L'uomo più famoso del mondo è uno sconosciuto
Mr. Beast è la persona con più iscritti su YouTube: 246 milioni di persone hanno deciso di seguirlo, ma nel mondo reale è quasi uno sconosciuto. Com'è possibile?
Tempo stimato per la lettura: 15 minuti
La parola di oggi: audience target, o pubblico di riferimento, indica un gruppo specifico di consumatori identificati come i destinatari più probabili di un messaggio, un prodotto o un servizio, caratterizzati da tratti comuni come età, genere, interessi o comportamento d'acquisto. Le aziende mirano a questi gruppi per ottimizzare le loro strategie di marketing e pubblicitarie.
» PENSIERI FRANCHI: Signora mia, i giovani non leggono più
Tempo fa scrissi un’insalata chiedendomi se fosse meglio leggere sulla carta stampata o su quella digitale degli ebook. In realtà mi stavo ponendo un problema che non esiste, visto che i giovani, a quanto pare, i libri non li leggo proprio.
Ma che, siamo ancora al “signora mia i giovani d’oggi…”? No no tranquilli, è una cosa di cui avevo già sentito parlare tempo fa e che ho visto concretizzarsi con questo articolo apparso sul quotidiano Domani a firma di Marco Marzano, che è professore ordinario di Sociologia presso l’Università di Bergamo ed è tra i fondatori della rivista “Etnografia e Ricerca Qualitativa”. Nell’articolo si cita la ricerca “Le abitudini di studio all’Università” realizzata dall’Associazione italiana editori e da Talents Venture.
Su un campione di 1000 studenti, presi tra quelli dei primi 3 anni di corso, il 40% sostiene di non aver utilizzato libri (e i prodotti editoriali connessi) per preparare l’ultimo esame. Al centro della preparazione degli esami ci sarebbe in larga parte l’uso di appunti e slide forniti in molti casi dai professori stessi.
Quello che a prima vista potrebbe suonare come un allarme contro il costante disamoramento dei più giovani verso la lettura in generale e più in particolare verso i libri, si scopre essere invece una risposta all’indicazione diretta che gli stessi professori danno.
Usare i termini che usano i professori durante le spiegazioni in aula, significa assicurarsi il passaggio dell’esame senza contestazioni; così come l’uso degli appunti degli stessi professori significa passarlo col minimo sforzo indispensabile. Perché un ragazzo dovrebbe prendersi la briga e il rischio di utilizzare qualcosa di diverso quando è il Professore stesso a richiedere (o a imporre) i propri appunti e il proprio lessico?
Perché poi, a leggere bene la ricerca, risulta pure che il 91% degli studenti è anche un lettore di libri (contro la media nazionale del 74%), solo che la ricerca desume da questo dato che “i libri non sono tra i principali consumi culturali” perché - a differenza di musica, film e serie TV - solo il 56% di questi legge almeno una volta a settimana. E in ogni caso, tre studenti su quattro preferiscono il libro cartaceo agli e-book o agli audiolibri.
A questo punto, lo so benissimo, a qualcuno sarà venuto l’istinto di fare il titolo “i giovani non studiano più sui libri”. Non è vero e quando lo è, lo scrive bene Marzano nel suo articolo, ha delle ragioni varie e profonde. La prima l’abbiamo già esaminata: sono i professori stessi a bearsi del proprio linguaggio riflesso sulle bocche dei propri studenti. Recitano il loro sermone e tale e quale pretendono che venga ripetuto dai discepoli. È così, lo so bene io stesso perché non succede soltanto all’università, anzi.
Il secondo è che sicuramente i testi universitari lasciano abbastanza a desiderare. Scrive infatti Marzano:”Scrivere un manuale è diventata un’attività inutile dal punto di vista della carriera accademica, dal momento che le agenzie che valutano il nostro lavoro non la considerano un’attività meritevole di un particolare riconoscimento. La conseguenza di questo atteggiamento è che pochissimi docenti che non abbiano già raggiunto la fase finale della carriera si impegnano nella redazione di libri di testo per gli studenti, privilegiando altri “prodotti di ricerca” (per usare la neolingua della burocrazia accademica). Questo fa sì che molti manuali siano datati, anacronistici, zeppi di riferimenti a situazioni e persone lontanissime dalla vita quotidiana di chi oggi frequenta l’università”.
Anche in questo caso, mi tocca sottolineare il fatto che è così purtroppo in tutti i gradi scolastici. Provate a dare un’occhiata ai testi dei vostri figli. Fanno schifo, nel migliore dei casi. Nel peggiore troverete anche esempi di cultura patriarcale anacronistica, tipo “La mamma stira mentre papà va…”, completa la frase. Storia di vita vissuta, mica invenzioni.
Come sempre, se il risultato che otteniamo sono “meno studenti che leggono o studiano sui libri”, bisognerebbe chiedersi da dove inizia a puzzare il pesce.
Buona lettura.
Franco A.
» CHI È L’UOMO PIÚ FAMOSO DEL MONDO (CHE NON CONOSCETE)
Se vi dicessi un nome, Mr. Beast, sono convinto che molti di voi si chiederebbero chi è. Io stesso, pur avendo sentito parlare di questo Youtuber, prima di oggi non avevo mai visto un suo video, se non indirettamente mentre lo guardava uno dei miei figli. Mr. Beast è la persona con più iscritti su YouTube in tutto il mondo ed è il secondo canale in assoluto: 246 milioni a oggi. Sopra di lui c’è solo un altro canale, T-Series, che però è un’etichetta discografica indiana e dunque pesa un po’ meno. Non si tratta di una persona, di un creator, bensì di un canale che viene evidentemente utilizzato per ascoltare musica. E gli indiani, si sa, sono tanti.
Torniamo a Mr.Beast e cominciamo a fare due calcoli. 246 milioni di persone che hanno deciso di iscriversi al suo canale sono praticamente come se ogni cittadino di Italia, Francia, Germania e Spagna decidesse di iscriversi a un canale, ci pensate? Il totale delle visualizzazioni fa ancora più impressione: 45.242.839.792. Eppure, mistero del digitale, molti di voi non lo conosceranno. È il vero paradosso di internet e nessuno sa veramente spiegarlo: come può una persona arrivare ad avere 45 miliardi di visualizzazioni e rimanere completamente sconosciuto a una vastissima fetta di popolazione che semplicemente non è in target con il suo pubblico di riferimento? Cerchiamo di capirlo insieme.
Chi è Mr. Beast e da dove nasce la sua popolarità
Mr. Beast è un ragazzo della Carolina del Nord di appena 26 anni. Il suo nome è Jimmy Donaldson e il suo canale nasce nel 2012, a 14 anni. Il primo grande successo arriva solo 5 anni più tardi, con un video in cui semplicemente conta da 1 a 100.000. Il video cattura 6,5 milioni di visualizzazione in una settimana (oggi ne conta 29 milioni) e fa scattare qualcosa nella testa del ragazzo, che da quel momento in avanti innesca una spirale vorticosissima che lo porta sulla vetta dei numeri uno del social network.
Il segreto del suo successo? In molti hanno provato a replicare la formula, in pochissimi ci sono riusciti. Di sicuro c’è che non esiste video su YouTube che non cerchi di imitarne l’impostazione, un certo stile colorato e un po’ finto, il taglio veloce e sintetico dei suoi video, soprattutto nei primi dieci secondi per “massimizzare l’engagement”, ovvero l’attenzione dello spettatore. Ma la formula, quella no, non l’ha indovinata nessuno.
Ciò che rende unici i video di Donaldson sono un misto di follia e generosità. Si perché Jimmy regala, letteralmente, un sacco di soldi, una montagna di soldi. È curioso guardarlo dare a perfetti sconosciuti borsoni pieni di biglietti da un dollaro. Sembra quasi di vedere una scena di Breaking Bad, ma è realtà.
Cambia lo scopo e il soggetto, ma la maggior parte dei video riguarda lo sperpero (o la donazione) di soldi, tanti soldi. Aiuta i giovani studenti a ripagare il debito scolastico, le famiglie indietro con l’affitto, le attività commerciali che stanno per chiudere. Fino ad aprire un canale apposito: Beast Philanthropy, dove alza ancora di più il tiro con un obiettivo esplicitamente filantropico: salva 100 cani abbandonati, regala 20.000 scarpe, aiuta a distribuire 30 milioni di dollari di cibo che sta per essere buttato e fa costruire 100 pozzi in Africa, in villaggi dove l’unico accesso all’acqua (sporca) è complicato e pericoloso.
A guardare il video, Mr. Beast appare come un vero benefattore. Si occupa di tutto con la leggerezza di un ventenne nato nell’occidente ricco. I bambini hanno bisogno di biciclette? Ne compra migliaia. La scuola è fatiscente? Compra computer e proiettori per tutti. C’è un ponte pericolante? Lo ricostruisce. Peccato che, come fa notare il CEO di Uptime su LinkedIn, poi quei pozzi hanno bisogno di manutenzione. Una manutenzione dal costo ridicolo, che però va fatta altrimenti, nel giro di pochi anni, gli abitanti di quei villaggi saranno costretti a tornare all’acqua inquinata dei fiumi e delle pozze. Ma vabbè, questa è la vecchia storia della beneficenza fatta a favore di telecamera.
Torniamo a lui e al potere magico del suo intrattenimento. Per qualcuno potrebbe risultare folle sperperare milioni di dollari così, ma è un circolo vizioso. Se non facesse quello che fa, non attrarrebbe così tante visualizzazioni e così tante donazioni dai suoi subscribers e dagli sponsor, tramite le quali arrivano altri soldi che di nuovo spenderà. Senza la follia di quello che fa, quei soldi non esisterebbero.
Il segreto, forse, sta proprio tutto lì: incarnare il sogno di ogni persona comune che dovesse trovarsi dall’oggi al domani con una fonte quasi infinita di soldi. Non il ricco nato ricco, ma la persona comune che all’improvviso dispone di più soldi di quanti ne abbia mai sognati. A chi non verrebbe in mente di uscire e regalare centinaia di migliaia di dollari al primo senza tetto che trova?
Per qualcuno ha distrutto YouTube
In un “gioco” fatto tra amici, lo YouTuber Seán “Jacksepticeye” McLoughlin (30 milioni di iscritti) ha detto, collegato a una macchina della verità, che Mr. Beast ha rovinato YouTube. Questa dichiarazione ha chiaramente suscitato la reazione sdegnata di Internet, che è intervenuta in massa con commenti negativi. Mr. Beast viene visto come una sorta di benefattore della piattaforma. Come una persona che, al solo scopo di intrattenere il suo pubblico, migliora la vita delle altre persone donando soldi e facendo tutto quello che abbiamo visto.
Secondo Jacksepticeye, la responsabilità di Mr. Beast sarebbe invece quella di aver spostato il focus della piattaforma su “più visualizzazioni, più soldi e più popolarità” anziché sul divertimento. E a dimostrarlo ci sarebbe anche il fatto che i suoi video sono solitamente molto brevi - una decina di minuti per lo più - montati al solo scopo di innescare quella spirale di visualizzazioni e popolarità, appunto.
La sua influenza su tutta la piattaforma è fuori discussione. L’influenza di Mr.Beast sui video della stragrande maggioranza dei content creator si può dedurre dal tipo di contenuti che vengono creati: sfide e challenge, tutto urlato e incasinato, ne sappiamo qualcosa anche in Italia. Ma ha fatto scuola anche lo stile del montaggio e le miniature esagerate dei video. Il fatto che la maggior parte dei creator di YouTube cerchi in qualche modo di imitare lo stile di Mr.Beast ha indubbiamente, secondo molti, abbassato il livello generale della piattaforma e dunque l’avrebbe “rovinata”.
La verità è che YouTube vive delle vere e proprie epoche. Tutti i creator sono concordi su questo: all’inizio ci furono i video fatti in cameretta, con mezzi precari. Poi sono cominciati ad arrivare i soldi e allora le camerette sono diventate studi, le fotocamere dei telefoni sono diventate attrezzature professionali e i singoli creator si sono trasformati in enormi staff. Tutto è diventato più curato e progettato a un solo scopo: intrattenere milioni e milioni di fan che vogliono solo vedere cose sempre nuove, sempre più divertenti e sempre più esagerate.
Insomma, il meccanismo è un po’ quello della TV, e infatti ora Mr. Beast si prepara al grande salto. Reggerà il colpo?
Il salto da Youtube alla TV tradizionale funzionerà?
Secondo quanto riportato dal Washington Post, Mr. Beast avrebbe firmato un accordo con Amazon MGM del valore di 100 milioni di dollari. Al centro dell’accordo ci sarebbe uno show per la TV tradizionale dal nome “Beast Games”, ovvero una grossa competizione che vedrà 1000 concorrenti gareggiare per un premio di 5 milioni di dollari, il più grande premio che sia mai stato offerto in una trasmissione televisiva o in streaming. Lo show sarà disponibile in 240 paesi.
In Italia sappiamo bene che la conversione da follower/iscritti a spettatori della TV tradizionale non è stata mai né scontata né automatica. Anzi, a dire il vero è successo l’esatto contrario ogni qualvolta sono stati presi YouTuber di successo e sono stati messi all’interno di show televisivi o film al cinema (da Favij ai The Show, passando per Giulia De Lellis).
La vera domanda è quindi se riuscirà Mr.Beast a fare quello che non è mai riuscito a nessun altro content creator. E se non ci riuscirà lui, dall’alto dei suoi 246 milioni di iscritti, con un premio di 5 milioni di dollari in palio, allora verrà posta una pietra tombale definitiva sul passaggio dalle piattaforme streaming a quelle tradizionali.
Già, perché poi rimane sempre una questione, cioè che questi fenomeni mediatici, pur essendo popolarissimi sulla rete, rimangono dei semi sconosciuti nella vita reale, come mai?
Come mai nella vita reale nessuno lo conosce?
Torniamo a ciò che dicevamo all’inizio: come mai questi streamer con decine (quando non centinaia) di milioni di iscritti sono pressoché sconosciuti nella vita reale da persone che non seguono direttamente le piattaforme di streaming?
La risposta è in realtà molto semplice e nota da tempo a chi si occupa di comunicazione e pubblicità. La segmentazione del pubblico in target molto precisi ha fatto la fortuna delle piattaforme di advertising digitale. Suddividere, segmentare le persone in pubblici diversi a seconda dei loro gusti e delle loro abitudini ha avuto molteplici risultati, come quello di ampliare il pubblico a dismisura.
Ora scriverò una cosa che vi sembrerà folle, ma seguite il mio ragionamento: io, Franco Aquini, ho diverse passioni. Mi piacciono i videogiochi e la musica. Poi, all’interno della musica, ho anche specifici interessi e sotto-passioni, come la musica classica, la musica lirica e il metal. Mi piacciono anche i canali che parlano nello specifico di batteria, perché è uno strumento che ho sempre desiderato suonare. Le piattaforme conoscono questi miei gusti, lo sanno in base ai siti che visito, ai canali a cui sono iscritto e ai video che osservo fino alla fine, con più costanza.
Dunque io, che sono soltanto una persona fisica, rientro in realtà in almeno quattro target differenti: videogiochi, musica classica, musica metal e batteria. Sono, in altre parole, quattro persone differenti. Se guardate la questione in questi termini, volutamente semplificati, capirete bene che nel mondo non siamo più 8 miliardi, ma decine e decine.
Tutto ciò ha permesso alle piattaforme di guadagnare moltissimi soldi, perché hanno suddiviso la popolazione in tantissimi target differenti, permettendo agli inserzionisti di trovare (con successo, bisogna riconoscerlo) il loro pubblico di riferimento con precisione chirurgica. Al tempo stesso però hanno anche ampliato a dismisura le loro possibilità di guadagno. Perché se un programma TV in prime time ha, faccio un esempio, 20 spazi pubblicitari da riempire, potrà al massimo rivolgersi a 20 inserzionisti. Un programma su YouTube invece non ha più quel limite, perché ognuno di noi può vedere nello stesso momento una pubblicità a lui dedicata. Gli inserzionisti, per uno stesso programma con 20 slot pubblicitari, possono essere migliaia.
Tutto questo però ha avuto un risvolto importante su una cosa che io amo chiamare “coralità dell’audience pubblicitaria”. Un professionista del settore pubblicitario e amico mi ha insegnato una cosa molto importante sulla pubblicità in TV. Quando tutti vediamo, sullo stesso canale e alla stessa ora, uno stesso spot pubblicitario, si innescherà il fattore “coralità”, che amplierà a dismisura l’effetto di quel messaggio pubblicitario. Questo perché il giorno dopo, se ci troveremo a parlare alla macchinetta del caffè con un collega che ha visto lo stesso programma, saremo certi che anche lui avrà visto lo stesso spot televisivo.
La dimensione dell’audience potrà quindi essere aumentata esponenzialmente tramite il volano del passaparola e di quella “coralità” di cui parlavo prima. Lo spot diventerà parte della programmazione stessa, entrerà nelle case di tutti gli italiani contemporaneamente e diventerà esso stesso parte preponderante delle conversazioni il giorno dopo. Canteneremo i motivetti di quegli spot e citeremo le frasi più iconine come “Già fatto? È pic!” o “La potenza è nulla senza controllo”, etc.
Ma perché stiamo parlando di pubblicità riferendoci al fenomeno degli streamer? Perché il principio è lo stesso. È vero, se uno streamer ha 246 milioni di iscritti, quegli iscritti sono singole persone, non c’è alcun dubbio. Ma quelle stesse persone sono iscritte anche ad altre decine di canali. Se dovessimo pensare di convertire gli iscritti in persone che votano un certo partito - giusto per fare un esempio che si è fatto diverse volte, per esempio parlando dei Ferragnez -, scopriremo che l’equivalenza non funziona. Un elettore che vota per un partito infatti non voterà per altri, mentre un iscritto a un canale YouTube è sicuramente iscritto ad altre decine di canali.
Lo stesso vale per la riconoscibilità e la fama. Questi streamer sono molto celebri all’interno di target precisi di spettatori. Sono “bolle” di pubblico che, seppur ampie, difficilmente riescono a coinvolgere altre persone fuori dalla bolla stessa. Manca, in altre parole, quell’effetto corale di cui parlavo prima. Manca quella possibilità di chiedere, alla macchinetta del caffè, “hai visto ieri sera su Canale 5 Mr. Beast?”. Questo perché sulle piattaforme ognuno di noi vedrà cose differenti, anche se ci si collega nel medesimo momento. E tutto ciò fa sì che se chiedete a vostra moglie o a vostra madre chi sia Mr.Beast, quasi certamente vi risponderà “chi?”. Mentre se provate a chiedergli/le chi sia un qualsiasi protagonista della TV, anche poco conosciuto, vi risponderà senza esitazione.
Vedremo se l’esperimento di Amazon con “Beast Games” confermerà o meno l’assunto che il passaggio da piattaforma di streaming a TV tradizionale non funziona mai o se rappresenterà un primo caso di esperimento di successo. Ma in ogni caso, essere oggi super popolari su YouTube non significa essere conosciuti da tutti, anche se il contatore degli iscritti arriva a cifre da capogiro.
» COSE MOLTO UTILINK 🔗
Gli articoli più interessanti che ho letto in settimana, insieme ai link utili o semplicemente curiosi che ho trovato in giro per internet.
» No, non stiamo vivendo nell’epoca geologica dell’Antropocene
Vi sembrerà curioso, ma io e l’amico Massimiliano Di Marco abbiamo parlato spesso di Antropocene, ovvero quella che molti studiosi vorrebbero venisse riconosciuta come nuova era geologica contraddistinta dall’operato dell’uomo.
L’Unione internazionale di scienze geologiche (IUGS) ha però deciso diversamente e ha confermato che l’Antropocene non sarà aggiunto alla lista delle epoche geologiche in cui è suddivisa la storia della Terra, almeno per ora.
Lo so che dormirete lo stesso, ma se vi interessa l’argomento ne parla Il Post.
» CONSIGLI PER L’ASCOLTO 🎧
Ancora una volta il consiglio di ascolto è relativo alle Chiacchiere che faccio con Massimiliano Di Marco sul suo podcast Insert Coin. Questa volta c’è ospite l’amico e collega di newsletter/podcast Lorenzo Strambi, autore de Il Giocatore.
Ascoltatela perché abbiamo parlato di Steam e giochi indipendenti. Molto interessante.
» SFAMA LA FOMO!
Cos’è la F.O.M.O.?1
» Gli Stati Uniti fanno causa a Apple per monopolio
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha intentato una causa antitrust contro Apple, accusandola di mantenere un monopolio che danneggia consumatori, sviluppatori e concorrenti attraverso pratiche quali il blocco di app di messaggistica inter-piattaforma, limitazioni su wallet di terze parti, incompatibilità degli smartwatch e restrizioni sugli App Store e servizi di cloud streaming.
» Finalmente i messaggio vocali i Whatsapp verranno trascritti
La nuova funzionalità di WhatsApp, attualmente in fase beta, permetterà la trascrizione automatica e locale dei messaggi vocali sia su dispositivi iOS che Android. Gli utenti dovranno scaricare un pacchetto di 150 MB che abilita la trascrizione, assicurando la privacy mediante crittografia end-to-end. Questa feature, destinata a migliorare l'accessibilità per utenti con problemi di udito o che preferiscono testi ai file audio, segue esempi di altre app di messaggistica come Telegram e WeChat, rendendo i contenuti vocali più fruibili per tutti.
» L’abbonamento per Facebook/Instagram senza pubblicità scenderà a 5,99€
Meta propone di ridurre il costo dell'abbonamento che elimina la pubblicità su Facebook e Instagram da 9,99 euro a 5,99 euro al mese per adeguarsi alle normative europee come il GDPR e il Digital Markets Act. Questa mossa segue le critiche da parte dell'organizzazione europea dei consumatori BEUC, che ha definito l'abbonamento una "pratica aggressiva". L'offerta, che include un prezzo ridotto di 4 euro per account aggiuntivi, mira a risolvere l'incertezza regolamentare e a garantire la conformità alle leggi UE sulla privacy, ma richiede l'approvazione dell'autorità irlandese per la protezione dei dati.
Se sei arrivato fino a qui, innanzitutto ti ringrazio.
Non ci siamo presentati: mi chiamo Franco Aquini e da anni scrivo di tecnologia e lavoro nel marketing e nella comunicazione.
Se hai apprezzato la newsletter Insalata Mista ti chiedo un favore: lascia un commento, una recensione, condividi la newsletter e più in generale parlane. Per me sarà la più grande ricompensa, oltre al fatto di sapere che hai gradito quello che ho scritto.
Franco Aquini
La F.O.M.O., un acronimo che sta per Fear Of Missing Out, è la deriva moderna del tam tam dei social network unita all’enorme disponibilità di strumenti di informazione e di intrattenimento. In pratica, è la paura di perdersi qualcosa e di non essere sempre al passo con i tempi. Con questa rubrica rispondiamo a queste paure, riassumendo in breve le notizie più significative della settimana, pescate dal mondo della tecnologia, dell’entertainment e del lifestyle.
Io Mr. Beast non lo seguo da nessuna parte, eppure Facebook continua ormai da anni a propormi i suoi video. La cosa particolare è che mi interessa relativamente quello che fa e quindi non lo cerco mai, ma quando becco questi video nel feed di Facebook me li guardo SEMPRE.
Oltretutto lo trovo anche estremamente ripetitivo e a tratti stucchevole: recentemente ho beccato il video in cui ha dato tipo mezzo milione a un tizio chiedendogli di difenderlo fisicamente da dei carri armati che avrebbero bombardato il gruzzolo, era tutto estremamente insensato
Difatti io Mr Beast non l'avevo mai sentito se non citato da te in qualche newsletter precedente, credo. Ma mia figlia sì, così come tanti suoi amici, e mi chiedo perché dei ragazzini siano il target di video del genere, se non per la breve durata e il montaggio. Ma così come, anche se non ci piace un personaggio televisivo, lo riconosciamo comunque, così anche per la piccola bolla delle prime medie un Mr. Beast venga riconosciuto da chiunque usi YouTube, anche se magari non piaccia a tutti.
In questo ci vedo la separazione di cui parla Massimiliano nella sua ultima newsletter dei mezzi con cui vengono usufruiti media e videogiochi.
Ottimo articolo, ancora una volta