development.
Nell’ambito di questo smantellamento, Musk avrebbe bloccato lo stanziamento di 50 milioni di dollari in preservativi per un programma di prevenzione dell’HIV gestito dalla Elizabeth Glaser Pediatric AIDS Foundation.
Perché l’ha fatto? Perché il finanziamento era destinato a una delle zone dove la percentuale di popolazione affetta da HIV è tra le più alte del pianeta (si arriva addirittura al 20%): il Mozambico. E perché Elon Musk si interessa del Mozambico? Perché la provincia a cui era destinato l’investimento — 50 milioni di dollari che, nel bilancio degli Stati Uniti, sono poco più che spiccioli (ma vedremo tra poco che spesso si fa confusione anche tra milioni e miliardi) — si chiama Gaza. E allora Musk, preso dall’impeto del taglio dei costi a tutti i costi, ha pensato che si trattasse di aiuti alla Gaza sbagliata, quella nella Striscia.
Riconosciuto poi l’errore, Musk ha aggiunto che rimane critico sul fatto che investire 50 milioni in preservativi sia un buon utilizzo delle tasse dei contribuenti. Parlando pubblicamente, ha dichiarato: «Alcune delle cose che dico saranno sbagliate e dovranno essere corrette. Faremo degli errori, ma agiremo rapidamente per correggerli». E tutto ciò l’ha detto — ammettendo di fatto che uno dei dipartimenti più importanti del governo americano sta agendo alla cieca — con il figlio sulle spalle, come se, invece che trovarsi nella sede istituzionale più importante del mondo, l’avessero intercettato al parco giochi sotto casa.
Errori su Orrori
C’è un fatto, che è la grossolana svista sul nome della provincia di Gaza, in Mozambico, e poi ce n’è un altro, cioè il fatto che gli Stati Uniti decidano di tagliare un finanziamento microscopico solo perché c’è scritto “Gaza” e dunque Palestina, oggetto del massacro da parte dell’alleato Israele.
La scusa con cui vengono tagliati questi aiuti umanitari è sempre al stessa: potrebbero essere intercettati da Hamas e dunque utilizzati per altri fini anziché per la finalità primaria. Che è un po’ la solita scusa con la quale si chiudono gli occhi su uno dei più devastanti massacri della storia recente.
Il fatto non è passato inosservato a un altro miliardario statunitense che però, a differenza del capo del DOGE, ha tutt’altro profilo sotto il punto di vista degli aiuti umanitari: Bill Gates, che ha immediatamente alzato la voce contro Elon Musk, accusandolo indirettamente di «uccidere i bambini più poveri del mondo».
In un’intervista al Financial Times, Gates ha criticato duramente Musk per aver smantellato uno dei principali fornitori mondiali di aiuti alimentari, accusandolo di ignoranza e superficialità. Un esempio emblematico citato da Gates è proprio il blocco dei finanziamenti a un ospedale nella provincia di Gaza in Mozambico, che aiutava a prevenire la trasmissione dell’HIV tra madri e neonati. Musk aveva falsamente affermato che quegli aiuti erano "50 milioni di dollari in preservativi per Hamas" nella Striscia di Gaza.
Gates ha denunciato anche che, a causa dei tagli, tonnellate di cibo e medicinali sono andate sprecate e ha lanciato l’allarme sul possibile ritorno di malattie prevenibili. Secondo Gates, queste decisioni potrebbero portare a un milione di morti infantili in più ogni anno. Ha poi definito l’immagine dell’uomo più ricco del mondo che causa la morte dei bambini più poveri come "tutt’altro che edificante".
La tensione è cresciuta anche a causa delle divergenze tra i due miliardari sul concetto di filantropia. Secondo la biografia di Musk scritta da Walter Isaacson, i due si erano incontrati nel 2022: Musk aveva definito la filantropia “una cavolata” ed era furioso con Gates per aver speculato contro Tesla.
Nel frattempo, Gates ha annunciato di voler devolvere il 99% del suo patrimonio netto entro il 2045 e chiudere la sua fondazione (ne parleremo anche più avanti, nei Pensieri Franchi), ispirandosi all’ideale di Andrew Carnegie secondo cui i ricchi hanno il dovere di restituire alla società. «Non voglio che sulla mia tomba ci sia scritto “è morto ricco”», ha scritto sul suo blog.
Poche ore dopo l’intervista, Musk ha risposto postando su X un video tratto dal podcast di Joe Rogan, in cui si allude a presunti legami oscuri di Gates con Jeffrey Epstein, aggiungendo un’emoji a bersaglio come commento. La strategia di una certa parte politica del mondo, non solo statunitense, è sempre la stessa: quando si viene colti in fallo e accusati di qualcosa che è nei fatti incontestabile, si rispondere con falsità e propaganda antiscientifica, denigratoria e volta a infangare l’avversario con ogni mezzo possibile, il più delle volte leggende metropolitane e menzogne di basso livello.
Nel frattempo, la nuova amministrazione Trump ha tagliato oltre l’80% dei programmi finanziati da USAID e trasferito quasi tutta l’agenzia nel Dipartimento di Stato, che si prevede subirà ulteriori tagli. Il futuro dell’aiuto umanitario americano è quindi incerto, con migliaia di beneficiari lasciati senza supporto.
Se questo è il metodo di lavoro, allora…
Su questa vicenda ognuno si farà la propria idea, ma c’è un fatto che continua a ronzarmi in testa ogni qualvolta leggo delle sparate, delle menzogne e delle cantonate prese da Elon Musk praticamente in ogni occasione pubblica, nemmeno si trattasse del ministro Lollobrigida, cognato della prima ministra italiana.
Sto parlando della domanda fondamentale, ovvero: ma come ha potuto un uomo con queste qualità, — uno che è incapace di distinguere un posto da un altro e che durante l’insediamento del Presidente degli Stati Uniti, in uno stato di evidente alterazione e esaltazione, alza il braccio destro in un gesto tale e quale al saluto nazista giustificandolo poi goffamente come un ragazzino colto con le mani nella marmellata — come fa, dicevo, a sedere a capo di alcune delle più importanti aziende del mondo?
Quella di Gaza infatti non è l’unica “svista” dell’ultimo periodo. C’è anche quella su un contratto miliardario, a suo dire, che poi è divenuto appena milionario. Il DOGE ha pubblicato infatti un elenco di risparmi ottenuti sul suo sito web qualche giorno fa, e uno dei più importanti è stato l’annullamento di un presunto contratto da 8 miliardi di dollari per una qualche forma di supporto tecnico nei confronti dell’Immigration and Customs Enforcement’s Office of Diversity and Civil Rights (di nuovo, immigranti e diritti civili, chissà come mai la forbice del DOGE sia rivolta soltanto verso quello che non piace all’amministrazione Trump) risalenti al 2022, secondo il New York Times. Tuttavia, mentre il contratto è stato inizialmente valutato in 8 miliardi, il costo è stato successivamente aggiornato in 8 milioni. Solo 2,5 milioni di dollari sono stati spesi per il contratto, suggerendo che il DOGE ha risparmiato, di fatto, soltanto 5,5 milioni.
Quest’uomo, è bene ricordarlo, viene riconosciuto come il fondatore di PayPal, uno dei sistemi di pagamento più diffusi nel mondo. Anche su questa storia però pesano parecchi dubbi. Musk, infatti, era allora a capo di un’azienda dal nome ormai familiare: x.com. Quando si fuse con Confinity, vera ideatrice del prodotto e del marchio PayPal, Musk se ne addossò la paternità, ma ovviamente l’ideazione del prodotto non lo riguardava affatto.
L’idea che Musk aveva era quella di creare una super-app bancaria ed è ancora oggi l’obiettivo del social x.com, anche questo frutto dell’acquisizione e della trasformazione del ben più amato e popolare Twitter.
Le due aziende che però Musk ha creato certamente, o in cui l’apporto di Musk è stato significativo, sono Tesla e SpaceX (la prima non è stata realmente fondata da Musk, ma è comunque responsabile di una certa impronta sul progetto).
In ogni caso, SpaceX detiene oggi un vantaggio tecnologico importante sui voli spaziali, ma soprattutto è significativo il fatto che controlli (è una stima) il 66% dei satelliti attivi in orbita attorno alla terra. Praticamente due terzi delle comunicazioni satellitari sono controllate da un miliardario che rilancia quotidianamente notizie false e antiscientifiche, è spietatamente contrario a qualsiasi tipo di immigrazione, non risparmia dichiarazione transfobiche e commenti antisemiti e razzisti, fa pubblicamente saluti nazisti (o che gli somigliano molto), confonde un posto per un altro e, non ultimo, fa un consistente uso di droghe di diversi generi.
Musk però non possiede soltanto queste aziende. Ricordiamo che con x.com ha una sua intelligenza artificiale piuttosto evoluta (annunciata poche settimane dopo aver tuonato contro i rischi per il futuro dell’umanità legati all’uso dell’IA), nonché Neuralink, una società che studia le interfacce BCI, ovvero cervello-computer. Anche su questo tema e sulla iniziale mancata autorizzazione al primo esperimento, c’è un Insalata Mista dedicata.
Rimane una questione di fondo: voi affidereste il futuro di uno dei paesi più importanti e potenti del mondo come gli Stati Uniti; il futuro dei viaggi spaziali, delle comunicazioni satellitari e delle interfacce uomo-computer, a uno che non è capace nemmeno di distinguere un posto da un altro soltanto perché hanno lo stesso nome? Uno che per risultare un abile videogiocatore avrebbe pagato altre persone per giocare al posto suo per poi vantarsi delle sue abilità in una diretta pubblica dove si mostra evidentemente incapace (ne ha parlato Domani in questo articolo)?
In altre parole, se il buongiorno si vede dal mattino, affidereste il futuro del mondo a Elon Musk?
» COSE MOLTO UTILINK: Le città fortezza del futuro sognate dai fascisti dell’apocalisse
Internazionale dedica questa settimana la copertina a un illuminante articolo di Naomi Klein e Astra Taylor apparso su The Guardian. Ne consiglio caldamente la lettura perché, tra le altre cose, si lega ai temi trattati da questa Insalata Mista.
» PENSIERI FRANCHI: Miliardari filantropi, miliardari misantropi
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale. O meglio, i miei pensieri in libertà.
Ho già scritto diverse volte di Bill Gates. Ho parlato dei suoi progetti, della sua visione del futuro e soprattutto di quello che ha fatto e che fa la sua fondazione. Con questo non ho voluto mitizzare il personaggio, di cui ovviamente nessuno conosce le qualità personali e più intime. Conosciamo però quello che ha fatto e come ha saputo cambiare il mondo odierno.
Bill Gates pubblica regolarmente sul suo blog personale, Gates Notes, e ogni post offre spunti molto interessanti. L’ultimo, dal nome “La mia nuova scadenza: 20 anni per dare via praticamente tutta la mia ricchezza”, alza un tantino l’asticella di quello che ci si aspetta da una persona della sua fama e soprattutto del suo patrimonio.
Bill Gates va oltre la ricchezza: è un super ricco. Uno di quelli che entrano direttamente nella classifica mondiale degli uomini più ricchi del mondo (a proposito, c’è mai stata una donna in questa classifica? Sì, Françoise Bettencourt Meyers, nipote del fondatore di L’Oréal). Gates è attualmente alla posizione 13, non è più nella topten ma poco ci manca. Curiosamente, nella topten c’è un altro manager di Microsoft, amministratore delegato per 14 anni, Steve Ballmer. Uno di quelli che non diresti nemmeno si possa trovare in quella lista e infatti, forse, i suoi meriti per starci sono legati soprattutto al fatto di essersi trovato di fianco a Bill Gates in momenti chiave della storia di Microsoft.
In ogni caso, tra tutti questi, Gates è quello che più si è dedicato anima e corpo a un’attività come quella della Fondazione Bill e Melinda Gates, che ha promosso e finanziato progetti rivolti a migliorare la vita delle popolazioni povere e dei paesi emergenti. Nell’ultimo post sul suo blog, Gates annuncia di aver raggiunto un traguardo importante della vita, di quelli in cui si tira una riga e si fanno dei conti.
Bill Gates infatti dice di essere arrivato contemporaneamente al venticinquesimo anno della Fondazione Bill & Melinda gates, al cinquantesimo di Microsoft, a quelli che sarebbero stati i cento anni del padre — sua ispirazione nei progetti di filantropia — e ai suoi settant’anni. E al termine di questa riflessione, Gates ha deciso di fare due cose: dar via tutto il suo patrimonio personale (non tutto tutto, a dire il vero: il 99%) nei prossimi vent’anni e, alla fine, chiudere la fondazione.
Nei primi venticinque anni, la Fondazione Gates ha ricevuto fondi per circa cento miliardi di dollari. Nei prossimi venti, quindi, Gates ha deciso di raddoppiare questo impegno, aggiungendo ai fondi ricevuti dagli attuali donatori anche quelli derivanti dal proprio patrimonio. Pertanto, dice, alla fine di questi vent’anni la Fondazione avrà espresso tutto il suo potenziale.
L’attuale patrimonio netto di Bill Gates ammonta a 108 miliardi di dollari. Quando dice di voler devolvere il 99%, significa che terrà per sé poco meno di 1,1 miliardi: una cifra sufficiente per vivere nella ricchezza e nel lusso a qualsiasi essere umano, comprese le generazioni a venire. Al tempo stesso, però, significa donare circa 5,5 miliardi in beneficenza ogni anno, abbattendo quella montagna di denaro che oggi lo pone nell’ambita classifica di Forbes.
Perché Gates faccia tutto questo non lo sappiamo e non lo sapremo mai, ma è importante quello che ripete più volte, anche nel post sul blog. Dice: «Una delle cose migliori che ho letto è stato un saggio del 1889 di Andrew Carnegie intitolato “Il Vangelo della ricchezza”. Sostiene che i ricchi hanno la responsabilità di restituire le loro risorse alla società, un'idea radicale all'epoca che ha gettato le basi per la filantropia come la conosciamo oggi. Nella frase più famosa del saggio, Carnegie sostiene che "l'uomo che muore così ricco muore disonorato". Ho passato molto tempo a pensare a quella citazione ultimamente. La gente dirà un sacco di cose su di me quando morirò, ma sono determinato a far sì che "è morto ricco" non sia una di queste. Ci sono troppi problemi urgenti da risolvere perché io mi aggrappi a risorse che potrebbero essere utilizzate per aiutare le persone».
Viene naturale fare il parallelo con un altro super ricco molto noto, ovvero colui il quale occupa la prima posizione della classifica di Forbes, Elon Musk, di cui parla anche l’approfondimento di questa Insalata. Sta a voi giudicare quanto un personaggio così abbia dimostrato di meritare quella posizione; non ci interessa in questo contesto se non per il fatto che i due personaggi sono entrati in collisione proprio questa settimana, con Gates che, in un’intervista al Financial Times, ha duramente criticato Musk per aver smantellato ciò che è stato il più grande fornitore mondiale di assistenza alimentare. Da quando il presidente Donald Trump è entrato in carica - ha detto Gates -, Musk ha accusato infondatamente l’USAID di essere una “organizzazione criminale” e ha dichiarato che è “tempo che muoia”.
Gates ha detto che i tagli di Musk sono nati dall’ignoranza, citando come esempio la cancellazione delle sovvenzioni a un ospedale nella provincia di Gaza del Mozambico che ha contribuito a impedire alle donne di trasmettere l’HIV ai loro bambini, e il fatto di aver affermato falsamente che gli Stati Uniti stavano spendendo 50 milioni di dollari per inviare preservativi ad Hamas a Gaza.
Ha poi aggiunto che “L’immagine dell’uomo più ricco del mondo che uccide i bambini più poveri del mondo non è delle migliori”.
Qualunque tipo di persone siano rispettivamente Gates e Musk, nessuno di noi potrà mai saperlo e, se posso dirlo, nemmeno ci deve interessare. Sono passati gli anni in cui pensavo che per apprezzare quello che una persona ha fatto bisognasse anche ammirarla come essere umano. No, quando si diventa adulti bisognerebbe essere in grado di scindere le due cose: la persona dalle azioni, i fatti dalle idee. Pertanto non mi interessa sapere se poi, nella vita privata, Gates e Musk siano o meno delle brave persone. Gates però qui stabilisce un principio importante, direi fondamentale: ogni persona che ha avuto la fortuna di accumulare tanto denaro — legittimamente, ci mancherebbe — ha un dovere nei confronti della società e del prossimo.
È un principio diametralmente opposto a quello a cui si ispira la destra repubblicana guidata da Donald Trump, che ripropone al contrario l’ideale millenarista di un futuro fatto di paesi-roccaforte dove soltanto i migliori, i più ricchi, avranno il diritto di risiedere. Da qui, immagino, l’allucinazione di una Striscia di Gaza che, deportati definitivamente tutti i palestinesi (piano già in esecuzione col beneplacito di tutto il mondo), verrà trasformata in un resort di lusso per l’élite planetaria — non già dei più ricchi e facoltosi, ma di quelli che vedono nella ricchezza un “pass” di libero accesso alla casta di cui faranno parte soltanto i loro simili.
Di tutti quelli che rimarranno fuori non importa, è un problema che non li riguarda. Un principio ben diverso da quello che Gates scrive nel suo post, quando dice che “La missione della Gates Foundation rimane radicata nell’idea che dove sei nato non dovrebbe determinare le tue opportunità”.
Franco A.
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Cos’è la F.O.M.O.?1
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Nel suo primo discorso da pontefice, Leone XIV ha paragonato l’impatto dell’Intelligenza Artificiale a quello della rivoluzione industriale, definendola una nuova sfida sociale. La tecnologia, ha detto, deve essere guidata da un’etica centrata sulla persona, sul lavoro e sulla giustizia, in continuità con l’impegno di Papa Francesco sull’“algoretica”.
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Guida autonoma a Milano: parte il progetto Serravalle Future Drive
Una FIAT 500 elettrica a guida autonoma collegherà la stazione Famagosta con il quartiere Cantalupa, su un percorso che unisce tratti urbani e autostradali. La sperimentazione, curata dal Politecnico di Milano, Milano Serravalle e il Centro MOST, mira a testare soluzioni innovative per il trasporto dell’“ultimo miglio”. Il veicolo, dotato di sensori avanzati e connettività 5G, opera in autonomia di livello 4, con supervisione umana per sicurezza. Previste anche future prove in comuni senza trasporto pubblico, come Darfo Boario Terme.
Fonte: DMove.it
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Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.