Realtà e percezione, quando i dati smentiscono il senso comune
Ci sono argomenti che creano una distanza importante tra realtà dei fatti e realtà percepita. Uno di questi è la sicurezza: ci sentiamo perennemente minacciati, ma i dati dicono altro.
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» PENSIERI FRANCHI: Forse è arrivato il momento di imparare a lavorare
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La scorsa settimana il quotidiano La Stampa ha raccontato una storia di quotidiana inefficienza. Una di quelle che ormai siamo abituati ad ascoltare o a leggere, senza nemmeno più scomporci più di tanto.
La storia racconta del concorso pubblico per la sezione dei dirigenti scolastici che si è tenuto a Roma il 6 maggio. I dirigenti scolastici sono i presidi, coloro i quali devono gestire le scuole frequentate dai nostri figli e che dunque hanno una responsabilità diretta nella crescita e nello sviluppo delle nuove generazioni.
A selezionare i nuovi dirigenti, dovrebbe esserci un organismo ancora superiore. La dirigenza della dirigenza, no? Ebbene, il concorso sarebbe dovuto iniziare alle 10.30, ma in realtà è partito soltanto quattro ore dopo. La pretesa di arrivare alla precisione svizzera l’abbiamo abbandonata ormai da tempo, ma qui si parla di qualcosa di differente, di organizzazione da terzo mondo. Pensate soltanto al disagio che avranno vissuto i candidati che arrivavano da lontano, che avranno certamente dovuto prenotare un altro biglietto del treno o dell’aereo, oppure fermarsi per una notte a Roma.
Un ritardo di quattro ore basterebbe già a raccontare una situazione di incredibile inefficienza, di incapacità organizzativa degna di un paese arretrato. Tuttavia la storia, come ormai avrete intuito, non finisce qui. Se ci fosse stato solo il ritardo, per quanto eclatante, nemmeno sarebbe comparsa sui quotidiani, tanto siamo ormai abituati al concetto di ritardo associato al pubblico. No, parecchi candidati sono rimasti in piedi perché mancavano banchi e sedie. Ragionateci: si candidano per un esame 2.321 persone. Quanti banchi e sedie potranno mai servire? No, non ci sono arrivati. Così sono cominciate le proteste, i “vergogna!” urlati all’organizzazione e i pugni battuti contro i banchi. Legittimi, sacrosanti.
Cosa poteva mancare in un contesto di totale e insopportabile disorganizzazione e scarso rispetto delle vite e delle professionalità altrui se non l’umiliazione? D’altronde è un principio base di chi vuole istruire le future generazioni di presidi che poi dovranno gestire le scuole e dunque trasmettere il proprio metodo di lavoro e di educazione alle nuove generazioni: l’umiliazione. Ne parlò anche il ministro dell’istruzione una volta e in effetti, ora che ci penso, mi sembra che il cerchio si sia finalmente chiuso.
L’umiliazione è arrivata quando il capannone della Fiera di Roma che ospitava il concorso ha cominciato a puzzare di fogna, talmente tanto che qualche candidato è stato portato via in ambulanza. Talmente tanto che a un certo punto hanno dovuto aprire le finestre per far entrare l’aria. Peccato che insieme siano entrati anche i piccioni, che hanno causato altri disagi. Provate a immaginare la scena: gente che non ha una sedia e un banco per sedersi, altri che protestano urlando, tanfo, candidati che svengono e vengono portati via dalle ambulanze, portatori di handicap che non riescono a entrare, di nuovo tanfo, piccioni che entrano e scagazzano dappertutto. Non sembra anche a voi un meraviglioso affresco felliniano, degno della più fervida immaginazione, frutto di una mente geniale e creativa al tempo stesso?
E invece no, questo è solo un concorso per i nuovi dirigenti, quelli che dovranno occuparsi della crescita e dell’educazione dei nostri figli. E allora mi viene da pensare: se questo è lo stato di organizzazione di un concorso pubblico per dirigenti, quale sarà lo stato degli uffici pubblici, da quelli comunali su su fino a quelli del parlamento e del senato? Ma non sarà che in questo paese abbiamo un problema cronico e in continuo peggioramento legato alla capacità di lavorare? Non sarà che siamo ormai incapaci di portare a termine anche il più elementare dei compiti, come trovare il giusto numero di banchi per un numero noto di candidati?
Perché poi, alla fine di tutto questo circo Barnum, il risultato è stato che, per compensare i disagi, gli esaminatori hanno decretato che a superare la prova è stato l’85% dei presenti. Come dire: vi abbiamo umiliato e trattato come bestie, però vi abbiamo fatto passare quasi tutti. E così scaviamo ancora di più la buca dell’incompetenza e della cattiva gestione, che importa che poi questi saranno i presidi delle scuole di domani?
Forse, prima di fare importanti proclami politici legati a questioni infondate, legate più alla percezione che ai dati oggettivi, sarebbe importante imparare di nuovi le cose basilari. Imparare a lavorare, per esempio, sarebbe un bell’esempio da dare ai futuri cittadini di questo sgangherato paese.
Buona lettura.
Franco A.
» QUANDO REALTÁ E PERCEZIONE NON VANNO D’ACCORDO
Erano le vacanze estive del 2022 quando, trovandomi in Puglia, precisamente a Polignano a Mare, mi rubarono l’auto. Fu particolarmente spiacevole perché si incrociarono contemporaneamente diversi fattori: il primo era che me ne accorsi di sabato mattina, il secondo che era il 13 agosto. Fino al martedì successivo (il lunedì sarebbe stato ferragosto) non ci sarebbero stati treni per spostarsi alla più vicina città (cioè Bari). In tutto questo, la sera avrei dovuto lasciare l’alloggio per spostarmi nella seconda tappa del viaggio programmato.
Mi sono trovato quindi in un posto super affollato senza casa, senza auto, senza possibilità di spostarmi e con tutta la famiglia al seguito. Le autorità mi hanno risposto sostanzialmente con in un film di Carlo Verdone: «eh, lo fanno lo fanno…».
Non vi starò a spiegare come ne sono uscito, proseguendo con successo una delle vacanze che, nonostante tutto, ricordiamo come una delle più belle di sempre. Di fatto però continuava a ronzarmi in testa una domanda: “ma nel 2022 si rubano ancora le auto?”. Avevo ovviamente un antifurto satellitare, il ché mi dava quella sensazione di sicurezza e intoccabilità. Mi domandavo infatti chi mai avrebbe potuto rubare un’auto che era tracciabile in ogni suo spostamento.
Purtroppo, in Italia la criminalità è sempre un passo avanti. Non avevo pensato alla possibilità che ci potesse essere un’organizzazione tanto sofisticata da poter eseguire in poche ore un piano perfetto: sono arrivati con un carro attrezzi, hanno portato l’auto in una campagna del foggiano le cui strade non sono nemmeno mappate dal sistema urbanistico e l’hanno smontata completamente; lasciando lì, in mezzo ai campi, soltanto lui, il GPS, triste e abbandonato.
Concludo velocemente il racconto: arrivammo a Matera, seconda tappa del viaggio, seguendo una strada statale nuova e molto bella. All’arrivo raccontai il fattaccio al padrone dell’alloggio che mi disse, soddisfatto:«Beh, siete stati fortunati, lungo quella statale capita spesso che le auto vengano fermate, fatti scendere gli occupanti e rapinati di bagagli e auto». Non so perché, ma non mi sentii così fortunato.
Alla fine della vacanza tornai qui, nel freddo nord, dove raccontai a diversi amici e colleghi quello che mi era capitato. Apparentemente tutti sapevano che «…in Puglia non si va con la propria auto, è risaputo!». Altri mi spiegarono che bisogna evitare come la peste i dintorni di Foggia, che poi ho scoperto essere la capitale non solo della criminalità italiana (avreste detto Napoli e la campagna, vero? Ecco, di nuovo una discrasia tra realtà e percezione), ma anche quello dello smercio di ricambi di auto rubate.
Non nascondo che in quel momento mi sono sentito molto poco al sicuro, ho avuto la percezione di un paese, l’Italia, con un serio problema di criminalità, che ancora deve fare i conti con la malavita organizzata e con la scarsissima percezione di sicurezza.
I dati raccontano un’Italia differente
Tutto questo mi è tornato in mente negli ultimi giorni in cui ho letto alcuni dati riguardo la criminalità europea messa a confronto con quella americana. Ho scoperto infatti che negli Stati Uniti, nel 2023, i morti da arma da fuoco sono stati 42 mila, di cui 23.760 suicidi e 18.507 omicidi. Le sparatorie di massa si sono confermate, anche nel 2023, sopra la soglia critica di 600 (650 per la precisione). Più di 1.600 bambini di età compresa tra 0 e 17 anni sono morti sempre a causa delle armi da fuoco, mentre 4.444 sono rimasti feriti. Numeri impressionanti, che certamente vanno messi in proporzione alla popolazione. Ecco, facciamolo, mettiamoli in proporzione e prendiamo tutti i morti togliendo i suicidi: si tratta di 5,45 omicidi ogni 100.000 abitanti.
A questo punto prendiamo lo stesso dato applicandolo ai maggiori paesi europei. Quella che viene fuori è una classifica che vede al primo posto la Lettonia, con 3,62 omicidi per 100.000 abitanti, poi ci sono Lituania (2,44), Francia (1,4), Finlandia (1,21), Svezia (1,10), Austria (0,88), Germania (0,83), Spagna (0,70) e solo dopo molto si arriva all’Italia, che si ferma a un rapporto di 0,54 omicidi per 100.000 abitanti. Dieci volte in meno degli Stati Uniti.
La media europea nel 2021, secondo il rapporto “Special points of interest” dell’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) , è del 2,2 contro una media mondiale del 5,8. Media però fortemente sbilanciata per via del tasso di omicidi in Africa (12,7), in cui molti paesi sono in guerra o vivono situazioni di disordini e guerre civili, ma soprattutto per via degli Stati Uniti, con un tasso (sempre nel 2021) di 15 morti per 100.000 abitanti.
Perché parliamo però soltanto di morti da arma da fuoco? Semplice: perché per tutti gli altri reati che cadono sotto il cappello di “crimine”, è spesso difficile evidenziare quanto sia il reale dato legato alle denunce e quanto sia invece il sommerso, il non denunciato. È il caso delle violenze sessuali, per esempio, i cui numeri sono sempre inquinati da una certa percentuale di reati non denunciati. Gli omicidi, invece, sono difficilmente discutibili, dato che di mezzo c’è un morto.
L’Italia è tra i paesi più sicuri, ma c’è un però
L’Italia è dunque un paese obiettivamente sicuro. Nel mio caso, mi sono trovato ad avere un giudizio fortemente influenzato dalla mia percezione, cioè la percezione di chi ha subito un reato. Abbiamo però parlato fin qui di omicidi, come va negli altri settori della criminalità?
In senso assoluto, i reati in Italia sono tutti in forte calo, ma una grande differenza la fa il modo in cui leggiamo i dati, ovvero il senso che vogliamo dargli. Si, perché come già scritto in una vecchia insalata (il cui link trovate qui sopra), i dati sanno mentire, se stuzzicati.
Così, chi volesse far leva sulla scarsa sicurezza del paese, potrebbe dire che in realtà anche i dati sugli omicidi sono in salita. Ed è certamente vero: secondo un rapporto del Ministero dell’Interno e Eurispes, nel 2022 ci sono stati 314 omicidi contro i 304 del 2021. Si tratta, come facilmente intuibile, di un rimbalzo dopo i due anni di pandemia, in cui la ridotta mobilità ha fatto diminuire i reati quasi in tutto il mondo. Chi volesse quindi dare una lettura fortemente distorta dei dati, potrebbe dire che gli omicidi sono in aumento. Chi invece volesse dare una lettura onesta dello stesso dato, si accorgerebbe che, rispetto al 2019, sono in continuo calo (erano infatti 319).
Non è un paese per donne
Quello che invece è significativo e in controtendenza sono i femminicidi, sempre in crescita. Ricordiamo che il femminicidio è un sottoinsieme degli omicidi che vengono commessi contro le donne. Il femminicidio non è semplicemente l’omicidio di una donna, ma è l’omicidio di una donna in quanto donna, quindi per motivi che spesso sono legati alla gelosia, alla possessività, etc.
Contro le donne aumentano non soltanto gli omicidi, ma anche i reati più spregevoli, come quelli persecutori, i maltrattamenti e le violenze sessuali. Queste ultime sono in costante aumento. Erano 4.884 nel 2019, poi 4.497 nel 2020 (anche qui va considerata la pandemia), poi un balzo a 5.274 nel 2021 e 5.854 nel 2022. C’è chi legge questo dato come emersione di una quota di reati non denunciati e quindi in maniera sostanzialmente positiva. Sai che soddisfazione.
In crescita sono anche le denunce per costrizione o induzione al matrimonio - lo credevate possibile? - con 16 casi nel 2023 rispetto agli 11 dell’anno prima.
Ci sono ancora altri reati che sono in aumento. Per esempio nel 2022, rispetto al 2021, i furti (+17,3%), le estorsioni (+14,4%), le rapine (+14,2%), le violenze sessuali (+10,9%), la ricettazione (+7,4%), i danneggiamenti (+2,9%) e le lesioni dolose (+1,4%); risultano, invece, in diminuzione lo sfruttamento della prostituzione e della pornografia minorile (-24,7%), l’usura (-15,8%), il contrabbando (- 10,4%), gli incendi (-3%) e i danneggiamenti seguiti da incendio (- 2,3%).
Realtà vs percezione
A darci l’idea di una realtà che non è quella dei fatti, c’è sempre e solo un responsabile: la comunicazione faziosa, quella che usa i dati per il proprio tornaconto e per sostenere una tesi, che il più delle volte è falsa o semplicemente costruita. Rientrano in questo contesto la comunicazione politica, che sfrutta i social network come propria arma di propaganda, così come i giornali che tendono a sensazionalizzare le notizie per poter attrarre più lettori dando indirettamente una lettura dei fatti fortemente scorretta e parziale.
Secondo un pregiudizio che ancora oggi cova in molti di noi, il più odioso e vile dei reati, lo stupro, sarebbe compiuto “da sconosciuti, possibilmente stranieri, col favore delle tenebre, a danno di donne che avventatamente circolano da sole in strada” (fonte Istat.it).
Quando, nel 2006, l’stat promosse la prima indagine sulla violenza contro le donne, emerse un’altra realtà: «Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei».
Gli stranieri tornano poi regolarmente all’interno della percezione popolare della criminalità e del senso di sicurezza. Di fronte a un racconto che vuole essere gli africani al primo posto tra gli stranieri più presenti sul territorio nazionale, a cui attribuire la maggior parte dei reati e un senso diffuso di scarsa sicurezza, tanto che qualcuno parla addirittura di invasione, i dati evidenziano un’altra realtà: nel 2022 la popolazione straniera in Italia contava 5.030.716 persone, circa l’8,5% del totale nazionale. Delle 5 comunità più grandi che compongono la popolazione straniera, soltanto una è africana e non è nemmeno la più grande.
Dei 5 milioni di stranieri, infatti, le comunità più numerose sono quella romena (1.083.771 residenti), quella albanese (419.987 residenti), quella marocchina (420.172 residenti), quella cinese (300.216 residenti) e quella ucraina (225.307 residenti). Visto che il rapporto “La criminalità: tra realtà e percezione” del Ministero dell’Interno si è premurato di andare ad analizzare quanti reati vengono commesso dagli stranieri, riportiamo i dati rilevati:
Nel 2022 sono state 271.026 le segnalazioni nei confronti di stranieri ritenuti responsabili di attività illecite, pari al 34,1% del totale delle persone denunciate ed arrestate; il dato risulta in lieve aumento, sia in valori assoluti che in termini di incidenza, rispetto a quello del 2021 (264.864 segnalazioni, pari al 31,9% del totale).
Gli stranieri, secondo questa indagine, compiono più spesso reati come furti (45,48% del totale dei furti in Italia, al primo posto ci sono i cittadini di nazionalità rumena) e le rapine (47,31% del totale). In questo caso, il maggior numero di segnalazioni ha riguardato i cittadini di nazionalità marocchina.
Se a qualcuno potrebbe venire spontaneo pensare che se non ci fossero cittadini romeni in Italia avremmo il 45% in meno di furti, occorre evidenziare che c’è un altro tipo di reati che sono in crescita in Italia, e sono quelli commessi dai minori, che hanno raggiunto le 33.723 segnalazioni nel 2023 contro le 29.625 del 2019. Segnalazioni che riguardano furto, ricettazione, rapina ed estorsione (39%); lesioni dolose; percosse, minaccia e rissa (16%); danneggiamento, incendio, resistenza a pubblico ufficiale (11%); violazioni delle norme sugli stupefacenti (9,76%). Cosa ci facciamo con i minori? Li rimandiamo a casa loro? Ecco, ci siamo capiti.
Questi dati mostrano come il disagio, in qualsiasi fascia di età o segmento sociale si mostri, ha sempre un legame indissolubile con la criminalità. Noi guardiamo alla nazionalità, alla provenienza e alla religione, ma le cause appaiono essere sempre e semplicemente legate al disagio, alla povertà, alla mancata integrazione, al distanza culturale, alla ghettizzazione.
Tra l’altro, c’è una vasta letteratura che dimostra come spesso a esser vittima dei reati siano quasi sempre le persone più povere e appartenenti a minoranze, a fasce sociali disagiate o emarginate. Secondo uno studio di The Hamilton Project, c’è quasi il 70% di probabilità che un uomo afroamericano senza un diploma di scuola superiore venga imprigionato prima dei trentacinque anni.
E in ogni caso, dal grafico qui sotto, è evidente come a patire la maggior parte dei reati, siano proprio le classi con i redditi più bassi.
Una vera emergenza c’è e riguarda un altro genere di reati
Ma se di emergenza vogliamo parlare, allora non bisogna guardare ai reati convenzionali. C’è invece un solo tipo di reati che cresce in maniera incredibile, e sono quelli informatici.
Nel 2023, l'Italia ha registrato un significativo aumento dei reati informatici, come evidenziato dai vari rapporti e studi sul tema. Secondo il Rapporto del Clusit, gli attacchi informatici nel primo semestre del 2023 sono aumentati del 40% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Questo incremento è stato in gran parte attribuito alla situazione geopolitica e alla crescente attività di gruppi di hacktivisti legati al conflitto in Ucraina.
I settori più colpiti in Italia includono il settore governativo (23% degli attacchi), seguito dal settore manifatturiero (17%). Quest'ultimo rappresenta il 34% del totale degli attacchi globali nel settore. Inoltre, il settore finanziario e assicurativo ha visto un notevole aumento degli attacchi, passando dal 3,7% nel 2022 al 9% nel 2023.
Ora, se volete fare un semplice esercizio, provate a fare un test: analizzate i programmi politici dei partiti, in questo periodo impegnatissimi nella propaganda elettorale in vista delle elezioni Europee e amministrative, e cercate quanti di questi abbiamo anche solo accennato al problema della sicurezza informatica che, lo ricordo ai più distratti, può compromettere l’utilizzo di servizi di basilari come ospedali, banche, fornitori di energia etc.
L’ho fatto io per voi. Il risultato è che quasi tutti i partiti ne hanno parlato soltanto nei programmi, sostenendo la necessità di una risposta “europea” al problema degli attacchi informatici (si, anche la Lega che poi nei manifesti scrive + Italia - Europa), ma nelle campagne il tema è completamente assente. Lì si parla di mangiare insetti, di sostituzione etnica agitando lo spauracchio del burqa. Di sicurezza si parla solo in relazione all’immigrazione, quella africana, in particolar modo. Anche se poi, dati alla mano, la realtà è completamente diversa dal racconto della politica e di alcuni giornali.
Come sempre, purtroppo, la percezione vince sempre sui fatti.
» COSE MOLTO UTILINK 🔗
Gli articoli più interessanti che ho letto in settimana, insieme ai link utili o semplicemente curiosi che ho trovato in giro per internet.
» L’italiano parlato ha meno di settant’anni
Come saprete, se avete letto le precedenti Insalate, sono molto attento al tema dell’uso della tecnologia e degli smartphone da parte degli adolescenti. Avevo già parlato di un articolo apparso su The Atlantic a firma di Jonathan Haidt, in cui si lega la tecnologia e l’uso dei social network ai tassi crescenti di depressione dei più giovani negli Stati Uniti.
L’articolo è stato pubblicato in italiano sul numero 1561 del 3/9 maggio 2024 di Internazionale, con un controarticolo molto interessante di Candice L. Odgers dal titolo “Una tesi allarmistica senza basi scientifiche”.
Ne riparleremo.
» CONSIGLI PER L’ASCOLTO 🎧
Sto trovando molto interessante e chiaramente scioccante il podcast di indagine giornalistica “La confessione”, che si lega all’inchiesta già fatta dal quotidiano Domani all’epoca in cui ne era direttore Stefano Feltri, che infatti è anche autore e narratore di questo podcast.
Va ascoltato per rendersi conto della dimensione di un fenomeno che non abbiamo ancora affrontato come si deve.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
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Apple Mappe ha introdotto nuove funzionalità dedicate ai ciclisti, tra cui indicazioni dettagliate sui percorsi ciclabili, anteprima del dislivello e dello stato del traffico. Le novità includono indicazioni vocali e la possibilità di trovare bagni pubblici e officine per riparazioni. Le stesse funzionalità sono disponibili anche su Apple Watch, con tocco aptico e feedback vocale.
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Secondo voci ben informate, OpenAI lancerà il suo motore di ricerca basato su ChatGPT il 13 maggio, anticipando di un giorno l'inizio di Google I/O. Questa mossa strategica è vista come una chiara sfida a Google nel dominio della ricerca web. Il nuovo motore di ricerca utilizzerà la tecnologia di ChatGPT per raccogliere informazioni dal web e presentare risultati in forma discorsiva. Resta da vedere quale modello commerciale adotterà OpenAI, se basato su abbonamenti o su formule pubblicitarie.
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Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
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Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Sui femminicidi, l'aumento a mio parere è (anche?) dovuto al fatto che c'è un'attenzione crescente verso l'attribuzione di tale proprietà. Ossia penso che in passato molti casi identificati come omicidio ricadrebbero – con la sensibilità odierna – tra i femminicidi. Io noto che nell'informazione scatta quasi automatico il termine alla notizia di una donna vittima di un conoscente, anche a notizia freschissima, senza quindi il tempo di approfondire le dinamiche che hanno portato al tragico evento.