Di vecchiaia si muore
In Italia si invecchia sempre di più. Le nascite continuano a diminuire e l'età media invece cresce. Vediamo nel dettaglio i numeri di questo fenomeno, le cause e quali potrebbero essere le soluzioni
La riflessione sull’età che leggerete nei Pensieri Franchi non è nata per caso, anche se non era collegata all’argomento che avrei scelto per questa Insalata. A stimolare la scelta dell’argomento invece è stato una ricerca dell’economista Luca Mezzomo per conto della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.
Lo studio dice qualcosa che in fondo già sappiamo da tempo: l’Italia sta invecchiando, ma soprattutto fa luce sul come questo invecchiamento inciderà sul futuro della nazione. Così, se da un lato ci compiaciamo del fatto che, come riporta l’agenzia internazionale Reuters, “Il numero di persone di età superiore ai 100 anni in Italia è aumentato del 30% negli ultimi 10 anni” e che “c'erano più di 22.000 italiani nella fascia di età compresa tra i 100 e i 104 anni nel 2024, rispetto a poco più di 17.000 del 2014, di cui l'81% - sono donne”, dall’altro questo continuo alzarsi dell’età media e del rapporto negativo tra nascite e decessi deve cominciare a farci pensare a una soluzione perché tra poco il problema dei costi dell’invecchiamento della popolazione comincerà a farsi sentire seriamente.
Di vecchiaia si muore, è il titolo di questa Insalata che potrà far tornare in mente al lettore la famosa filastrocca di Grazia e di Graziella, ma di vecchiaia muore anche un sistema economico, un paese intero. Non c’è bisogno che ce lo spieghi Reuters o un istituto di ricerca: gli anziani hanno bisogno di maggiori cure e assistenza - quindi maggiori costi - e in più non producono reddito. Alt, fermi tutti, blocchiamo in partenza le proteste che comincio a sentir nascere, cioè quelle che vorrebbero rispondermi «quelli che oggi sono anziani hanno contribuito a tempo debito, quando erano in età da lavoro».
Ahimè, non è così, o meglio è così ma nel frattempo sono cambiate le condizioni. Banalmente è cambiata l’età media in cui si va in pensione, è cambiata la pressione fiscale e un sacco di altre cose. E poi, lo ripeterò fino allo sfinimento, il sistema pensionistico italiano non funziona come una pensione privata dove quello che metti da parte ti verrà ridato un domani quando ne avrai bisogno.
In Italia, oggi come dieci anni fa, quello che versi all’istituto di previdenza sociale serve a pagare le attuali pensioni, non è un qualcosa che viene messo da parte per te. Quindi non conta quello che l’anziano di turno ha pagato a suo tempo, conta quello che io e voi paghiamo come contributi previdenziali oggi. Ne deriva il fatto banale che se ci sono meno persone in età da lavoro che versano contributi e molte più persone che percepiscono una pensione, il saldo è negativo. E questi sono problemi seri.
Il problema però è più in generale di un invecchiamento diffuso, anche della popolazione in età da lavoro, fatto che ha tutta un’altra categorie di conseguenze, come per esempio la scarsa attitudine all’apprendimento di strumenti nuovi, al “cambiamento digitale”, come viene spesso chiamato. Da qui al 2030 si stima infatti che la popolazione totale scenderà dai 59 milioni del 2022 ai 58,1, con un aumento da 4,5 a 5 milioni di over 79 anni e da 7,4 a 8,1 milioni di persone con età compresa tra i 68 e i 79 anni. Le fasce invece “in età da lavoro” scenderanno: da 33,9 a 32,9 milioni le persone con età compresa tra 25 e 67 anni e da 13,3 a 12,2 milioni i giovani tra 0 e 24 anni.
Tutto questo si tradurrà banalmente in un aumento di costi per lo stato - ovvero della spesa previdenziale, sanitaria e per l’assistenza - che viene riassunto in una percentuale di impatto sul PIL che potrà aumentare da un minimo dell’1,9% a un massimo del 5,2%. Inoltre l’aumento della domanda di servizi sanitari e assistenziali freneranno gli altri consumi e peseranno sulla propensione al risparmio.
Il saldo dell’INPS è davvero negativo?
L’INPS è l’istituto previdenziale italiano, che però non si occupa soltanto di pensioni, ma anche delle misure di assistenza alle famiglie o di altre misure di sostegno al reddito. Il suo bilancio è composto da entrate che provengono dai versamenti che normalmente effettuano i lavoratori iscritti all’INPS (è bene ricordare che molti, come il sottoscritto, sono iscritti ad altre casse private, come quella dei giornalisti) e da un corposo trasferimento dallo stato centrale.
Per questo motivo, il saldo dell’INPS è tutto sommato ancora in equilibrio, seppure con un piccolo negativo di poco più di 9 miliardi che però, fatemelo dire, su un bilancio complessivo di 570 miliardi di entrate hanno un impatto non ancora così importante. Intanto però annotatevi questo dato: 570 miliardi di euro sono una cifra mostruosa se paragonata al totale delle entrate dello stato, che nel 2023 sono arrivate a 996 miliardi.
Di questi 570 miliardi però non tutti sono finiti nelle pensioni. La previsione dell’impatto delle pensioni per il 2025 parla di circa 356 miliardi. Quindi possiamo dire che effettivamente un terzo delle entrate dello stato se ne va per le pensioni. D’altronde ne parlammo già nell’insalata sulle tasse: potremmo essere un paese ricco, anzi ricchissimo, se non spendessimo gran parte delle nostre entrate per il debito pubblico e per pensioni e sanità. Peccato che queste spese non solo continuino ad esserci, ma grazie all’invecchiamento della popolazione si prevede pure che aumenteranno, e non di poco.
Dicevamo che le pensioni peseranno nel 2025 per circa 356 miliardi, mentre le entrate contributive saranno di appena 280 miliardi. Eccolo qui dunque il reale bilancio dell’INPS, inteso per la sola parte delle pensioni: al conto mancano già oggi 76 miliardi di euro. La situazione, come abbiamo visto, non potrà che peggiorare. Secondo le previsioni dell’INPS stessa nel 2026 l’ammanco salirà a 77 miliardi (un incremento tutto sommato contenuto, l’INPS prevede infatti che saliranno anche le entrate contributive), mentre nel 2027 si arriverà a 79 miliardi.
Perché non uccidiamo tutti gli anziani?
Passatemi la provocazione, ma in questo pazzo pazzo paese qualcuno potrebbe anche arrivare a pensarlo. D’altronde se c’è chi ha avuto il coraggio di mettere insieme la pace militare con quella fiscale, probabilmente ci sarà pure chi avrà il coraggio di pensare che se il problema sono gli anziani, allora basta eliminarli.
Il fatto però è che gli anziani non sono il problema, anzi sono uno straordinario traguardo, risultato di una condizione di vita e di salute che in Italia è tutto sommato tra le migliori nel mondo. Nonostante la sanità così scassata, infatti, in Italia si vive mediamente bene e lo dimostra il fatto che non solo l’età media continua a salire, ma che continui a crescere anche il numero di ultracentenari.
Anche questo dato l’abbiamo già visto in diverse insalate, come quella sulla morte e quella sulla sanità negli Stati Uniti. Proprio negli Stati Uniti, infatti, si registrava nel 2023 un’aspettativa di vita media di 78,4 anni, mentre in Europa è di 81,5 anni. In Italia, seconda in classifica solo dopo la Spagna (84 anni), è di 83,8 anni.
Se possiamo senza dubbio compiacerci di un dato così lusinghiero, non possiamo fare altrettanto di quello che abbiamo fatto per favorire le nascite e le nuove famiglie. La situazione su quel fronte è totalmente disastrosa, con un’assenza pressoché totale di supporto alle famiglie in termini di asili, apertura pomeridiana delle scuole e sostegni economici alle famiglie con figli.
Qualcosa è in programma e l’Europa ci ha anche dato un sacco di soldi per costruire nuovi asili, ma si tratta di attività che richiederanno decenni per portare risultati. E poi c’è una questione culturale importante da affrontare: in Italia infatti le donne hanno un tasso di disoccupazione ancora troppo alto e in ogni caso guadagnano meno degli uomini. Questo è un dato che non bisognerebbe mai dimenticarsi di citare, soprattutto quando porgiamo soddisfatti il rametto di mimosa in occasione della festa dell’8 marzo. Le donne, in Italia, quando non le uccidiamo, le trattiamo ancora molto male, troppo direi.
Dunque, dicevamo, qualsiasi misura lungimirante venga predisposta dal governo di turno, ci vorranno decenni prima che questo abbia un reale impatto sull’età media della popolazione.
E allora che si fa? Come si risolve il problema? Io ve lo dico, sto per farlo davvero, ve lo anticipo così potrete chiudere l’Insalata e correre alla pagina per disicrivervi (che trovate qui, vi semplifico la vita). Che lo vogliate o meno, la soluzione è una e una soltanto e si chiama “immigrazione”. Si, l’immigrazione non è un problema, non lo è mai stato. Al contrario, l’immigrazione è la soluzione. Lo vado ripetendo da tempo in faccia a gente che nel migliore dei casi mi guarda con stupore pensando che sia matto. Nella peggiore mi toglie l’amicizia sui social e mi scrive in privato “portateli a casa tua”.
Amici miei, so che non vi piace l’idea perché la politica e i media vi hanno raccontato che gli immigrati sono brutti e cattivi, ma c’è un dettaglio che trascuriamo sempre: sono giovani, in età da lavoro, sono pure mediamente istruiti (ho scritto pure questo, si, lo so, oggi sono senza vergogna) e possono aiutarci a tenere in piedi questo carrozzone che se continua così - lo dicono i numeri - ci porterà a velocità sempre maggiore verso un muro.
Riporto integralmente dal sito integrazionemigranti.gov.it “nel 2023 circa il 48,9% degli stranieri, nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni, ha conseguito al più la licenza media, rispetto al 35,6% dei coetanei italiani; il 40,1% ha un diploma di scuola superiore e l’11,1% una laurea, a fronte, rispettivamente, del 44,3% e del 20,1% degli italiani della stessa fascia di età”.
Leggiamola così: più della metà degli stranieri che entrano in Italia è diplomata o laureata. Noi però, quando non li mandiamo a lavorare nei campi di pomodori per qualche euro l’ora (lamentandoci quando poi si rivolgono alla criminalità), li impieghiamo al massimo come operai. Dunque bassi stipendi, bassi contributi, scarsissime aspettative di integrazione, di carriera, di crescita sociale.
Mi ricorda un po’ un curriculum che presi in mano perché caduto dalla cassetta postale di un’azienda dove mi stavo recando per una consulenza. Il Curriculum era di un ragazzone di 29 anni originario della Repubblica Democratica del Congo. Diplomato in filosofia e storia e capace di parlare tre lingue, aveva fatto prima il muratore manovale, poi il cameriere e infine l’operaio metalmeccanico.
Un’altra volta mi capitò di scoprire un magazziniere (giuro, storia vera) che si era costruito un tool in Python per organizzare meglio il percorso da fare nel prelevare i pacchi da spedire. Scoprii poi che al suo paese era un ingegnere informatico e che qui in Italia noi l’avevamo impiegato invece come magazziniere. Per carità, un posto dignitoso con uno stipendio sicuro e di certo più alto della media degli stipendi nel suo paese natale, ma altrettanto di sicuro un’occasione persa per l’azienda che lo sta impiegando e per l’intero paese.
In sintesi: un paese che invecchia, che fa pochissimo per invertire il rapporto tra nascite e decessi e che al tempo stesso rifiuta una delle poche soluzioni possibili, cioè che la soluione arrivi dall’esterno, da fuori. Certo, serve una capacità di accoglienza e di integrazione che non abbiamo, questo è vero, ma per migliorare su questo fronte basta molto poco. Per convincere invece una giovane famiglia, che a stento riesce a pagarsi un alloggio, a fare un figlio, invece, ci va qualcosa di più.
Visto lo stato della scuola e degli asili, ci vuole un vero e proprio gesto di follia. E se quindi di figli se ne faranno sempre meno (come dimostra la linea tendenziale di questi ultimi anni) e ci intestardiamo sempre di più a considerare l’unico nostro problema quello che problema non è (l’immigrazione, appunto), allora possiamo anche cominciare a rassegnarci a una fine certa e cioè che questo paese, di vecchiaia, presto o tardi morirà.
» PENSIERI FRANCHI: Di giovinezza si muore
→ “Pensieri Franchi” è il mio editoriale. O meglio, i miei pensieri in libertà.
La scorsa settimana sono entrato in una delle agenzie con le quali collaboro e ho trovato un nuovo stagista, un ragazzo poco più che ventenne. Ho allungato la mano e ho detto «ciao, io sono Franco» e lui mi ha risposto «Gianluca, piacere di conoscerla». Conoscerla? Come conoscerla? Ma come? Ok la buona educazione, ma tra simili, TRA COETANEI, ci si dà del tu no?
Ora, che io non sia un suo coetaneo lo so bene, è già da un bel pezzo che ho smesso di sembrare giovane, ma il problema è un altro, il problema è che questo pensiero va ogni volta razionalizzato. Devo far mente locale e pensare che quello che ho davanti non mi sta vedendo come un giovane, perché se mi dovessi abbandonare all’istinto, in fondo io (tu, voi, tutti) mi sentirei come lui, un giovinastro alle prime armi.
Attenzione perché questo pensiero vi potrà sembrare banale e invece è un po’ più complicato di come può sembrare a prima vista (poi magari banale lo è lo stesso, ma seguitemi un attimo). La mia generazione, che sarà pure già la generazione X, ma è ancora una generazione ritenuta “giovane” ha questo problema qui: è stata una generazione di passaggio tra un’epoca e un’altra. È la generazione che forse più di ogni altra si è beccata dei cambiamenti sociali importantissimi e da questo fatto ne è scaturita una cosa precisa che ricade sotto il nome di giovanilismo.
Il problema del giovanilismo non si limita a quei cinquantenni che si vestono come i ventenni nella speranza di rimanere eterni Peter Pan, bensì riguarda tutti noi, perché è un fatto sociale, generazionale, del quale non ci rendiamo perfettamente conto. Però provate a fare questo test se siete miei coetanei o se state lì intorno, diciamo tra i 40 e i 50: quando pensate ai sessantenni, non vi sorprendete ancora nel considerarli vecchi? Quando guardate la foto dei vostri genitori alla vostra stessa età, non pensate inconsciamente che erano molto più vecchi di come siete voi?
Ecco, sto parlando di questo, del sentirsi inconsciamente eterni ragazzini, eterni alunni delle superiori, eterni apprendisti sul lavoro, eterni “approdati al mondo del lavoro”, eterni pesci fuor d’acqua quando partecipate all’assemblea condominiale, eterni figli quando c’è da affrontare le cose delle vita che hanno sempre affrontato i vostri genitori.
Questo pensiero l’ho razionalizzato qualche anno fa. Fino a quel tempo, mi sono sempre sentito l’eterno apprendista, come se avessi sempre da dover imparare da quelli che avevo attorno. Come se chi mi stava attorno fosse sempre quello che avrebbero potuto insegnarmi qualcosa e io quello che avrebbe dovuto imparare. In particolar modo se davanti avevo qualcuno anche con solo 5 anni in più di me.
Poi un giorno mi sono detto: ma come mi vedrà un ragazzo di 35 anni ora che io ne ho 45? Forse mi vedrà come io vedevo dieci anni fa quelli più grandi di me e quindi forse sono passato io dalla parte di quelli che ne sanno di più, da cui dover imparare qualcosa, no? Eppure faticavo a sentirmi in quella parte, faticavo a sentirmi l’adulto che evidentemente gli altri vedevano in me.
Oggi sono vicino alla mezza età, ho due figli di cui uno quasi maggiorenne e comunque quella sensazione di essere l’ultimo arrivato non mi abbandona. Ci ho ripensato ancora recentemente quando ho affrontato gli altri condomini del palazzo dove ho recentemente preso casa. In questo caso si, sono l’ultimo arrivato, ma non mi abbandona la sensazione di essere il ragazzino circondato da adulti che gli dovranno insegnare qualcosa. Ora, questo centra molto con altre cose come l’autostima, lo so già da me, ma ho capito c’entrare anche con altro, che sono poi il tema di questi pensieri franchi.
C’entra forse il fatto che siamo la prima generazione che si porta la presenza dei genitori fino alla vecchiaia (i miei no, purtroppo, ma non è questo il tema). Dunque è naturale sentirsi un po’ giovani anche oltre il limite. Quanti di voi conservano ancora la cameretta di quando erano adolescenti a casa dei propri genitori? Quanti possono vivere questo viaggio indietro nel tempo ogni qualvolta lo desiderano semplicemente varcando la soglia di casa della propria infanzia?
Noi siamo anche quella generazione che più di tutte le precedenti ha tardato a fare quello che i nostri genitori hanno fatto ben prima: lasciare casa, diventare realmente indipendenti, costruirsi una famiglia. Un ritardo dovuto a fattori certamente sociali, ma di sicuro anche per via del fatto che ci si sente sempre troppo giovani per fare quelle cose “che fanno i vecchi”. E quell’essere vecchi è una condizione che si sposta sempre in avanti col passare degli anni, pure quando spuntano i primi capelli bianchi, pure quando ti svegli la mattina e scendendo dal letto ti sorprendi a sussurrare “oplà!”.
Invecchiare, in fondo (e nelle giuste condizioni), è bellissimo e questa incapacità di esserne coscienti è prima di tutto un torto che stiamo facendo a noi stessi perché un giorno, quando ci scontreremo col dato di fatto di essere diventati vecchi, ci accorgeremo di aver saltato e di esserci persi un gran bel pezzo di vita. Quel pezzo in cui si diventa adulti, in cui si diventa una persona di mezza età.
Già, perché oggi la mezza età l’abbiamo cancellata. Si passa dai trenta ai sessantanni di botto e se non ci decidiamo ad accettare gli anni che passano, quei trent’anni che ci siamo intestarditi a saltare non ce li ridarà indietro più nessuno. Trent’anni che poi, alla fine, sono pure i migliori.
Vi lascio quindi con questo pensiero di serena accettazione dell’essere visti da un giovane ventenne come un adulto da salutare con rispetto e dandogli del lei. E con questo, non posso che augurare una buona vecchiaia a tutti.
Franco A.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
Prime Video sperimenta il doppiaggio con l’Intelligenza Artificiale
Amazon Prime Video ha annunciato il lancio di 12 titoli in spagnolo doppiati in inglese con l’AI, senza l’intervento di doppiatori tradizionali. Il progetto pilota, realizzato con il supporto di esperti di localizzazione, mira a rendere più accessibili film e serie non doppiati. L’obiettivo è ridurre costi e tempi di produzione, aprendo la strada a una possibile rivoluzione nel settore dell’intrattenimento. Anche se la tecnologia è ancora in fase di test, il doppiaggio assistito dall’AI potrebbe diventare presto una realtà diffusa.
Fonte: DDay.it
Tesla nel mirino delle proteste: vandalismi e tensioni dopo il ruolo di Musk nell’amministrazione Trump
Tesla è diventata il bersaglio di un’ondata di proteste e atti vandalici negli Stati Uniti e in Europa, dopo che il suo CEO, Elon Musk, è entrato nell’amministrazione Trump come consigliere senior. Atti di sabotaggio e manifestazioni hanno colpito concessionarie e stazioni di ricarica, con episodi di violenza come colpi d’arma da fuoco in Oregon e incendi dolosi in Massachusetts, Germania e Francia.
Le tensioni sono esplose anche a New York, dove i manifestanti hanno bloccato uno showroom Tesla gridando “Nessuno ha votato per Elon Musk”. Le critiche derivano dal suo supporto a Trump e dai drastici tagli ai finanziamenti federali tramite il suo Dipartimento per l’Efficienza Governativa. Musk ha liquidato le accuse di estremismo con un post su X, mentre sempre più proprietari di Tesla si stanno disfando dei loro veicoli per dissociarsi dalla sua figura.
Fonte: nytimes.com
Apple ritarda il lancio della nuova Siri più intelligente e personalizzata
Apple ha confermato che l’aggiornamento di Siri, che la renderà più consapevole del contesto personale e capace di agire nelle app, è in ritardo rispetto ai piani iniziali. La funzione, parte centrale della strategia Apple Intelligence, verrà lanciata solo nel corso del prossimo anno.
Finora Apple ha introdotto miglioramenti come la possibilità di digitare richieste, un’integrazione con ChatGPT e una maggiore conoscenza dei prodotti. Tuttavia, l’ambizioso obiettivo di far eseguire a Siri azioni automatiche e personalizzate all’interno delle app richiede più tempo del previsto. Secondo Bloomberg, i progetti per integrare Siri con un modello linguistico avanzato sono ancora lontani dalla realizzazione.
Fonte: engadget.com
Infrastruttura di ricarica in Italia: crescita costante ma squilibri territoriali
Secondo il report di Motus-e, l’Italia ha raggiunto 64.391 punti di ricarica per veicoli elettrici, con una crescita del 27% nel 2024. Tuttavia, il 16% delle colonnine risulta ancora non attivo, evidenziando problemi burocratici. Il Nord Italia ospita il 57% delle infrastrutture, mentre il Sud è in ritardo. La ricarica veloce in corrente continua è aumentata del 47%, con un forte sviluppo dei punti Ultra-Fast. Le autostrade contano 1.044 punti attivi, coprendo il 41% delle aree di servizio. A livello europeo, l’Italia è sesta per numero di punti installati, ma la diffusione dei veicoli elettrici rimane inferiore rispetto a Germania e Francia. Servono incentivi per l’acquisto di BEV e una semplificazione burocratica per velocizzare l’attivazione delle colonnine.
Fonte: DMove.it
Volkswagen ID. EVERY1: l’auto elettrica da 20.000 euro arriverà nel 2027
Volkswagen ha svelato ID. EVERY1, il concept che anticipa la sua futura auto elettrica entry-level. Il modello di produzione arriverà nel 2027 con un prezzo di partenza attorno ai 20.000 euro, puntando a replicare il successo del Maggiolino e della Golf.
Lunga 3,88 metri, l’ID. EVERY1 sarà dotata di un motore da 95 CV e un’autonomia stimata di 250 km. Volkswagen prevede di equipaggiarla con batterie LFP, più economiche ma meno performanti in climi freddi. La velocità massima sarà di 130 km/h, mentre la ricarica rapida permetterà di passare dal 10% all’80% in circa 25-30 minuti.
Fonte: DMove.it
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
Se hai apprezzato la newsletter Insalata Mista ti chiedo un favore: lascia un commento, una recensione, condividi la newsletter e più in generale parlane. Per me sarà la più grande ricompensa, oltre al fatto di sapere che hai gradito quello che ho scritto.
Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Qualche tempo fa, non ricordo manco quando, ho venduto un telefono a una persona egiziana.
Ci troviamo e lui per cortesia mi offre un caffè.
Così diventa l'occasione per scambiare due convenevoli, un po' di chiacchiera per riempire il tempo. Io gli dissi che di lavoro faccio il giornalista e lui si fermò, spiazzato. Perché mi disse che in Egitto aveva studiato comunicazione e impaginava giornali di carta.
Poi è arrivato in Italia.
Ricordo ancora come disse le parole successive, con lo sguardo di chi sapeva che aveva altri talenti, ma bisogna pure essere pragmatici.
Mi disse: "In Italia? Edilizia".
Come a dire: da queste parti persone come me dove vuoi che lavorino?