Pensieri Franchi: Amare la quarantena
In assenza dell'approfondimento settimanale, ho deciso di pubblicare un mio personalissimo pensiero, quasi intimo per certi versi: quello sulla quarantena del 2020, nella prima fase della pandemia.
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale. O meglio, i miei pensieri in libertà.
Prima di iniziare con questo Pensiero Franco, devo fare una lunga e doverosa premessa: parlerò della quarantena, che è un periodo che molte persone ricordano con difficoltà perché a quei giorni associano magari un grande dolore, una ferita causata dallo shock della perdita di un caro in una maniera brutale e incivile, senza nemmeno avere la possibilità di vederlo per un ultimo saluto. Oppure semplicemente per aver passato un bruttissimo periodo attaccato a un respiratore. Tutte queste persone potrebbero sentirsi ferite da quello che sto per scrivere, che però è la mia esperienza personale, è quello che io ho vissuto. Ecco, se siete tra le persone che hanno vissuto quel periodo con qualche forma di trauma tipo quelli che ho elencato, vi chiedo scusa in anticipo e vi suggerisco di non andare avanti, non vorrei che le mie parole possano suonare offensive. Ci tengo che non lo siano mai, nemmeno quando faccio le polemiche più crude e corrosive.
Detto tutto questo, quella maledetta funzione di Facebook che cade sotto il nome di “ricordi”, qualche giorno fa me ne ha sottoposto uno molto particolare, di ricordo. Ero io, seduto al tavolo della mia vecchia cucina, con davanti una pila di quei pancake che avevo imparato da poco a preparare. Di fianco gli sciroppi e il podcast di Console Generation da ascoltare mentre facevo colazione di buon mattino, con la luce del sole che entrava abbondante in casa.
Aprire quella foto è stato come essere risucchiati da un portale spazio-temporale e tornare per un attimo, quantomeno con le sensazioni, a quel periodo, quello della quarantena. Quel periodo incredibile, che oggi a parlarne sembra come se si fosse trattato di un sogno collettivo e si fa fatica a realizzare che per quasi un mese il mondo intero (o quasi) si è completamente fermato.
Di colpo mi sono tornate in mente delle immagini: le corsie dei supermercati con i nastri che indicavano il divieto di acquistare la merce, le code per entrarci, al supermercato, i permessi da tenere in macchina in caso di controllo della polizia. Strade completamente deserte, tanto che mi è tornata in mente un’altra immagine, che riguardava proprio un incrocio di campagna dove arrivavo correndo, di cui pubblicai una foto che non avrebbe sfigurato come copertina di un episodio di The Walking Dead.
Quello però fu anche un periodo speciale, quantomeno per me. Un periodo in cui il mondo mi ha costretto in casa con la mia famiglia, finalmente riunita per la prima volta per un mese o più sotto lo stesso tetto 24 ore al giorno. Senza scuola e senza lavoro a interrompere quella convivenza che, nel mio caso, è stata meravigliosa. Ricordo l’ufficio accampato in salotto dove la mattina e il pomeriggio io lavoravo da un lato del tavolo e i ragazzi facevano le loro sessioni di didattica a distanza o studiavano dall’altro. E lo facevamo lì, tutti insieme. Poi, sempre insieme, si faceva la lista della spesa che sarei andato a fare una volta a settimana per tutti, suoceri compresi.
Tornavo a casa come un esploratore in missione speciale, carico di viveri che ci avrebbero assicuro la sopravvivenza per l’intera settimana. Mi sentivo molto soddisfatto quando rientravo, sentivo di aver fatto qualcosa di utile per tutti i miei cari che grazie a me avevano di che vivere. Certo, giornali e telegiornali ci avevano messo tutto l’impegno possibile per drammatizzare cento volte tanto un evento già drammatico di per sé, ma non così tanto da pensare di rischiare davvero di rimanere senza provviste. Però, quantomeno nei primi giorni di chiusure, la sensazione era quella. Ricordo ancora la paura (folle) di avvicinarmi troppo alle altre persone quando per caso, entrato in una corsia di un supermercato, vedevo qualcuno dall’altro lato. Meriti e follie del terrorismo mediatico di basso livello, ma anche di una situazione nuova e spaventosa per tutti.
Fu l’epoca in cui tutti diventammo panettieri ed era fantastico svegliarsi la mattina, infornare e poi svegliare la famiglia col profumo del pane appena fatto. Ogni momento della giornata, normalmente vissuto nella fretta e nella concitazione degli orari serrati e di uno scandire insensato degli impegni quotidiani, si era improvvisamente dilatato tutto d’un colpo.
Così la colazione non era più quel pasto fatto in fretta e furia da consumare aspettando che si liberasse il bagno con l’orologio alla mano e i minuti contati, ma un momento conviviale dove si poteva sperimentare quello che gli spot di merendine e biscotti ci avevano promesso da decenni: quel tavolo imbandito in cui un piccolo nucleo famigliare consumava una ricca colazione tra una chiacchiera e un sorriso, senza ombra alcuna di ansia o fretta. Quella promessa si avverò tutti i giorni della quarantena e fu meraviglioso.
Lo dico con un po’ di paura e imbarazzo e me ne scuso fin d’ora, ma penso che si sperimenti una sensazione simile quando succede una catastrofe come un terremoto. Ne lessi anche qualcosa da qualche parte in cui si parlava del senso di comunità e fratellanza che si risveglia nelle popolazioni che si trovano ad affrontare appunto una catastrofe del genere e poi magari un lungo periodo di convivenza in situazioni precarie, come nelle tende da campo, in una palestra comunale o in rifugi di fortuna.
Le persone, quando si sente minacciata la propria incolumità, tendono a stringersi tra di loro, a fare gruppo, comunità. Inevitabilmente vengono esasperati gli estremi opposti dei comportamenti istintivi: c’è chi diventa uno sciacallo, pronto a passare sopra il cadavere caldo di chiunque pur di portare a casa un vantaggio per sé o per i propri cari, e chi invece si riscopre improvvisamente fratello di ogni essere vivente e pronto ad aiutare il prossimo.
In queste situazioni si risveglia un antico e sopito senso profondo dell’essere umano, quello che tutti i giorni anestetizziamo e respingiamo a forza nel nostro volto di facciata, che è sempre troppo preso dagli impegni e scadenze per pensare a quello che realmente siamo chiamati a fare per questo brevissimo lasso di tempo che ci è concesso sulla terra.
In qualche modo - di certo in un modo traumatico e doloroso - la quarantena fu per molti il risveglio dell’essere umano che sonnecchia dentro ognuno di noi. Molti, come me, riscoprirono il senso autentico dello stare al mondo, che è quello di vivere profondamente i rapporti con i nostri cari più stretti. Quello di “vivere ogni momento della vita come fosse l’ultimo”, diceva qualche saggio (o qualche markettaro) su uno di quei manuali che ti insegnano a vivere intensamente la vita. Manuale che però finisci per leggere nei 10 minuti in metro che ti separano dal parcheggio all’ufficio e che incastri nei mille impegni che poi quotidianamente sconfessano il senso di quello che hai appena letto nello stesso libro. Tutti sconfessiamo quotidianamente quell’ottimo proposito, io per primo, che professo il lavorare meno e che poi finisco regolarmente per infilarmi in un burnout senza fine.
La vita forse un senso ce l’ha e se dovessi scegliere quale senso ha per me, risponderei senza ombra di dubbio che ha quello di vivere il resto della mia vita come ho vissuto quel periodo, per me unico e irripetibile, della quarantena del 2020.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
Violato il database di ePrice: in vendita i dati di 6,8 milioni di clienti
Un grave attacco ha colpito ePrice: i dati di 6,8 milioni di clienti italiani, con nomi, indirizzi, numeri di telefono, email e storici d’ordine dal 2008, sono stati messi in vendita sul dark web. Nessuna traccia, al momento, di carte di credito o password compromesse, ma il rischio di truffe è altissimo. La violazione è stata scoperta dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale e attribuita a uno scraping massivo dei database. ePrice ha avviato un’indagine interna e invita gli utenti a cambiare le password e fare attenzione a possibili tentativi di phishing.
Fonte: DDay.it
Ghibli-mania su ChatGPT: boom di immagini anime generate dall’IA, ma il copyright è salvo?
Le immagini in stile Studio Ghibli generate dal nuovo modello GPT-4o di ChatGPT stanno invadendo il web, spingendo Sam Altman (OpenAI) a scherzare su “GPU che fondono” per il troppo utilizzo. Questo boom ha riportato l’attenzione sui limiti legali dell’IA generativa: lo stile non è protetto dal copyright, ma se per addestrare il modello sono state usate opere protette, come i film Ghibli, allora si entra in un’area grigia giuridica. Miyazaki non ha commentato, ma è noto per la sua ostilità verso l’intelligenza artificiale. Intanto OpenAI limita temporaneamente l’uso gratuito delle immagini per contenere il carico sui server.
Fonte: DDay.it
Il fisco italiano vorrebbe l’IVA dai social: i dati personali valgono come pagamento
L’Agenzia delle Entrate italiana vuole applicare l’IVA sulla registrazione degli utenti a piattaforme come Meta, X e LinkedIn, considerandola una vera transazione commerciale: l’accesso al servizio avverrebbe in cambio dei dati personali. Secondo questa visione, i dati sono una controprestazione con valore economico. Le richieste riguardano solo gli anni 2015 e 2016 e ammontano a 887 milioni per Meta, 12,5 per X e 140 per LinkedIn. La questione, destinata a sfociare in contenziosi, potrebbe avere impatto su tutta l’UE e su molti altri servizi “gratuiti”.
Fonte: DDay.it
Auto in calo in Europa, ma le elettriche volano: +28% nei primi due mesi del 2025
Il mercato auto europeo perde il 3% nel primo bimestre 2025, con flessioni in Germania, Italia e Francia, e solo la Spagna in crescita. L’unico segnale positivo arriva dalle elettriche (+28,4%), che raggiungono una quota del 15,2%, mentre le ibride salgono al 35,2%. In calo le plug-in hybrid (-5%) e crollano benzina (-20,5%) e diesel (-28%). La transizione verso l’elettrico prosegue, anche se in modo disomogeneo tra i diversi Paesi dell’UE.
Fonte: DMove.it
Cybertruck: oltre un milione di prenotazioni, ma meno di 50.000 vendite
Nonostante Elon Musk avesse dichiarato a fine 2023 che “la domanda è alle stelle” con oltre un milione di prenotazioni per il Cybertruck, Tesla ha venduto meno di 50.000 unità del suo pick-up elettrico entro il primo trimestre del 2025. Il divario tra interesse iniziale e vendite effettive alimenta i dubbi sulla reale sostenibilità del progetto. Tra produzione limitata, difficoltà logistiche e il design divisivo del veicolo, Cybertruck parrebbe faticare a imporsi sul mercato nonostante l’hype iniziale.
Fonte: Wired.com
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
Se hai apprezzato la newsletter Insalata Mista ti chiedo un favore: lascia un commento, una recensione, condividi la newsletter e più in generale parlane. Per me sarà la più grande ricompensa, oltre al fatto di sapere che hai gradito quello che ho scritto.
Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Pensieri Franchi particolarmente scomodi questa volta, ma che comprendo in pieno. Anche io infatti ho un ricordo non negativo del lockdown, anche se per motivi diversi: io e mia moglie eravamo in attesa del nostro primo figlio, e la quarantena è coincisa con buona parte della gravidanza. So che è assurdo (e anche io ho un enorme rispetto per chi ricorda quel periodo per i drammi globali e personali), ma quando ripenso al lockdown del 2020 penso soprattutto a quella bolla in cui siamo stati per l'ultima volta in due, con una nuova vita che cresceva tra di noi.
Il problema è che il COVID è ancora una ferita aperta per molti. Io capisco che la quarantena è stata un'occasione per rallentare il ritmo della vita e riprendere un po' il controllo sulle nostre vite, e grazie al cielo qualcosa a riguardo abbiamo imparato e lo stiamo ancora facendo, ma non dovunque e, specialmente, non per chiunque.
Personalmente del lockdown rimpiango la strade vuote e zero traffico, e soprattutto zero rumore la notte, che erano anni...
Mancavano giusto le lucciole e mi sarebbe sembrato di tornare bambino nelle fredde estati valligiane.
Riguardo al punto dell'articolo di oggi, credo che sia sfuggito, non solo perché penso chi abbia letto non l'abbia fatto fino in fondo, ma anche perché, come dicevo prima, purtroppo non tutti hanno avuto la fortuna di vedere solo i lati positivi della quarantena.
No hard feelings anyway, sono felice che chi abbia vissuto la cosa serenamente, anzi, mi ripaga delle brutture viste in giro.